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Autore: Dian87    10/06/2016    1 recensioni
È guerra.
Il re ha dichiarato guerra alla Strega degli Acquitrini Neri ed il suo bando si spande per tutto il regno. All'appello risponde Amelia, una giovane fornaia che ha un conto aperto da molto tempo con la Strega, ma le certezze su cui si reggeva sono destinate ad essere scardinate.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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9. La Terra dei Felici

«Sei pronta?»
La voce di Cosimo fece sobbalzare Amelia, che stava in piedi davanti al limite della terra asciutta con lo sguardo perso nel nulla, e lei spostò gli occhi verso di lui.
«Sono troppe cose.» scostò lo sguardo, stringendosi il braccio destro.
«Posso capire, ma ora dobbiamo andare.» la osservò attentamente, portando una mano a scostarle i capelli rossi dalla cinghia del liuto.
«Ripetimi quanti sono...» lo pregò.
«Dodici ed una regina.»
«E se li uccidiamo tutti avremo liberato il loro mondo.»
Cosimo scosse il capo. «No, ma ne avremo liberato una zona.»
«Non ce la posso fare... non ce la farò.» le lacrime si affollarono negli occhi della ragazza. «Dovevo solo convincere una strega a non farsi più sentire, non mettermi in una guerra tra fatati.»
Portò le mani al viso, singhiozzando. Lo sguardo di Cosimo si addolcì e le prese le mani tra le sue.
«Dire di non farcela è il primo passo per fallire.» la rimproverò, dolcemente e prendendole le mani. «Tu pensa solo a cantare, al resto ci pensiamo noi.»
Amelia annuì, Cosimo le lasciò una mano e, con ancora ben stretta l'altra, l'accompagnò fino al cerchio rituale. Qui tre vecchie  avevano tracciato nel fango cerchi concentrici di rune attorno ad un braciere ed era stata attrezzata un'area con coperte e cuscini. Amelia per la prima volta riuscì a studiarle tutte e tre assieme, ma ebbe la sensazione di vedere soltanto il riflesso di Ardemia: gli stessi capelli argentati, le stesse rughe, gli stessi occhi grigi pieni d'energia.
«Siete pronti?» chiese Ardemia che indossava un lungo vestito bianco come le altre.
«Sì.» si decise Amelia, stringendo sia la mano che la cinghia del liuto.
«Allora faresti bene a prendere in mano il tuo strumento, bambina mia.» le consigliò.
Non appena la giovane ebbe imbracciato il liuto, le tre si misero attorno al cerchio e sollevarono le braccia, intonando un lungo “awen” a tre altezze diverse. Quella alla destra di Ardemia iniziò a battere ritmicamente le mani, mentre l'altra, terminato il fiato, prese una mandibola e la percorse più volte con un bastone avanti e indietro lungo i denti. Ardemia iniziò una nuova nota ed entrambe le contribuitici aumentarono la velocità dei suoni, ma quando la prima batté le mani tutte e tre fecero un giro su sé stesse in  maniera sorprendentemente veloce, chinandosi poi avanti con tutto il busto e sollevandosi lentamente, facendo alzare anche le braccia e lo strumento.
«Aika kuluu ja vielä ei ole aika vihollisia saada ravintoa.» le parole di Ardemia sembravano uno scioglilingua per Amelia. «Siksi kehotan teitä, luontokappaleet onnellinen, että ne olet on ajettu ulos. Avaat oven, taivas on auki, kukaan enemmän piina apurahan.»
Quella che batteva le mani lanciò un sacchetto sul braciere e una fiammata si levò verso il cielo, lasciando lo spazio poi ad una densa nube arancione. Le tre presero a danzare con movimenti sinuosi da serpente, come se quello stesso pomeriggio non fossero state prese di mira dai reumatismi, e la nube iniziò a brillare.
«Ovet auki sanansaattajia, vähennä voimaa ja elämän paha ja mahdollistavat siepattujen palata.»
La nube si stirò, si allargò, fino ad assumere le dimensioni di un imponente portale, soffice come una nuvola ma brillante.
«È il momento.» le sussurrò Cosimo, ma prima che Amelia potesse rispondere la trascinò nel portale.
Quando fu dall'altra parte, un passo dopo, vide che l'ambiente era radicalmente diverso: l'acqua e l'erba avevano lasciato lo spazio ad una desolata distesa di terra arida da cui si sollevavano numerose nubi di polvere rossa, il sole sembrava più pallido ed il cielo era livido.
Cosimo non le permise di soffermarsi ancora sull'ambiente, trascinandola su una larga roccia presso degli alberi neri, i cui rami spogli puntavano al cielo.
«Inizia a cantare.» le ordinò, quando fu certo che Amelia fosse in cima.
Lei si soffermò sull'albero più vicino, su un nodo aguzzo che non sembrava però una spina con due affossamenti sopra ed una ruga orizzontale sotto.
«È una persona!» Amelia indietreggiò di qualche passo.
«Sì, lo è.» tagliò corto Cosimo, controllando i dintorni. «Te l'avevo detto... ora canta così li liberiamo.»
Le dita di Amelia incespicarono sulle corde, miracolosamente senza romperle, ma poi chiuse gli occhi prendendo un respiro profondo.
«Da occidente a settentrione,
da oriente ed il sud,
giunse ognuno di voi allora
dalla propria casa...»[i] iniziò con un tono incerto, acquisendo maggiore sicurezza man mano che le parole scorrevano.
Cosimo vide i rami dei primi alberi iniziare a ritirarsi in rosee dita, ma continuò anche a scrutare il cielo.
«Continua così.» la spronò, andando in una posizione più elevata.
«Verde terra e dolci laghi,
creature vi furono amiche
ogni cibo era per voi
e foste ospiti graditi.» il tono si fece più convinto.
Le dita si ritrassero fino alle mani e poi le braccia tornarono ad essere di carne. Cosimo vide dei punti all'orizzonte e sollevò un braccio.
Un tuono esplose nel suo fragore quando un gruppo di centauri attraversò il portale, schierandosi ai lati della conca degli alberi. In mano avevano un arco con una freccia già incoccata e una faretra alla cintura.
«Venite, o fanciulli,
riprendete le vostre vite
c'è un mondo che vi aspetta
attende che lo esploriate
e gli amati abbracciate.»
Le teste tornarono a contenere un cervello invece di linfa e la conversione continuò fino al tronco. Come una sola voce le strilla di terrore riempirono l'aria, ma Amelia fu rinfrancata da quei suoni.
«Puntare.» ordinò Cosimo. «Non scoccate finché non siete sicuri.»
«Le fate vi rapirono
gli inviti... dolci bugie
l'aiuto che volevate
fu il loro pugnale
vi prendono la vita e ve la riconcedo.
Tornate a casa
dalle vostre famiglie
lasciate alle spalle questi eventi
e felici finalmente vivete.» ormai era trascinata dalla melodia e le corde vibravano da sole, ma ancora non apriva gli occhi.
Le creature volanti si fecero più vicine, con le loro ali membranose che le sostenevano in aria. La gente cercava di liberarsi le gambe che erano tornate di muscoli, ma alcuni notarono anche i centauri che puntavano al cielo e seguirono la traiettoria delle frecce con lo sguardo.
«Mostri!» gridò un uomo, scatenando un'altra ondata di panico.
«Attendete...» temporeggiò Cosimo.
Le prime fate dalle lunghe braccia grige allungarono gli arti e si sollevarono più in alto.
«Venite, o fanciulli,
riprendete le vostre vite
c'è un mondo che vi aspetta
attende che lo esploriate
e gli amati abbracciate.»
Le ultime parole di Amelia liberarono anche i piedi delle persone.
«Da questa parte! Entrate nel portale!» gridò Cosimo, cercando d'indirizzare le prime persone.
Come un gregge, le persone di ogni foggia d'abito si fosse mai vista nel regno di Noereo e nel suo passato corsero verso il portale di luce arancione, svanendo velocemente. Cosimo si attardò a guardarli, ma poi tornò con lo sguardo sulle creature che avevano iniziato una picchiata.
«Sono dodici...» mormorò. «Scoccate!» gridò un istante dopo ai centauri.
Dieci frecce si levarono la cielo, costringendo le creature ad interrompere la picchiata per schivarle con diverse acrobazie aeree. Nonostante le manovre, due furono più lente e le frecce colpirono le loro ali, forandole e costringendole ad un atterraggio d'emergenza.
Tre di quelle ancora in volo iniziarono a salmodiare, creando una luce verde tra le loro mani che si muovevano lungo una sfera, mentre i centauri riprendevano in mano le frecce.
Amelia aprì gli occhi, indietreggiando al vedere le creature alate raggiungerli. Vide Cosimo prendere i pugnali e scagliarli verso il cuore di loro, ma solo uno si conficcò e la creatura precipitò in uno stridio, restando immobile al suolo.
«Uno, due, tre...» iniziò a contare Amelia. «Dov'è il tredicesimo?»
Sondò il cielo con lo sguardo mentre gli altri combattevano, cercando di abbatterne il più possibile prima che arrivassero in corpo a corpo.
«Wulver.» sentì chiamare Cosimo e vide dal portale riversarsi un branco di quelli che le sembravano uomini pelosi con la testa da lupo, affiancando al contrario le persone in fuga.
Non poté concentrarsi molto perché il suo orecchio riuscì a captare un fruscio che la fece voltare e si tuffò dall'altro lato del sasso per schivare gli artigli della tredicesima creatura. Se le altre erano grosse quanto una persona, questa il doppio di loro e con corna ritorte sulla sua fronte. Disinteressandosi dello scontro e dei wulver che entravano in mischia con le fate precipitate, Amelia focalizzò il suo sguardo su quella che doveva essere la regina.
«L'aria si faccia di maci...» non riuscì a terminare la formula che dovette schivare rotolando un'altra artigliata, lasciando dietro di sé il liuto, riuscendo poi a rialzarsi subito in piedi.
La regina tentò di appollaiarsi con le gambe che assomigliavano ad artigli di rapace sullo strumento, frantumandolo, e artigliò Amelia, aprendole tre squarci sulla veste e nella carne.
«Cosimo!» gridò Amelia, cadendo indietro.
La regina avanzò verso di lei, con gli occhi rossi iniettati di sangue e le zanne visibili dalle labbra socchiuse. Amelia indietreggiò, si trascinò nel tentativo di mettere più spazio possibile fra di loro, ma ad un certo punto la mano incontrò solo l'aria. Spostò lo sguardo, vedendo che il masso era finito, ma la regina emise uno strillo acuto, e si voltò per guardare alle proprie spalle. Fu con quel movimento che Amelia vide un pugnale conficcato tra le sue spalle.
La regina tornò a voltarsi verso di lei, avanzando di qualche passo e calpestandole la gamba. Schegge di dolore le risalirono lungo i nervi e un grido di dolore le si levò dalla bocca mentre cadeva indietro. Quel movimento le fece sentire qualcosa di duro sotto la schiena ed estrasse dalla tasca il ferro di cavallo che le aveva regalato donna Giovanna. Rivide in quell'oggetto la vecchina che l'aveva accolta al suo arrivo a Dossacles, che l'aveva aiutata ad avere il suo forno, e strinse le labbra.
«Calidona, aiutami.» pregò, portando il ferro alla fronte sotto lo sguardo beffardo della regina, e lo lanciò verso la testa avversaria.
Non era un gran tiro, il ferro ondeggiò nell'aria pronto a cadere, ma quando la giovane fu certa che sarebbe stato inutile e la regina mosse gli artigli per trafiggerla, avvenne ciò che Amelia non si sarebbe mai aspettata: un'aura rossa avvolse il ferro e lo fece passare dietro alla creatura e si sollevò aumentando di velocità. L'aura si allargò, formando una lama che decapitò la regina.
L'ultima cosa che Amelia vide fu il corpo della regina crollarle addosso.
 
[i]     È una cover scritta dalla sottoscritta di “The Stolen Child”, poesia di Yeats musicata da Loreena McKennitt nel 1985
  
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