Esistevo. Non potevo dire di aver mai vissuto davvero.
Ogni futile dettaglio di quella mia vecchia vita ha perso importanza.
Da quando ho incontrato lui.
Da quando lui se n'è andato.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
I
nomi originali sono stati sostituiti.
Purtroppo queste sono cose che accadono nella vita di tutti i giorni.
Questo è per te, amica mia. Mi avevi chiesto di fargli
questo regalo. L'ho fatto, per voi. Tu che sei riuscita ad affrontare
tutto questo, come non lo so.
Ed è anche per te, angioletto. Ti vogliamo bene e ancora te
ne vorremo. Non riuscirai a farci dimenticare di te.
E' per voi. Per noi tutti, che abbiamo conosciuto quella meravigliosa
persona, la stessa che ora veglia le nostre vite.
Non
avevo mai pensato seriamente alla mia vita. A cosa avrei voluto fare da
grande. A chi sarei voluta diventare.
Ogni giorno era programmato, costruito da qualcun altro.
La mia vita era una copione già scritto, corretto e
approvato. Perfetta,
per una ragazza tranquilla e di buona famiglia. Come me. Perfetta, per una ragazza
obbediente e con la testa a posto. Come me. Perfetta, per
una ragazza che nella vita avrebbe potuto ottenere tutto quello che si
potrebbe desiderare. Come me.
Totalmente priva di
senso.
Per me. Esistevo. Non
potevo dire di aver mai vissuto davvero.
Ogni futile dettaglio di quella mia vecchia vita ha perso importanza.
Da quando ho incontrato lui.
Da quando lui se
n'è andato.
< Ciao. >
< Ehm.....ciao.. >
< Non preoccuparti, non devi fingere di ricordarti di me.
>
Così se ne andò, come era venuto. Rimasi
spiazzata. Chi
era quel ragazzo?
Un incontro strano, veloce, sconcertante.
Ma non il primo. Più tardi scoprii che da bambini avevamo
frequentato quasi tutte le scuole nella stessa sezione.
Ma non l'avevo riconosciuto. Non sapevo chi fosse.
Da quel giorno però il ricordo di quell'incontro mi aveva
tormentato. Avevo chiesto in giro, agli amici, ai conoscenti, chiunque
potesse aiutarmi a ricollegare quel volto ad un nome.
Alla fine c'ero riuscita.
Ray Coleman.
Un nome che non avrei mai più scordato. Mai più.
< Buongiorno.
> Mi voltai. Ray.
< Ray.. > Mi sembrò sorpreso. Ma
durò pochi istanti: il suo viso tornò sorridente
e calmo.
< Ah, hai fatto i compiti a quanto pare... > Non sembrava
sarcastico. Non era arrabbiato per il mio comportamento.
Non lo avevo mai calcolato per anni. Eravamo praticamente cresciuti
insieme senza che io me ne accorgessi. Non l'avevo riconosciuto.
Ma lui non se l'era presa.
Mi sorrideva tranquillo, come se fossimo stati amici da sempre.
< Si..ecco..mi dispiace per.. >
< Ehi, ehi. Non dirlo. > Sussultai. Il suo viso era teso,
quasi
addolorato. Ma anche quell'espressione sparì presto dal suo
viso, subito rimpiazzata da quella che col tempo avrei capito essere
una maschera. La sua maschera.
Se ne andò, di nuovo, lasciandomi lì.
Iniziammo ad incontrarci sempre più spesso.
A lezione. In biblioteca. Nel cortile del campus.
Poi col tempo ci demmo degli appuntamenti.
No, non erano veri appuntamenti. Più
semplicemente....incontri. Momenti solo nostri.
Il vecchio parco giochi, ormai abbandonato, era lo scenario di quegli
istanti.
Parlavamo di tutto. Le ore passavano veloci. Non c'era urgenza, non
c'era disagio. Solo noi due.
Poi una sera non si presentò all'appuntamento. Solo un
messaggio. Scusami,
Jude. C'è stato un imprevisto. Salutami Orione.
L'appuntamento era al Planetario. Per quella sera era prevista una
pioggia di stelle cadenti.
Fu in quel momento che mi resi conto di quanto la sua presenza fosse
diventata indispensabile per me.
Di quanto il non averlo accanto mi facesse male.
Lo amavo.
Per tutta la settimana successiva non si presentò alle
lezioni. Non mi chiamò. Non un messaggio. Niente.
Credevo di impazzire. Ero andata a casa sua, ma la zia mi aveva detto
che era dovuto partire con i suoi genitori e che sarebbe tornato a
giorni.
Nulla di più. Non volevo impicciarmi dei fatti altrui, ma il
non
sapere dove fosse o perchè fosse dovuto partire
così,
senza preavviso, mi annebbiava il cervello. Mi sentivo debole, stanca,
confusa. Sola.
Finalmente, tre giorni dopo, tornò.
< Ehi, straniero.. > Il suo viso era pallido, stanco,
spossato.
Le occhiaie evidenti e marcate. Il sorriso che tanto amavo era tirato,
sembrava che anche solo quella minima contrazione muscolare gli
costasse uno sforzo tremendo.
< Ehi, vagabonda.. >
Lo fissai per qualche istante. Le mani mi tremavano, la morsa allo
stomaco era sempre più pressante. Senza che potessi
trattenermi
lo abbracciai.
Lo strinsi forte a me. Portai le dita fra i suoi ricci neri,
avvicinandolo ancora.
< Ehi... > Le sue braccia mi circondarono la vita.
Incerte, spaventate.
< Mi hai fatto preoccupare. Non andartene più in quel
modo. Non andartene
più.. > Avevo iniziato a singhiozzare,
come un'idiota.
Non mi rispose subito. Restammo così per qualche minuto.
< Mi dispiace. > La sua voce tremava.
Scossi forte la testa, stringendolo di più.
Avevo deciso di
non
fargli domande. Mi ero convinta che averlo di nuovo accanto a me fosse
sufficente a cancellare quell'orribile sensazione. Quel tormento che
aveva rischiato di annientarmi quando era lontano. Il
mese successivo gli confessai quello che provavo. L'amore straziante
che rischiava di farmi esplodere il cuore.
< Io ti amo...
>
Vidi i suoi occhi sbarrarsi sorpresi. Poi il viso contratto da una
smorfia di dolore.
Il mio respiro accelerò, tanto che l'aria non aveva nemmeno
il
tempo di raggiungere i polmoni prima di essere rispedita fuori. Il
panico, un terrore puro mi fece tremare le ginocchia. Non rifiutarmi,
ti prego. Non spezzarmi il cuore. Non uccidermi.
Poi in un attimo i suoi occhi si addolcirono, le labbra si distesero,
felici. Allargò le braccia verso di me ed io, senza farmelo
dire, mi ci fiondai.
Il bisogno di lui era diventato un dolore fisico.
< Ti amo anch'io, scimmietta. > Il suo fiato caldo e
delicato mi sfiorò l'orecchio in un sussurro.
Quella notte facemmo l'amore.
A nessuno prima di lui avevo donato il mio corpo.
A nessuno prima di lui avevo donato il mio cuore.
I primi mesi
furono i più belli della mia vita. Ma il tempo passava e lui sembrava sempre più
strano. Stanco.
Con me poi....era ogni giorno più freddo.
Poi venne quel maledetto giorno. Giovedì 6 dicembre 2007.
La data che cambiò la mia vita per sempre.
< Potremmo andare al mare il
prossimo week-end, che ne dici? >
Eravamo
al parco. Imbacuccati dalla testa ai piedi per proteggerci dal freddo
pungente di quella notte invernale. Sdraiati su una coperta, senza fare
nulla di particolare. Lui
si portò a sedere, mentre io continuai a guardarlo con la
coda
dell'occhio. Sembrava tormentato, si agitava sul posto, si torturava le
dita. Ma soprattutto non mi guardava negli occhi.
E lui lo faceva sempre. Questo fece scattare il campanello d'allarme.
< Jude... Non credo sia una buona idea.. > Il tono della
sua voce mi suonava così diverso,
così...sbagliato.
< Ok. Se non ti va possiamo sempre fare qualcos altro....
>
Cercai di stare calma, ma la voce mi si spezzò in
più
punti.
Fece un respiro profondo, come esausto.
< No, Jude. Non hai capito. Non mi riferivo alla gita al mare.
>
< Già, hai ragione. Non credo di capire.. > La
mia voce
era già deformata dai singhiozzi. Purtroppo forse avevo
capito
perfettamente.
Sospirò, alzandosi in piedi e mi diede le spalle. Io non
riuscivo nemmeno a muovere le gambe.
< Penso che dovremmo chiudere qui. > Una pugnalata mi
trafisse in mezzo al torace, ma mi costrinsi a parlare.
< Io no. > Arrancavo, trascinandomi come un guerriero
ferito e prossimo alla morte. Che però non vuole arrendersi.
< Jude... > Sembrava sempre più esausto: le
spalle curve,
la voce sottile, il capo chino. Come schiacciato da un peso
insostenibile.
< Non vedo alcun motivo per cui dovremmo lasciarci.. > Da
bravo
guerriero artigliavo il terreno fangoso, ferendomi le dita,
squarciandomi la pelle. Le mie ferite sanguinavano, ma io continuavo ad
avanzare. La meta era lì, ad un passo da me. Non potevo
arrendermi.
Mi sembrò di vederlo curvarsi di più su se
stesso. Il
peso aumentava. E io desideravo solo poterlo liberare da quella
sofferenza, portare quel peso al suo posto.
< Anche se ti dicessi che non ti amo più? >
Un boato. Uno squarcio. Le ferite furono cosparse di sale. Bruciavano.
Bruciavano tremendamente.
La meta sembrava allontanarsi sempre di più. Distante,
irraggiungibile.
Fino a che punto il guerriero poteva sopportare il dolore?
Quando avrebbe detto "basta, non ce la faccio" ?
< Non....non ti credo... > Non mi uscì che un
sussurro strozzato.
< .....dovresti.... >
Mi alzai di scatto.
< Smettila, Ray... > Mi portai dietro di lui. Avrei
dovuto solo allungare il braccio per toccarlo.
< Non sto scherzando. >
Non trovavo la forza di reagire. Non un suono sembrava voler sfuggire
alla morsa intorno alla gola.
Rimasi in silenzio per non so quanti minuti.
< Mi dispiace, Jude. > Fece qualche passo in avanti.
Se ne stava andando. Mi stava lasciando.
No.
Le mie gambe si mossero da sole. Lo afferrai per la manica della
giacca, strattonandolo.
Lui si fermò, senza voltarsi.
< No... > Non ero certa mi avesse sentito. Nemmeno io
avevo udito la mia voce. Troppo bassa. Troppo lieve.
< Jude per favore...non rendere le cose più...
>
< NO! > Rabbia. Disperazione. Mi esplosero nel petto,
come
un'intensa vampata. < Credi di potermi liquidare
così?! Eh?!
Cos'è stato per te, un passatempo?! >
Lo sentii irrigidirsi. Il braccio tremava.
< Sei entrato nella mia vita, l'hai sconvolta. Mi hai fatto
innamorare di te. Mi hai donato la Felicità. E ora? Ora vuoi
strapparmi via tutto?! Non puoi, hai capito?! NON PUOI!! Non...tu
non.... > Piangevo senza ritegno. Mi stavo umiliando, ma non mi
importava. Avrei fatto qualsiasi cosa.
La mia presa intorno alla stoffa della sua giacca si allentò
e lui parve approfittarne.
Tentò di andarsene di nuovo, ma non gliel'avrei permesso.
Lo strattonai di nuovo, con forza.
< Smettila!! Non puoi lasciarmi! Io ti amo! > Stavo
urlando.
Lui si voltò di scatto e puntò i suoi
meravigliosi occhi
verdi nei miei. Erano gonfi di lacrime. A quella vista rimasi
paralizzata.
Non mi amava. Allora perchè stava piangendo?
< Cosa potrei offrirti, Jude, me lo spieghi?! > Anche lui
aveva iniziato ad urlare.
Cosa? Di che stava parlando?
< Io non capisco....cosa... >
< Sto morendo, Jude. >
Il guerriero si arrese al suo destino.
Cancro.
Da quella sera Ray tentò più volte di
allontanarmi.
Mi ripeteva che non mi amava. Non
gli ho mai creduto.
Diceva di avermi tradito. Non
gli ho mai creduto.
Poi un giorno decisi che era arrivato il momento di smetterla di
perdere istanti preziosi del tempo che ci restava da passare insieme.
E decisi di farlo capire anche a lui. Di fargli capire che non si
sarebbe sbarazzato di me.
Voleva andarsene. I suoi genitori mi avevano chiamato, disperati.
Ero corsa all'aeroporto, sperando di farcela.
Arrivai al bancone del check-in appena in tempo.
< Ray! > Lo vidi voltarsi per poi spalancare gli occhi,
sconvolto, non appena mi riconobbe. Corsi da lui.
< Dove credi di andare, me lo spieghi? > Non rispose.
Abbassò soltanto lo sguardo verso il suo borsone.
< Sei un codardo. > Alzò la testa di scatto,
fissandomi.
< Si, sei un codardo e un vigliacco. Cosa pensi di risolvere
andandotene, eh? >
< Jude, non ho bisogno del tuo parere per.. >
< Te lo dico io cosa risolverai: farai soffrire i tuoi genitori.
Morirai lontano da loro. Farai soffrire i tuoi amici, i tuoi parenti.
Farai soffrire me. Te ne andrai e io non sarò lì
con te.
Sarai solo, morirai solo.
Avrai paura, ma non ci sarà nessuno lì a tenerti
la mano,
ad accarezzarti la fronte, a tranquillizzarti, a dirti che
andrà
bene, che non soffrirai più. Nessuno in quel momento
potrà ricordarti tutti i momenti belli della tua vita.
Nessuno
potrà ricordarti quanto sei stato amato e quanto continuerai
ad
esserlo.
Io non sarò lì. Io non potrò sdraiarmi
accanto a
te, tenerti tra le mie braccia e cullarti. Non potrò
baciarti le
labbra per l'ultima volta, non sarò l'ultimo viso che vedrai
prima di chiudere i tuoi meravigliosi occhi. Non sarò
lì
per dirti che ti amo, che continuerò ad amarti per sempre.
Che
sei stato e sarai sempre la persona più importante della mia
vita.
Vuoi davvero farmi questo? >
Mi guardò per tutto il tempo, senza mai distogliere lo
sguardo.
Le lacrime gli tagliavano il viso, crudeli lame di ghiaccio.
Mi avvicinai ancora e gli afferrai il volto con entrambe le mani. Le
nostre fronti si toccavano.
< Non te lo permetterò, sappilo. Starò con
te per
tutto il tempo che ci verrà concesso......Hai capito, brutto
idiota insensibile? >
Le sue braccia mi strinsero tanto forte da non permettermi di
respirare. Non me ne curai affatto.
Mi baciò.
Con bisogno.
Con rabbia.
Con disperazione.
Con desiderio.
Con amore.
L'amore della mia vita se ne andò un anno dopo.
Un anno, sedici giorni e diciotto ore.
Si spense in una fredda notte d'inverno.
Ma io ero lì. Ero con lui.
Lo cullai, gli ricordai i nostri momenti più belli.
Baciai le sue labbra.
Gli ripetei che lo amavo. Che non avrei mai smesso.
Strinsi forte il suo corpo scosso dai singhiozzi. Asciugai le sue
lacrime. Nascosi le mie. Volevo che mi ricordasse sorridente.
E fu il mio l'ultimo viso che vide prima di chiudere gli occhi.
I miei occhi innamorati.
I miei occhi pieni di lui. Di noi.
" The gauge of how much
you truly
treasure someone is not how happy you look with them....but how sad you
are when you lose them."