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Autore: Captain Willard    06/06/2016    1 recensioni
Gabriel Gracelyn ha quarantadue anni e si accontenta di lasciarsi passare la vita accanto: l'amore per la sua fidanzata è ormai appassito, la musica non gli dà più soddisfazioni ed è stanco delle solite facce, della solita ipocrisia, di un'esistenza apatica che lo tiene avvinto.
È quando meno se lo aspetta che le fondamenta delle sue abitudini vengono scosse nel profondo: una ragazza a una festa dove entrambi si sentono estranei, un incontro atteso e inaspettato che lo costringe ad affrontare i fallimenti di una vita piena di successi; occhi verdi come i prati d'Irlanda, a guidarlo verso qualcosa di diverso. Sbagliando e cadendo, ma sempre rialzandosi.
“E pensò che forse si era perso più di quanto voleva credere, in tutti quegli anni.”
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Noiosa ma necessaria premessa: in questo capitolo ho inserito il link a una canzone che non è quella che verrà citata nel testo, ma che meglio si accorda a ciò che verrà narrato da quel punto in poi.

Il brano di cui invece ho selezionato alcuni versi è Attesa e inaspettata di Niccolò Fabi, e prima che qualcuno mi voglia uccidere per l'utilizzo di questa canzone meravigliosa – che Fabi ha scritto dopo la morte della figlia – ci tengo a specificare che io rispetto profondamente questo artista, ho tuttavia deciso di usare alcune sue strofe perché, decontestualizzandole, possono assumere molti significati e molte sfumature.

Detto questo, buona lettura, sperando che questo capitolo non vi deluda.

 

***

 

 

6

- yet my hands are shaking -

 

 

 

 

«Sicura che non vuoi che ti accompagni?»

Alissa sorrise, aggiustandosi il trench sulle spalle magre. «Non preoccuparti, ho già chiamato un taxi.»

Gabriel si strinse nella camicia di flanella, abbozzando un sorriso anch'egli. «Be', allora divertiti a Milano.»

La donna gli diede un veloce bacio a fior di labbra, poi afferrò il trolley e aprì la porta. «Mi mancherai» disse, entrando in ascensore. Il compagno le fece un cenno di saluto.

«Fai buon viaggio.»

 

***

 

Quando ebbe concluso il pezzo, sollevò le mani dalla tastiera e prese lo spartito, dove appuntò un paio di correzioni con la penna rossa. «Allora, come ti sembra?»

Fabio era al settimo cielo. «Bene! Cazzo, era ora, un brano come si deve!» Afferrò la propria bottiglia e la fece cozzare rumorosamente contro quella del pianista. «Ottimo lavoro, stronzetto. Alla fine mi hai dato retta.»

«Non è che tu mi avessi dato chissà quale consiglio, eh.»

«Io ti ho dato una meritatissima strigliata, sii grato!» sbuffò l'agente, per poi scolarsi tutta la birra in due sorsi. Emise un sonoro rutto e sorrise soddisfatto. «Allora... hai scopato?»

Gabriel alzò gli occhi al cielo, disgustato. «Ehi Gabriel, complimenti, nel giro di una settimana hai scritto tre pezzi uno migliore dell'altro, hai talento!» gli fece il verso. «Ecco, questo è quello che avrei voluto sentire, invece di un'allusione su come io sia condizionato pesantemente dalle mie attività sessuali, cosa peraltro non vera.»

Fabio non si scompose; se possibile, il suo sorriso si fece persino più compiaciuto. «Sì, vabbe', falla breve: hai scopato.»

«Certo che no.»

«Ah! Vedi, te l'avevo detto, io- aspetta, cosa?!»

Gabriel si alzò e andò a posizionarsi sul tappetino di spugna davanti alla finestra, Fabio saltò giù dallo sgabello e lo seguì a ruota.

«Come sarebbe a dire, certo che no?!» insistette quasi scandalizzato. Gabriel si inginocchiò sul tappetino e si appoggiò con le mani avanti, inclinando il busto.

«Sarebbe a dire, ho rivisto quella ragazza di cui ti ho parlato, ci siamo baciati, siamo usciti insieme ma non abbiamo fatto sesso» sospirò, piegando la gamba destra davanti al bacino e allungando la sinistra dietro di sé. «Non mi pare un concetto tanto astruso.» Gonfiò il petto e restò in posizione, chiudendo gli occhi.

«E allora perché ti ha ispirato tanto?» replicò Fabio, scuotendo la testa. «Io non capisco, è- ...oh. Oh

Il moro aprì un occhio, allarmato. «Cosa

L'agente si illuminò in un sorriso sornione. «Ti sei innamorato!»

«Che?! No! Sei pazzo» gemette, cambiando gamba.

«Lascia perdere la posizione dell'airone e affronta la realtà, piuttosto!»

«È la posizione del piccione, e comunque non sono innamorato! La conosco da poco più di un mese e siamo usciti pochissime volte, è davvero troppo presto per certe affermazioni.»

«Rigirala come ti pare questa frittata, innamorato, innamorando, il potenziale c'è e lo vedo in quella tua faccia ebete, brilli come se ti fossi fatto lo scrub con delle scorie radioattive.»

Gabriel preferì non rispondere e passò alla posizione del loto.

«Fatti allungare la barba e sembrerai un santone.»

«Mh.»

«Alissa non si è accorta di nulla?»

«No. Forse il fatto che abbiamo fatto sesso la settimana scorsa l'ha rassicurata sul nostro rapporto.»

«Amico, scoparti la tua donna mentre frequenti un'altra è da vero stronzo» commentò Fabio, schioccando la lingua con disapprovazione.

«Sì, be', pazienza, è successo in un momento particolare.»

«Perché non la lasci? Tra voi le cose non vanno più da anni.»

«È la stessa cosa che mi ha detto Maebh» sbuffò l'altro vagamente divertito.

«Maebh? È così che si chiama?» L'agente tornò al piano e raccolse la ventiquattrore abbandonata lì vicino.

«Già. È gaelico, significa “colei che intossica”.»

Il biondo prese a sghignazzare. «Insomma, ti sei innamorato di Poison Ivy!»

«Santo cielo che imbecille. La conosco ancora poco, anche se abbastanza da sapere che voglio passare più tempo con lei, non mi basta mai. Mi piace, ma non sono innamorato!»

«Sì certo, come no. Allora, quando vi vedete?»

«Questi giorni non siamo riusciti a vederci per via del lavoro, soprattutto il mio, ma domani sera ha detto che mi porta in un posto speciale. L'unico problema è che andremo col suo scooter e lei guida come una pazza.»

«Speriamo sia pazza anche sotto le coperte.»

«Cazzo ma la vuoi piantare? Sei un maniaco, ci pensi più tu a lei che io, a momenti. Ah, fanculo» bofonchiò Gabriel, abbandonando la posizione e alzandosi in piedi.

«Io vado che devo lavorare, ci vediamo giovedì in studio, ok?» sogghignò Fabio, andando alla porta. Il pianista lo sentì fermarsi a metà delle scale e ridacchiare tra sé.

«Oh, e lascia perdere lo yoga, hai meno sex appeal delle vecchiette ad acquagym, quando fai il gallo cedrone!»

Gabriel si strinse la radice del naso tra pollice e indice, una parvenza di emicrania a minacciarlo. «...è il piccione.»

 

***

 

«Secondo me ci siamo persi.»

Uno sbuffo.

«Quanto manca?»

Silenzio ostinato.

«Siamo arrivati?»

«Se il tuo scopo è condurmi all'isteria, sappi che ci stai riuscendo!»

Gabriel rise e rafforzò la presa sulla vita di Maebh, lei alzò gli occhi al cielo. Di nuovo su una collina fuori città, di nuovo le stelle a scrutarli silenziose. La felpa che indossava non bastava a proteggerlo dal freddo di quella serata ottobrina, ma a parte quello l'uomo non avrebbe potuto essere più felice di così.

Finalmente gli alberi sembrarono diradarsi, mentre raggiungevano la cima della collina; sbucarono in uno spiazzo, a una ventina di metri da loro stava una baita in pietra e legno, con una graziosa veranda. Delle macchine erano parcheggiate dietro l'abitazione, Maebh accostò li accanto e scesero.

 

«Ehi, siete in ritardo!» esclamò un uomo, venendo loro incontro. Abbracciò la ragazza e il pianista con lo stesso calore. «Abbiamo già montato i telescopi. Tu sei?»

«Gabriel. Sono un amico di Maebh.»

«Be', i suo amici sono i nostri!» sorrise quello, calzandosi più a fondo sulla testa il berretto. «Io sono Lupo, il proprietario della baita. Benvenuto nel gruppo dei Late Nighters! Non hai freddo?» gli chiese poi, vedendo che tremava.

Gabriel sorrise imbarazzato. «Un pochino, in effetti.»

Maebh alzò gli occhi al cielo, sul capo recava un buffo cappello fucsia col pompon ed era imbacuccata in un maglione di lana acquamarina, abbinato agli occhiali. «Io gliel'avevo detto di vestirsi pesante, ma non mi ha dato retta.»

«A ottobre di solito non è così freddo» bofonchiò lui.

«Sì, ma qui siamo in alto. Vado a prenderti un maglione, tanto i gemelli ne portano sempre qualcuno in più.» Entrò nella casa, lasciandolo solo con Lupo; quest'ultimo si accese una sigaretta e gliene offrì una, Gabriel scosse la testa.

«Che cosa siete voi Late Nighters, di preciso?»

Lupo gli indicò alcune persone a una cinquantina di metri da loro, che nell'oscurità appena alleviata da delle lanterne si affaccendavano intorno a tre telescopi, sistemavano coperte, svuotavano cesti da picnic sulle tovaglie. «Solo dei pensionati che si divertono ad osservare le stelle nel loro tempo libero. Vieni ragazzo, te li presento, saranno contenti di vedere una faccia nuova.»

 

Quando Maebh li raggiunse, Gabriel era stato già integrato nel gruppo e promosso al ruolo di mascotte. Ginevra e Lorenzo, una tranquilla ma tenace coppia di coniugi, lo stavano ingozzando di lasagne e altre delizie, accusandolo d'essere troppo magro.

«Fosse vero» aveva provato a protestare lui, ma Ginevra gli aveva riempito il piatto implacabile come un bulldozer.

«Tra poco vomita» ridacchiò la ragazza, facendo segno ai due di smettere di servigli cibo. Gabriel buttò giù l'ultimo boccone di lasagne e sospirò.

«Che accoglienza.»

«Sei il loro nuovo giocattolo, ora. Tieni, mettiti questo.» Gli porse un maglione bitorzoluto, lui lo svolse e un'espressione sconvolta gli si dipinse in volto.

«Non so se ridere o piangere» esalò, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla fantasia ricamata di... patate e salsicce? C'era persino un motivo di rametti di rosmarino intorno al collo e alla vita.

«Luca e Lucio adorano lavorare a maglia, il problema è che hanno dei gusti a dir poco osceni in fatto di decori. Comunque io mi sono premurata di prenderti il più ridicolo.»

«Grazie, che gentile» replicò sorridendo ironico, infilandosi il maglione che nonostante fosse brutto, era davvero caldo. «Oh, ora sì che va meglio.»

«Se Alissa vedesse quel coso addosso a te, le verrebbe un colpo» scherzò Maebh, ma il riso le morì sulle labbra vedendo che il suo sguardo si era fatto ombroso di colpo. Si inginocchiò davanti a lui e gli prese le mani, strofinandole tra le proprie per riscaldarle.

«Meglio evitare l'argomento, eh?»

«Quando sono con te preferisco lasciare tutto fuori.»

«Va bene» annuì. Gabriel sorrise e fece per baciarla, quando una voce familiare lo richiamò. Si voltò e vide avvicinarsi Alberto, ma ciò che più lo stupì fu vedere al suo fianco Loren, stretta al suo braccio come fosse appartenuto a lei.

«Ehi, che ci fate voi qui?»

«Mi ha invitato Loren, che è stata invitata da Maebh a sua volta. Come te la passi?»

«Bene, il disco sta procedendo. Tu?»

«Alla grande, come puoi vedere.» Sorrise e si chinò a baciare la moretta, che ricambiò con trasporto per poi andare da Maebh. Mentre le ragazze chiacchieravano, Gabriel prese da parte il collega e si allontanarono di qualche metro.

«Scusa, ma tu non eri un tipo mordi-e-fuggi, in fatto di amanti?»

Alberto fece spallucce. «Sì, be'... diciamo che Loren è speciale. Anzi, è proprio esplosiva. Oltre ad essere una belva a letto, è simpatica, brillante, ha molti interessi. Pensa che l'altra sera mi ha portato a vedere una rappresentazione amatoriale del Fantasma dell'Opera e non so, ero estasiato, per la musica e per lei. È sensibile, schietta, mi ha conquistato!»

«E Giorgia?»

L'uomo sospirò, ma non sembrava troppo addolorato. «Le ho detto di Loren dopo esserci uscito per la terza volta, sapevo che non sarebbe stata una scopata come le altre. Ovviamente ci siamo lasciati, ma era solo questione di tempo ormai. Non funzionavamo più insieme, io e lei.»

«È stata una mossa un po' azzardata, lasciarla per una ragazzina appena incontrata. È piccola, no?»

«Sì, ha solo diciotto anni, ma è sorprendentemente matura e in ogni caso non penso di aver sbagliato a fare quel che ho fatto. Se fossi rimasto con Giorgia, precludendomi la possibilità di un rapporto serio con Loren... quello sì che l'avrei rimpianto.»

Tacquero, Alberto sorrideva, Gabriel non poteva fare a meno di riflettere sulle sue parole. Alzò lo sguardo su Maebh, intenta a bere cioccolata calda con Lupo. Sussultò appena quando lei si girò verso di lui, facendogli un cenno.

«Torniamo da loro» mormorò il collega, battendogli piano su una spalla. Gabriel lo seguì in silenzio, ma sorrise quando Maebh lo raggiunse, prendendolo per mano.

 

***

 

Il suo orologio segnava l'una passata, ma non gli diede peso così come non aveva dato peso alle chiamate di Alissa. Si era limitato a mandarle un messaggio, dicendole che stava lavorando, sentendosi meno in colpa del dovuto. Sospirò scacciando i pensieri, poggiò i gomiti sulla balconata lignea della veranda e si chinò sulla tazza di cioccolata, rigirandosela tra le mani e scrutandovi dentro, come a trovare risposte a domande che non riusciva a mettere a fuoco.

Dei passi si avvicinarono, non ebbe neanche bisogno di alzare lo sguardo per capire che era Maebh, il suo lieve profumo era inconfondibile.

«Posso?»

Lui annuì. «Ma certo che puoi.»

Maebh lo raggiunse e imitò la sua posizione. «Che ne pensi di questa serata?»

«Un po' lenta in alcuni passaggi ma comunque divertente.»

«Sì, Piero adora esporre le sue conoscenze sulla deflessione gravitazionale ai nuovi arrivati.»

«Per non parlare del monologo sulla materia buia.»

«Oscura

«Stessa cosa.»

«Dillo a Piero e ti manda in orbita.»

Gabriel rise; l'astronomo era forse un po' prolisso, ma era lodevole il suo entusiasmo, segno d'una passione per lo studio che lo rendeva carismatico e affascinante. L'aveva stupito sinceramente sapere che lui e Lupo fossero compagni di vita da quasi trent'anni, non avrebbero potuto essere più diversi: Piero elegante e composto seppure un po' burbero, esile ma con grossi occhiali a fondo di bottiglia, Lupo basso e robusto, cordiale e buono come il pane; il primo era figlio d'una ricca famiglia fiorentina e aveva conseguito tre lauree, il secondo era rimasto alla terza media ed era cresciuto nelle montagne del Trentino-Alto Adige.
Si erano conosciuti tra le nevi: Piero, diretto a un convegno sulle nebulose planetarie, aveva sbagliato strada e la sua macchina aveva fuso in mezzo al nulla, nel cuore dell'inverno. L'aveva soccorso Lupo, che tornava dai boschi con un carico di legna sulla schiena; Piero avrebbe dovuto restare a casa sua giusto qualche giorno, il tempo di far riparare l'auto, ma una tormenta li aveva costretti alla clausura e in una minuscola casetta, davanti al focolare dove cuocevano le mele al vino, tra spiegazioni sulla vita delle stelle e leggende dei boschi, aveva germogliato un amore inaspettato che aveva resistito a ogni insidia del tempo.

 

Gabriel si era sinceramente commosso a quel racconto, gli pareva che non fossero più possibili storie così pure e belle, non perfette ma sincere.

Sincere... piegò le labbra in un sorriso amaro, sentendosi un ipocrita.

Maebh se ne avvide e gli cinse le spalle con un braccio.

«Brutti pensieri?»

L'uomo annuì, ma non riuscì a evitare il suo sguardo quando lei gli scansò dei ciuffi ribelli dagli occhi; la ragazza sorrise e gli rubò un sorso di cioccolata, si alzò sulle punte a baciarlo dolcemente.

«Ecco, un bacio al cioccolato. Meglio?»

Annuì di nuovo. «Un pochino. Grazie per avermi portato qui, comunque.»

«Avevi detto di non ricordare le costellazioni, quindi mi è sembrata una buona idea» mormorò Maebh, ma si era accorta che Gabriel non sorrideva. Si infilò una mano in tasca e ne tirò fuori l'mp3, si infilò un auricolare e gli porse l'altro. L'uomo lo prese, lanciandole uno sguardo interrogativo.

«Che mi fai sentire?» le chiese, ma lei non rispose e premette play.

[https://www.youtube.com/watch?v=2UfHXiQkgd8]
 

 

Attesa e inaspettata

arriva la seconda vita

in quell'istante

in cui si taglia il velo

e sei dell'altra parte

 

 

Gabriel sospirò per la dolcezza della musica, la morbida tenerezza della voce di Niccolò Fabi. Posò la tazza sulla balconata e si rivolse alla giovane che gli stava accanto; la strinse a sé e affondò il viso nell'incavo della sua spalla. Profumava di biancospino.

 

Come cambia il peso delle cose

del pianto del sorriso

dell'aria che respiri

di ritornare a casa

ora il mio posto e' qui...

Che bellezza abbagliante

la tua

 


Quante cose si possono dire, con le parole giuste.

Con l'abbraccio giusto, mentre Maebh lo cullava lentamente. Gabriel riconobbe sé stesso in quelle strofe, nelle sue sfaccettature e imperfezioni, sapeva che avrebbe dovuto seguire quei versi e coglierne il consiglio, ma lei lo strinse più forte e baciò il suo viso come una farfalla calda, e allora lui staccò la mente, staccò tutto. Erano al largo, ormai.

 

Così ti trovi a quell'incrocio

tra l'impegno e il disimpegno

e devi toglierti dal centro

devi farti spazio dentro

 

 

La sirena lo baciò, lo benedisse come un marinaio sfinito che la corrente restituisce alla baia, e Gabriel avrebbe voluto piangere per il sollievo ma lei lo prese per mano, lo condusse oltre le correnti e i flutti, lo guidò dentro la baita, su per le scale, in una piccola stanza accogliente.

Accese una candela, non serviva altra luce, era bella l'oscurità che li avvolgeva a tentoni, era bello indovinarsi i profili nella penombra.

 

E poi dividere l'inutile

da ciò che è necessario...

 

Le mani tremanti di Gabriel incontrarono quelle sicure di Maebh; era come un'ancora lei, era ferma e salda e lui si aggrappò al suo corpo nel disordine della vita, e pure era anche leggera, e così viva, lui si trovò spaurito e nervoso come un ragazzino nell'acqua alta ma lei lo rassicurò, spoglia di ogni veste inutile, lo attirò a sé, lo strinse al seno candido.

«Va tutto bene» sospirò. Gabriel sussultò tra le sue braccia morbide, aveva aspettato per tutta la vita quelle parole e nemmeno lo sapeva, ma ora sapeva, sapeva e sentì che non c'era sbaglio in quelle carezze, nei baci che le lasciò sui capezzoli, nelle strette delle mani sulle cosce; non era peccato afferrare i fianchi della sirena quando lei si abbassò sul suo ventre, accogliendo la sua erezione con carne bagnata e calda come il mare alla fine dell'estate.

 

Gabriel tremò contro di lei, boccheggiò contro la sua pelle, rantolò preghiere e suppliche e Maebh non disse niente, bastavano i suoi gemiti a dargli conforto, condurlo a riva. Era un naufragio da cui l'uomo non voleva essere salvato, ma il suo corpo debole e sconvolto lo tradì, si aggrappò alle coperte e ai capelli della sirena, avrebbe voluto resistere e prolungare all'infinito quel momento in cui le membra tremavano e acceleravano i movimenti, le spinte si facevano più violente e rapide, lei gridò di piacere e gli graffiò la schiena; si arresero, si abbandonarono all'orgasmo, giacquero sconfitti.

 

 

Non sapeva quanto tempo fosse passato; gli parve un'infinità, quando riuscì finalmente a recuperare abbastanza ossigeno e forza da scivolare via da Maebh, stendersi al suo fianco. La giovane sorrise, le guance rosse, gli occhi brillanti, le labbra turgide per i baci. Gabriel la strinse a sé, il suo corpo nudo era caldo come fuoco contro il suo fianco.

Restarono così a lungo, scambiandosi lievi baci, sussurri, risate sommesse, finché la suoneria del cellulare di Gabriel non li fece sussultare. L'uomo sbuffò e allungò una mano oltre il bordo del letto, tastando per terra finché non toccò i pantaloni; prese di tasca il telefono e guardò il display: un sms di Alissa. Sei ancora sveglio?

Si girò verso Maebh, le sorrise. Il cellulare tornò per terra, sui vestiti abbandonati, senza risposte.

 

 

***

 

 

Gabriel fa yoga.

Ammetto di aver deriso la posa del piccione (esiste davvero), poi ho provato a farla e quasi ci sono rimasto. Non ho più riso, dopo.

 

 

  
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