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Autore: JesterZ    08/06/2016    1 recensioni
I Pokémon sono minacciosi? Sempre più persone si sono unite a questo credo, andando a formare i primi comitati, bande ed infine associazioni, in un primo momento pacifiche.
Negli ultimi anni però, le notizie ravvicinate di alcuni grandi incidenti causati da Pokèmon, incitarono le prime violenze.
In questa storia seguiremo il progresso della situazione incontrando molti contesti e persone diverse.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: N, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Anime
Capitoli:
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Persino alle prime avvisaglie dell'autunno a Korteban, erano rari i giorni piacevoli come quello. L'afa aveva lasciato la scena ad una fresca brezza, che aveva restituito il respiro ad una cittadina stremata. Il flusso di persone era tornato usuale, i ragazzi in età scolastica avevano ripreso a popolare le vie cittadine ed i prati.
Proprio a causa del clima che la contea presentava, molte famiglie decidevano di pernottare in località marine per qualche settimana, o al limite un mese, durante il periodo estivo. Korteban era una città campagnola situata poco sotto la cima del monte Yeraj, le sue abitazioni erano quasi tutte simili, bianche dai tetti arancioni, ed erano collocate una vicina all'altra per la maggior parte. Guardando la montagna dall'alto, si poteva dire che Korteban fosse non più di una macchia bianca nel verde infinito.
La cittadina si divideva principalmente in quattro aree. La zona centrale era la più alta e veniva sorvegliata dall'imponente quercia, simbolo della città. La "sotto-città" invece era costituita dagli edifici che restavano più in basso, la terza parte consisteva in tutta quell'area confinata fra le ultime case in periferia e le prime fronde della macchia verde. In quell'area sorgevano quasi tutte le coltivazioni di Korteban ed era lì che passavano gli unici fiumi nel territorio cittadino.
Zona decisamente meno battuta dai ragazzi era quella del sottobosco, si vociferava che al suo interno trovasse sede il covo di una banda di teppisti, ma si sa, i giovani talvolta risultano esagerati. Certo è, che quel gruppetto aveva ben chiari i metodi più efficaci per incutere timore ai coetanei e, spesso, anche chi era più giovane. Addentrandosi nella zona si potevano notare diverse rozze incisioni sulle cortecce degli alberi più imponenti. Le raffigurazioni erano vari, si passava dai disegni: per lo più semplici fiamme, ossa o teschi che andavano a fuoco, alle colorite minacce delle quali eviterò esempi. Non sarebbe elegante.
Ma la diceria più succulenta riguardava l'identità del capobanda.
Alcuni avevano riferito di averlo visto senza maschera, si parlava di un omone con svariati chili ed anni sulle spalle di qualsiasi altro studente. Altri, al contrario, spergiuravano fosse un esile figurino che vagava per i boschi armato di uno spadone. Ovviamente nei racconti non mancavano vittime, ma le vicende variavano sempre più guadagnando di volta in volta nuovi particolari, sempre più macabri.
Malgrado tutte queste varie versioni, i ragazzi convergevano in maggioranza su di un fatto.
Il famigerato leader della banda indossava sempre una maschera, che gli ricopriva l'intera testa, raffigurante un teschio.

 

Le membra di Jacob erano elettrizzate quella mattina, da quattro mesi ormai si occupava del Cyndaquil donatogli dal padre.
Era giunto il momento della verità, il pokèmon l'avrebbe ritenuto degno di essere il proprio allenatore? L'equilibrio fra pokèmon ed allenatore era fondamentale, il legame poggiava le basi sul reciproco rispetto, se una delle due parti cominciava ad essere, o sentirsi superflua alla vita dell'altra, la sfera cominciava ad incrinarsi. Se la situazione persisteva per troppo tempo, la sfera s'infrangeva ed entrambi erano liberi di proseguire per la propria strada.
In molti affermavano che, se una persona restava legata negli anni ad un pokèmon, la creaturina rappresentasse una parte della sua personalità. Altri invece suggerivano, in via più semplice, che i pokèmon si ponessero come tassello di mezzo fra uomo ed animale. Era da questa credenza che traeva origine la definizione di "animali senzienti" che in molti utilizzavano.
Jacob era giovane, aveva da poco compiuto quattordici anni e la sua visione si confaceva con la seconda corrente di pensiero. Se il suo modo di relazionarsi con il prossimo dovesse essere riassunto in una parola sola, quella parola sarebbe "gentile".
Forse aveva ragione sua sorella, era questo suo modo di porsi ad attirare gli sfruttamenti e le angherie dei compagni di classe, o forse aveva solo avuto sfortuna nell'assegnazione delle classi e si era trovato fra creature dallo spessore celebrale di una torcia elettrica in riserva di batteria.
Jacob non pareva soffrirne troppo, era un ragazzo vivace e sempre coinvolto in qualcosa. Recentemente era stato accolto quasi quotidianamente nella riserva pokèmon del paese, gestita dal padre.
Jiali, non solo era uno degli allevatori più conosciuti della regione ma anche il responsabile della riserva di Korteban.
Non era il genitore biologico di nessuno dei due figli, li aveva adottati entrambi.
Quando Jacob e Cassidy gli avevano domandato il motivo della decisione, egli rispose con una semplicità disarmante di aver deciso, dopo una lunga riflessione durante la sua crescita personale e spirituale, che la cosa più giusta da fare sarebbe stata guardarsi intorno e cercare chi era bisognoso di affetto, anzichè creare una nuova vita. Il pensiero venne successivamente sdrammatizzato da una battuta sulla sua difficoltà di trovare una donna.
Jacob pensava che la scelta dell'uomo fosse una tra le giuste visioni del mondo, mentre Cassidy sul momento non aveva digerito la cosa ed era uscita sbattendo la porta, ma quella era l'essenza di Sid, si disse.
La ragazza era di sei anni più grande, la conosceva da diversi anni, entrambi provenivano dallo stesso istituto. La gente diceva che il loro carattere era diametralmente opposto, che Cassidy il negativo della sua pellicola, e per certi versi lui era d'accordo, ma vi era un punto cardine su cui continuava ad insistere. Lei era una persona buona. I primi mesi nell'istituto erano stati un inferno per il giovanissimo Jacob, era giuntovi all'età di due anni per via della tragica morte dei suoi genitori, era un bambino fragile sia fisicamente che psicologicamente. Un perfetto pupazzo da gioco per chi si annoiava lì dentro.
La prima ed unica persona a prendere le sue difese fu Cassidy, c'era stato un prima ed un dopo di lei, lo ricordava bene.
Aveva iniziato a reputarla sua sorella ben prima di entrare assieme nell'auto di Jiali, nonostante l'ostentata distanza di lei, nonostante ciò che faceva per lui.
Trascorsi sei anni in quella situazione, ricevettero la notizia che sarebbero stati affidati entrambi alla stessa famiglia, Jacob non sapeva come reagire. Da un lato era entusiasta, voleva molto bene a Cassidy, il resto però restava abbastanza avvolto nelle tenebre dell'incertezza. Come detto in precedenza lei non aveva mai dimostrato affetto nei suoi confronti sarà felice di vivere con me?
Non la vide più fino al giorno in cui colui che sarebbe divenuto loro padre non giunse.
Quella mattina pareva una delle tante, il meteo aveva annunciato pioggia, le nubi stavano reggendo ma i rovesci non si sarebbero fatti attendere, l'umidità era percepibile anche all'olfatto. I dirigenti, che avevano svolto le pratiche in modo approssimativo e probabilmente non prettamente legale, accompagnarono i ragazzi alla macchina dell'uomo che si presentò per la prima volta a loro solo quel giorno.
Non sapeva se anche Cassidy aveva fantasticato sull'aspetto di chi li avrebbe accuditi di lì in poi, lui l'aveva fatto, ma ciò che vide non si avvicinava a nessuna fotografia generata dalla sua mente nei giorni precedenti.
L'uomo era alto oltre il metro e ottanta, possedeva una carnagione olivastra ed un'espressione incuriosita quanto quella dei ragazzi dipinta in volto. Rivolse loro un sorriso in un modo tanto spiazzante, che persino il volto di Cassidy ne venne contagiato. Non l'aveva mai vista sorridere in quella maniera nemmeno guidata dalle gelide cortesie che riservava ai dirigenti o responsabili dell'istituto.
Quell'immagine scavò un varco, s'impresse a forza nell'animo di Jacob e divenne la sua arma contro la tristezza.
Si fidava di lei, se la gioia aveva scavato un passaggio fino al cuore di Cassidy lui era libero di lasciarsi avvolgere.
Uno dei metodi base per unire un pokèmon ad un giovane allenatore era creare le condizioni per conoscersi in modo che iniziassero a rispettarsi e valutassero se stringere un legame o meno. Era preferibile sottostare allo sotto lo sguardo di un allevatore esperto o di una personalità competente.
Jacob si apprestava a raggiungere all'ultima tappa del suo percorso con Cyndaquil, quella mattina avrebbe sostenuto la decisione finale della creaturina, avrebbe scelto di entrare nella sfera oppure no?
Il ragazzo raggiunse il padre nella riserva poco lontana da casa, trovandolo impegnato nella risposta ad una mail, l'uomo lo salutò e gli chiese cinque minuti di attesa.
"Allora! Sei pronto?" disse giovialmente, avvicinandosi a Jacob. Il giovane era in balia dell'agitazione, deglutì e fece dei rapidi e successivi cenni d'assenso.
"Forza e coraggio Jacob! Credo che ci siano più che buone possibilità di formare una squadra quest'oggi" cercò di rassicurarlo ammiccando. A quelle parole il giovane raccolse coraggio, Jiali non sbagliava spesso il giudizio in materia, anzi, non aveva memoria di un suo errore.
L'allevatore mise la sfera rosso e bianca tra lui ed il piccolo pokèmon, l'esame ebbe inizio. I dubbi e le preoccupazioni possedettero nuovamente la mente del ragazzo, si chiedeva se fosse stato degno di quella piccola creatura. Lui faceva parte della schiera persone che reputava i pokèmon migliori di alcuni esseri umani, aveva sempre desiderato stringere un legame con uno di loro sin da quando era all'istituto. I bambini di lì amavano pavoneggiarsi sostenendo di possedere una vasta gamma di pokèmon, ma ben pochi, forse quasi nessuno, diceva il vero e, dato che all'interno della struttura non si potevano introdurre, quelle storie non potevano essere confermate.
Ai tempi Jacob era convinto di aver visto Cassidy introdurne uno e parlarci qualche volta, ma lei aveva sempre negato e lui aveva deciso di crederle. Sua sorella aveva successivamente stabilito un legame con un pokèmon, gli aveva raccontato di come fosse successo tutto molto velocemente fra lei e Vulpix e di come non riusciva a spiegarne le cause con semplici parole.
Jiali gli aveva spiegato che, sia le tempistiche sia il fatto di non trovare facile spiegazione, era , non solo perfettamente normale, ma frequente. Ora guardava il Cyndaquil nei piccoli occhietti, dentro rivedeva le giornate passate assieme, passi avanti e passi falsi. Si ricordò di quando all'inizio, tutto preso dall'euforia pensava bastasse una lettura attenta dei manuali sull'argomento, per avvicinarlo.
Di quando, dopo i primi fallimenti a cui lo portò quella strada, era stato preso dallo sconforto perdendo motivazione ed entusiasmo.
Il suo comportamento durante gli incontri con la creaturina era mutato sensibilmente, al chè Jiali se ne rese conto. L'allevatore gli svelò in confidenza una nozione che solitamente non veniva messa a disposizione dei giovani per non demotivarli negli studi. La conoscenza del mondo pokèmon, non rappresentava che un'infima percentuale del talento necessario per costruire un legame, a farla da padrone erano le emozioni, i pensieri, il carattere di entrambi Se questi fattori si univano in un vortice, e quel vortice assumeva lo stesso colore l'unione era consolidata.
Cyndaquil cominciò a muovere alcuni passetti verso la sfera, fermandosi ogni paio per osservare entrambi gli umani nella stanza, Jiali osservava la scena incuriosito e speranzoso. Lo separavano oramai pochi passi dalla sfera, ma la tensione non accennava a sciogliere i propri tentacoli dal cuore e dalla mente di Jacob. Il pokèmon procedette oltre la sfera poggiata a terra. Il ragazzo non capì, era in tal modo che si manifestava il rifiuto? E se sì, perchè lo aveva rifiutato? Si era impegnato a fondo in quei mesi, in fondo pensava di poter riuscire quest'oggi, era colpa sua? Oppure era colpa di Jiali? Era lui ad aver preteso troppo dal figlio?
Quello sarebbe stato senz'altro lo scenario peggiore a giudizio del ragazzo.
Il groviglio di pensieri che attanagliava le sue membra venne sciolto da una lieve sensazione di calore poco sopra la caviglia, i suoi occhi ne cercarono la fonte ed incontrarono le lievi fessure di Cyndaquil.
Jiali osservava la scena sempre più interessato al comportamento del pokèmon, il quale tornò indietro da dov'era arrivato e, toccando la sfera, vi entrò. Il neo allenatore osservava la scena senza parole. Il pallino rosso divenne bianco, poi di nuovo rosso, finchè non si assestò sul bianco. Il padre si mosse rapidamente verso di lui con la luce in volto.
"Fenomenale! Fenomenale! Adesso ho una domanda da farti, quando hai avvertito il tocco di Cyndaquil, hai sentito un nome, non è vero? E' risaputo che sentire un nome durante l'unione è sintomo di un legame saldo e potente." Jacob si avvicinò a passi ponderati verso la sfera inginocchiandosi per osservarla meglio, dopodichè la prese in mano. Il groviglio divenne cenere.
"Spark" disse scrutando l'oggetto da più vicino "Spark è ciò che ho sentito".

  
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