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Autore: The DogAndWolf    07/06/2016    2 recensioni
Joan Piton non è una ragazza come tutte le altre. Lei non ha mai frequentato Hogwarts e la sua esistenza sembra essere nascosta a tutto il mondo magico.
Ma allora perché ha scelto proprio il sesto anno di scuola di Harry per uscire allo scoperto?
E cosa c'entra Joan con i piani di Silente e con quelli di Voldemort?
Riuscirà a sopravvivere alla Seconda Guerra Magica?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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Fierobecco inclinò la testa all’uggiolio felice della volpe rossa davanti a lui. La osservò con superiorità e diffidenza mentre saltava in giro freneticamente, come cercando qualcosa sotto le assi del pavimento.
Un abbaio profondo e autoritario la fece immobilizzare e il grande cane nero davanti a loro si trasformò in un mago dall’aria affascinante, dai lunghi capelli neri e gli occhi grigi.
La volpe si sedette in una posizione rigida, gli occhi puntati sull’uomo e le orecchie dritte, esaminandolo con attenzione. D’un tratto fece un’espressione concentrata, quasi umana, e al suo posto comparve una sorridente ragazza alta, dai capelli neri come l’inchiostro raccolti in una treccia ordinata.
«Andiamo, Sirius, non mi fai nemmeno divertire un po’? In fondo mi sono trasformata per la prima volta solo qualche giorno fa!»
«È importante contenersi nei primi giorni: sono i più cruciali. Potresti perdere te stessa e rimanere per sempre un animale.»
Allo sguardo serio e severo che mostrò l’adulto, Joan scoppiò a ridergli in faccia. Con una smorfia che divenne presto un ghigno, Sirius si sedette accanto a Fierobecco, domandando: «Ho davvero così poca credibilità?»
Con un sorriso enorme e furbo Joan gli si sedette davanti a gambe incrociate, stando bene attenta a mantenere una distanza di sicurezza appropriata dall’ippogrifo, rispondendogli: «Probabilmente ancora meno di quella che credi.»
Scoppiarono a ridere insieme, estremamente divertiti.
«Non è colpa mia. È Silente che mi ha costretto in questo ruolo di figura autorevole!» borbottò lamentoso, lanciando un topo all’ippogrifo, che lo prese al volo.
«Povero pazzo…» commentò ironicamente accigliata Joan.
La ragazza si concentrò su Fierobecco, abbassò il capo in un inchino solenne e gli lanciò un furetto morto. L’ippogrifo lo ignorò completamente e quello andò a rimbalzare tra le sue zampe, dopodiché fece scattare nervosamente il becco verso Joan, come a rimproverarle qualcosa e le diede le spalle.
«Tu sai perché mi odia?»
Sirius alzò lo sguardo su di lei, intenta a fissare con desiderio le piume argentate dell’ippogrifo, come se non volesse fare altro che affondare le mani nel suo soffice manto, anche se sapeva perfettamente che quel gesto le sarebbe costato le dita.
Soffocò la prima risposta che le era salita alle labbra, avendo a che fare con la sua infausta parentela con Piton, per poi dirle sinceramente: «Non ne ho idea. Di solito va d’accordo con tutti. Le uniche persone che non sopporta siete tu, Molly e Tonks. E tu non mi sembri né rossa né così rumorosa.»
Sghignazzò accompagnato, anche se con un breve ritardo, da Joan.
La ragazza alzò le spalle, commentando: «Probabilmente non gli piacciono le volpi.»
«Comunque non mi spiego assolutamente la tua forma da Animagus, sai?»
«Mi stai dicendo che non sono abbastanza furba?» scattò con falso orgoglio ferito Joan.
Sirius ridacchiò scuotendo la testa.
«Intendevo che non assomigli fisicamente alla tua forma da Animagus, non avete nessun segno caratteristico in comune.»
«Dovresti vedermi quando ho i capelli corti: sono spettinata nella stessa identica maniera» lo contraddisse velocemente lei, per poi sorridergli, «per questo li tengo sempre legati.»
Sirius rispose al sorriso, poi il suo sguardo si perse nel vuoto e si incupì di botto. Joan lo osservò, incuriosita da quel cambiamento così repentino di espressione.
L’uomo si alzò e sfoderò la bacchetta per togliere le piccole ossa degli animali che Fierobecco aveva recentemente divorato. Con uno sventolio di bacchetta la maggior parte dello sporco sparì dal pavimento, ma il suo movimento fu così brusco che una delle assi si crepò con un rumore secco.
L’ippogrifo gridò il proprio disappunto per il suono forte e andò a rifugiarsi in un angolo della camera.
Joan riparò la tavola con un tocco di bacchetta e si rivolse gentilmente a Sirius: «C’è qualcosa che non va?»
Il mago scrollò bruscamente le spalle e uscì dalla stanza con la ragazza alle spalle. Mentre erano nel corridoio, senza voltarsi verso di lei, le rispose amaramente: «Questa era la nostra ultima lezione, Joan. Ora potrò ritornare alla mia solitaria inutilità per chissà quanti anni.»
La giovane donna si fermò a qualche passo dalla porta chiusa di quella che una volta era la camera da letto di Walburga Black.
«Ho sempre saputo che tu fossi lento di comprendonio, Black, ma non pensavo fino a questo punto.»
Sirius si girò di scatto e la guardò torvo perché il tono saccente e sarcastico gli aveva ricordato Severus Piton in persona. Infatti il cipiglio della ragazza era esattamente identico a quello del padre quando si prendeva gioco di lui.
«Per chi mi hai presa? Non ci penso nemmeno a non venirti a trovare mai più, Sirius, nemmeno se dovessi sgattaiolare via di nascosto da Sev e Silente messi insieme!»
Il volto del mago si distese in un ghigno sollevato e, a modo suo, grato.
«Sai che anni fa conoscevo una persona irritante quasi quanto te?»
«Parli di Severus, la tua sempiterna nemesi?»
«No, parlo di Lily Evans, la moglie del mio migliore amico.»
Il cuore di Joan saltò qualche battito a quella confessione inaspettata e inspirò a vuoto una grande boccata d’aria. Per sua fortuna Sirius era troppo occupato a fissare il vuoto ricordando qualcosa lontano negli anni per accorgersene.
«Mi punzecchiava e poi faceva queste uscite troppo carine perché io potessi prendermela seriamente con lei, proprio come hai appena fatto.»
Sorrise triste, perso nel passato, mentre Joan cercava qualcosa da dire, qualsiasi cosa con cui potesse cambiare argomento. Deglutì silenziosamente quando i suoi occhi neri incontrarono quelli grigi di lui. Aprì automaticamente la bocca e le parole le sfuggirono tra le labbra, troppo veloci per essere fermate: «Sirius, ti devo dire una cosa.»
«Sirius!»
La voce di Remus Lupin risuonò in tutta la sua urgenza per le scale. Sirius, senza esitare, riaprì la porta della camera di sua madre e, ignorando i versi irritati di Fierobecco, mise in mano a Joan della Metropolvere e accese il camino dimesso con un rapido colpo di bacchetta.
«Parleremo domani, Joan. Remus sta salendo, sbrigati!»
Istintivamente la ragazza saltò nelle lingue di fuoco verdi, scandendo bene: «Spinner’s End» e l’ultima cosa che vide prima di precipitare a velocità forsennata tra gli incalcolabili camini fu il sorriso di Sirius Black.
 
Era rannicchiata sull’alta poltrona nera e aveva gli occhi gonfi di sonno e rossi di lacrime puntati sulla porta di casa. Ogni tanto era ancora scossa da qualche singhiozzo vuoto, ma non perdeva mai di vista il legno scuro della porta d’ingresso. L’edizione straordinaria della Gazzetta del Profeta era accartocciata alla sua destra, sul pavimento, dove l’aveva lanciata qualche ora prima, non senza averla fissata per quelle che le sembravano ere.
Sulla prima pagina in un trafiletto si poteva vedere una foto di un sorridente Sirius Black molto più giovane di quello che aveva conosciuto lei, così diversa dalle foto segnaletiche che fino a quel momento aveva visto in giro. L’aveva fissato per ore alla luce della lampada mentre si aggiustava i capelli con il suo solito fascino naturale che chiunque gli avrebbe invidiato. Infine non era più riuscita ad ignorare il titolo e si era sciolta in lacrime, gettando via il giornale.
I primi raggi di luce stavano schiarendo il salotto, rendendo inutile la lampada accesa, quando finalmente un secco crack si udì da dietro la porta chiusa e quest’ultima si spalancò rivelando Severus Piton.
Si bloccò sulla soglia lanciando uno sguardo torvo a Joan.
«Non dirmi che sei rimasta sveglia per tutta la notte.»
La ragazza si alzò in piedi, aggredendolo in un ringhio: «Dimmi che non è vero.»
Severus strinse gli occhi nei suoi, non capendo a cosa si riferisse. Lo sguardo cadde sul giornale appallottolato accanto alla poltrona mentre si chiudeva la porta alle spalle.
«Stai parlando di Black?»
Le lacrime inondarono di nuovo gli occhi di Joan e il groppo in gola le impedì di parlare, quindi annuì senza una parola.
Davanti al pianto della ragazza, Severus misurò ogni parola, anche se non comprendeva cosa la sconvolgesse così tanto.
«Per una volta il Profeta dice la verità.»
Joan si sentì mancare la terra da sotto i piedi per la seconda volta nell’arco di sei ore e questa volta sarebbe caduta se Severus non l’avesse afferrata per un braccio e sorretta.
Il mago fece per accompagnarla sul divano, ma lei si divincolò dalla sua presa.
«Cosa è successo?»
«C’è stata una battaglia tra l’Ordine e i Mangiamorte al Minist-…» iniziò lui cauto.
«Questo l’ho letto, Severus. Quello che voglio sapere è perché cazzo si trovasse lì.»
Severus si irrigidì al tono e all’espressione che aveva usato Joan, cercando in tutti i modi di tranquillizzarla. Le appoggiò la mano sulla schiena, invitandola ancora una volta a sedersi, preoccupato che potesse avere un altro giramento di testa.
«Non voglio sedermi. Voglio sapere perché era lì. E perché nessuno mi ha detto nulla? Ti rendi conto che l’ho saputo dalla fottuta Gazzetta del Profeta?»
Prima che potesse accorgersene, Severus fece un passo falso: «Non pensavo te ne importasse così tanto.»
«Solo perché tu odi una persona non vuol dire che non me ne debba importare nulla della sua morte, Severus» voleva aggiungere altro, ma un singhiozzo le soffocò le parole in gola. Cercò di respirare a fondo per riuscire a parlare e sussurrò con uno sguardo pericoloso: «Sulla Gazzetta c’è scritto che è stata Bellatrix Lestrange. È vero?»
«Sì, ma non pensare di fare qualche follia per vendicarlo. Black non ne vale la pena.»
Joan spalancò la bocca in un’espressione attonita e disgustata. Severus comprese solo in quel momento quanto l’avesse ferita involontariamente, solo perché si era sentito sminuito nel suo ruolo di figura paterna nella vita della ragazza, per mera ripicca.
Senza una parola e con gli occhi pieni di lacrime, Joan scostò con una spallata il mago adulto senza lasciargli il tempo di scusarsi e corse fuori nelle prime luci dell’alba, ignorando il vento freddo mattutino che le scompigliava i corti capelli e con esso la voce che portava.
«Joan!» la chiamò più volte Severus, inseguendola, divorato dai sensi di colpa. Riusciva a malapena a respirare per il timore di aver perso anche lei per delle parole di troppo.
In una manciata di minuti, la perse di vista e non poté fare altro che rientrare in casa e sperare che almeno lei ritornasse da lui.

 
*****
Eccomi qua dopo il mio solito ritardo! Scusate ancora, ma penso che ormai ci siate abituati, ahahahah! Comunque non vi abbandono, non temete!
Come avrete notato ho finalmente cambiato il titolo, fatemi sapere cosa ne pensate! :D
Questo era il penultimo flashback della storia e spero vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me scriverlo :D
Grazie per aver letto e per seguire fedelmente questa storia! Alla prossima!
   
 
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