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Autore: Nykyo    06/06/2016    1 recensioni
Se c’è qualcuno capace di farcela, anche contro ogni pronostico e nella situazione più critica e disperata, quello è John Shepard.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Comandante Shepard Uomo, Kaidan Alenko, Miranda Lawson
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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  1. Sorridi.

 

Kaidan si ferma a pochi metri dall’ingresso della stanza.

Ha chiesto che gli venisse mandato un trasporto veloce quando la Normandy stava ancora compiendo le manovre di attracco e, non appena la nave si è ancorata al molo e il portellone si è spalancato, è schizzato fuori  a tutta velocità, è saltato sul taxi ed è corso in ospedale.

Lungo il tragitto, che gli è parso di una lunghezza estenuante, ha immaginato il suo incontro con Shepard fin nei più minimi dettagli, ma non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi bloccato a causa della troppa emozione, piantato come una statua di sale nel bel mezzo di un corridoio affollato di medici, di infermieri e di qualche sporadico visitatore. Se non ci fosse stata la guerra le stanze che si affacciano lungo quel corridoio sarebbero state quasi tutte vuote. Kaidan comunque non fa caso a nessuno. C’è un’unica persona a cui riesce a pensare.

Miranda gli ha spiegato via Extranet che Shepard è ormai del tutto fuori pericolo ed è stato traferito in un reparto in cui i medici si occupano per lo più di pazienti destinati a una lunga convalescenza, dopo aver subito traumi di notevole portata. Insomma, non è più ricoverato in rianimazione, però è comunque alloggiato in un’ala dell’ospedale in cui gli orari di visita di norma tendono a essere parecchio limitati.

Quando lui ha presentato le proprie credenziali all’ingresso nessuno ha osato dirgli che non poteva passare, anche se a breve tutti gli altri visitatori verranni invitati gentilmente ad andarsene.

Kaidan s’è chiesto se c’entra il fatto che è uno Spettro e si è risposto che è più probabile che il suo arrivo fosse stato annunciato. Da Miranda, forse, o magari dall’Ammiraglio Hackett in persona.

In ogni caso, se le infermiere si aspettavano di vederlo arrivare da un momento all’altro, è probabile che anche Shepard sia in attesa.

Kaidan l’ha sentito un paio di giorni fa. Quando la Normandy ha ripreso i contatti con la Terra i medici hanno concesso a Shepard qualche videochiamata, purché lui non finisse con lo stancarsi troppo.

Vederlo attraverso uno schermo è stato meglio di niente, anche se Kaidan, ogni volta, s’è sentito spezzare il cuore. Shepard è vivo, ma la vista di tutti quei tubi che ancora lo collegano a troppi macchinari, per quanto ormai sia in grado di respirare da solo è stata… a Kaidan fa male pensare a quanto il suo uomo deve aver lottato e sofferto, mentre lui era altrove, ancora una volta lontano e impossibilitato a stargli accanto.

Se solo i dannati Varchi non fossero andati quasi distrutti.

Prova a ripetersi che poteva andare peggio, molto peggio. Shepard poteva morire, ma a quello ora che può evitarlo non vuole neppure pensare. Eppure, anche senza arrivare a tanto, se anziché risultare soltanto danneggiati i Varchi fossero esplosi lui sarebbe rimasto bloccato dov’era, in un altro Sistema, senza avere modo di tornare sulla Terra per chissà quanto tempo. Forse addirittura a vita.

Se, se, se… un milione di cose potevano andare male e non l’hanno fatto, che senso ha ora perdere tempo a rimuginare?

Kaidan non è un vigliacco, non lo è mai stato. É solo quando c’è di mezzo Shepard che a volte si paralizza, il suo cervello inizia a macinare troppi pensieri tutti in una volta, il suo cuore sembra volersi ingolfare.

Che stupido. Specie quando è probabile che Shepard lo stia aspettando.

Nell’ultima chiamata Kaidan non gli ha detto che la Normandy sarebbe atterrata a Londra giusto due giorni dopo. C’erano un paio di questioni burocratiche che non era certo di poter bypassare e non voleva far attendere Shepard nemmeno un’ora in più. Se non sai che qualcuno sta per arrivare non puoi aspettarlo e rimanere deluso se non si presenta. Ecco quale è stato il ragionamento di Kaidan, ma, a giudicare da quanto poco stupore la sua comparsa ha suscitato nel personale ospedaliero, gli è venuto il dubbio che Shepard sappia del suo ritorno e si stia chiedendo che fine ha fatto e perché non si è ancora fatto vedere in ospedale. O magari, invece, Kaidan sta sragionando.

Non lo sa, è troppo sottosopra per razionalizzare.

Due mesi e mezzo. Ci sono voluti due mesi e mezzo per riuscire a tornare a casa, a tornare da Shepard. A Kaidan sono sembrati secoli, ere addirittura. E, adesso che finalmente è a un passo dal riabbracciare Shepard, Kaidan si sente le gambe molli e ha il cuore in subbuglio come non gli è mai successo neppure prima di una battaglia.

Di cosa ha paura? Che sia tutto un sogno?

Si da di nuovo dello stupido e stringe i denti.

Nel muovere i pochi passi che lo separano dalla soglia della stanza di Shepard si sente come se stesse camminando nel vuoto, con una tuta danneggiata e il casco pronto a cedere da un momento all’altro.

Poi le porte si aprono con il solito sbuffo meccanico e Kaidan vede il letto e la sagoma della persona che lo occupa, e gli occorre un attimo per convincersi che l’uomo che ha davanti, abbandonato nel sonno, sia davvero Shepard.

Lo raggiunge in silenzio, cercando di non pensare ai molteplici segni lasciati dai punti, alle bende e ai tubicini e cavetti che ancora corrono ovunque, attaccati a quel corpo che le sue dita in passato hanno accarezzato con possessività o con reverenza.

Nel sonno, se non altro, Shepard sembra sereno.

Kaidan gli prende la mano d’istinto e quando gli occhi di Shepard si aprono i suoi si velano di lacrime. Sono così lucidi che non riesce a capire se davvero Shepard gli sta sorridendo.

«John» dice, in un soffio a mala pena percettibile, prima che la gola gli si chiuda del tutto, impedendogli di continuare.

Non è abituato a usare il suo nome proprio, tranne che a volte, nei momenti più intimi. Nel pronunciarlo realizza quanto suona prezioso.

John. Non l’eroe, lo Spettro, il Comandante Shepard, o il commilitone, o almeno non solo. John è l’uomo che ama, il suo compagno, la persona con cui Kaidan desidera costruire il futuro che entrambi hanno dovuto conquistarsi con le unghie e con i denti, a prezzo di sacrifici lancinanti.

Il suo John. Ed è lì vivo, finalmente tra le sue braccia.

Kaidan non sa nemmeno come ha fatto ad aiutarlo a mettersi seduto. Come diavolo c’è riuscito senza staccare qualcuno di quei maledetti tubi, ma la cosa non ha importanza.

«Kaidan» si sente chiamare e annuisce, come a rispondere che è lì, che non andrà più via, neanche per un secondo.

La fronte di Shepard è calda contro la sua e Kaidan gli accarezza una guancia e gli sfiora le labbra in quello che più che un bacio è un lieve tocco appena accennato.

«Mi dispiace» si ascolta dirlo con un tono così accorato che rasenta la disperazione ed è solo in quel momento che capisce fino a che punto il rimorso ha messo radici dentro il suo cuore. «Mi dispiace.  Avrei dovuto essere con te per tutto il tempo.»

Non sta parlando solo della missione suicida di Shepard sulla Cittadella, nella sua coscienza Horizon brucia ancora, anche se è un argomento che è stato discusso e in teoria messo da parte già da parecchio tempo.

Shepard gli afferra una mano con un vigore sorprendente, considerato che ce ne vorrà prima che lui raggiunga il traguardo di un pieno recupero. Forza Kaidan ad aprire il palmo e se lo porta al cuore.

«C’eri» sussurra, ma nella mente di Kaidan le sillabe risuonano con una potenza tale da lasciarlo stordito. «Eri lì con me, ci sei sempre sato.»

Kaidan lo ascolta raccontare dell’esplosione, del buio, della caparbietà con cui Shepard si aggrappato alla vita. Non sa se sia davvero merito suo, almeno un po’, se è sopravvissuto. La sola cosa che sa è che lo ama e che non riesce ancora a credere di non averlo perso.

E’ uno Spettro, non si fa illusioni: a volte dovrà partire in missione. A meno di non riununciare a quel ruolo, e Kaidan non lo farà. Non ora che la galassia intera deve essere ricostruita, la pace tra specie mantenuta, e ogni aiuto è prezioso com non mai. Malgrado ciò, finché Shepard non si sarà rimesso in piedi, lui non andrà da nessuna parte. E anche dopo, per quanto è possibile, vuole restargli sempre accanto.

Non ne hanno mai parlato ma, ora che la guerra è finita, Kaidan ha bisogno di stabilità, e spera vivamente che Shepard nutra lo stesso desiderio.

Potrebbero iniziare a fare progetti, pensare a una casa, un porto sicuro a cui tornare ogni volta che possono, perfino se alla fine decidessero di rimanere entrambi in serivzio attivo.

La Normandy stessa è casa, certo, però Kaidan ha in mente qualcosa di diverso, che appartenga solamente a loro. Se lo sono meritato e, se pure ci fosse da lottare ancora per conquistarlo, Kaidan sarebbe pronto a combattere. Non riesce a immaginare una causa migliore per cui farlo, né una miglior ricompensa finale.

«Sono qui, ora» ripete prima di tutto a se stesso. «Sono qui, John.»

Shepard chiude gli occhi e sorride. Uno di quei suoi sorrisi così dolci che sembra incredibile vederli spuntare sul viso di un veterano che ha visto fin troppi campi di battaglia.

E’ come se un macigno enorme rotolasse giù dal petto di Kaidan, lasciandolo libero di rispondere con piccolo bacio a fior di labbra. Gli angoli della bocca incurvati come quelli di Shepard, in un moto di tenerezza e di sollievo.

Ci saranno altri momenti difficili, su quello Kaidan non si fa illusioni. Ci saranno attimi di tristezza, e lutti mai dimenticati che torneranno a volte a galla per torturare entrambi. Qui e ora, però, lui e Shepard sono di nuovo insieme, e come sempre succede quando sono fianco a fianco, uniti, nessun ostacolo appare insormontabile, qualunque impresa sembra possibile. E Kaidan è felice, talmente tanto che potrebbe piangere.

Invece sorride e preme di nuovo la fronte contro quella di Shepard.

«Ti amo» dice, questa volta a voce alta e anche se sa che sul serio non ce n’è bisogno.

   
 
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