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Autore: _Tenshi89_    14/04/2009    1 recensioni
*Postato cap. 47!*
Per tanti anni mi sono detta che quella gente doveva morire. Per tanti anni mi ero giustificata dicendo che qualcuno doveva pur fermarli.
Balle. Tutte balle.
Io ero un’assassina.
Ero la più perfetta delle macchine per uccidere, in fondo. Un predatore micidiale.
Ho sempre avuto la pretesa di giudicare quella gente perché seguiva un folle ideale, ho sempre preteso di dire che loro erano la feccia, che io ero nel giusto. Era giusto per me vederli morire uno per uno, con il terrore marchiato per sempre nei loro occhi.
Se è vero quel che si dice, che l’ultima immagine vista in vita rimane per sempre impressa negli occhi, loro vedranno me per l’eternità.
Li uccisi tutti. Come loro avevano fatto con la mia famiglia; li avevo uccisi perché erano delle persone malvagie, avevano fatto soffrire tante persone innocenti. Avevo messo finalmente fine a quei massacri assurdi.
Erano i cattivi.
Ma io ero forse migliore di loro?

Gli errori si pagano, sempre.
Ma le conseguenze non sono sempre facili da affrontare...
Questa è la storia di Elian.
Una storia di odio, una storia di amore.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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***















«Era una sorta di sesto senso, sapevo che Vincent aveva qualcosa di speciale».
Vincent. Era strano pronunciare il suo nome ad alta voce.
Per anni mi era stato impossibile. Il solo ricordarlo mi faceva stare troppo male, figuriamoci parlarne con qualcuno; ma mi ero già fatta abbastanza del male da sola, parlarne mi aiutava a esorcizzare il dolore.
«Decisi di rimanere con lui. Gli dissi chiaramente che io non avevo la minima intenzione di andarmene; lui all’inizio non mi prese sul serio, ma poi capì che non stavo scherzando. Sapevo che nascondeva qualcosa, ed ero determinata a capirlo. A qualunque costo.
Ma non era l’unico motivo per cui volevo restare.
Dentro di me volevo rimanere con lui. Ne ero attratta come una calamita, non riuscivo a stargli lontana; l’idea di andarmene mi faceva troppo male, anche solo a prenderla in considerazione. Era fuori discussione. Ma non sapevo niente di lui, come potevo essere attratta da una persona di cui sapevo a malapena il nome?»
Eppure, a me quello era bastato. «Tutte le mattine, trovavo cibo e vestiti puliti accanto al letto, lui spariva per un’oretta, e ricompariva quando avevo finito di prepararmi; qualche giorno dopo il mio arrivo, svegliandomi, trovai un angolo della stanza coperto da un separè, dietro cui erano magicamente comparsi uno specchio e una vasca, oltre a qualche altro oggetto da bagno. Non avevo la minima idea di come facesse a far comparire quelle cose mentre io dormivo; tutte le mattine mi svegliavo e c’era qualcosa di nuovo. Ero curiosa di sapere cosa facesse la notte».
Mi scappò un sorriso. «Ricordo che una notte mi svegliai, ma rimasi immobile. Aprii appena gli occhi, e lo vidi in piedi a meno di un metro dal mio letto. Era di spalle alla finestra, ed era bellissimo. Mi guardava, ma aveva un’espressione strana: sembrava triste, i suoi occhi erano talmente tanto pieni di dolore che mi fecero male. Lui si accorse che mi ero svegliata, e quell’espressione svanì. Mi disse solo: “Dormi, mia piccola Elian”. Mi svegliai la mattina dopo pensando di averlo sognato. Con me era sempre gentile, ma cercava in tutti i modi di mantenere le distanze, e la cosa mi dava non poco fastidio, perché mi impediva di capire chi fosse. Nonostante ciò, notavo in lui dei piccoli cambiamenti: vedevo i suoi occhi scurirsi con il passare dei giorni, le occhiaie viola diventare marcate e profonde. Non riuscivo ad interpretare questi cambiamenti, in effetti non capivo un bel niente di quel ragazzo.
Mi ci vollero quasi due mesi per scoprirlo.
Una notte mi svegliai, e mi accorsi di essere sola; cercai Vincent con lo sguardo, ma lui non c’era, e la cosa mi turbò parecchio. Ti sembrerà una cosa sciocca, ma solo in quel momento realizzai una cosa fondamentale: non avevo mai visto Vincent dormire. Mi alzai e guardai fuori; era notte profonda, perché mai sarebbe dovuto uscire a quell’ora?
Sai, Bella, le conoscenze di allora sui vampiri lasciavano parecchio a desiderare. Aglio, crocifissi, paletti nel cuore, tutte cavolate. Non pensai mai a Vincent come a un vampiro, non rispecchiava quello che conoscevo di loro.
Rimasi sveglia ad aspettarlo. Lo vidi rientrare con un cestino, e si sorprese di vedermi sveglia. Aveva di nuovo gli occhi dorati. Mi sorrise, ma io mi ero stufata di aspettare. Provai a prendere il discorso alla larga dicendogli: “Vincent… cos’hanno i tuoi occhi?”. Lui fece finta di non capire e mi disse tranquillamente: “Niente”. Continuai a fargli domande a cui lui però evitò accuratamente di rispondere. Mi faceva arrabbiare, gli avevo raccontato tutto di me, invece io ero completamente all’oscuro della storia della creatura meravigliosa che avevo davanti. Allora glielo chiesi a bruciapelo: “Voglio sapere chi sei. Non raccontarmi balle, voglio sapere la verità. Ho visto come i tuoi occhi cambiano con il passare dei giorni, non dormi mai, non mangi mai. Dimmelo, ti prego”.
Lui rimase immobile, imperturbabile, posò il cestino che aveva in mano e se ne andò senza dire niente. Mi pentii immediatamente di quello che avevo fatto».
I miei occhi si fecero tristi, al solo ricordo. «Tornò dopo un paio d’ore, e disse solo: “Devi andare via, Elian. Non puoi più restare qui”.
Era tornato con un cavallo, una scorta di viveri e qualche altra cosa per il viaggio. Voleva che partissi, che me ne andassi; provai a scusarmi, a spiegargli che d’ora in poi non gli avrei più fatto domande; avrei fatto qualunque cosa per restare con lui, ma non mi ascoltò. Mi disse semplicemente: “Non puoi più rimanere con me, vattene. Adesso stai bene, puoi andare tranquillamente per la tua strada, e io andrò per la mia, non vedo perché tu debba rimanere. Non ha più senso la tua presenza qui”. Quelle parole mi fecero male, malissimo. Me ne andai quella sera stessa».
Ripresi fiato, e quando ricominciai a parlare la voce mi tremava leggermente. «Vagai senza meta per quasi tutta la notte. Cercai di convincermi che quella con Vincent era stata una parentesi, che aveva ragione lui, io dovevo andare via. Ma non sapevo dove, ero sola.
Pensai tanto, a dove andare, a come avrei fatto a ricostruirmi una vita; eppure non riuscivo a togliermi dalla testa la voglia matta di tornare indietro, da lui, anche se mi aveva detto che era meglio per me andare via. Sapevo che non pensava le cose che mi aveva detto. Volevo che non le pensasse. E sai cosa ho fatto?»
«Sei tornata indietro», disse Bella sorridendo.
Risi. «E’ quello che avresti fatto anche tu, no?
Sono tornata indietro. Lanciai il mio cavallo al galoppo, e arrivai a poche miglia da casa sua che il sole era alto nel cielo; era la prima volta che vedevo il sole fare capolino da quando ero riuscita a rimettermi in piedi. Riattraversai il bosco, più veloce che potei, ma lungo la strada fui costretta a fermarmi, quando incontrai qualcosa che non avevo mai visto prima. Era una creatura stranissima, aveva la pelle lucente, come risplendesse di luce propria, sembrava uscita da un libro di fiabe; era ferma immobile in una piccola radura, e mi guardava inorridita.
Mi ci volle un po’ per capire che quella creatura meravigliosa era Vincent».



***



  
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