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Autore: LatazzadiTea    07/06/2016    0 recensioni
“Credevo che volare fosse l’unico sogno della nostra vita e, ingenuamente, mi illudevo che saremmo rimasti insieme per sempre. Fare una scelta significa inevitabilmente rinunciare a qualcos’altro, vero, Kalarya? Ciò nonostante, io... non smetterò mai di credere nel nostro sogno, né smetterò di lottare per esso! Te lo prometto, amico mio!”
Storia partecipante al contest "Gelosia".
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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“Sei libero”, lo avvisò Lukas, il quale era andato a prenderlo all’MMS.

“Come sta Breda?”, gli domandò subito il giovane.

“L’intervento è riuscito, ma Breda non si è ancora svegliato… è in coma, Leon”, gli rispose tristemente Lukas.

“Devo vederlo! Devo andare da lui, Lukas, subito!”, disse Leon, precipitandosi verso il suo alloggio.

“Sì, e ci andremo, ma prima devo parlarti di una cosa. Ti accompagno con la mia auto, non abbiamo tempo da perdere”, disse Lukas.

“Breda è uno dei bambini rapiti undici anni fa dagli alieni? Quali bambini rapiti?”, domandò Leon, che come la maggior parte della popolazione non sapeva quasi nulla sull’accaduto.

“Mia sorella dice che sono stati oggetto di sperimentazione, che alcuni tratti biologici sono stati alterati e che, addirittura, il loro gruppo sanguigno è inclassificabile… da non crederci”, gli spiegò Lukas, semplificando il discorso come meglio poteva.

“E Breda? Avrà sicuramente avuto bisogno di sangue, come hanno fatto con lui?”, volle sapere Leon.

“Quando te lo dirò, non ti piacerà”, rispose Lukas; poi, dopo una breve pausa, continuò e ciò che disse fu davvero sconvolgente.

“Hanno trasfuso il sangue dell’alieno in Breda. Non solo il pilota dell’unità Secretus è umano, ma il loro gruppo sanguigno è identico. Leon, cosa pensi di fare adesso con Breda? E con Kalarya? Credo che tutto il suo odio sia partito da questo… sua sorella fu rapita come Breda, ma lei non tornò mai indietro.”

“Lo stai giustificando?”, sbottò rabbioso il ragazzo, che ancora non aveva digerito la notizia.

“No, certo che no. Ma almeno sappiamo cosa può avere spinto Kalarya ad agire come un folle, non credi?”

“Dovresti chiederti invece chi abbia appiccato il fuoco che ha scatenato l’incendio, Lukas. Queste informazioni sono sicuramente Top Secret, come ha fatto Kalarya a sapere di…”, Leon improvvisamente impallidì: il pensiero che gli sfiorò la mente era talmente assurdo che poteva avere un fondo di verità.

“Top Secret, Secretus… dio del cielo, mio dio…” mormorò Leon fra sé e sé, spaventando il povero Lukas che continuava a non capire quale nesso potesse esserci fra le due cose.

“E se gli alieni non c’entrassero? E se l’attacco alla Terra e tutto il resto fosse solo una messa in scena e i Secretus non fossero altro che esseri umani manipolati geneticamente dai nostri governi per farne dei super piloti?”, insinuò Leon.

Lukas non era mai stato un fan delle teorie del complotto ma, in effetti, i conti non tornavano nemmeno a lui. Parcheggiò l’auto e senza dare una risposta alla domanda del secolo, accompagnò Leon nella stanza di Breda con la speranza che non fosse troppo tardi.

“Lei è un parente?” gli chiese una delle infermiere.

“No, io… sono solo un amico”, rispose Leon, mordendosi un labbro.

“Può entrare, ma solo per dieci minuti. È molto debole”, lo avvisò gentilmente la donna.

“Uccidetelo… non lasciate che lo portino via, lui non lo vorrebbe…”, disse con un filo di voce Breda che si era appena svegliato.

“Hey, cosa? Uccidere chi, Breda?”, gli chiese Leon sedendosi accanto al letto.

“Il pilota Secretus, non lasciatelo nelle loro mani. Vi prego… Leon, ascoltami, lo faranno a pezzi e, dopo di lui, toccherà a me”, aggiunse ansimante.

“Faremo tutto quello che potremo per salvarlo, in un modo o nell’altro, te lo prometto. Ma ora calmati. Resterò qui fuori per tutto il tempo… ok?”, replicò Leon senza la minima convinzione, ma poi scacciò quel pensiero per concentrarsi unicamente su di lui e trovare il modo giusto per dirgli ciò che riteneva più importante in quel momento.

Le parole, però, non uscirono e gli morirono nella gola.

“Ho avuto una paura fottuta, oggi… credevo sul serio di averti perso”, disse poi, notando qualcosa di strano nella stanza.

C’era un grande vaso bianco pieno fiori su uno dei comodini vicini al letto e, quando controllò meglio, notò che c’era un biglietto d’accompagnamento.

“Con tanti auguri di pronta guarigione, firmato B.B.”, lesse ad alta voce Leon.

“Berenice Berula! Il nostro Boss ha mandato dei fiori a Breda?”, domandò Lukas entrando nella stanza.

“Dobbiamo portarlo alla MMS, e subito! Il grande capo ci aiuterà con quelli dell’esercito. Siamo privati e non rispondiamo a nessuno, nemmeno al presidente Han… non potranno costringerci a consegnare Breda”, aggiunse il ragazzo dopo averci riflettuto.

“Consegnare?”, chiese stupito l'altro. “L’esercito porterà via Breda in un’altra struttura e non solo lui, ma anche il pilota alieno o qualsiasi cosa sia… se lo fanno, non sapremo mai la verità!”, rispose Lukas.

“Breda dice che se lo lasciamo nelle mani dell’NNU sarà spacciato e credo che abbia ragione!”, aggiunse Leon.

“Ragazzi, arrivano”, li avvisò Grace che era entrata con Lamya e il professor Plant nella stanza di Breda, il quale però stentava a rimanere sveglio.

“La stanza dell’altro pilota è sorvegliata, nessuno di noi può entrare e portare via quel… il pilota. Inoltre, il sistema di sicurezza dell’ospedale dove ci troviamo è attivo: non faremo un metro senza essere scoperti!”, ribatté Leon.

“A questo posso ovviare: la mia famiglia ha progettato tutti i sistemi della Horizon”, replicò Lamya, sicura di potercela fare.

“Aspetteremo che Breda e il pilota Secretus vengano trasportati sulle ambulanze mandate qui dall’esercito. Non ci sarà nessuno a scortarle: se lo facessero, attirerebbero troppo l’attenzione ed è esattamente quello che non vogliono. Dopo le dirotteremo alla nostra base… è la soluzione meno rischiosa, non vi pare?”, propose Varkas che, in qualità di ex pilota e soldato, la sapeva certamente più lunga di loro.

Leon sospirò profondamente e passò una mano sui capelli di Breda, scoprendogli il viso pallido e contratto dal dolore. Ciò nonostante, consapevole di essere osservato, si chinò su di lui per baciarlo.

“Non ti conviene… dammi una mentina prima!”, scherzò Breda.

“Va’ al diavolo!”; gli rispose con veemenza l’altro senza risparmiargli le sue labbra.

“Ci vediamo dopo! Non farmi brutti scherzi, capito?”, disse poi Leon, cercando di rassicurarlo. Quando si voltò, vide Grace in lacrime, la signorina Lamya rossa fino alla punta dei capelli e Lukas e il professor Plant in evidente imbarazzo.

“Da quando quei due… sì, insomma, sono… sono innamorati?” domandò Varkas, balbettando. Incapace di credere a quello che aveva appena visto, si grattò il pizzetto assumendo un’espressione contrita e pensierosa.

“Ecco, io penso sia evidente, non credete? Diciamo che non sono affari che ci riguardano!”, ribatté a giusta ragione Lukas.

“Che dolci!”, mormorò Lamya, portandosi le mani al viso ancora arrossato. Grace, invece, dopo un primo attimo di smarrimento, non disse nulla, ma dall’espressione che aveva in volto si capiva che era profondamente delusa e contrariata.

“Andiamo, abbiamo un lavoro da fare!”, esordì poi Leon, comportandosi come se nulla fosse successo.

Finché amava esisteva, era questo che sentiva e non avrebbe mai dato spiegazioni a nessuno sul rapporto che lo legava a Breda. Non riusciva a pensare ad altro che al sogno che condividevano da tutta la vita: volare insieme in un cielo reale e infinito, un sogno che avrebbero realizzato a costo di vivere e lottare solo per quello. Mettere fuori gioco gli autisti delle ambulanze non fu difficile e dopo che sia Breda che il misterioso pilota alieno furono caricati sui mezzi, con Varkas e Lukas alla guida, partirono come dei pazzi alla volta dell’MMS, letteralmente indisturbati.

“È stato troppo facile o sbaglio?”, domandò Lukas a Grace, cercando di capire cose le stesse passando per la testa in quel momento.

“Da quanto lo sapevi?”, gli chiese invece la ragazza.

“Non lo sapevo. Lo supponevo e basta! Leon e Breda sono i nostri più cari amici, è vero, ma ad essere sincero con chi dividano il letto non mi interessa affatto”, rispose a tono Lukas.

“Leon soffrirà, proprio come Kalarya…”, si lasciò sfuggire di bocca la giovane.

“Ti sbagli. Che Breda sia o meno umano quanto lo siamo noi, non è così importante per Leon. Lui ama Breda per quello che è!”, replicò Lukas. “Non è questo il punto. Siamo tutti nella stessa situazione, Lukas. Esperimenti falliti… tutti, tranne Breda”, aggiunse Grace, che aveva del tutto cambiato espressione e tono di voce.

L’arrivo alla base mise quella strana conversazione in secondo piano e il personale dell’MMS in agitazione, quando videro Berenice Berula in persona attendere i suoi subordinati.

“Signora Berula, questi sono il primo maresciallo Blanch, il secondo tenente Roshan e l’eminente scienziata Lamya Roshan, sua sorella. Lui invece è…”, l’ufficiale, che aveva il compito di presentare Leon e gli altri al capo dei capi, fu interrotto dalla stessa Berenice.

“Varkas, lieta di rivederti!”, esordì la donna, stringendogli la mano. “E tu devi essere il tenente Azuma Breda, giusto? Dicono meraviglie su di te, ragazzo mio. Sarebbe un onore averti all’MMS!”

“Da quanto ne so, temo non sia possibile… ma sarei molto onorato anch’io, signora!”, rispose debolmente Breda, che finalmente sembrava rispondere meglio alle cure. Berenice si accomiatò dai ragazzi e si diresse nei sotterranei della base che ospitava la MMS per avere notizie sul pilota Secretus, in cerca di risposte più concrete sulla fine che avevano fatto i bambini rapiti dai presunti sequestratori alieni.

“È lui il ragazzo?”, chiese Berenice allo staff medico che si occupava del giovane.

“Sì, è lui. Dovrebbe avere più o meno vent’anni, forse meno. Caucasico, altezza nella media. Evidenti segni di malnutrizione e disidratazione, la particolare colorazione delle iridi è dovuta ad un’alta esposizione ad una fonte energetica continua, probabilmente un laser. Le lastre indicano un ispessimento a livello subatomico della struttura ossea, mentre la Tac ha rivelato svariati impianti neurali, in particolare nel lobo temporale”, il medico analista, alla fine della sua relazione, arrivò alla più ovvia delle conclusioni.

“Questo ragazzo, da bambino, è stato sottoposto a diversi interventi, alcuni anche molto invasivi e dolorosi… ma, gruppo sanguigno a parte, è uno di noi!”, rispose semplicemente.

“Ecco, abbiamo fatto un appunto sul gruppo più simile e lo abbiamo classificato come AB negativo di tipo uno”, aggiunse un altro medico dello staff. “Le sue condizioni?”, chiese infine Berenice.

“Stabili, signora”, le risposero.

“Quando si riprende, fatelo mangiare. È in quarantena, ma trattatelo come un ospite di riguardo. Siate prudenti, però: non sappiamo di cosa sia veramente capace!”, terminò Berenice prima di uscire dalla stanza e tornare nei suoi uffici.

“Ci sono novità?”, la voce dall’altra parte del telefono apparteneva al capo delle forze speciali dell’esercito delle nuove nazioni unite, Edward Gilliam.

“Niente che non sapessimo già. Puoi dire al presidente Han che i due ragazzi sono al sicuro qui e che nessuna notizia sulla cattura del pilota o il recupero del mezzo Secretus verrà divulgata ai media. In cambio, mi aspetto il massimo riserbo e nessun tipo di pressione per la restituzione del tenente Breda Azuma, che verrà integrato con effetto immediato nelle file dell’MMS. Come concordato, tutto quello che riusciremo a scoprire e ad utilizzare per il bene della comunità verrà condiviso con l’esercito, ma a mia esclusiva discrezione. Sono stata chiara?”

“Chiarissima. Riferirò subito al presidente. Ah, Berenice, e il nostro appuntamento di questa sera?”, volle sapere l’uomo.

“Mi spiace, Edward ma per un po’ non potremo vederci… sai, meglio evitare inutili pettegolezzi”, gli rispose ammiccante l’altra.

“Certamente. Allora a presto!”, terminò Gilliam.

“È inammissibile! Ma cosa crede di fare quella donna?”, protestò il presidente Han, sbattendo con forza entrambi i pugni sull’elegante scrivania.

“Berenice è una donna ambiziosa, presidente, ma in fondo è pur sempre una donna. Non si preoccupi, signore, ogni cosa a suo tempo. Aspetteremo che la MMS faccia il lavoro sporco per noi e alla fine saremo gli unici a guadagnarci!”, rispose Edward, dopodiché si congedò ed uscì dall’ufficio accompagnato da due dei suoi sottoposti.

Diede un sguardo al cielo sotto la cupola prima di rientrare a casa e trovò che quella sera il tramonto fosse più suggestivo e bello del solito.

“Vuoi una fetta di torta all’ananas? L’ha fatta Grace in persona!”, disse Lukas entrando nella stanza di Breda il mattino seguente.

“Shh! Leon sta ancora dormendo…” gli bisbigliò l’amico. Breda era ancora molto pallido e sofferente, ma vederlo sveglio non fu un sollievo da poco.

“È rimasto lì tutta la notte?”, chiese Lukas, appoggiando la torta sul tavolo. “Sì… che pensi, una via di mezzo fra il disgustoso e il romantico?”, domandò Breda, accarezzando il capo biondo di Leon che se la dormiva ancora alla grossa.

“Trovare Leon con mezzo metro di barba, semi svenuto sul tuo letto, con la bava alla bocca e i capelli spettinati e luridi non è romantico, è solo disgustoso!”, intervenne Varkas, che entrò nella stanza con la precisa intenzione di svegliarlo e riportarlo alla ragione.

“Andiamo, bella addormentata, sveglia!”, lo chiamò poi l’uomo, alzando di proposito il tono di voce.

“Fottiti, Plant!”, mugugnò il ragazzo aprendo un solo occhio.

“Mi spiace, sai, ma Berenice mi ha reintegrato. Vi avverto che sono un vostro superiore, adesso, per cui muovi quel culo flaccido e seguimi all’hangar. Abbiamo un sacco di lavoro da fare!”, lo rimbeccò Varkas.

Lukas se la rise di gusto e così fecero anche tutti gli altri, ritrovando per un istante quell’atmosfera leggera e rilassata che, in passato, aveva scandito il tempo di molte delle loro giornate insieme. Anche Breda ripensò a come era stato una volta, quando ancora Kalarya faceva parte del gruppo e di come allora fosse più facile per ognuno di loro. Poi, in un solo momento, tutto era finito in tragedia col tentativo di uno dei suoi più cari amici di ucciderlo, come se niente di tutto quello che avevano condiviso in passato non avesse avuto un valore o un senso per lui. Malgrado tutto, sentì una stretta al cuore. Kalarya rischiava la corte marziale e il plotone d’esecuzione, se fosse stato ritenuto responsabile del suo tentato omicidio. Sapeva cosa aveva visto ma, per un istante, sperò di essersi sbagliato su di lui.

“Vado anch’io. Devo mostrare a Leon un nuovo dispositivo che verrà montato sui nostri Specter: è ancora in fase di collaudo, ma ci sarà molto utile. Anche tu avrai un nuovo caccia da combattimento. È un regalo della nostra presidentessa, l’RC-25”, lo mise al corrente Lukas, che sembrava molto eccitato dalla cosa.

“Lukas… fammi parlare con Kalarya. Ho bisogno di parlare con lui, ti prego”, lo supplicò Breda.

“Non dipende da me, lo sai. Kalarya è agli arresti fino al processo e non credo che abbia voglia di vederti”, gli rispose il giovane prima di uscire. “E così vogliono affidarmi il RedCyber-25… quattro cannoni laser antiaereo e ben due fucili gemelli a Onde. Motore FF200-1D migliorato e unità corazzata GBP-1S in dotazione permanente. La bestia più potente e veloce di tutta la flotta, nelle mani di un novellino come me? Quella donna è davvero pazza!”, mormorò fra sé e sé Breda.

Ovviamente si riferiva a Berenice, di cui aveva molta stima e rispetto ma di cui, naturalmente, non si fidava affatto.

“Il cuore di un uomo innamorato può essere fragile come un fiore di vetro”, aggiunse a bassa voce, ripensando a tutto quello che aveva dovuto passare in quei pochi mesi. Il nascere di un sentimento forte e profondo per Leon, che mai avrebbe pensato potesse ricambiare, e la perdita di una delle persone che più avevano significato per lui, Kalarya.

Pensò che fosse la cosa più stupida che qualcuno avesse mai scritto in vita sua. L’amore non era mai stata una debolezza per lui, ma la sua forza.

“Sarebbe stato più corretto dire ‘il cuore di un uomo che non ha mai conosciuto l’amore può diventare fragile come un fiore di vetro’!”, disse ancora, prima di riaddormentarsi.

Grace era entrata proprio in quel momento. Avvicinandosi al tavolo aveva notato con piacere che qualcuno aveva apprezzato la sua torta all’ananas e sorrise al pensiero che Lukas, Breda e Leon l’avessero mangiata insieme. Ne tagliò una fetta e la nascose in un tovagliolo di carta, poi, prima di andarsene, si chinò sul giovane, posandogli sulla fronte una bacio tenerissimo.

“Sto andando da lui adesso, signore. Ci sono altri ordini per me?”, chiese Grace all’uomo che nel frattempo l’aveva chiamata al telefono.

“Dovrà sembrare un suicidio o un incidente, signorina. Kalarya Berstein deve morire entro stasera, sono stato chiaro?”, aggiunse risoluto il misterioso interlocutore.

“Sì, signor presidente, chiarissimo!”, rispose la ragazza, inserendo il caricatore nella sua pistola.

Scese di due piani nella sezione detentiva e, senza destare il minimo sospetto, raggiunse la cella di Kalarya, il quale non sembrò affatto sorpreso di vederla.

“L'hai portata?”, chiese il giovane, che aveva ancora il volto tumefatto e gonfio dopo i pugni ricevuti da Leon.

“Sì, l’ho portata. So quanto ti piace. Gli altri l’hanno letteralmente divorata ma, per fortuna, si sono ricordati di lasciartene un po’!”, gli rispose Grace, tendendogli la fetta di torta attraverso l’apposita apertura da dove venivano serviti i pasti. Kalarya la fulminò con lo sguardo; non aveva nessuna voglia di scherzare.

“La pistola, Grace. Dammela!”, le ordinò secco. Lei, guardandolo dritto negli occhi scuri e profondi, fece per consegnargliela, ma esitò per un istante.

“Vedrai, non soffrirà. Gli pianterò una pallottola dritta nel cervello e se ne andrà senza nemmeno accorgersene”, le rispose con un ghigno spaventoso sulla faccia.

“Pensavo che lo odiassi. Quanta premura per il piccolo mostro che ti ha portato via tutto, il successo e l’amore della tua vita. Sono colpita!”, replicò Grace che però, nonostante tutto, non sembrava affatto felice di quello che stava per fare.

“Quando Leon saprà la verità su Breda, allora sarà lui stesso a volerlo morto. Siamo tutti bambini rapiti: io, mia sorella, loro due e anche tu. Tutti esperimenti falliti, tranne lui. Ci ha traditi, Grace. Breda ci ha traditi tutti e, quando sarà morto, Leon tornerà da me e vedrà solo me. Non può averlo, perché lui è mio, Grace, lo capisci vero?”, Kalarya stava delirando, ormai, e lei non poteva più assecondare la sua follia, benché fino a quel momento gli fosse stata utile.

“Ma certo che lo capisco!”, gli rispose, mentre una lacrima le segnava inevitabilmente il viso, poi usò il suo tesserino per sbloccare la serratura della cella. Grace era stata la prima a ricordare: non erano stati gli alieni a rapirli, ma il governo.

I militari avevano fatto esperimenti sui loro piccoli corpicini per mesi, cancellandone poi ogni memoria. Così, lei aveva regalato al suo piccolo gruppo di amici la catenina e le medagliette che portavano al collo, per non dimenticare mai di chi e di cosa fossero stati veramente le vittime. Era vero: un’oscura e fantomatica forza proveniente dallo spazio aveva bombardato la Terra e l’umanità aveva rischiato l’estinzione ma, guarda caso, grazie al progetto delle flotte di colonizzazione spaziale, ciò non era avvenuto. Un affare finanziato quasi esclusivamente da multinazionali private che avevano pagato miliardi e miliardi di dollari per la creazione delle arche e dello Stellarathor, il potentissimo motore nucleare a impulsi che alimentava tutte le navi e le isole delle flotte. Lei si sarebbe vendicata, prima o poi, per questo aveva scelto di lavorare per il presidente Han e fare allo stesso tempo il doppio gioco, servendo su un piatto d’argento informazioni anche a Berenice e al capo delle forze armate dell’NNU, Edward Gilliam. Anche se per poco, tutti avrebbero avuto quello che volevano, soprattutto Berenice, che finalmente poteva far volare il suo Specter più innovativo e potente grazie a Breda, l’unico che in quel momento avrebbe potuto farlo, dato che era stato creato per quello. Tutti gli altri bambini che, come Breda, aveva acquisito le stesse capacità e la forza fisica necessaria per pilotare quelle nuovi armi di distruzione, le erano stati sottratti da una misteriosa organizzazione, soprannominata Secretus dalla stessa Berula.

“Li adoro, quei sentimenti che ti confondono e ti fanno sorridere nonostante il dolore… sono così puri e innocenti. Li adoro! Ma siamo messi alle strette dal destino che ci attende e queste parole d’amore, Kalarya, non possono essere salvate”, gli mormorò all’orecchio Grace prima di premere il grilletto.

Un grido terrificante mise tutti in allarme e si sentirono vari colpi di pistola provenire dai lunghi corridoi dell’area detentiva. Quando le guardie arrivarono, trovarono Kalarya riverso a terra in una pozza di sangue e Grace, con l’arma in mano, in un angolo, spaventata e in apparente stato di shock.

“GRAAAACE!”, Lukas l’aveva raggiunta subito, seguito da Leon che, dopo un breve sguardo alla ragazza, si gettò in lacrime su Kalarya, che non era ancora morto.

“Perché? Maledizione, Kalarya… amico mio!”, singhiozzò il giovane, sporcandosi le mani del suo sangue.

Kalarya si strappò la catenina con le medagliette dal collo e gliele infilò in tasca, in un ultimo momento di lucidità.

“Non credere alle sua bugie… non ci credere. Dì a Breda che… che io…”, sentire il ragazzo esalare l’ultimo respirò fu più sconvolgente di quanto si aspettasse. Aveva cercato di rinnegare ogni sentimento provato per lui, ma non riuscì a trattenere la sua disperazione e gridò con tutto il fiato che gli era rimasto nei polmoni dopo quella folle corsa.

“Come puoi piangere per lui dopo che ha tentato di uccidere Breda e Grace? Sei impazzito, per caso? Leon?”, anche Lukas era evidentemente sconvolto e provato e certamente non riusciva a capire come l’amico di un tempo, nonostante le sue ragioni, avesse potuto fare una cosa tanto orribile.

Breda si era svegliato all’improvviso gridando a sua volta e, senza nemmeno sapere perché, sentì una profonda tristezza pervadergli l’anima fin nel profondo del cuore. Quella voce lontana, che per giorni aveva continuato a chiamarlo era svanita, e lui non poté fare a meno di piangere.

“Non ci riesco, non posso fermare queste lacrime che sgorgano e straripano come un fiume in piena”, disse singhiozzando.

Tre settimane dopo quei fatti, Leon era tornato nel luogo dove era stata eretta la lapide commemorativa di Kalarya. La fredda lastra di marmo sintetico riportava solo un nome e una data, quella di nascita e di morte. L’avevano posta lontana da tutte le altre, in segno di disprezzo nei confronti di un uomo, o meglio, di un ragazzo che aveva tradito i propri ideali e quelli di tutta la colonia di cui fino a pochi giorni prima aveva fatto parte integrante. La brezza leggera e profumata gli accarezzava appena i capelli spettinati e lasciati un po’ incolti, come del resto la barba che gli increspava il viso, dandogli un’aria più matura malgrado i suoi diciotto anni. Il bel volto tirato e lo sguardo spento erano l’inconfutabile segno del suo profondo e inconsolabile dolore.

“Credevo che volare fosse l’unico sogno della nostra vita e, ingenuamente, mi illudevo che saremmo rimasti insieme per sempre. Fare una scelta significa inevitabilmente rinunciare a qualcos’altro, vero, Kalarya? Ciò nonostante, io... non smetterò mai di credere nel nostro sogno, né smetterò di lottare per esso! Te lo prometto, amico mio!”, gli disse prima di tornare da Breda, che lo aspettava poco lontano.

“Ho chiesto a un tecnico dell’MMS di farle analizzare. Le medagliette emettono un lieve segnale di disturbo elettromagnetico, la stessa vibrazione emanata dal cannone particellare a onde. È impercettibile all’orecchio umano ciò nonostante, causa paranoia, senso d’inadeguatezza e rabbia”, gli spiegò il giovane.

“Non c’era più niente di lui in quegli occhi, Breda. Kalarya era completamente fuori di testa e solo alla fine sembrava essersi ripreso, alla fine, mentre moriva fra le mie braccia”, rispose Leon.

“Pensi che Grace sia coinvolta? In fin dei conti, anche lei le porta al collo. Potrebbe essere del tutto estranea alla cosa, non credi?”, gli domandò Breda.

“Dobbiamo neutralizzare il segnale, ma non possiamo toglierle, non finché non scopriamo la verità!”, concluse Leon, cercando la mano dell’altro. Le loro dita s’intrecciarono automaticamente e Breda, dopo averlo baciato con dolcezza, si strinse nuovamente a lui.

Potevano sembrare soli e fragili come fiori di vetro in quell’universo infinito che abbracciava un oceano di stelle ma, forti dell’amore che provavano l’uno per l’altro, sapevano che non era così. Non più, almeno.




Betato da KikiEchelon92  che ringrazio moltissimo.

 
   
 
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