Capitolo
23: SIMILI, MA DIVERSI
Rachel raccontò ogni cosa.
Partì dal principio,
narrando ai suoi amici di come sognasse di trovarsi nel corpo di Hank,
di come
gli aveva sottratto i poteri e di come, in qualche modo, fosse riuscita
a
creare un legame psichico con lui, prima che questi morisse.
La stessa cosa era poi successa con Wilson.
Aveva visto il mondo dai suoi occhi, aveva assistito in prima persona
al suo
combattimento con Dreamer giusto poche ore prima.
Più parlava, più le sembrava
difficile farlo.
Gli sguardi di tutti, l’attenzione di tutti, erano
concentrati su di lei.
Pendevano dalle sue labbra, non sembravano mai essere stati
così vigili e
attenti come lo erano in quel momento. E la cosa peggiore era che non
era
nemmeno arrivata alla fase più saliente.
Il suo corpo cominciò ad opporsi alla
mente,
mentre tentava di spiegare cosa aveva scoperto su Dreamer. La sua bocca
si
muoveva sempre con più fatica, il tono della sua voce si
abbassava
esponenzialmente, ad un certo punto temette perfino che nessuno di loro
riuscisse più a sentirla.
Infine, concluse il racconto. Dreamer era il
figlio di Wilson, il fratello di Rose, e lui stesso aveva ucciso
proprio
quest’ultima, molto probabilmente riservando lo stesso
trattamento anche a
Ryan, che si era semplicemente trovato nel posto sbagliato al momento
sbagliato.
Erano stati usati, tutti quanti. Non erano stati
altro che pedine nella scacchiera del Visionario.
Un opprimente silenzio scese nella stanza quando
la corvina terminò di parlare. Nessuno disse nulla, nessuno
fece nulla,
continuarono solamente ad osservarla.
Il loro comportamento la fece sentire a disagio,
in particolare quello di Amalia, la quale, tra tutti, sembrava la
più
pietrificata.
«È... colpa mia...»
sussurrò Corvina, chinando
il capo, mentre un misto di rabbia e tristezza di sollevavano dentro di
lei
come un tornado. «Io... io...»
Si interruppe di scatto, quando sentì un
grido
che le fece sanguinare i timpani. Sollevò gli occhi, giusto
un attimo prima che
Amalia si fiondasse su di lei. Rachel urlò per la sorpresa,
ma non riuscì a
fare altro; Komand’r la colpì allo stomaco ed
entrambe caddero a terra.
La corvina sentì il fiato mancarle, poi
drizzò
il capo, semplicemente per ricevere un pugno in pieno volto, che le
fece
sbattere la testa all’indietro, sul pavimento. Gemette per il
dolore, poi
ricevette un altro pugno, sull’altra guancia, e
avvertì il sapore metallico del
sangue in bocca. Tossì, cercò di guardare Amalia,
con le lacrime agli occhi, ma
non ci riuscì perché ricevette
l’ennesimo pugno.
«Lui è morto!
MORTO!» gridò Amalia, con la voce
rotta per la rabbia, colpendola ancora una volta. «Ti odio
Roth! TI ODIO!»
«Mi... dispiace...»
Le dita della mora si attorcigliarono attorno al
collo della conduit e cominciarono a stringere la presa. Corvina
sentì il fiato
mancarle, poi Komand’r le sollevò la testa, per
poi sbatterla nuovamente sul
pavimento. La vista di Rachel si offuscò,
cominciò a vedere solamente del nero
attorno a lei.
«LE SCUSE NON LO RIPORTERANNO
INDIETRO!»
Corvina boccheggiò, impotente. Quella
frase fu
una pugnalata al cuore, per lei. Tentò di parlare ancora,
poi la sua testa
venne sollevata una seconda volta. Sapeva che ricevendo un altro colpo
come
quello, probabilmente sarebbe svenuta, o anche peggio, ma la sola idea
di
difendersi da Amalia le fece salire la bile. Se lo meritava, dopotutto.
Udì delle altre grida, queste andarono
ad
accavallarsi le une sulle altre, impedendole di capire cosa stesse
accadendo.
Improvvisamente, la presa attorno al suo collo fu allentata e
riuscì di nuovo a
respirare correttamente. Le macchie nere cominciarono a svanire dai
suoi occhi,
e poté scorgere la figura di Amalia mentre veniva
imprigionata tra le braccia
di Lucas e trascinata via da lei.
«Lasciami andare! LASCIAMI
SUBITO!» gridò lei,
scalciando e dimenandosi. «Bastardo, questa cosa non ti
riguarda!»
«Certo che mi riguarda!»
ribatté lui per tutta
risposta. «Uccidere Rachel non ti restituirà
Ryan!»
«Zitto, ZITTO!»
Rachel si rialzò sulle ginocchia. Si
sentiva da
schifo, e non per via del dolore al volto e alla testa.
Drizzò il capo, vide
Lucas mentre lasciava la presa dal corpo di Amalia, quasi
scaraventandola via
da sé, lontano da lui e lontano anche da Rachel.
Komand’r barcollò, poi si
voltò verso di lui, ringhiando come un lupo famelico.
«Ryan era mio fratello,
brutto figlio di...»
«Basta!» si intromise Tara,
parandosi di fronte
alla mora allargando le braccia, quasi come a fare da barriera tra lei
e Lucas,
nonostante fosse più bassa di entrambi di almeno cinque
centimetri.
Non appena vide la bionda, Komand’r
sembrò
calmarsi un poco. Smise di ringhiare, ma la sua espressione infuriata
non mutò
minimante. Strinse i pugni. «Tara... non ti ci mettere anche
tu...»
«Non è Rachel quella che devi
accusare» rispose
la bionda, con calma. «E tu lo sai meglio di me. Senza la sua
idea, io non
sarei qui. La colpa è di Dreamer, è stato lui ad
uccidere Ryan.»
«Avremmo potuto salvarti anche senza di
lui!»
urlò Amalia, chinando la testa per poter fronteggiare meglio
la compagna.
«Forse. O forse sareste morti anche voi
nel
tentativo. O magari non sareste riusciti ad arrivare in tempo e sarei
morta io.»
Tara posò una mano sulla spalla di Komand’r,
ammorbidendo la sua espressione. «Ascolta,
so che sei arrabbiata, infuriata, ma litigare con Rachel non ti
porterà a
niente. Lei ha fatto ciò che ha fatto in buona fede, non
poteva sapere che
Dreamer l’avrebbe ingannata in questo modo.»
La bionda allontanò lentamente la mano
dalla sua
spalla, senza staccarle gli occhi di dosso. Amalia fece lo stesso. Le
due
ragazze rimasero ferme, a scrutarsi, in silenzio. Infine, dopo quelle
che
parvero eternità, la mora abbassò lo sguardo e
rilassò le mani, sciogliendo i
pugni. Per un attimo parve che le parole di Tara avessero davvero avuto
effetto
su di lei, ma poi scosse la testa.
«No...» rantolò,
drizzando di nuovo lo sguardo,
trafiggendo Tara con un’occhiataccia carica di freddezza.
«... ti sbagli.»
La neo conduit sussultò.
«Amalia... ti prego...»
Komand’r la ignorò ed
indietreggiò di un passo
da lei. La scrutò ancora per un momento, poi posò
lo sguardo prima su Rosso,
poi sulla stessa Rachel. Quando i loro occhi del medesimo colore si
incrociarono, Rachel vide prima Stella al suo posto, e poi Ryan. E
ciò le fece
male. Gliene fece parecchio.
Non riuscì a dire o fare nulla, mentre
osservava
la mora allontanarsi da Tara e avvicinarsi alla porta. Esattamente
sull’uscio
si fermò, poi indicò proprio la corvina.
«Se ci rincontriamo...» cominciò a
dire, con voce carica di odio e collera. «... spara per
prima.»
E detto quello uscì dalla stanza, per
poi non
riapparire più.
I tre ragazzi rimasti rimasero immobili. Un
silenzio opprimente calò in mezzo a loro. Sembrava quasi che
tutti loro
stessero aspettando che Amalia ritornasse. Cosa che, naturalmente,
Rachel
sapeva che non sarebbe avvenuta.
«A-Amalia...» Tara fu la prima
a riscuotersi,
per poi sgranare gli occhi. «Amalia!»
Fece quasi per mettersi a correrle dietro, ma
Lucas le posò una mano sulla spalla. La bionda si
voltò verso di lui, sorpresa.
Il moro, senza aprire bocca, si limitò semplicemente a
scuotere la testa. Tara
lo osservò perplessa, mordendosi un labbro, poi
sospirò e annuì lentamente.
Chinò il capo, i capelli le caddero di fronte agli occhi,
celando la sua
espressione addolorata. «Komi...»
mormorò, prossima al pianto.
Lucas si passò una mano fra i capelli,
sospirando rumorosamente a sua volta. In quel momento, Rachel
pensò che non
sarebbe mai più riuscita a guardare negli occhi quei due
ragazzi. Quel gruppo
che aveva creduto fosse diventata la sua nuova famiglia di era appena
sfaldato,
per colpa sua. Ryan non c’era più, e
Komand’r se n’era andata, forse non
sarebbe nemmeno più tornata.
Per colpa di Rachel, Amalia aveva perso
l’ultima
persona a lei cara che le fosse rimasta. Ora la odiava a morte, anzi, la voleva morta. Quella ragazza con cui
aveva creduto di aver stretto un legame solido, che pensava quasi di
poter
chiamare amica, ora non avrebbe esitato a puntarle una pistola alla
testa e
spararle un colpo in piena fronte.
Ha perso
tutto, per colpa mia... proteggere Ryan era la sua ultima ragione di
vita... e
ora lui... lui...
Rachel sgranò gli occhi
all’improvviso,
realizzando una cosa di vitale importanza. Dischiuse le labbra,
drizzando lo
sguardo di colpo, verso la porta.
«No...» sussurrò.
«Non può farlo davvero...»
«Come?» le domandò
Lucas, sentendola. «Hai detto
qualcosa?»
La corvina si voltò verso di lui, mordendosi un labbro. Lucas. L’aveva sempre difesa, sempre, anche in quel momento in cui lei era davvero l’unica da accusare. E lo stesso aveva fatto Tara, nonostante i loro difficili trascorsi. Nonostante tutto, nonostante la bionda sembrasse aver instaurato un legame molto più profondo con Amalia che con lei, l’aveva comunque difesa dalla stessa Komand’r.
«Ragazzi...»
mormorò timidamente. «Grazie... grazie
di tutto... vi... vi voglio bene.»
«Ehm...» Lucas
inarcò un sopracciglio, anche la
Markov la scrutò perplessa con i suoi tristi occhi.
Qualunque cosa il suo partner volesse dire, lei
non attese che finisse. Si tirò il cappuccio sui capelli e
corse verso la
porta, sguardo basso, pugni stretti e mascella contratta.
«Rachel!»
La ragazza ignorò quel grido e
tirò dritto,
cercando di ricacciare indietro le lacrime. Uscì dal
magazzino e si trasformò
immediatamente. Si alzò in volo, senza più
guardarsi alle spalle, diretta verso
quel luogo che già due volte aveva visitato, e che di
conseguenza sperava di
non dover rivedere mai più dopo quel giorno.
***
Voci, sensazioni, immagini, pensieri, parole, la
sua mente ora era un mix di tutto ciò.
Dall’abbandono di sua madre, al collegio,
al
giorno in cui lei e Richard si erano conosciuti, fino a quello
dell’esplosione.
E poi il dopo. La quarantena, i Mietitori,
l’appartamento che condivideva con Tara, le scorte di cibo, i
suoi poteri che
si manifestavano, Empire che cadeva a pezzi, Lucas e poi di nuovo
Richard.
E successivamente gli Spazzini, Amalia e Ryan,
la baraccopoli nel Dedalo, di nuovo Tara, il Jefferson Tunnel,
l’addio
definitivo di Richard, la partenza da Empire, Kevin e Dominick.
L’arrivo a Sub City, il loro rapimento
per mano
di Dreamer, il magazzino della Safe Travel, la morte di Hank,
l’incontro con
gli UDG, il rapimento di Tara, di nuovo Kevin, Rose, Deathstroke, la
nascita di
Terra, Jade e la storia della comunità, il combattimento con
Slade, la morte di
Jade seguita poi da quelle di Rose, Ryan e dello stesso Slade.
Più volava, più ricordi
affioravano dalla sua
psiche, più si sentiva infuriata.
Sub City era una nuvola confusa di palazzi e
strade che sfrecciava sotto di lei. Un luogo pieno di insidie, marcio,
corrotto, reso tale dalle bande di degenerati che lo popolavano. Un
luogo che
in molto meno tempo di quanto si sarebbe immaginata, l’aveva
fatta soffrire
quasi come aveva fatto Empire City.
Ma ora era tempo di finirla, e questa volta per
davvero.
Era stanca di farsi mettere i piedi in testa
dagli altri. Per tutto il tempo la sua vita era stata gestita dagli
altri come
se lei stessa non avesse nemmeno voce in capitolo. Era sempre stata
condizionata da qualcuno o qualcosa, non era mai stata davvero libera.
Il suo pensiero non aveva quasi mai contato un cazzo, per gli altri. Aveva
fatto
buon viso a cattivo gioco per troppo tempo. Ora era giunto il momento
di darci
un taglio. Basta gentilezze, basta subire, basta essere buoni.
Un’incredibile quantità di energia la animò tutto ad un tratto, permettendole di volare a velocità ben superiore di quella a cui di solito viaggiava. Voleva arrivare più in fretta possibile a destinazione. Voleva farla finita, una volta per tutte.
Ma soprattutto, doveva arrivare prima di Amalia. Prima che anche lei si facesse ammazzare inutilmente. Era l’ultima possibilità che aveva per impedire che tutto quanto precipitasse del tutto.
La cattedrale apparve di fronte a lei. Vide un’enorme bandiera issata su un’asta attaccata al campanile, la quale raffigurava il simbolo degli UDG su uno sfondo nero, ma contrassegnato con una gigantesca X bianca: un messaggio fin troppo chiaro quello che i Visionari stavano cercando di mandare, mentre lasciavano svolazzare quel grosso tessuto nero sotto la luce del sole mattutino.
Rachel fece una smorfia quasi disgustata, poi scese in picchiata. La strada si avvicinò a lei di dieci metri, poi trenta, poi cinquanta, infine la corvina si raddrizzò e puntò al portone laterale che conduceva ai sotterranei dell’antico edificio.
Distrusse completamente la struttura di legno e piombò nei corridoi di mattoni, percorrendoli con precisione millimetrica, senza nemmeno sfiorare le pareti con le ali, svoltando ad ogni angolo seguendo uno schema ben preciso. Incontrò diversi Visionari al suo passaggio, ognuno dei quali, non appena la notava, gridava per la sorpresa e si gettava a terra per non farsi colpire. Andò avanti in quel modo, fino a quando, alla fine, non arrivò ad una porta tagliafuoco.
La sfondò, esattamente come aveva fatto con il portone di legno, ed entrò nell’enorme salone causando uno spostamento d’aria simile a quello di un elicottero. Atterrò in picchiata, causando un’esplosione di energia nera che si propagò tutto attorno a lei, per poi svanire insieme alla sua forma da rapace.
Si drizzò sulle gambe, stirando gli arti, per poi posare lo sguardo esattamente di fronte a sé. Le venne quasi da sorridere sadicamente, quando vide Dreamer seduto sul suo trono osservarla sbalordito. Rachel era sicura al cento percento che lo avrebbe trovato lì, a gongolare, ma comunque scoprire quanto il suo egocentrismo superasse tutti i limiti umani conosciuti, le fece venire il voltastomaco.
Accanto al leader dei Visionari si trovava una donna bionda, intenta a ritoccare con alcuni tamponi le zone del volto di Dreamer ancora martoriate dalle ferite inflittogli dal padre, come il suo occhio nero, o le croste sulle labbra e sotto al naso. Pure questa era rimasta atterrita, quando la corvina era piombata nella stanza.
«Va’ pure» borbottò Jeff
alla donna,
invitandola ad allontanarsi con un cenno della mano. «Me
ne occupo io.»
La Visionaria non se lo fece ripetere due volte.
Si voltò, bracciando la propria roba, e quasi corse via.
Dopodiché, Joseph si
alzò dal trono, allargando le braccia e sorridendo
cordialmente. «Rachel! Ma
che piacevole sorpresa! Qual buon vento ti porta...»
«Rose è morta» lo
interruppe lei di colpo, con
tono severo, cominciando ad avvicinarsi a lui. «E visto che
tu avevi intenzione
di venire a riprendertela, prima o poi, era giusto che lo sapessi.
Sarebbe
stato un peccato fare un viaggio a vuoto, no?»
Dreamer assunse un’espressione sconvolta.
«Co...
cosa? Come... com’è possibile?! Che è
successo?!»
Rachel incrociò le braccia, senza mutare
per
nulla il suo sguardo. Ripugnante, ecco come le sembrò il
Visionario. Quel
tentativo di apparire sorpreso fu la cosa più viscida e
schifosa che ebbe mai
avuto modo di vedere in quella sua triste e buia vita.
«Perché non me lo
racconti tu cos’è successo, Joseph?»
Questa volta, Jeff parve realmente sbigottito.
Sgranò gli occhi e serrò le labbra, squadrandola
come se lo avesse appena punto
con un ago incandescente. Poi, il suo sguardo mutò
all’improvviso e stirò le
labbra in un sorrisetto. Chinò il capo, ridacchiando
sommessamente, poi scosse
lentamente la testa. «Rachel, Rachel... sei sempre
più sorprendente. Fammi
indovinare, hai imparato a leggere nel pensiero?»
«No. Ho i miei metodi per scoprire le
cose, e tu
non sei tenuto a conoscerli.»
Il Visionario ridacchiò nuovamente.
«Touché.
Beh...» Sollevò le spalle, chiudendo le palpebre
con una falsa aria di
innocenza. «... cosa posso dirti, Demone, è
successo semplicemente quello che
doveva succedere. Rose era una ragazza stupenda, la sorella migliore
che
potessi desiderare, ma alla fine anche lei si è rivelata per
quello che era,
ossia una persona debole e dalla volontà più
fragile di un cristallo. Ho dovuto
eliminarla, affinché anche lei espiasse alle sue
colpe.»
«Sperare che un padre ricambi
l’affetto di una
figlia è una colpa?!» quasi urlò
Rachel, stringendo i pugni.
«Non è solo questo il
problema, Rachel. Comportandosi
in quel modo Rose ha fatto cose che mai avrebbe dovuto fare,
infrangendo
promesse che aveva fatto a me, a nostra madre, al nostro altro
fratello. Mi ha
deluso, mi ha abbandonato, è stata causa di sofferenza, per
me. Anche lei
doveva pagare, come Wilson.»
«E Ryan, invece?! Lui che cosa
c’entrava in
tutto questo?!»
Jeff scrollò le spalle, con una
noncuranza che
fece ribollire il sangue nelle vene a Rachel. «Si
è intromesso in una faccenda
che non lo riguardava. Ho semplicemente agito d’istinto. Non
avevo intenzione
di ucciderlo, ma lo ha voluto lui.»
«Quindi...» Rachel strinse i
pugni per la
rabbia. «Non c’era nemmeno un motivo?!
L’hai ucciso, semplicemente perché ti
sembrava il caso di farlo?! Hai spento una vita come se non fosse altro
che una
candela?!»
«Immagino che delle scuse non
servirebbero a
nulla.»
«No che non servirebbero!»
gridò Corvina,
pestando con forza il piede sul pavimento. «Ti sei preso
gioco di noi! Hai
ucciso il nostro amico! Come puoi anche solo pensare che delle semplici
scuse
possano...»
«Lascia che sia io a porti una domanda,
prima
che tu finisca di parlare» fece Dreamer, sollevando un indice
e puntandolo in
sua direzione, zittendola con quel gesto.
«Permetti?»
Joseph scese dal palco, per poi avvicinarsi a
lei con calma. Si ritrovarono poco dopo faccia a faccia, un solo metro
li
separava. Rachel notò che il suo trucco da teschio si era
quasi prosciugato del
tutto, il Visionario le stava parlando quasi al naturale, privo della
sua
maschera. Era molto più abbronzato di quanto avrebbe mai
potuto immaginare,
sotto il bianco della pittura. La sua pelle aveva la
tonalità del caffèlatte,
gli occhi verdi erano molto più grandi e penetranti di
quanto ricordasse e i
lineamenti del suo viso erano molto meno spigolosi rispetto a quelli di
Lucas,
o altri ragazzi.
Era bello. Rachel avvertì un nodo allo
stomaco
quando se ne rese conto. Per qualche strano motivo, quella cosa le
diede
parecchio fastidio.
«Dunque, Rachel»
cominciò lui, mentre iniziava a
camminarle lentamente intorno, aggirandola, senza staccarle gli occhi
di dosso.
«Non so come tu ci sia riuscita, ma hai scoperto il mio vero
nome. Hai scoperto
che Rose era mia sorella, che Wilson era mio padre e che Ryan
è morto per mano
mia. Immagino, a questo punto, che tu sappia anche che lo stesso
Deathstroke
non è più tra noi. Ho ragione?»
Corvina annuì lentamente, senza
abbassare la
guardia nemmeno per un istante.
Dreamer continuò a camminarle attorno,
fino a
quando non si fermò nuovamente di fronte a lei. A quel
punto, si sporse in
avanti, per permetterle di udire meglio ciò che
sussurrò: «Allora, dimmi. Se
Ryan non fosse morto... saresti comunque venuta qui da me?»
Rachel ammutolì. Quella domanda la
spiazzò
completamente.
«Dimmi» ripeté il
Visionario. «Se non avessi
fatto del male al tuo gruppo di amici, ma avessi ugualmente proseguito
per la
mia strada, uccidendo solamente Rose e Slade, saresti tornata qui da me
in
cerca di vendetta?»
«Non sono qui in cerca di
vendetta» rispose all’improvviso
lei.
«Rispondi alla mia domanda»
parve quasi un
ordine, quello di Dreamer.
Di nuovo, la corvina non seppe cosa rispondere.
Distolse lo sguardo da lui per la prima volta, sentendosi quasi una
stupida per
quella sua inadeguatezza. Se Ryan non fosse morto... si sarebbe trovata
lì
comunque?
«Magari, quello di farti venire qui era
proprio
il mio intento» suggerì Dreamer, osservandola.
«Magari, volevo solamente farti
capire che, per quanto impossibile ti possa sembrare, io e te siamo
molto più
simili di quanto tu creda.»
La conduit sgranò gli occhi.
«Ma che stai
dicendo? Io e te non siamo affatto simili! Tu sei un pazzo, un
sociopatico, un
egocentrico, un...»
«Ipocrita» suggerì
lui, annuendo lentamente, per
poi sorridere in segno di trionfo. «Proprio come
te.»
«Non... non ti seguo...»
«Tu non saresti mai venuta qui se il tuo
amico
non fosse morto» rispose il Visionario, puntandole addosso
l’indice. «Per tutto
questo tempo, tu hai agito con il solo e unico scopo di proteggere te
stessa e
i tuoi amici. A te non è mai importato di me, di Wilson o
della città. Volevi
solo essere tranquilla. E se Ryan non fosse morto, tu lo saresti stata.
Saresti
stata libera di andartene, sana e salva, infischiandotene di Sub City e
dei
suoi abitanti. Ho ragione?
«Noi siamo simili, perché
entrambi per tutto
questo tempo abbiamo agito per noi stessi. Per poter ottenere quel
misero
sprazzo di felicità in una vita piena di dolore e angosce. I
nostri mondi sono
crollati di fronte ai nostri occhi, tu ti sei trasformata in un mostro,
e anche
io, in un certo senso.
«Per te la felicità
è vivere insieme ai tuoi
amici, per me la felicità era farla pagare a mio padre per
come si è sempre
comportato con me e i miei fratelli, ed entrambi abbiamo usato ogni
mezzo a
nostra disposizione per poterla ottenere. Io ho usato te, ma anche tu
hai usato
me, quando hai chiesto il mio aiuto per salvare Tara.
Perciò, dimmi, saresti davvero venuta
fino a qui, se tu avessi
ottenuto solamente ciò che volevi?»
Improvvisamente, le convinzione di Rachel
crollarono come un castello di carte. Con gli Underdog fuori gioco,
Tara salva,
i suoi amici tutti vivi, i confini della città nuovamente
liberi... sarebbe
comunque tornata da Dreamer? Lui aveva avuto un secondo fine per tutto
il
tempo, li aveva usati come delle pedine, per colpa sua un sacco di
persone
erano morte... però lei e i suoi amici sarebbero stati
comunque liberi di
andarsene, voltare pagina, dimenticarsi di lui e della
città. Ma lei lo avrebbe
fatto? Avrebbe permesso che un essere disgustoso come Dreamer restasse
impunito?
Lei non era un’eroina o altro, che motivo
avrebbe avuto di impicciarsi in quegli affari? Per tutto quel tempo lei
non
aveva fatto altro che agire per proteggere sé stessa e i
suoi amici, cosa che aveva
ancora intenzione di fare. Di Rose, di Sub City, degli Underdog, non le
importava, non le era mai importato assolutamente nulla. Voleva solo
essere
libera. Lei agiva per il suo scopo, il Visionario per il suo. In un
certo
senso, pure lei aveva usato Joseph per perseguire il suo obiettivo di
salvare
Tara. Perciò... chi era davvero lei, per poter giudicare
Dreamer?
Una persona
onesta, suggerì
all’improvviso una voce nella sua testa. Ma non era la sua.
Era la voce di una donna.
Una persona
intelligente, forte e di buon cuore. Una persona che saprà
sempre quando sarà
il momento di fare la cosa giusta, una persona che gli altri
ammireranno.
Questo, sarai, figlia mia. Ne sono sicura.
Rachel dischiuse le labbra. Ebbe un flashback,
di lei da bambina, sotto le coperte, con sua madre seduta sul bordo del
letto. Quella
sera, dopo aver ascoltato la favola della buona notte, lei le aveva
domandato
come sarebbe stata da grande. E Arella le aveva detto quelle parole,
con un
sorriso in grado di rischiarare le notti più buie e
tempestose.
So che un
giorno mi renderai orgogliosa di te.
La vista di Corvina si appannò,
sentì le labbra
tremolare. Quando il ricordo svanì, si ritrovò di
nuovo catapultata in quella
sala, con di fronte il sorriso beffardo di Dreamer. Fu costretta a
ricacciare
indietro la nostalgia, insieme alle lacrime, e strinse i pugni.
«Tu... ci hai mentito»
sussurrò, a denti
stretti, mentre la rabbia cresceva dentro di lei inesorabile.
«Non mi risulta» rispose lui,
serio in volto. «Ho
semplicemente onorato il nostro accordo. Tu mi aiutavi ad eliminare
Wilson, io
ti aiutavo a salvare la tua amica. Non vedo menzogne in tutto
ciò.»
«Tu non volevi solo eliminare
Wilson!» esclamò
la conduit, quasi gridando. «Tu volevi prendere il suo posto!
Volevi Sub City!
Tu non agognavi la libertà come hai sempre fatto credere,
volevi solamente
vendetta! Per tutto questo tempo, tu hai mentito non solo a me e ai
miei amici,
ma a tutti quanti, perfino ai tuoi Visionari! Li hai convinti con
l’inganno ad
allearsi a te, con questa scusa della Guerra dei Cambiamenti, solamente
per
poter creare il tuo esercito personale per poter farla pagare a tuo
padre! Non
c’era assolutamente niente di nobile nelle tue azioni,
NIENTE!
«Uomini e donne che si fidavano di te,
che
credevano che tu li avresti condotti verso la libertà, sono
morti! Hai perfino
osservato la tua stessa luogotenente mentre veniva uccisa da
quell’uomo che
tanto odiavi! Ma hai
la più pallida idea
di cosa tu significavi per Jade?! Lei ti vedeva come un salvatore! Si
sarebbe
gettata nel fuoco, per te! E tu l’hai lasciata morire,
solamente perché non
volevi rischiare che la tua stupida vendetta potesse risentirne! Come
credi che
reagirebbe lei vedendoti così, mentre infrangi tutte le tue
promesse?! Credi che
lei sarebbe rimasta in silenzio? Credi che avrebbe accettato la cosa?!
No, non
lo avrebbe fatto. Si sarebbe sicuramente schierata dalla mia parte!
«Il tuo comportamento è uno
schiaffo nei
confronti di tutte quelle persone che, come Jade, hanno combattuto al
tuo
fianco perché credevano in te! Io stessa ho creduto in te,
per un momento! Sei
solo un verme, un doppiogiochista che crede che la vita delle altre
persone non
abbia alcun valore! Per te uccidere una persona equivale a buttare via
un paio
di scarpe, l’unica persona importante per te sei tu, neppure
la tua stessa
sorella, sangue del tuo sangue, meritava di vivere! Neppure le hai
permesso di
difendersi, l’hai assassinata
a sangue
freddo, mentre era legata ad una sedia! Come puoi vivere in pace con te
stesso
dopo aver fatto una cosa del genere?!
«E per finire, hai ucciso
l’unico uomo in grado
di poter davvero svelare la verità dietro alle esplosioni!
Tuo padre sapeva
cose che noi non possiamo neanche immaginare, e che la cosa ti piaccia
o no,
lui ci serviva vivo! Uccidendo lui e distruggendo il suo laboratorio
hai
cancellato qualsiasi vana speranza di scoprire davvero cosa sia
successo al
mondo intero e quali siano state le cause delle esplosioni!»
Fu il turno di Rachel quello di puntare il dito
al petto dell’interlocutore. «Potremmo anche essere
simili come tu dici, ma c’è
sicuramente una cosa che ci distinguerà sempre: io non sono
una bugiarda. Per
quanto tempo continuerai a tenere in piedi questa ridicola farsa?
Scommetto che
non hai nemmeno detto ai tuoi uomini che Wilson è morto. Ho
ragione?»
Dreamer non rispose. Rimase in silenzio,
impassibile, quasi come se tutte le parole dette da Rachel non lo
avessero
minimamente scalfito.
Corvina continuò a scrutare con odio il
Visionario, mentre lui chiuse le palpebre, sospirando rumorosamente.
«Complimenti,
Rachel» disse, con voce piatta. «Hai colpito nel
segno.»
Un vociare sempre più intenso giunse
alle
orecchie di Rachel, mischiandosi ben presto al rumore di passi. Pochi
istanti
dopo, le porte laterali della stanza furono spalancate e decine di
Visionari si
riversarono fuor da esse, puntando i fucili contro la conduit. A
capitanare
tutti loro, c’era la donna di poco prima.
Rachel si accorse di tutti loro e storse il
naso. «Quando hai intenzione di dire loro tutta la
verità?»
«A suo tempo.»
Quella risposta non piacque molto alla corvina.
La ragazza digrignò i denti, mentre le labbra di Dreamer si
schiusero in un
altro sorriso. «Dunque che intenzioni hai, adesso? Vuoi
uccidermi?» Il
Visionario intimò ai propri uomini di mantenere la calma,
con un cenno della
mano. «Tu non ne hai il coraggio, Rachel.»
«Hai ragione, non ce
l’ho» rispose Rachel, per
poi serrare la mascella. «Ma i miei poteri
sì!»
Emise un urlo disumano ed allargò le
braccia. Il
suo intero corpo si illuminò di nero, mentre i suoi poteri
si manifestavano per
ciò che erano davvero, dopo mesi e mesi di reclusione
all’interno del suo
corpo. Dreamer indietreggiò di scatto, spalancando le
palpebre. Questa volta,
parve davvero intimorito.
«Uccidetela!» gridò,
mentre i suoi uomini si
affrettavano ad accerchiarlo e ad aprire il fuoco sulla conduit.
Pochi millesimi di secondi, e vi fu il caos
più
totale.
Centinaia e centinaia di proiettili si
abbatterono sul corpo di Rachel, tuttavia nessuno di essi le
arrecò il benché
minimo danno. L’energia oscura aveva cominciato a farsi
più forte e ad
avvolgersi attorno al suo corpo, proteggendola da ogni minaccia.
Lacci fatti di oscurità spuntarono da
ogni dove,
afferrando e mettendo fuori gioco gli uomini armati, fulmini esplosero
in
automatico fuori dal corpo della corvina come un temporale, colpendone
altri,
sfere nere si catapultarono in ogni antro della stanza, esplodendo come
granate.
E in mezzo a tutto questo sfacelo, Rachel
continuava ad essere immobile, con il capo gettato
all’indietro, la bocca
spalancata in quell’urlo spaventoso e le braccia distese.
Era stanca, stanca morta, di giocare sempre secondo
le regole degli altri. Era stata usata, tradita, umiliata, ferita sia
nel corpo
che nella mente per mano di molti più individui di quanto
avrebbe mai creduto. Ma
ora era tempo di finirla. Ora, era il tempo di mostrare davvero a
Dreamer e al
mondo intero di che pasta era fatta.
Una quantità di energia mostruosa si
stava
liberando al di fuori di lei, un potere così grande che la
corvina non aveva
mai nemmeno lontanamente immaginato di possedere.
Nessun Visionario, nessuna arma, nessun
proiettile l’avrebbe mai potuta intimidire, in quel momento.
Nulla era in grado
di contrastarla. La cosa la fece sentire bene, tremendamente bene.
Sapeva che
tutto ciò era sbagliato, sapeva che fondere in quel modo i
suoi poteri con
tutta la sua collera repressa non avrebbe portato a nulla di buono, ma
non le
importava. Voleva cancellarsi per sempre il maledetto ghigno beffardo
di
Dreamer dalla testa, voleva rendere giustizia a tutte quelle persone
che erano
morte invano, e lo avrebbe fatto, a qualunque costo.
Lo avrebbe fatto per Jade, per Ryan e perfino
per Rose e Slade.
La resistenza dei Visionari fu ben presto
stroncata. Gli uomini e le donne in nero caddero impotenti sotto ai
duri colpi
della conduit. Non furono, tuttavia, colpiti a morte. Pure loro, alla
fine, non
erano altro che vittime del giogo di Dreamer.
Alla fine, ne restò solamente uno in
piedi:
Joseph.
Il leader dei Visionari indietreggiò,
osservandola sbalordito come probabilmente mai era stato in vita sua.
Corvina mosse un passo verso di lui,
costringendolo ad indietreggiare. In quei pochi istanti, Dreamer si
mostrò per
ciò che era realmente: un codardo che non esitava a
pugnalare i suoi avversari
alle spalle, ma che poi fuggiva di fronte ai nemici più
forti di lui.
Infine, Jeff si ritrovò con le spalle al
muro,
letteralmente. Erano al fondo della sala, accanto al palcoscenico.
Rachel
teneva sotto tiro il Visionario, ancora avvolta nella sua aura di
energia nera
e con la vista rossa, lui rimaneva fermo, immobile, limitandosi ad
osservarla a
bocca semiaperta.
«È finita, Joseph.»
«Non... non puoi uccidermi»
gracchiò Jeff, quasi
balbettando, sollevando le mani in segno di resa. «Non... non
sarai davvero
diversa da me, se ti trasformerai in un’assassina.»
Rachel esitò. Le ritornarono in mente le
parole
di sua madre. Tutto ciò che le aveva detto... avrebbe ancora
avuto un valore,
se lei avesse ucciso Joseph?
Corvina non aveva mai ucciso nessuno, mai. Non di
sua spontanea volontà.
Era capitato, a volte, che qualcuno non
sopravvivesse ai suoi attacchi. Primo tra tutti, quel Mietitore che
aveva
colpito ad Empire City, facendogli esplodere addosso la molotov che
teneva in
mano, ma non era certo stata sua intenzione far sì che
succedesse ciò. E poi,
quell’uomo era praticamente morto, ormai.
Quel pensiero era stata l’unica cosa in
grado di
tenerla ancorata alla sanità mentale.
Non aveva mai colpito con l’intenzione di
uccidere, e di certo non aveva mai ucciso una persona disarmata ed
indifesa
come lo era Dreamer in quel momento così, a sangue freddo.
Quella era un’altra profonda differenza
tra loro
due: Jeff era un assassino crudele, lei no. Lei aveva spento delle
vite, ma
erano sempre state quelle di uomini che avevano cercato di fare del
male a lei
e da cui si era semplicemente difesa.
Incrociò lo sguardo di Dreamer. Si
osservarono
per un breve momento, rimanendo in silenzio.
Infine, Rachel abbassò lentamente la
mano che
teneva puntata su di lui. L’energia oscura che la avvolgeva
cominciò a svanire,
stranamente obbediente. La ragazza smise di vedere rosso, poi
sospirò, chinando
il capo. «Sei un essere ripugnante, Joseph. Ma
l’ultima cosa che voglio sono
altri tormenti. Non ti ucciderò.» Detto quello,
gli diede le spalle. Si voltò
di scatto, scoccandogli un’occhiata truce con la coda
dell’occhio. «Ma sappi,
che farai meglio a raccontare la verità ai tuoi uomini.
Altrimenti sarò io a
farlo, a costo di dover rimanere qui a Sub City per altri sei
mesi.»
Dreamer, dopo un attimo di stupore iniziale,
annuì lentamente. «Va bene Rachel. Hai la mia
parola.»
«Mh. Per quello che vale»
borbottò Rachel, per
poi cominciare a camminare, allontanandosi da lui.
Ma non fece molti passi. Riuscì a
percepire un
movimento fulmineo, proveniente proprio da dietro le sue spalle. Si
voltò di
nuovo, sollevando le mani e puntandole verso il Visionario, ma non
riuscì a
fare nulla.
Un’esplosione rimbombò in
tutta la sala con la
potenza di una cannonata, Joseph gridò e cadde a terra. Il
coltello che fino ad
un attimo prima aveva stretto tra le dita per cercare di pugnalare la
conduit
alle spalle gli scivolò dalla mano e cadde a terra con un
tintinnio metallico.
Jeff gemette, premendosi una mano sul ginocchio sinistro insanguinato.
«Anf...
merda...»
Rachel abbassò di nuovo la guardia,
osservandolo
disgustata. Lo sapeva, sapeva che Dreamer avrebbe cercato di
attaccarla, per
questo si era comunque tenuta pronta. Ma non ce n’era stato
il bisogno.
Si voltò, verso la porta laterale a
destra della
stanza. Qui, in piedi sulla soglia, si trovava una persona che ancora
teneva
puntata la pistola verso il Visionario. Corvina non fu sorpresa di
vederla. Ciò
che, tuttavia, la lasciò comunque di sasso, era il suo
aspetto.
Non aveva il suo classico giaccone a coprirle il
busto. Vestiva solamente con i suoi classici pantaloni e una canottiera
nera
che lasciava in bella vista le braccia e le spalle abbronzate, sulle
quali
erano presenti molti più tatuaggi di quanti Rachel avrebbe
potuto contarne. Teschi,
serpenti, tribali, fiamme e un cuore rosso come il sangue, dipinto
sulla
clavicola.
La lunga chioma di capelli mori era stata
tranciata brutalmente a metà, in diagonale, donandole un taglio asimmetrico.
Komand’r sputò la sigaretta
che ancora stringeva
tra le labbra, poi abbassò la pistola. «Ti ho
beccato, figlio di puttana.»
Salve a tutti, volevo
solamente dire, brevemente, che siccome sono un tantinello impegnato
ultimamente, la pubblicazione della storia potrebbe risentire di
qualche ritardo. Pertanto, ho deciso di spostare di poco l'asticella e,
dal prossimo capitolo in poi, pubblicherò ogni dieci giorni
anziché ogni settimana. Mi dispiace per l'inconveniente, ma
questo è l'unico modo che ho per poter riuscire a fare tutto
quanto senza impazzire male come mi è già
successo. ^^"