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Autore: edoardo811    11/06/2016    1 recensioni
Il mondo è finito. Come reagiresti se sentissi tu queste parole? Come reagiresti se potessi accertarti con i tuoi stessi occhi che queste parole sono vere?
Questo è ciò con cui Rachel è costretta a convivere ogni giorno. Quando vede la gente morire di fame per strada, quando vede l'ennesima banda di tagliagole generare il caos, quando è costretta a combattere fino allo stremo per la propria vita e per quella delle poche persone care che le sono rimaste.
Per quanto tempo può la volontà di una persona riuscire a resistere alle crudeltà che la vita riserva?
Si dice che l'ultima candela sia sempre quella che impiega più tempo a spegnersi, ma cosa potrebbe accadere quando anche la speranza cessa di esistere?
Rachel con i suoi poteri potrebbe distruggere l'intero creato. Che cosa se ne farà?
Li userà per aiutare il mondo... o per aiutare semplicemente sé stessa?
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raven, Red X, Robin, Slade
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'InFAMOUS: The Series'
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Capitolo 23: SIMILI, MA DIVERSI

 

 

Rachel raccontò ogni cosa. Partì dal principio, narrando ai suoi amici di come sognasse di trovarsi nel corpo di Hank, di come gli aveva sottratto i poteri e di come, in qualche modo, fosse riuscita a creare un legame psichico con lui, prima che questi morisse.

La stessa cosa era poi successa con Wilson. Aveva visto il mondo dai suoi occhi, aveva assistito in prima persona al suo combattimento con Dreamer giusto poche ore prima.

Più parlava, più le sembrava difficile farlo. Gli sguardi di tutti, l’attenzione di tutti, erano concentrati su di lei. Pendevano dalle sue labbra, non sembravano mai essere stati così vigili e attenti come lo erano in quel momento. E la cosa peggiore era che non era nemmeno arrivata alla fase più saliente.

Il suo corpo cominciò ad opporsi alla mente, mentre tentava di spiegare cosa aveva scoperto su Dreamer. La sua bocca si muoveva sempre con più fatica, il tono della sua voce si abbassava esponenzialmente, ad un certo punto temette perfino che nessuno di loro riuscisse più a sentirla.

Infine, concluse il racconto. Dreamer era il figlio di Wilson, il fratello di Rose, e lui stesso aveva ucciso proprio quest’ultima, molto probabilmente riservando lo stesso trattamento anche a Ryan, che si era semplicemente trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Erano stati usati, tutti quanti. Non erano stati altro che pedine nella scacchiera del Visionario.

Un opprimente silenzio scese nella stanza quando la corvina terminò di parlare. Nessuno disse nulla, nessuno fece nulla, continuarono solamente ad osservarla.

Il loro comportamento la fece sentire a disagio, in particolare quello di Amalia, la quale, tra tutti, sembrava la più pietrificata.

«È... colpa mia...» sussurrò Corvina, chinando il capo, mentre un misto di rabbia e tristezza di sollevavano dentro di lei come un tornado. «Io... io...»

Si interruppe di scatto, quando sentì un grido che le fece sanguinare i timpani. Sollevò gli occhi, giusto un attimo prima che Amalia si fiondasse su di lei. Rachel urlò per la sorpresa, ma non riuscì a fare altro; Komand’r la colpì allo stomaco ed entrambe caddero a terra.

La corvina sentì il fiato mancarle, poi drizzò il capo, semplicemente per ricevere un pugno in pieno volto, che le fece sbattere la testa all’indietro, sul pavimento. Gemette per il dolore, poi ricevette un altro pugno, sull’altra guancia, e avvertì il sapore metallico del sangue in bocca. Tossì, cercò di guardare Amalia, con le lacrime agli occhi, ma non ci riuscì perché ricevette l’ennesimo pugno.

«Lui è morto! MORTO!» gridò Amalia, con la voce rotta per la rabbia, colpendola ancora una volta. «Ti odio Roth! TI ODIO!»

«Mi... dispiace...»

Le dita della mora si attorcigliarono attorno al collo della conduit e cominciarono a stringere la presa. Corvina sentì il fiato mancarle, poi Komand’r le sollevò la testa, per poi sbatterla nuovamente sul pavimento. La vista di Rachel si offuscò, cominciò a vedere solamente del nero attorno a lei.

«LE SCUSE NON LO RIPORTERANNO INDIETRO!»

Corvina boccheggiò, impotente. Quella frase fu una pugnalata al cuore, per lei. Tentò di parlare ancora, poi la sua testa venne sollevata una seconda volta. Sapeva che ricevendo un altro colpo come quello, probabilmente sarebbe svenuta, o anche peggio, ma la sola idea di difendersi da Amalia le fece salire la bile. Se lo meritava, dopotutto.

Udì delle altre grida, queste andarono ad accavallarsi le une sulle altre, impedendole di capire cosa stesse accadendo. Improvvisamente, la presa attorno al suo collo fu allentata e riuscì di nuovo a respirare correttamente. Le macchie nere cominciarono a svanire dai suoi occhi, e poté scorgere la figura di Amalia mentre veniva imprigionata tra le braccia di Lucas e trascinata via da lei.

«Lasciami andare! LASCIAMI SUBITO!» gridò lei, scalciando e dimenandosi. «Bastardo, questa cosa non ti riguarda!»

«Certo che mi riguarda!» ribatté lui per tutta risposta. «Uccidere Rachel non ti restituirà Ryan!»

«Zitto, ZITTO!»

Rachel si rialzò sulle ginocchia. Si sentiva da schifo, e non per via del dolore al volto e alla testa. Drizzò il capo, vide Lucas mentre lasciava la presa dal corpo di Amalia, quasi scaraventandola via da sé, lontano da lui e lontano anche da Rachel. Komand’r barcollò, poi si voltò verso di lui, ringhiando come un lupo famelico. «Ryan era mio fratello, brutto figlio di...»

«Basta!» si intromise Tara, parandosi di fronte alla mora allargando le braccia, quasi come a fare da barriera tra lei e Lucas, nonostante fosse più bassa di entrambi di almeno cinque centimetri.

Non appena vide la bionda, Komand’r sembrò calmarsi un poco. Smise di ringhiare, ma la sua espressione infuriata non mutò minimante. Strinse i pugni. «Tara... non ti ci mettere anche tu...»

«Non è Rachel quella che devi accusare» rispose la bionda, con calma. «E tu lo sai meglio di me. Senza la sua idea, io non sarei qui. La colpa è di Dreamer, è stato lui ad uccidere Ryan.»

«Avremmo potuto salvarti anche senza di lui!» urlò Amalia, chinando la testa per poter fronteggiare meglio la compagna.

«Forse. O forse sareste morti anche voi nel tentativo. O magari non sareste riusciti ad arrivare in tempo e sarei morta io.» Tara posò una mano sulla spalla di Komand’r, ammorbidendo la sua espressione. «Ascolta, so che sei arrabbiata, infuriata, ma litigare con Rachel non ti porterà a niente. Lei ha fatto ciò che ha fatto in buona fede, non poteva sapere che Dreamer l’avrebbe ingannata in questo modo.»

La bionda allontanò lentamente la mano dalla sua spalla, senza staccarle gli occhi di dosso. Amalia fece lo stesso. Le due ragazze rimasero ferme, a scrutarsi, in silenzio. Infine, dopo quelle che parvero eternità, la mora abbassò lo sguardo e rilassò le mani, sciogliendo i pugni. Per un attimo parve che le parole di Tara avessero davvero avuto effetto su di lei, ma poi scosse la testa.

«No...» rantolò, drizzando di nuovo lo sguardo, trafiggendo Tara con un’occhiataccia carica di freddezza. «... ti sbagli.»

La neo conduit sussultò. «Amalia... ti prego...»

Komand’r la ignorò ed indietreggiò di un passo da lei. La scrutò ancora per un momento, poi posò lo sguardo prima su Rosso, poi sulla stessa Rachel. Quando i loro occhi del medesimo colore si incrociarono, Rachel vide prima Stella al suo posto, e poi Ryan. E ciò le fece male. Gliene fece parecchio.

Non riuscì a dire o fare nulla, mentre osservava la mora allontanarsi da Tara e avvicinarsi alla porta. Esattamente sull’uscio si fermò, poi indicò proprio la corvina. «Se ci rincontriamo...» cominciò a dire, con voce carica di odio e collera. «... spara per prima.»

E detto quello uscì dalla stanza, per poi non riapparire più.

I tre ragazzi rimasti rimasero immobili. Un silenzio opprimente calò in mezzo a loro. Sembrava quasi che tutti loro stessero aspettando che Amalia ritornasse. Cosa che, naturalmente, Rachel sapeva che non sarebbe avvenuta.

«A-Amalia...» Tara fu la prima a riscuotersi, per poi sgranare gli occhi. «Amalia!»

Fece quasi per mettersi a correrle dietro, ma Lucas le posò una mano sulla spalla. La bionda si voltò verso di lui, sorpresa. Il moro, senza aprire bocca, si limitò semplicemente a scuotere la testa. Tara lo osservò perplessa, mordendosi un labbro, poi sospirò e annuì lentamente. Chinò il capo, i capelli le caddero di fronte agli occhi, celando la sua espressione addolorata. «Komi...» mormorò, prossima al pianto.

Lucas si passò una mano fra i capelli, sospirando rumorosamente a sua volta. In quel momento, Rachel pensò che non sarebbe mai più riuscita a guardare negli occhi quei due ragazzi. Quel gruppo che aveva creduto fosse diventata la sua nuova famiglia di era appena sfaldato, per colpa sua. Ryan non c’era più, e Komand’r se n’era andata, forse non sarebbe nemmeno più tornata.

Per colpa di Rachel, Amalia aveva perso l’ultima persona a lei cara che le fosse rimasta. Ora la odiava a morte, anzi, la voleva morta. Quella ragazza con cui aveva creduto di aver stretto un legame solido, che pensava quasi di poter chiamare amica, ora non avrebbe esitato a puntarle una pistola alla testa e spararle un colpo in piena fronte.

Ha perso tutto, per colpa mia... proteggere Ryan era la sua ultima ragione di vita... e ora lui... lui...

Rachel sgranò gli occhi all’improvviso, realizzando una cosa di vitale importanza. Dischiuse le labbra, drizzando lo sguardo di colpo, verso la porta.

«No...» sussurrò. «Non può farlo davvero...»

«Come?» le domandò Lucas, sentendola. «Hai detto qualcosa?»

La corvina si voltò verso di lui, mordendosi un labbro. Lucas. L’aveva sempre difesa, sempre, anche in quel momento in cui lei era davvero l’unica da accusare. E lo stesso aveva fatto Tara, nonostante i loro difficili trascorsi. Nonostante tutto, nonostante la bionda sembrasse aver instaurato un legame molto più profondo con Amalia che con lei, l’aveva comunque difesa dalla stessa Komand’r.

«Ragazzi...» mormorò timidamente. «Grazie... grazie di tutto... vi... vi voglio bene.»

«Ehm...» Lucas inarcò un sopracciglio, anche la Markov la scrutò perplessa con i suoi tristi occhi.

Qualunque cosa il suo partner volesse dire, lei non attese che finisse. Si tirò il cappuccio sui capelli e corse verso la porta, sguardo basso, pugni stretti e mascella contratta.

«Rachel!»

La ragazza ignorò quel grido e tirò dritto, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Uscì dal magazzino e si trasformò immediatamente. Si alzò in volo, senza più guardarsi alle spalle, diretta verso quel luogo che già due volte aveva visitato, e che di conseguenza sperava di non dover rivedere mai più dopo quel giorno.

 

***

 

Voci, sensazioni, immagini, pensieri, parole, la sua mente ora era un mix di tutto ciò.

Dall’abbandono di sua madre, al collegio, al giorno in cui lei e Richard si erano conosciuti, fino a quello dell’esplosione.

E poi il dopo. La quarantena, i Mietitori, l’appartamento che condivideva con Tara, le scorte di cibo, i suoi poteri che si manifestavano, Empire che cadeva a pezzi, Lucas e poi di nuovo Richard.

E successivamente gli Spazzini, Amalia e Ryan, la baraccopoli nel Dedalo, di nuovo Tara, il Jefferson Tunnel, l’addio definitivo di Richard, la partenza da Empire, Kevin e Dominick.

L’arrivo a Sub City, il loro rapimento per mano di Dreamer, il magazzino della Safe Travel, la morte di Hank, l’incontro con gli UDG, il rapimento di Tara, di nuovo Kevin, Rose, Deathstroke, la nascita di Terra, Jade e la storia della comunità, il combattimento con Slade, la morte di Jade seguita poi da quelle di Rose, Ryan e dello stesso Slade.

Più volava, più ricordi affioravano dalla sua psiche, più si sentiva infuriata.

Sub City era una nuvola confusa di palazzi e strade che sfrecciava sotto di lei. Un luogo pieno di insidie, marcio, corrotto, reso tale dalle bande di degenerati che lo popolavano. Un luogo che in molto meno tempo di quanto si sarebbe immaginata, l’aveva fatta soffrire quasi come aveva fatto Empire City.

Ma ora era tempo di finirla, e questa volta per davvero.

Era stanca di farsi mettere i piedi in testa dagli altri. Per tutto il tempo la sua vita era stata gestita dagli altri come se lei stessa non avesse nemmeno voce in capitolo. Era sempre stata condizionata da qualcuno o qualcosa, non era mai stata davvero libera.

Il suo pensiero non aveva quasi mai contato un cazzo, per gli altri. Aveva fatto buon viso a cattivo gioco per troppo tempo. Ora era giunto il momento di darci un taglio. Basta gentilezze, basta subire, basta essere buoni.

Un’incredibile quantità di energia la animò tutto ad un tratto, permettendole di volare a velocità ben superiore di quella a cui di solito viaggiava. Voleva arrivare più in fretta possibile a destinazione. Voleva farla finita, una volta per tutte.

Ma soprattutto, doveva arrivare prima di Amalia. Prima che anche lei si facesse ammazzare inutilmente. Era l’ultima possibilità che aveva per impedire che tutto quanto precipitasse del tutto.

La cattedrale apparve di fronte a lei. Vide un’enorme bandiera issata su un’asta attaccata al campanile, la quale raffigurava il simbolo degli UDG su uno sfondo nero, ma contrassegnato con una gigantesca X bianca: un messaggio fin troppo chiaro quello che i Visionari stavano cercando di mandare, mentre lasciavano svolazzare quel grosso tessuto nero sotto la luce del sole mattutino.

Rachel fece una smorfia quasi disgustata, poi scese in picchiata. La strada si avvicinò a lei di dieci metri, poi trenta, poi cinquanta, infine la corvina si raddrizzò e puntò al portone laterale che conduceva ai sotterranei dell’antico edificio.

Distrusse completamente la struttura di legno e piombò nei corridoi di mattoni, percorrendoli con precisione millimetrica, senza nemmeno sfiorare le pareti con le ali, svoltando ad ogni angolo seguendo uno schema ben preciso. Incontrò diversi Visionari al suo passaggio, ognuno dei quali, non appena la notava, gridava per la sorpresa e si gettava a terra per non farsi colpire. Andò avanti in quel modo, fino a quando, alla fine, non arrivò ad una porta tagliafuoco.

La sfondò, esattamente come aveva fatto con il portone di legno, ed entrò nell’enorme salone causando uno spostamento d’aria simile a quello di un elicottero. Atterrò in picchiata, causando un’esplosione di energia nera che si propagò tutto attorno a lei, per poi svanire insieme alla sua forma da rapace.

Si drizzò sulle gambe, stirando gli arti, per poi posare lo sguardo esattamente di fronte a sé. Le venne quasi da sorridere sadicamente, quando vide Dreamer seduto sul suo trono osservarla sbalordito. Rachel era sicura al cento percento che lo avrebbe trovato lì, a gongolare, ma comunque scoprire quanto il suo egocentrismo superasse tutti i limiti umani conosciuti, le fece venire il voltastomaco.

Accanto al leader dei Visionari si trovava una donna bionda, intenta a ritoccare con alcuni tamponi le zone del volto di Dreamer ancora martoriate dalle ferite inflittogli dal padre, come il suo occhio nero, o le croste sulle labbra e sotto al naso. Pure questa era rimasta atterrita, quando la corvina era piombata nella stanza.

«Va’ pure» borbottò Jeff alla donna, invitandola ad allontanarsi con un cenno della mano. «Me ne occupo io.»

La Visionaria non se lo fece ripetere due volte. Si voltò, bracciando la propria roba, e quasi corse via. Dopodiché, Joseph si alzò dal trono, allargando le braccia e sorridendo cordialmente. «Rachel! Ma che piacevole sorpresa! Qual buon vento ti porta...»

«Rose è morta» lo interruppe lei di colpo, con tono severo, cominciando ad avvicinarsi a lui. «E visto che tu avevi intenzione di venire a riprendertela, prima o poi, era giusto che lo sapessi. Sarebbe stato un peccato fare un viaggio a vuoto, no?»

Dreamer assunse un’espressione sconvolta. «Co... cosa? Come... com’è possibile?! Che è successo?!»

Rachel incrociò le braccia, senza mutare per nulla il suo sguardo. Ripugnante, ecco come le sembrò il Visionario. Quel tentativo di apparire sorpreso fu la cosa più viscida e schifosa che ebbe mai avuto modo di vedere in quella sua triste e buia vita. «Perché non me lo racconti tu cos’è successo, Joseph?»

Questa volta, Jeff parve realmente sbigottito. Sgranò gli occhi e serrò le labbra, squadrandola come se lo avesse appena punto con un ago incandescente. Poi, il suo sguardo mutò all’improvviso e stirò le labbra in un sorrisetto. Chinò il capo, ridacchiando sommessamente, poi scosse lentamente la testa. «Rachel, Rachel... sei sempre più sorprendente. Fammi indovinare, hai imparato a leggere nel pensiero?»

«No. Ho i miei metodi per scoprire le cose, e tu non sei tenuto a conoscerli.»

Il Visionario ridacchiò nuovamente. «Touché. Beh...» Sollevò le spalle, chiudendo le palpebre con una falsa aria di innocenza. «... cosa posso dirti, Demone, è successo semplicemente quello che doveva succedere. Rose era una ragazza stupenda, la sorella migliore che potessi desiderare, ma alla fine anche lei si è rivelata per quello che era, ossia una persona debole e dalla volontà più fragile di un cristallo. Ho dovuto eliminarla, affinché anche lei espiasse alle sue colpe.»

«Sperare che un padre ricambi l’affetto di una figlia è una colpa?!» quasi urlò Rachel, stringendo i pugni.

«Non è solo questo il problema, Rachel. Comportandosi in quel modo Rose ha fatto cose che mai avrebbe dovuto fare, infrangendo promesse che aveva fatto a me, a nostra madre, al nostro altro fratello. Mi ha deluso, mi ha abbandonato, è stata causa di sofferenza, per me. Anche lei doveva pagare, come Wilson.»

«E Ryan, invece?! Lui che cosa c’entrava in tutto questo?!»

Jeff scrollò le spalle, con una noncuranza che fece ribollire il sangue nelle vene a Rachel. «Si è intromesso in una faccenda che non lo riguardava. Ho semplicemente agito d’istinto. Non avevo intenzione di ucciderlo, ma lo ha voluto lui.»

«Quindi...» Rachel strinse i pugni per la rabbia. «Non c’era nemmeno un motivo?! L’hai ucciso, semplicemente perché ti sembrava il caso di farlo?! Hai spento una vita come se non fosse altro che una candela?!»

«Immagino che delle scuse non servirebbero a nulla.»  

«No che non servirebbero!» gridò Corvina, pestando con forza il piede sul pavimento. «Ti sei preso gioco di noi! Hai ucciso il nostro amico! Come puoi anche solo pensare che delle semplici scuse possano...»

«Lascia che sia io a porti una domanda, prima che tu finisca di parlare» fece Dreamer, sollevando un indice e puntandolo in sua direzione, zittendola con quel gesto. «Permetti?»

Joseph scese dal palco, per poi avvicinarsi a lei con calma. Si ritrovarono poco dopo faccia a faccia, un solo metro li separava. Rachel notò che il suo trucco da teschio si era quasi prosciugato del tutto, il Visionario le stava parlando quasi al naturale, privo della sua maschera. Era molto più abbronzato di quanto avrebbe mai potuto immaginare, sotto il bianco della pittura. La sua pelle aveva la tonalità del caffèlatte, gli occhi verdi erano molto più grandi e penetranti di quanto ricordasse e i lineamenti del suo viso erano molto meno spigolosi rispetto a quelli di Lucas, o altri ragazzi.

Era bello. Rachel avvertì un nodo allo stomaco quando se ne rese conto. Per qualche strano motivo, quella cosa le diede parecchio fastidio.

«Dunque, Rachel» cominciò lui, mentre iniziava a camminarle lentamente intorno, aggirandola, senza staccarle gli occhi di dosso. «Non so come tu ci sia riuscita, ma hai scoperto il mio vero nome. Hai scoperto che Rose era mia sorella, che Wilson era mio padre e che Ryan è morto per mano mia. Immagino, a questo punto, che tu sappia anche che lo stesso Deathstroke non è più tra noi. Ho ragione?»

Corvina annuì lentamente, senza abbassare la guardia nemmeno per un istante.

Dreamer continuò a camminarle attorno, fino a quando non si fermò nuovamente di fronte a lei. A quel punto, si sporse in avanti, per permetterle di udire meglio ciò che sussurrò: «Allora, dimmi. Se Ryan non fosse morto... saresti comunque venuta qui da me?»

Rachel ammutolì. Quella domanda la spiazzò completamente.

«Dimmi» ripeté il Visionario. «Se non avessi fatto del male al tuo gruppo di amici, ma avessi ugualmente proseguito per la mia strada, uccidendo solamente Rose e Slade, saresti tornata qui da me in cerca di vendetta?»

«Non sono qui in cerca di vendetta» rispose all’improvviso lei.

«Rispondi alla mia domanda» parve quasi un ordine, quello di Dreamer.

Di nuovo, la corvina non seppe cosa rispondere. Distolse lo sguardo da lui per la prima volta, sentendosi quasi una stupida per quella sua inadeguatezza. Se Ryan non fosse morto... si sarebbe trovata lì comunque?

«Magari, quello di farti venire qui era proprio il mio intento» suggerì Dreamer, osservandola. «Magari, volevo solamente farti capire che, per quanto impossibile ti possa sembrare, io e te siamo molto più simili di quanto tu creda.»

La conduit sgranò gli occhi. «Ma che stai dicendo? Io e te non siamo affatto simili! Tu sei un pazzo, un sociopatico, un egocentrico, un...»

«Ipocrita» suggerì lui, annuendo lentamente, per poi sorridere in segno di trionfo. «Proprio come te.»

«Non... non ti seguo...»

«Tu non saresti mai venuta qui se il tuo amico non fosse morto» rispose il Visionario, puntandole addosso l’indice. «Per tutto questo tempo, tu hai agito con il solo e unico scopo di proteggere te stessa e i tuoi amici. A te non è mai importato di me, di Wilson o della città. Volevi solo essere tranquilla. E se Ryan non fosse morto, tu lo saresti stata. Saresti stata libera di andartene, sana e salva, infischiandotene di Sub City e dei suoi abitanti. Ho ragione?

«Noi siamo simili, perché entrambi per tutto questo tempo abbiamo agito per noi stessi. Per poter ottenere quel misero sprazzo di felicità in una vita piena di dolore e angosce. I nostri mondi sono crollati di fronte ai nostri occhi, tu ti sei trasformata in un mostro, e anche io, in un certo senso.

«Per te la felicità è vivere insieme ai tuoi amici, per me la felicità era farla pagare a mio padre per come si è sempre comportato con me e i miei fratelli, ed entrambi abbiamo usato ogni mezzo a nostra disposizione per poterla ottenere. Io ho usato te, ma anche tu hai usato me, quando hai chiesto il mio aiuto per salvare Tara. Perciò, dimmi, saresti davvero venuta fino a qui, se tu avessi ottenuto solamente ciò che volevi?»

Improvvisamente, le convinzione di Rachel crollarono come un castello di carte. Con gli Underdog fuori gioco, Tara salva, i suoi amici tutti vivi, i confini della città nuovamente liberi... sarebbe comunque tornata da Dreamer? Lui aveva avuto un secondo fine per tutto il tempo, li aveva usati come delle pedine, per colpa sua un sacco di persone erano morte... però lei e i suoi amici sarebbero stati comunque liberi di andarsene, voltare pagina, dimenticarsi di lui e della città. Ma lei lo avrebbe fatto? Avrebbe permesso che un essere disgustoso come Dreamer restasse impunito?

Lei non era un’eroina o altro, che motivo avrebbe avuto di impicciarsi in quegli affari? Per tutto quel tempo lei non aveva fatto altro che agire per proteggere sé stessa e i suoi amici, cosa che aveva ancora intenzione di fare. Di Rose, di Sub City, degli Underdog, non le importava, non le era mai importato assolutamente nulla. Voleva solo essere libera. Lei agiva per il suo scopo, il Visionario per il suo. In un certo senso, pure lei aveva usato Joseph per perseguire il suo obiettivo di salvare Tara. Perciò... chi era davvero lei, per poter giudicare Dreamer?

Una persona onesta, suggerì all’improvviso una voce nella sua testa. Ma non era la sua. Era la voce di una donna.

Una persona intelligente, forte e di buon cuore. Una persona che saprà sempre quando sarà il momento di fare la cosa giusta, una persona che gli altri ammireranno. Questo, sarai, figlia mia. Ne sono sicura.

Rachel dischiuse le labbra. Ebbe un flashback, di lei da bambina, sotto le coperte, con sua madre seduta sul bordo del letto. Quella sera, dopo aver ascoltato la favola della buona notte, lei le aveva domandato come sarebbe stata da grande. E Arella le aveva detto quelle parole, con un sorriso in grado di rischiarare le notti più buie e tempestose.

So che un giorno mi renderai orgogliosa di te.

La vista di Corvina si appannò, sentì le labbra tremolare. Quando il ricordo svanì, si ritrovò di nuovo catapultata in quella sala, con di fronte il sorriso beffardo di Dreamer. Fu costretta a ricacciare indietro la nostalgia, insieme alle lacrime, e strinse i pugni.

«Tu... ci hai mentito» sussurrò, a denti stretti, mentre la rabbia cresceva dentro di lei inesorabile.

«Non mi risulta» rispose lui, serio in volto. «Ho semplicemente onorato il nostro accordo. Tu mi aiutavi ad eliminare Wilson, io ti aiutavo a salvare la tua amica. Non vedo menzogne in tutto ciò.»

«Tu non volevi solo eliminare Wilson!» esclamò la conduit, quasi gridando. «Tu volevi prendere il suo posto! Volevi Sub City! Tu non agognavi la libertà come hai sempre fatto credere, volevi solamente vendetta! Per tutto questo tempo, tu hai mentito non solo a me e ai miei amici, ma a tutti quanti, perfino ai tuoi Visionari! Li hai convinti con l’inganno ad allearsi a te, con questa scusa della Guerra dei Cambiamenti, solamente per poter creare il tuo esercito personale per poter farla pagare a tuo padre! Non c’era assolutamente niente di nobile nelle tue azioni, NIENTE!

«Uomini e donne che si fidavano di te, che credevano che tu li avresti condotti verso la libertà, sono morti! Hai perfino osservato la tua stessa luogotenente mentre veniva uccisa da quell’uomo che tanto odiavi! Ma  hai la più pallida idea di cosa tu significavi per Jade?! Lei ti vedeva come un salvatore! Si sarebbe gettata nel fuoco, per te! E tu l’hai lasciata morire, solamente perché non volevi rischiare che la tua stupida vendetta potesse risentirne! Come credi che reagirebbe lei vedendoti così, mentre infrangi tutte le tue promesse?! Credi che lei sarebbe rimasta in silenzio? Credi che avrebbe accettato la cosa?! No, non lo avrebbe fatto. Si sarebbe sicuramente schierata dalla mia parte!

«Il tuo comportamento è uno schiaffo nei confronti di tutte quelle persone che, come Jade, hanno combattuto al tuo fianco perché credevano in te! Io stessa ho creduto in te, per un momento! Sei solo un verme, un doppiogiochista che crede che la vita delle altre persone non abbia alcun valore! Per te uccidere una persona equivale a buttare via un paio di scarpe, l’unica persona importante per te sei tu, neppure la tua stessa sorella, sangue del tuo sangue, meritava di vivere! Neppure le hai permesso di difendersi, l’hai  assassinata a sangue freddo, mentre era legata ad una sedia! Come puoi vivere in pace con te stesso dopo aver fatto una cosa del genere?!

«E per finire, hai ucciso l’unico uomo in grado di poter davvero svelare la verità dietro alle esplosioni! Tuo padre sapeva cose che noi non possiamo neanche immaginare, e che la cosa ti piaccia o no, lui ci serviva vivo! Uccidendo lui e distruggendo il suo laboratorio hai cancellato qualsiasi vana speranza di scoprire davvero cosa sia successo al mondo intero e quali siano state le cause delle esplosioni!»

Fu il turno di Rachel quello di puntare il dito al petto dell’interlocutore. «Potremmo anche essere simili come tu dici, ma c’è sicuramente una cosa che ci distinguerà sempre: io non sono una bugiarda. Per quanto tempo continuerai a tenere in piedi questa ridicola farsa? Scommetto che non hai nemmeno detto ai tuoi uomini che Wilson è morto. Ho ragione?»

Dreamer non rispose. Rimase in silenzio, impassibile, quasi come se tutte le parole dette da Rachel non lo avessero minimamente scalfito.

Corvina continuò a scrutare con odio il Visionario, mentre lui chiuse le palpebre, sospirando rumorosamente. «Complimenti, Rachel» disse, con voce piatta. «Hai colpito nel segno.»

Un vociare sempre più intenso giunse alle orecchie di Rachel, mischiandosi ben presto al rumore di passi. Pochi istanti dopo, le porte laterali della stanza furono spalancate e decine di Visionari si riversarono fuor da esse, puntando i fucili contro la conduit. A capitanare tutti loro, c’era la donna di poco prima.

Rachel si accorse di tutti loro e storse il naso. «Quando hai intenzione di dire loro tutta la verità?»

«A suo tempo.»

Quella risposta non piacque molto alla corvina. La ragazza digrignò i denti, mentre le labbra di Dreamer si schiusero in un altro sorriso. «Dunque che intenzioni hai, adesso? Vuoi uccidermi?» Il Visionario intimò ai propri uomini di mantenere la calma, con un cenno della mano. «Tu non ne hai il coraggio, Rachel.»

«Hai ragione, non ce l’ho» rispose Rachel, per poi serrare la mascella. «Ma i miei poteri sì!»

Emise un urlo disumano ed allargò le braccia. Il suo intero corpo si illuminò di nero, mentre i suoi poteri si manifestavano per ciò che erano davvero, dopo mesi e mesi di reclusione all’interno del suo corpo. Dreamer indietreggiò di scatto, spalancando le palpebre. Questa volta, parve davvero intimorito.

«Uccidetela!» gridò, mentre i suoi uomini si affrettavano ad accerchiarlo e ad aprire il fuoco sulla conduit.

Pochi millesimi di secondi, e vi fu il caos più totale.

Centinaia e centinaia di proiettili si abbatterono sul corpo di Rachel, tuttavia nessuno di essi le arrecò il benché minimo danno. L’energia oscura aveva cominciato a farsi più forte e ad avvolgersi attorno al suo corpo, proteggendola da ogni minaccia.

Lacci fatti di oscurità spuntarono da ogni dove, afferrando e mettendo fuori gioco gli uomini armati, fulmini esplosero in automatico fuori dal corpo della corvina come un temporale, colpendone altri, sfere nere si catapultarono in ogni antro della stanza, esplodendo come granate.

E in mezzo a tutto questo sfacelo, Rachel continuava ad essere immobile, con il capo gettato all’indietro, la bocca spalancata in quell’urlo spaventoso e le braccia distese.

Era stanca, stanca morta, di giocare sempre secondo le regole degli altri. Era stata usata, tradita, umiliata, ferita sia nel corpo che nella mente per mano di molti più individui di quanto avrebbe mai creduto. Ma ora era tempo di finirla. Ora, era il tempo di mostrare davvero a Dreamer e al mondo intero di che pasta era fatta.

Una quantità di energia mostruosa si stava liberando al di fuori di lei, un potere così grande che la corvina non aveva mai nemmeno lontanamente immaginato di possedere.

Nessun Visionario, nessuna arma, nessun proiettile l’avrebbe mai potuta intimidire, in quel momento. Nulla era in grado di contrastarla. La cosa la fece sentire bene, tremendamente bene. Sapeva che tutto ciò era sbagliato, sapeva che fondere in quel modo i suoi poteri con tutta la sua collera repressa non avrebbe portato a nulla di buono, ma non le importava. Voleva cancellarsi per sempre il maledetto ghigno beffardo di Dreamer dalla testa, voleva rendere giustizia a tutte quelle persone che erano morte invano, e lo avrebbe fatto, a qualunque costo.

Lo avrebbe fatto per Jade, per Ryan e perfino per Rose e Slade.

La resistenza dei Visionari fu ben presto stroncata. Gli uomini e le donne in nero caddero impotenti sotto ai duri colpi della conduit. Non furono, tuttavia, colpiti a morte. Pure loro, alla fine, non erano altro che vittime del giogo di Dreamer.

Alla fine, ne restò solamente uno in piedi: Joseph.

Il leader dei Visionari indietreggiò, osservandola sbalordito come probabilmente mai era stato in vita sua.

Corvina mosse un passo verso di lui, costringendolo ad indietreggiare. In quei pochi istanti, Dreamer si mostrò per ciò che era realmente: un codardo che non esitava a pugnalare i suoi avversari alle spalle, ma che poi fuggiva di fronte ai nemici più forti di lui.

Infine, Jeff si ritrovò con le spalle al muro, letteralmente. Erano al fondo della sala, accanto al palcoscenico. Rachel teneva sotto tiro il Visionario, ancora avvolta nella sua aura di energia nera e con la vista rossa, lui rimaneva fermo, immobile, limitandosi ad osservarla a bocca semiaperta.

«È finita, Joseph.»

«Non... non puoi uccidermi» gracchiò Jeff, quasi balbettando, sollevando le mani in segno di resa. «Non... non sarai davvero diversa da me, se ti trasformerai in un’assassina.»

Rachel esitò. Le ritornarono in mente le parole di sua madre. Tutto ciò che le aveva detto... avrebbe ancora avuto un valore, se lei avesse ucciso Joseph?

Corvina non aveva mai ucciso nessuno, mai. Non di sua spontanea volontà.

Era capitato, a volte, che qualcuno non sopravvivesse ai suoi attacchi. Primo tra tutti, quel Mietitore che aveva colpito ad Empire City, facendogli esplodere addosso la molotov che teneva in mano, ma non era certo stata sua intenzione far sì che succedesse ciò. E poi, quell’uomo era praticamente morto, ormai.

Quel pensiero era stata l’unica cosa in grado di tenerla ancorata alla sanità mentale.

Non aveva mai colpito con l’intenzione di uccidere, e di certo non aveva mai ucciso una persona disarmata ed indifesa come lo era Dreamer in quel momento così, a sangue freddo.

Quella era un’altra profonda differenza tra loro due: Jeff era un assassino crudele, lei no. Lei aveva spento delle vite, ma erano sempre state quelle di uomini che avevano cercato di fare del male a lei e da cui si era semplicemente difesa.

Incrociò lo sguardo di Dreamer. Si osservarono per un breve momento, rimanendo in silenzio.

Infine, Rachel abbassò lentamente la mano che teneva puntata su di lui. L’energia oscura che la avvolgeva cominciò a svanire, stranamente obbediente. La ragazza smise di vedere rosso, poi sospirò, chinando il capo. «Sei un essere ripugnante, Joseph. Ma l’ultima cosa che voglio sono altri tormenti. Non ti ucciderò.» Detto quello, gli diede le spalle. Si voltò di scatto, scoccandogli un’occhiata truce con la coda dell’occhio. «Ma sappi, che farai meglio a raccontare la verità ai tuoi uomini. Altrimenti sarò io a farlo, a costo di dover rimanere qui a Sub City per altri sei mesi.»

Dreamer, dopo un attimo di stupore iniziale, annuì lentamente. «Va bene Rachel. Hai la mia parola.»

«Mh. Per quello che vale» borbottò Rachel, per poi cominciare a camminare, allontanandosi da lui.

Ma non fece molti passi. Riuscì a percepire un movimento fulmineo, proveniente proprio da dietro le sue spalle. Si voltò di nuovo, sollevando le mani e puntandole verso il Visionario, ma non riuscì a fare nulla.

Un’esplosione rimbombò in tutta la sala con la potenza di una cannonata, Joseph gridò e cadde a terra. Il coltello che fino ad un attimo prima aveva stretto tra le dita per cercare di pugnalare la conduit alle spalle gli scivolò dalla mano e cadde a terra con un tintinnio metallico. Jeff gemette, premendosi una mano sul ginocchio sinistro insanguinato. «Anf... merda...»

Rachel abbassò di nuovo la guardia, osservandolo disgustata. Lo sapeva, sapeva che Dreamer avrebbe cercato di attaccarla, per questo si era comunque tenuta pronta. Ma non ce n’era stato il bisogno.

Si voltò, verso la porta laterale a destra della stanza. Qui, in piedi sulla soglia, si trovava una persona che ancora teneva puntata la pistola verso il Visionario. Corvina non fu sorpresa di vederla. Ciò che, tuttavia, la lasciò comunque di sasso, era il suo aspetto.

Non aveva il suo classico giaccone a coprirle il busto. Vestiva solamente con i suoi classici pantaloni e una canottiera nera che lasciava in bella vista le braccia e le spalle abbronzate, sulle quali erano presenti molti più tatuaggi di quanti Rachel avrebbe potuto contarne. Teschi, serpenti, tribali, fiamme e un cuore rosso come il sangue, dipinto sulla clavicola.

La lunga chioma di capelli mori era stata tranciata brutalmente a metà, in diagonale, donandole un taglio asimmetrico.

Komand’r sputò la sigaretta che ancora stringeva tra le labbra, poi abbassò la pistola. «Ti ho beccato, figlio di puttana.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Salve a tutti, volevo solamente dire, brevemente, che siccome sono un tantinello impegnato ultimamente, la pubblicazione della storia potrebbe risentire di qualche ritardo. Pertanto, ho deciso di spostare di poco l'asticella e, dal prossimo capitolo in poi, pubblicherò ogni dieci giorni anziché ogni settimana. Mi dispiace per l'inconveniente, ma questo è l'unico modo che ho per poter riuscire a fare tutto quanto senza impazzire male come mi è già successo. ^^" 

Quindi il prossimo arriverà non più sabato prossimo, ma un pelino dopo. Se non altro, i capitoli si stanno allungando, quindi in un certo senso mi sto già facendo perdonare. 

Bene, non mi pronuncio molto sul capitolo appena pubblicato perché non ne ho tanta voglia, spero che vi sia piaciuto.

Alla prossima!

 

   
 
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