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Autore: eliseCS    08/06/2016    2 recensioni
Secondo le regole dell’Accademia dei Guardiani un angelo custode è tenuto a seguire il suo protetto senza mai interferire nella sue azioni, rivelandosi ad esso solo in caso di particolare necessità e rigorosamente in un’unica occasione che non dovrà mai ripetersi.
Ma cosa succede se un angelo decide di sfruttare la sua unica Manifestazione per una circostanza che non rientra esattamente nei parametri che definiscono la particolare necessità?
Cosa succede se il protetto in questione non si accontenta e cerca in tutti i modi di incontrare di nuovo il suo angelo?
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Seguito della one-shot "In silenzio, tre passi indietro come un’ombra – Non ne vale la pena"
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Perché Dylan ha deciso che cosa (o chi) ne vale la pena e Aurora non ne è poi così dispiaciuta.
Perché un angelo custode e il rispettivo protetto possono incontrarsi una volta soltanto, ma forse loro sono l’eccezione che conferma la regola.
Genere: Fantasy, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In silenzio, tre passi indietro come un'ombra'
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5. Ali
 
 
 
Aurora correva.
Correva veloce come probabilmente non aveva mai fatto cercando di mettere la maggiore distanza possibile tra lei e la sala dove il Consiglio si era riunito.
Alle sue spalle Dave la seguiva cercando di indurla a fermarsi, senza successo.
All’ennesima svolta del corridoio –non sapeva nemmeno dove stava andando vista la scarsa attenzione che aveva prestato durante il viaggio di andata- si fermò appoggiandosi al muro per riprendere fiato.
“Aurora, aspetta!” sentì Dave che la chiamava, i suoi passi sempre più vicini.
Chiuse gli occhi per concentrarsi e l’attimo successivo era sparita, smaterializzata lontano da tutti e da tutto.
Lontana da quel luogo che era improvvisamente diventato una sua personalissima rappresentazione dell’Inferno.
 
 
Riapparve esattamente di fronte agli spalti del campo da calcio della scuola, proprio dove era simbolicamente iniziata tutta la storia con Dylan.
Prese posto alzando poi lo sguardo ad osservare il cielo scuro appena rischiarato da uno spicchio di luna e da una manciata di stelle.
Quelle ultime parole che l’angelo del Consiglio aveva pronunciato ancora rimbombavano nella sua testa.
 
“Mi dispiace” la voce di Dave la fece sobbalzare: era talmente concentrata nel tentativo di non piangere che non si era nemmeno accorta del suo arrivo.
“Non è colpa tua” rispose Aurora con un filo di voce.
“Avrei dovuto convincere il Consiglio a dirtelo prima, invece” ribattè Dave.
“Prima? Prima che me lo affidassero, prima che mi affezionassi o prima che iniziassi ad innamorarmi di lui?” domandò gelida la ragazza.
Per qualche istante entrambi tacquero, alla fine Dave riprese la parola: “Potresti sempre chiedere che sia qualcun altro a seguirlo…” propose.
Aurora lo guardò come se avesse appena detto qualcosa di assurdo: “Cosa? No! non voglio che venga seguito da un altro angelo, io non…” a quel punto non riuscì più a trattenersi e le lacrime cominciarono a scendere copiose lungo le sue guance.
Aveva lo sguardo perso e impaurito, era come Dave non l’aveva mai vista.
Avrebbe voluto poter fare qualcosa per cercare di consolarla, ma a quanto pareva abbracciarla mentre veniva scossa dai singhiozzi era tutto quello che poteva fare.
“Non voglio che sia solo” sussurrò Aurora contro la sua spalla.
Dave la strinse ancora un po’ di più.
 
 
“Non so come reagirei se dovesse succedere per altro
Questo aveva detto a Dylan quando gli aveva chiesto se le era mai capitato di perdere un protetto per cause che non fossero naturali.
Adesso, invece, avrebbe suo malgrado potuto rispondere: male, avrebbe reagito male.
Stava reagendo male.
Di sicuro non come ci si aspettava che un angelo custode apprendesse la morte prossima del proprio protetto.
 
 
 
FLASHBACK
La grande sala circolare dove gli angeli del Consiglio si radunavano era in un edificio a parte rispetto all’Accademia.
Aurora era entrata in quella stanza una sola volta, in occasione della cerimonia che aveva definitivamente sancito il suo essere un angelo custode.
Come all’epoca anche quella volta la ragazza non aveva potuto fare a meno di sentirsi in soggezione in quell’ambiente austero e solenne, sotto lo sguardo dei membri del Consiglio che la scrutavano dall’alto dei loro scranni quasi volessero leggerle dentro.
Dave era entrato prima di lei annunciando agli angeli la loro presenza. A giudicare dalle loro espressioni più corrucciate rispetto a quanto ricordava Aurora avrebbe potuto ipotizzare che non fossero molto contenti di essere stati disturbati a quell’ora.
 
“Mi rendo conto che questo è un orario quantomeno insolito per chiedere udienza, ma è anche vero che l’attuale situazione necessita la vostra immediata attenzione e non è più possibile rimandare” esordì Dave con tono sicuro.
Aurora lo guardò ammirata: lei al momento aveva paura di posare il suo sguardo anche solo sul pavimento, figuriamoci parlare così apertamente davanti all’intero Consiglio.
“Ci risulta che attualmente lei non stia seguendo nessun protetto, Dave” prese parola uno degli angeli dalla sua posizione al centro del semicerchio in cui erano disposti gli scranni. “Qual è quindi questa questione urgente?”
“Effettivamente la cosa non riguarda me in prima persona. Credo che vi ricordiate di Aurora, la mia ultima alunna” rispose cortesemente Dave.
La ragazza poteva sentire lo sguardo dei presenti puntato su di lei e si costrinse ad alzare il viso per ricambiare.
Si aspettava volti stanchi e scocciati, arrabbiati magari.
E invece no.
Gli angeli sembravano aver già capito come mai fosse lì, e la guardavano gravi, forse addirittura dispiaciuti.
Cosa cavolo stava succedendo?
“Certo che ricordiamo, dopotutto teniamo particolarmente da conto i nostri elementi migliori” commentò l’angelo che aveva parlato prima distogliendo la ragazza dalle sue riflessioni.
Dave annuì: “Glielo avrei detto io, ma da Regolamento comunicazioni di questa natura spettano solo al Consiglio o ai loro funzionari designati” si giustificò mentre Aurora si chiedeva di cosa mai stesse parlando.
 
L’angelo fece un cenno in risposta e si alzò dal suo scranno: “La qui presente Aurora è stata assegnata come angelo custode al mortale Dylan Blake diciotto anni fa, su decisione unanime del consiglio” cominciò. “La sua bravura e competenza, nonché le sue capacità ci hanno fatto ritenere che fosse la persona più giusta per occuparsi del caso. Sapevamo già che i genitori del Protetto si sarebbero separati, è stato deciso di assegnargli un angelo custode per aiutarlo a superare il periodo di depressione maggiore di cui era stato previsto che il ragazzo avrebbe sofferto” proseguì l’angelo.
 
Depressione maggiore?
Certo, c’erano stati periodi in cui Dylan era giù d’umore, ma da lì a parlare di depressione maggiore ce ne voleva eccome…
 
“Inutile dire che siamo rimasti molto più che sopresi e colpiti quando alla fine il Protetto è riuscito a superare tutto senza manifestare nulla di quanto previsto” disse l’angelo manco le avesse letto nel pensiero.
“Ora, per parlare di avvenimenti più recenti… all’inizio di quest’anno Aurora ha sfruttato la sua Manifestazione, fin qui nessuno ha nulla da ridire: ogni angelo custode è libero di scegliere quando Manifestarsi al suo protetto quando lo ritiene più opportuno. Tre mesi dopo però, Aurora si è manifestata una seconda volta. Nonostante il Regolamento specifichi chiaramente che la Manifestazione può essere una e una soltanto in questo caso non abbiamo preso provvedimenti alla luce delle circostanze in cui si è verificato il fatto. Salvaguardare la vita del protetto è uno dei compiti cardine di un angelo custode, per cui anche in questo caso non abbiamo ritenuto necessario nessun ammonimento. Ora, sono convinto che tutti in questa sala, te compresa mia cara, siano consapevoli che invece il comportamento che Aurora ha tenuto negli ultimi mesi vada ben oltre il consentito. Un semplice richiamo non sarebbe certo sufficiente, in altre circostanze una cosa del genere ti sarebbe costata la sospensione dal servizio per qualche anno, lo sai questo?”
L’angelo interruppe il suo discorso rivolgendosi direttamente a lei.
“Ne sono consapevole, sì” rispose la ragazza. “Eppure nonostante tutto mi è stato detto che potevo continuare a… frequentare Dylan. Perché?” domandò prima di riuscire a frenarsi.
L’angelo aprì la bocca e la richiuse, come se stesse cercando le parole migliori per rispondere.
 
“Perché gli angeli custodi non possono farsi vedere e interagire con i loro protetti?” le domandò alla fine cogliendola alla sprovvista.
Non si aspettava di certo una replica dell’esame finale, farlo una volta le era bastato e avanzato.
 
“Rivelarsi al proprio protetto potrebbe sconvolgere la vita dello stesso facendola deviare da quanto dovrebbe invece accadere. L’angelo custode segue il proprio protetto fornendogli aiuto e supporto senza che questo se ne accorga: in silenzio, tre passi indietro come un’ombra. L’angelo custode non può interferire per cercare di cambiare quello che deve succedere” rispose lo stesso diligentemente cercando di ignorare la spiacevole sensazione che aveva cominciato a pervaderla non appena aveva cominciato a parlare.
L’angelo annuì soddisfatto per la correttezza della risposta, la sua espressione non sembrava comunque felice.
 
Ad un certo punto sparì dal suo scranno per apparire di fronte alla ragazza: in quel momento non le sembrava di aver davanti uno dei membri del Consiglio, quanto un nonnetto dall’aria gentile che per qualche motivo sembrava sinceramente dispiaciuto per lei.
“Hai risposto bene alla domanda, vedo che nonostante sia passato diverso tempo la teoria la ricordi ancora bene, non è da tutti” si complimentò.
 
“Per i protetti che non necessitano di essere seguiti per tutta la vita ci assicuriamo di far rispettare questa regola in modo che una volta finito il periodo non vadano in giro a raccontare degli angeli” proseguì mettendole una mano sulla spalla.
“Penso tu possa arrivare a capire da sola come mai ti sia stato consentito di continuare ad interagire con il tuo protetto nonostante tutto” concluse guardandola negli occhi.
 
Ormai la spiacevole sensazione era definitivamente diventata un forte senso di nausea, assolutamente impossibile da ignorare.
 
Era vietato interagire con i protetti perché non si poteva interferire nella loro vita.
Era vietato interagire con i protetti perché non si poteva rischiare che poi quelli andassero in giro a parlare della loro esperienza.
 
A lei era stato concesso di continuare ad interagire con Dylan perché qualsiasi cosa avesse fatto non avrebbe potuto cambiare quello che sarebbe successo.
Qualunque cosa avrebbe fatto Dylan non ci sarebbe stato per raccontarla.
 
“No…” il suo sussurro uscì come un gemito strozzato. “No, no, no…”
“Mi dispiace Aurora” disse l’angelo cercando di mantenere un tono fermo e pacato. “Gli restano due settimane e poi…”
 
Aurora cominciò a correre.
FINE FLASHBACK
 
 
 
 
***
 
 
 
“Stai bene?”
Aurora aprì gli occhi che aveva momentaneamente chiuso ritrovandosi davanti il viso preoccupato di Dylan.
Aveva perso il conto di tutte le aveva fatto quella domanda, e lei ogni volta aveva dato sempre la stessa risposta: “Certo, tutto a posto”.
Anche se avrebbe voluto rispondere esattamente il contrario.
 
Come poteva stare bene dopo quello di cui era venuta a conoscenza?
 
 
Quella notte le ci era voluta un’ora abbondante per calmarsi, smettere di piangere e asciugarsi le lacrime, e un’altra per decidere come si sarebbe dovuta comportare quando sarebbe tornata da Dylan.
Perché sarebbe tornata da lui, su quello non si discuteva.
Dave le aveva ripetuto un numero esageratamente alto di volte che doveva ricordarsi di non lasciarsi sfuggire nulla e lei non aveva neanche risposto perché, andiamo, lei per prima non avrebbe mai avuto il coraggio di dire una cosa del genere a Dylan.
Alla fine era tornata a casa Blake che cominciava ad albeggiare.
Non si era però sdraiata di fianco al ragazzo, preferendo sedersi per terra, la schiena appoggiata alla parete di fianco al letto.
 
Si era addormentata senza neanche rendersene conto.
Quando poi si era risvegliata, distesa sul pavimento, aveva notato con sorpresa che qualcuno le aveva messo un cuscino sotto la testa e l’aveva coperta con un leggero plaid.
Sorrise mentre si immaginava Dylan compiere quei gesti.
 
Dylan.
 
Pensare il suo nome fu sufficiente per far rabbuiare la sua espressione.
 
Quando il ragazzo era tornato in camera –era sceso a fare colazione- l’aveva sottoposta ad un vero e proprio interrogatorio: tutto bene? Com’è andata? Non sei nei guai, vero? Posso continuare a vederti?
A quel punto Aurora aveva spinto ogni pensiero negativo in un angolino della sua mente, aveva sfoderato il migliore dei suoi sorrisi e aveva risposto che sì, era andato tutto bene; no, non era nei guai e sì di nuovo, potevano continuare a vedersi.
L’espressione prima rigida e preoccupata di Dylan si era distesa in una che corrispondeva in pieno alla descrizione di gioia pura, e l’attimo dopo erano entrambi troppo impegnati a baciarsi e a cercare di centrare il letto per non finire per terra per poter parlare di qualsiasi altra cosa.
 
 
Quelle ultime due settimane erano passate semplicemente troppo in fretta, Aurora a volte si ritrovava ancora a piangere senza neanche rendersene conto quando era sola, ma quando era con il ragazzo si mostrava sempre allegra e sorridente com’era sempre stata.
O almeno, cercava di farlo visto che evidentemente ogni tanto qualcosa andava storto e si ritrovava Dylan preoccupato a chiederle se stesse bene.
Allora puntualmente lei recuperava il sorriso e diceva di sì.
 
 
 
Quella mattina, l’ultima di quei quattordici giorni che l’angelo del Consiglio aveva detto fossero rimasti al suo protetto, si era però svegliata con un peso ad opprimerle il petto, e fingere che tutto andasse bene era estremamente difficile, per non dire impossibile.
 
Dylan se n’era accorto subito.
 
“Sicura?” insistette il ragazzo non soddisfatto dalla risposta affermativa, l’ennesima in quei giorni, che Aurora gli aveva dato.
Si era accorto che c’era qualcosa che la turbava, ma era evidente che la ragazza non aveva intenzione di parlarne con lui.
Che quella notte di due settimane prima non fosse andato tutto bene come gli aveva fatto credere?
 
“Ok… allora sei sicura di non voler venire oggi?” domandò alla fine.
Quel giorno lui e suo padre sarebbero andati a far visita al futuro college di Dylan: distava pochi chilometri dalla città e aveva uno splendido campus dove il ragazzo avrebbe avuto una stanza; avrebbero sistemato le ultime pratiche per l’iscrizione e poi ne avrebbero approfittato per fare un giro e vedere com’era l’ambiente.
 
“Sicura. Tuo padre si è preso la giornata libera per stare con te, goditela. Mi… mi trovi qui quando tornate a casa stasera” proprio non era riuscita ad evitare che la voce le tremasse alla fine della frase.
Dylan decise che non poteva continuare a far finta di niente.
“Mi vuoi dire cosa c’è che non va?” le chiese sedendosi sul letto e trascinando la ragazza con lui. “E non dirmi niente, perché mi sono accorto che mi stai nascondendo qualcosa”
La ragazza sospirò buttando rumorosamente fuori l’aria, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa fu interrotta dalla voce del signor Blake proveniente dal corridoio: “Dylan? Spero per te che tu non sia ancora in pigiama perché è la volta buona che ti trascino fuori di casa così come sei! Ti aspetto in macchina, se ci muoviamo riusciamo ad evitare il traffico”
 
Il ragazzo sbuffò alzando gli occhi al cielo, poi riportò il suo sguardo su Aurora.
“Qualsiasi cosa sia me ne puoi parlare. Me ne devi parlare. Adesso vado, prima che mio padre torni indietro a buttare giù la porta, ma stasera quando torno mi dici tutto, promesso?”
Stasera… promesso”
I due ragazzi rimasero a guardarsi per qualche istante per poi scambiarsi un rapido bacio.
Dylan salutò di nuovo Aurora con un “A stasera… Ti amo” e prima che la ragazza potesse rendersi pienamente conto di quello che il ragazzo le aveva detto aveva sentito la porta d’ingresso dell’abitazione chiudersi.
Rimase seduta sul letto con lo sguardo perso nel vuoto senza neanche la forza per piangere: probabilmente le lacrime erano anche finite.
 
 
 
Non avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasta ferma nella stessa posizione, sapeva solo che con il trascorrere delle ore quella sensazione di oppressione al petto –che adesso che ci pensava era la stessa che aveva provato quando Dylan aveva rischiato di finire investito- non aveva fatto altro che aumentare, tanto che a tratti faceva persino fatica a respirare.
Nella sua mente continuava a ripetersi la vuota promessa che aveva fatto a Dylan prima che uscisse di casa.
Quella sera non ci sarebbe stato niente da raccontare per il semplice fatto che quella sera il ragazzo non sarebbe tornato a casa.
 
La sveglia segnava le otto e mezza di sera quando ci fu il primo movimento in tutta la giornata.
L’aria tremò e subito dopo Dave era apparso al centro della stanza.
Aurora era ancora seduta sul letto, le gambe al petto circondate dalle braccia mentre cercava di rendere in qualche modo sopportabile la sensazione di morte imminente che la tormentava da quella mattina e non l’aveva abbandonata un attimo.
Cercava di vedere il lato positivo della cosa dicendosi che almeno, finchè si sentiva così, voleva dire che Dylan era ancora vivo.
Di certo non era nemmeno lontanamente paragonabile a quello che aveva provato quando altri suoi protetti erano passati a miglior vita.
 
“Aurora, forza” la richiamò Dave scuotendola. “Avevi detto che non volevi che fosse solo, no? Glielo devi” aggiunse poi visto che la ragazza era rimasta immobile.
A quella parole Aurora annuì in modo quasi impercettibile, lasciando poi che il suo mentore la aiutasse ad alzarsi in piedi.
Non ebbe neanche il tempo di fare un paio di passi: sentì una scarica attraversarla dalla testa ai piedi che la fece tremare e spalancare gli occhi, il senso di oppressione al petto improvvisamente scomparso.
“Andiamo”
Agguantò il braccio di Dave e due secondi dopo la camera da letto era deserta.
 
 
 
 
 
La scena di un incidente stradale non le era mai sembrata così spaventosa.
Luci lampeggianti, sirene, voci che si rincorrevano, persone che andavano da una parte all’altra: Aurora tagliò fuori tutto, un unico pensiero nella mente. Trovare Dylan.
 
 
Nell’incidente erano state coinvolte cinque vetture.
 
Un ubriaco aveva imboccato la statale contromano, se solo ci fosse stato più traffico i danni sarebbero stati decisamente maggiori.
Tre delle macchine coinvolte non avevano subito danni troppo gravi, erano riuscite a frenare quel tanto che bastava per circoscrivere l’incidente ad un tamponamento.
Quelle veramente messe male erano quella dell’ubriaco e l’altra, le quali a causa della visibilità praticamente inesistente dovuta ad una curva si erano schiantate a velocità sostenuta.
Ovviamente quella macchina era quella su cui stavano viaggiando Dylan e suo padre.
 
Ascoltando le varie informazioni Aurora potè apprendere che il guidatore dell’auto che viaggiava contromano era morto sul colpo.
Per il modo in cui le macchine si erano scontrate il signor Blake si trovava in condizioni critiche seppur non in pericolo di vita immediato.
Delle altre auto coinvolte alcuni passeggeri avevano riportato qualche lieve trauma, ma comunque nulla che non potesse essere risolto con un gesso o una seduta dal fisioterapista o, nel caso peggiore, un paio di giorni di ricovero in ospedale in osservazione.
Quello messo peggio di tutti era Dylan, preso in pieno quando la macchina che viaggiava in senso opposto si era scontrata con quella del padre.
 
L’angelo lo individuò steso sull’asfalto, attorniato dal personale di soccorso.
Aveva il collare al collo mentre il resto del corpo, liberato dai vestiti, era equamente ricoperto da bendaggi, medicazioni tubi e cavi di varia natura; senza contare il sangue che sembrava essere dappertutto.
Aveva gli occhi ancora aperti, ma lo sguardo vacuo e perso indicava un evidente stato di shock.
Il personale di soccorso stava decidendo come e se caricarlo sull’ambulanza.
Aurora si fece largo tra le persone, rigorosamente invisibile a tutti, lasciando indietro Dave che non si perdeva un suo movimento.
Schivò abilmente un infermiere che aveva verosimilmente appena finito di attaccare l’ennesima flebo al braccio del ragazzo e gli si accovacciò affianco.
Non riuscì a resistere e allungò il braccio in modo da raggiungere la mano di Dylan per poi accarezzarne dolcemente il dorso.
 
A quel contatto gli occhi del ragazzo ebbero in guizzo e si mossero guardandosi intorno.
Aurora sorrise tristemente quando i loro sguardi si incrociarono: era invisibile a tutti ma non a lui, non quella volta.
“Mi dispiace” sussurrò non sapendo cos’altro dire davanti allo sguardo improvvisamente consapevole di Dylan che aveva capito.
Aveva capito come mai il suo Angelo era così strano in quell’ultimo periodo, aveva capito come mai non aveva voluto dirgli niente.
Ma non era arrabbiato, anzi, era felice di averla potuta vedere un’ultima volta.
“Mi dispiace così tanto” ripetè nel frattempo la ragazza.
Dylan cercò in qualche modo di scuotere la testa –visto che la voce proprio non ne voleva sapere di uscire- ma un infermiere bloccò tempestivamente il suo tentativo.
“Dottore! Credo che abbia appena cercato di muoversi!” Aurora lo sentì esclamare richiamando l’attenzione del medico che si stava occupando di lui.
Quello accorse subito scrutando il ragazzo con occhio critico, pronto a cogliere qualsiasi differenza sostanziale nelle condizioni del ragazzo.
 
 
Intanto Dylan non aveva occhi che per Aurora.
Adesso capiva come mai la ragazza era sempre stata così restia nel parlare delle sue ali.
Alla fine era riuscito a farle dire che i protetti possono vedere le ali del proprio angelo in un’unica circostanza, e nonostante Aurora non avesse poi aggiunto altro ormai lui pensava di aver capito quale fosse.
 
Se già a parer sua Aurora era oggettivamente bella, così era al di là di qualsiasi aggettivo.
I suoi occhi, sempre azzurri e cristallini sembravano brillare ancora di più insieme a tutta la sua intera figura che pareva emanare una soffusa luce dorata.
E le ali, ampie, candide e maestose alle sue spalle, erano semplicemente la cosa più spettacolare che avesse mai visto.
Era bellissima.
 
“Sei bellissima” esalò in un ultimo confuso gorgoglio nello stesso momento in cui il medico dava l’ordine di caricarlo sull’ambulanza.
Cercò per quanto poteva di tirare le sue labbra in un sorriso sentendo la mano di Aurora ancora sul suo braccio.
Quando ebbero finito di caricarlo e quella sensazione così familiare e rassicurante svanì lasciando di colpo il posto al dolore che era rimasto tagliato fuori fino a quel momento decise che poteva finalmente chiudere gli occhi.
 
Le porte dell’ambulanza si chiusero e il mezzo partì rapidamente a sirene spiegate.
 
Aurora si rese conto che dopotutto le lacrime ancora non erano finite.
 
 
 
***
 
 
 
Aurora era nella sala da una manciata di minuti e già aveva fermato tutti i funzionari che erano passati di lì indaffarati ponendo ad ognuno di loro la sua richiesta.
Evidentemente o loro non l’avevano inoltrata o il Consiglio aveva deciso di non disturbarsi.
Sapeva comunque che prima o poi si sarebbe riunito, e quando l’avrebbe fatto lei sarebbe stata lì ad aspettarlo.
Nonostante tutto si sentiva straordinariamente lucida ed estremamente determinata.
 
“Sei una ragazza testarda, Aurora, devo concedertelo” una voce familiare la strappò ai suoi pensieri facendola sussultare: nella sala era appena entrato qualcuno.
Era lo stesso angelo che aveva parlato quella notte di due settimane prima quando era stata trascinata lì da Dave.
Non era tutto il Consiglio, ma per lei era più che sufficiente.
 
“Ditemi cosa devo fare” esordì subito senza perdersi in convenevoli.
L’Anziano la guardò interrogativo: “Non capisco di cosa tu stia parlando, mia cara”
Aurora alzò gli occhi al cielo sbuffando: “Per salvare Dylan. Ditemi cosa devo fare per salvarlo e io lo farò” sentiva che non era morto, non ancora almeno. C’era ancora qualcosa –verosimilmente una macchina- che ancora lo teneva in vita, ma non poteva sapere per quanto tempo ancora.
L’angelo sospirò: “Lo sai che non c’è niente che possiamo fare Aurora. Non possiamo interferire con…”
“Non potete o non volete?” lo interruppe la ragazza.
 
Che diamine, erano creature potenzialmente immortali che necessitavano solo di qualche ora di sonno di tanto in tanto per poter andare avanti e le venivano a dire che non si poteva fare nulla per salvare Dylan?
Non ci credeva.
 
“Come ho detto non c’è niente che si possa fare, mi dispiace” ribadì l’Anziano indurendo il tono. “Posso capire che per te sia stato un evento oltremodo tragico e doloroso, ma posso assicurarti che non sei la prima e non sarai –purtroppo- l’ultima a veder morire il proprio protetto in circostanze di questo tipo”
Aurora rise, una risata spenta e completamente priva di allegria.
“Lei capisce? Davvero lei pensa di capire come mi sento in questo momento? Come ci si sente ad aver paura di muoversi perché ogni movimento, ogni respiro, fa male? Come ci si sente a sapere che il cuore è ancora lì dove deve stare e non te l’hanno strappato dal petto solo perché batte talmente veloce e talmente forte che lo sento rimbombare nelle orecchie?...” avrebbe potuto continuare a fare esempi del genere quanto voleva.
La verità era che quando Dylan avrebbe smesso di respirare lo avrebbe fatto anche lei.
Quando il suo cuore avrebbe cessato di battere anche il suo avrebbe fatto altrettanto.
 
La verità pura e semplice era che…
 
“Io lo amo, e non potrò mai dirglielo perché me ne sono resa conto troppo tardi e nel frattempo un ubriaco ha deciso di imboccare la statale contromano. E ora non solo mi dice che non c’è niente che io possa fare per lui, ma addirittura che capisce come mi sento. Mi perdoni se mi è difficile crederle”
L’angelo la guardò in silenzio, sembrava rimasto colpito dal suo discorso.
Sembrava combattuto tra il voler dire qualcosa e lo scappare a gambe levate dalla sala, magari per andare a chiamare la sicurezza e farla sbattere fuori.
Evidentemente decise per la prima.
“Ne ho viste parecchie in questi anni che sono in giro –e fidati che sono tanti- ma un angelo innamorato del proprio protetto… questo mai” disse con tono pacato e tranquillo manco stessero parlando delle condizioni metereologiche.
“Devo riconoscere che il rapporto che si è creato tra te e quel ragazzo era estremamente forte e stretto, e personale… ma da qui a chiamarlo amore… non stai correndo troppo, Aurora?”
“Il mio rapporto con Dylan è ancora molto forte, a quanto mi risulta lui non è ancora morto” ribattè la ragazza gelida.
“Certo” concesse l’Anziano. “Non ancora
 
Di nuovo la sala fu pervasa dal silenzio.
 
“Ripeto la mia domanda” riprese alla fine l’angelo. “Non stai correndo troppo? Sei sicura di quello che hai detto?”
“Sì” rispose Aurora decisa.
Se c’era anche la più piccola possibilità di fare qualcosa per salvare Dylan lei l’avrebbe colta.
“Posso quindi dedurre che saresti disposta a fare qualunque cosa per salvare il tuo protetto?” domandò ancora.
“Qualunque cosa”
“Anche dare la tua vita in cambio della sua?”
 
Quella parole ebbero il potere di farle scendere un brivido lungo la schiena.
Allora dopotutto c’era qualcosa che si poteva fare per salvare Dylan.
 
Aurora sorrise, un sorriso ampio e sincero come non gliene riuscivano da quando aveva saputo che il suo protetto aveva letteralmente i giorni contati.
 
Sorrise perché con Dylan la risposta a quella domanda era e sarebbe sempre stata una sola.
 
 
“Sì”













Come promesso ecco il quinto capitolo.
Il prossimo sarà l'ultimo, sarei curiosa di sapere cosa ne pensate di quello che è successo e quali sono le vostre ipotesi su come andrà finire.
Se qualcuno volesse farsi avanti vi giuro che non mordo :)
Alla prossima settimana e come sempre grazie a tutti coloro che sono arrivati a leggere fino a qui.
E.
   
 
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