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Autore: Lotiel    14/04/2009    1 recensioni
Continuazione di "Una ricerca per Celebrían". La storia dei due fratelli riprende da anni dopo tutti gli accadimenti che si susseguirono dall’Ultima battaglia contro l’Oscuro Signore. Racconti che non sono annoverati nella storia, ma che molti si scopriranno curiosi nel sapere.
MOMENTANEAMENTE SOSPESA
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Elladan, Elrohir, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei Gemelli'
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Ed eccomi con un nuovo capitolo. Il tempo è passato prima di scriverlo e purtroppo ho avuto un po' di problemi che non mi permettevano di scrivere ancora per voi. L'attesa è stata lunga per chi attendeva il seguito e spero davvero che prossimamente non debba farvi aspettare così tanto. Se volete magari darmi un aiuto a cercare qualcosa di più dettagliato sull'Harad, contattatemi pure.

 

Ringraziamenti

 

Thilion: Ed eccoti accontentata. Ancora non si sa nulla di ciò che vogliono, ma Gaèl racconta un po' la storia. Per scoprire cosa vogliono ancora c'è ancora tempo, ma non ti farò aspettare molto.

 

Vi lascio adesso al capitolo. A presto.

 

 

Il Segreto di Celebrian

 

 

by Lotiel

 

Secondo Capitolo: Haradrim (Uomini di Harad)

 

 

02 Novembre 129 della Quarta Era

 

Erano rimasti, accampati in quel luogo qualche giorno in più, per assicurarsi che l’uomo non mentisse a proposito di ciò che aveva detto. Erano restii a credergli, anche se lo avevano trovato in quelle condizioni. Poteva tranquillamente essere un diversivo e non si erano fidati fin dal primo momento.

Dopo che si furono assicurati che l’uomo non mentisse e che recuperasse le forze necessarie, cominciarono ad avviarsi verso le rive dell’Anduin.

Mantenevano sempre un atteggiamento distaccato verso Gàel e cercavano di non perderlo mai d’occhio. Procedevano in fila, con l’ambasciatore tra loro in modo da poterlo controllare.

Lo scroscio lento del fiume riempì il cuore dei due gemelli che da tempo non vedevano quelle rive.

Tenui ricordi riaffiorarono nelle menti dei due fratelli. Ricordi di un tempo lontano, quando ancora la minaccia dell’Unico non era imminente; quando ricordavano di passeggiare per i prati di Loth-Lórien in compagnia della madre.

Ricordi che erano sbiaditi negli anni. Ricordi che ormai non appartenevano più a questo tempo. Infatti non impiegarono molto a riprendere possesso del presente e osservare ancora le rive del fiume.

Era mattina e l’aria era fredda e umida. Anche se i due gemelli non risentivano di questo clima, l’uomo tremava ad ogni folata di vento leggero che entrava all’interno della foresta. Si sentivano sibili sinistri provenire da Dol Guldur, ma anche se era stata sotto il dominio elfico per qualche tempo, non aveva perso quell’aria vile che aveva acquistato per tutti quegli anni sotto il potere dell’Oscuro Signore.

- Gwanur, tirin1!

Nuovamente quell’idioma raggiunse le orecchie dell’uomo che non sentiva ormai da tempo. Era una delizia per coloro che l’ascoltavano ed emanava tranquillità, quando veniva pronunciato. Gàel però non aveva capito ciò che significavano quelle due semplici parole.

Sulle rive, poco distante dalla loro posizione attuale, un’imbarcazione era ferma. Nessuno era nelle vicinanze di questa, il che sembrava tutto troppo strano.

Elladan fece segno a Gàel di rimanere fermo, di non fare il minimo rumore, poiché l’indice dell’elfo si andò a posare sulla bocca.

Sulla riva era posta un’imbarcazione leggera. Era di fattura umana, niente a che vedere con l’eleganza degli elfi. Di legno grezzo, tutta sgangherata, come se fosse stata costruita di fretta e furia.

Intorno a loro regnava solo in rumore del fiume, del vento tra gli alberi, del canto degli uccelli. Poi d’un tratto un rumore di passi. Elladan si mise subito all’erta, esortando Elrohir a sorvegliare l’uomo che iniziò a tremare.

Elladan mantenne l’arco con la mano sinistra e con la destra iniziò a sfilare una freccia dalla faretra. La incoccò e attese, gli occhi puntati verso l’origine del rumore che aveva sentito, verso quel rumore che si faceva via via sempre più forte.

Il mezzelfo accarezzò il piumaggio della freccia come se conferisse in quel momento una particolare forza a questa. Ben presto due uomini, abbigliati in modo molto strano, fecero la loro comparsa.

-Haradrim2!

Pronunciò Elladan. Quella sola parola fece scattare l’uomo in un eccesso di paura. Iniziò a tremare come una foglia e le mani nervose si muovevano sul braccio di Elrohir, fino a fargli male e obbligarlo a fargli lasciare la presa con la forza.

Gàel si accovacciò a terra, senza avere nemmeno la forza di dire qualcosa verso i suoi accompagnatori. Voleva solo allontanarsi da quel luogo, senza nemmeno pensare a ciò che i due fratelli si dicevano tra loro.

Elladan mosse solo qualche passo, celandosi perfettamente con il fogliame circostante, anche perché sulle sue spalle c’era un manto elfico, simile a quello che un tempo salvo Frodo e Sam dalla pattuglia dei Sudroni.

Il mezzelfo fece calare sulla sua testa anche il cappuccio e attese lì, fermo, rilassato. Tirò velocemente un’occhiata verso l’uomo e poi verso Elrohir che lo osservava. Davanti al padre Elladan sembrava sempre quello più insicuro, ma davanti alle avversità non si tirava mai indietro, cercando di proteggere chi gli era più caro.

I due uomini di Harad si stavano dirigendo verso la barca e recavano, di forza, un’altra figura che cercava di resistere alle loro esortazioni. Non riuscivano a distinguere se era uomo o donna, ma aveva i vestiti laceri e un pesante cappuccio che gli copriva il viso. Si dimenava, cercava di liberare le mani dalle corde che si stringevano intorno ai polsi.

Gàel improvvisamente si sollevò. Si sentivano delle grida provenire dalla figura e si comprese subito che fossero quelle di una donna.

-Milea!

L’uomo aveva sussurrato quel nome, dalla voce si sentiva che era stato preso da uno sconforto tale da farlo rimanere immobile, senza più rispondere. Elrohir si voltò verso di lui e si chinò alla sua altezza.

-Chi è?

Gàel volse lo sguardo solo pochi secondi dopo. Gli occhi sbarrati dalla paura.

-Mia figlia.

Elladan sgranò gli occhi quando l’uomo scattò verso i due Sudroni, rivelando così la loro posizione. Elrohir non fece neanche in tempo a fermarlo ed infatti prese solo ad incoccare la freccia, attendendo anche il segnale del fratello per poi nascondersi, così come fece l’altro.

-Stupido uomo.

Disse Elrohir contenendo a malapena la rabbia che gli aveva fatto scattare, complicando così tutte le cose. Non elaborarono un piano perfetto, ma l’idea di far morire l’uomo gli era sembrata una delle probabili possibilità. Ma non potevano, dovevano solo assicurarsi che non ci fossero altri Sudroni in giro e che non avrebbero dovuto rischiare la propria vita per un pazzo.

Nel giro di pochi secondi si svolse il tutto. Incoccarono le frecce e poco prima che l’uomo venisse colpito da un falcione degli uomini, questi caddero a terra senza vita, colpiti con estrema precisione dalle frecce dei due fratelli.

Non c’era stato un attimo di esitazione negli occhi grigi dei due, solo determinazione. Ancora tendevano l’arco, per assicurarsi che non si rialzassero più. Puntavano contro quei corpi ormai privi di vita, le armi così letali se in mano ad elfi esperti.

Elladan ed Elrohir si avvicinarono di gran lena accanto a Gàel chinato sulla figlia in protezione di questa. Atto che risultò utile a proteggere quel fragile corpo che sembrava stanco ed emaciato.

-Milea.

La mano di Gàel calò sul cappuccio per scostarlo dal capo della donna. Si rivelò una fanciulla dai lineamenti sottili, anche se non era bellissima esprimeva coraggio da quegli occhi castani uguali al padre. I capelli, di colore uguale agli occhi, erano completamente scarmigliati e l’acconciatura ormai era solamente un ricordo. Il corpo di lei, che i due fratelli videro quando si mise in piedi aiutata dal padre, era scarno, piccolo. Troppo delicata per aver sopportato tutto quello.

- Ristach i nordh3!

Pronunciò Elrohir verso Elladan, mentre quest’ultimo si apprestava alla richiesta del fratello. Non era un ordine, la voce era sempre dolce verso il proprio sangue, segno del profondo amore che legava i due.

Il pugnale elfico lacerò le corde che segavano i polsi feriti della donna. Tracce di sangue ormai rappreso macchiavano le maniche e la pelle stessa.

-Padre!

Solo questo riuscì a dire la giovane prima di svenire tra le braccia di Gàel che la sostenne prontamente.  I due gemelli si guardarono e non ci fu bisogno di parole. Dai due corpi dei Sudroni furono estratte le frecce riposte dopo nella faretra. Fu strappato da questi, un lembo di tessuto dove era raffigurato il simbolo di quegli uomini.

La barca sarebbe bastata per due persone ed, infatti, ci vollero due viaggi prima di riuscire a superare tutti quanti la riva dell’Anduin. Passò la mattina senza che se ne accorsero mentre la ragazza veniva curata dai due mezzelfi senza procurare ad ella alcun danno.

Si accamparono a Loeg Ningloron, i Campi Iridati, a poca distanza da Lórien, loro amata terra.

Non potevano far affrontare ancora a Milea un viaggio, anche perché ancora non sembrava volersi riprendere e senza mezzi, la medicina elfica bastava a ben poco, dopotutto era umana e aveva una guarigione lenta, come se lei stessa non volesse riprendersi.

Giunse la notte di quel giorno e i due gemelli non avevano chiesto nulla a Gàel se non lasciarlo in un profondo sconforto in cui era scivolato.

La luce della luna rischiarava quel campo dove un tempo Isildur aveva perso l’unico, venendo ucciso lui stesso e dove, nello stesso luogo, venne ucciso Déagol dallo stesso Sméagol per appropriarsi di quell’orribile fortuna.

Ormai solo le anime dei guerrieri riposavano in quel luogo, solo gli spifferi del vento si sentivano provenire dagli alberi che li circondavano.

-Perché tua figlia era in mano agli uomini di Harad?

Le parole di Elrohir ruppero il silenzio che si era creato. Gàel non alzò neanche il capo.

-Mi ha accompagnato nel mio viaggio verso l’Harad. Non siamo riusciti mai ad arrivare fin lì, perché siamo stati trasportati qui. Gli uomini della nostra scorta molto probabilmente sono rimasti uccisi.

-Cos’è successo?

Continuò Elrohir portando di tanto in tanto lo sguardo verso Elladan che si prendeva cura di Milea. Anche Gàel aveva bisogno di cure, ma nulla che potevano fare al momento i due fratelli.

-Siamo stati attaccati subito dopo aver attraversato il Sud dell’Ithilien. Sicuramente sono stato stordito per molti giorni,non ricordo nemmeno in quanto tempo sono stato trasportato a Dol Guldur.

Elrohir non pronunciò più nulla, lasciando che per qualche istante calasse il silenzio, si sentivano solo i placidi respiri della donna.

Gàel poi continuò.

-Sono stato relegato in una cella. Frustato se cercavo di oppormi, ma sono riuscito a scappare prima che la macchina delle torture venisse usata su di me. Non sapevo che mia figlia fosse ancora viva.

L’ambasciatore di Gondor concluse così il discorso, con amarezza negli occhi e tristezza sul volto ormai segnato da rughe che si facevano via via più profonde, come se la tristezza lo invecchiasse di molti anni.

Milea era stata salvata per pura fortuna, evidentemente i Valar avevano deciso che non doveva morire. Ora dovevano aspettare solo che lei fosse in grado di continuare il viaggio. Quando si fosse ripresa, avrebbero cercato di raggiungere Lórien e fermarsi lì. Sicuramente il luogo era più ospitale di quello in cui si trovavano.

 

04 Novembre 129 della Quarta Era

 

Erano passati due giorni da ciò che era successo e la ragazza si stava riprendendo bene, ma come il padre era debole e quindi costringevano a fermare la marcia. Erano arrivati alle porte del bosco un tempo casa elfica. Aveva perso tutta quella bellezza che la caratterizzava e di quella stirpe erano rimaste le case finemente decorare.

-Men derim4.

Disse Elladan al fratello. Aveva bisogno di rimanere per qualche tempo in quel bosco, aveva bisogno di respirare l’aria che aveva respirato Arwen prima di morire.

Elladan voleva restarci il meno possibile, ora che la presenza della sorella era più viva. Aveva sperato di tornare presto in quelle terre, ma il dolore era ancora troppo forte e, fino a quel momento, non si era reso conto di quanto fosse intenso.

Elrohir aveva capito lo stato d’animo di Elladan e cercò di lasciarlo da solo a rimuginare sul passato. Arwen mancava anche a lui, ma riusciva a contenere di più i propri sentimenti, riusciva a mostrare più freddezza rispetto al fratello, cosa che a volte sembrava dargli fastidio. Somigliava troppo a suo padre e a ciò che un elfo dovrebbe rappresentare.

Si accamparono in una delle tante case abbandonate all’autunno. L’aria era fredda, lo si vedeva da Gàel e Milea che non smettevano di tremare.

La giovane donna era rimasta sorpresa per aver visto due elfi e soprattutto per averli come compagni di viaggio. Cercava di osservarli da lontano quando loro si appartavano, quando parlavano in quella strana lingua. Per gli esseri umani quelle creature erano diventate mitiche.

Quella sera si strinse nel mantello lacero. A quell’altezza si sentiva in vento fischiare, ma la casa sugli alberi offriva un riparo abbastanza confortevole. Non passo molto tempo da quando lei aveva ascoltato nuovamente la voce dei due elfi conversare tra loro nella loro lingua, aveva un suono melodioso che le conciliò il sonno, così da addormentarsi seguita presto da Gàel.

Elladan ed Elrohir si accorsero della stanchezza che aveva colto i due sorrisero. Iniziarono ad intonare un antico canto elfico; canti che non si sentivano a Lórien ormai da secoli.

 

 

 

Glossario

 

1 “Fratello, guarda!”

2 “Uomini di Harad”

3 “Taglia le corde!”

4 “Ci fermiamo”

   
 
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