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Autore: LanceTheWolf    13/06/2016    1 recensioni
Korra è tornata a combattere sul fronte del Regno della Terra, con lei alcuni dei compagni di sempre. Una figura sconosciuta è stata in grado di mettere sotto il suo controllo alcuni dei vecchi nemici del passato e questo comporta la necessità di schierare in battaglia vecchi e nuovi amici. A Città della Repubblica continuano le selezioni per i nuovi Furetti di Fuoco.
Genere: Azione, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Iroh, Korra, Lin Beifong, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar: Storia dell’erede perduto'
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Cap. III: Come era andata?
La Giornata di Hikari - Seconda Parte


“Com’era andata?” Pensava Asami mentre nell’antibagno del piano terra si sistemava il trucco finendo di prepararsi prima di andare al lavoro. Dal Bagno vero e proprio gli giungevano le chiacchiere di Kya e Hikari.
Sorrise.
“Di chi era stata l’idea di trasferirsi a casa dell’amico?” Tornava a pensare. “Ricordo solo che Mako aveva bofonchiato qualcosa su una chiacchierata con Tahno. Io non stavo ascoltando, non attentamente almeno, ero talmente persa a osservare il viso crucciato di Korra quella sera a tavola. Poi Bolin, come se fosse la cosa più normale del mondo, aveva esordito dicendo che Tahno aveva ragione: che se noi l’avessimo voluto la sua casa era a nostra disposizione. Anzi, ribadì più volte, la ‘nostra’ casa. Era nostra, diceva, da quando ci aveva consegnato le chiavi. Dovevamo solo dirglielo e lui avrebbe sistemato il piano superiore. A quel punto del discorso Korra si era animata dichiarando che per nessuna ragione al mondo avrebbe rinunciato alla sua bellissima camera, soprattutto adesso che aveva preso un letto degno di questo nome, acquistandolo, ovviamente, con un pagherò a nome del nostro comune amico e padrone di quella casa. Non dimenticherò mai la faccia di Bolin a quella notizia, eppure… eppure quegli occhi verdi… poteva obiettare e lamentarsi quando voleva, ma quello sguardo diceva chiaramente che era davvero felice di averci tutti lì.
Non ricordo esattamente come il discorso deviò su Opal, ma ricordo il viso di Mako. Si era crucciato mentre sentiva che la ragazza non aveva dissentito all’idea del fratello di rendere quella casa, la ‘loro’ casa, non apertamente almeno, ma… aveva poi messo dei paletti, come il fatto di aspettare almeno di avere il primo bambino e… mille altre cose futili a cui il ragazzo aveva acconsentito, convinto nel profondo che si potessero tutte attuare in tempi brevi. In tempi brevi… erano passati anni.”
Sospirò a quel pensiero, poi l’immagine del visetto improvvisamente saputo della sua Korra le fece tornare il sorriso. “Come accadeva spesso passavano da un discorso all’altro senza realmente finirne nessuno.
Hikari come suo solito ascoltava in silenzio.
Mako si era estraniato, ancora perso nei suoi pensieri alle parole del fratello.
Io osservavo quella biondina che sedeva accanto a Bolin: sorrideva, mentre il suo ragazzo si sbracciava nel bisticciare con Korra che riportava l’attenzione sulla sua ‘stupefacentÈ stanza. Mangiava lentamente e sorrideva. Guardava nel suo piatto e sorrideva. Sorrideva ancora, mentre allungava un po’ del suo pane a Pabu che lì accanto aspettava speranzoso. Chissà cosa la faceva sorridere così tranquillamente?
Avrei indagato, se la voce allegra di Korra non avesse dichiarato impunemente al moretto davanti a lei: -Certo che c’è un modo per convincermi a mollare la mia azzurrissima cameretta! -
Per ammantare d’enfasi le sue parole si era alzata e inveiva scherzosamente verso Bolin con le mani puntate sui fianchi.
Dall’altro capo del tavolo il suo interlocutore faceva lo stesso.
–Spiriti, magari fosse, sentiamo! - Disse questo alzando lo sguardo al cielo.
–La mollerei solo nel caso fosse in arrivo un bebè! - Rispose Korra convinta.
Quell’affermazione fece alzare a tutti lo sguardo sulla mia compagna, me compresa chiaramente.
Chi più, chi meno si ammutolì, assumendo un’espressione interrogativa.
A cosa si riferiva la mia Avatar? Parlava di un bimbo di Bolin? Certo non poteva riferirsi a Lune: uno, non era un Bebè, e due, aveva già la sua stanza nella casa accanto. Quindi?
Non feci in tempo a domandarlo che…
-Che bebè, scusa? -  La voce di Bolin, sempre il più rapido nel dar alito ai suoi pensieri.
–Io. - Rispose la mia Lei. –Io voglio un bebè! -
Che dire?
Chi più, chi meno, rimanemmo senza parole, tranne… quel… solito… Bolin, dallo sguardo improvvisamente tanto sottile quando indagatore: -Tu? -
-Si. - Rispose il mio amore.
-Ma lo sai come si accudisce un bebè? -
Korra annuì.
-Lo sai che mangia, che ha le sue necessità e che se non ne tieni conto si ammala e muore? -
Anche lo sguardo di Korra si strinse malevolo verso l’amico. –Per chi mi hai preso Bo! -
-È che ti conosco. -
Un secondo, entrambi in silenzio, si fissarono intensamente, poi Bolin ancora: -Ok, forse ho capito l’arcano. Korra, lo sai che cos’è un bebè? -
-Ovvio. -
-Non ne sono così sicuro. -
-È un bimbo. Un bimbo piccolo. Mooolto piccolo. - Dichiarava la mia brunetta arricchendo quella spiegazione facendo il gesto di ‘piccolo’ con le mani.
-Ok, lo sai! - costatò, portandosi una mano al mento e massaggiandoselo dubbioso. –Cos’è allora che mi sfugge?!-
-Che è l’Avatar. - La voce di Mako. Il suo tono non era duro, ma non era neanche felice.
-Giusto! - Esordì il fratello voltandosi e indicandolo quasi avesse avuto l’illuminazione del secolo.
E già, mi trovai a pensare, lei è l’Avatar. Solo il pensiero di avere un bimbo era una pazzia, bastava pensare a quando il Loto Rosso l’aveva rapita o a quanti avrebbero usato ogni mezzo a loro disposizione per poterla avere nelle loro mani. Dolce, adorabile, assurda Korra. Avevo sorriso a quel pensiero, a quanto era naturale e dolce che avesse avuto quell’idea, ma era inattuabile.
-Ma mica lo faccio io il bebè. - Obbiettò ancora lei.
Ancora con aria più saputa… ancora puntando quei pugni sui suoi fianchi, chiudendo gli occhi quasi a gustarsi quel momento di profonda verità. –Io sto sempre in giro, accidenti! Che me li sono presi a fare sti due? - Sempre rivolta a Bolin, mentre puntava una mano vero lei e Mako lì al suo fianco. –Sarà pure ora che si rendano utili! Mica posso fare tutto io! -”
Bloccò la mano mentre colorava le sue lunghe ciglia. Un sospiro, poi la mano riprese il suo da fare e così la sua mente: “Rimasi senza parole, priva di un pensiero coerente.
Mako si intimidì terribilmente.
Hikari sgranò quei due occhi azzurri, mentre Bolin… ohhhh! Non dimenticherò mai la sua espressione. Era talmente assurda! Non credo sia descrivibile…”
Ridacchiò al pensiero di quella mascella troppo bassa per essere ancora attaccata al resto della faccia.
Si diede uno sguardo nello specchio. Si sistemò una ciocca di capelli troppo indisciplinata e ritrovò la sua solita compostezza.
Dal Bagno vero e proprio una risata di Kya le giunse troppo allegra e troppo coinvolgente per non sorridere a sua volta.
Ancora uno sguardo in quello specchio.
Era pronta.
Aveva terminato, non rimaneva che salutare.
Si accostò alla porta: -Ragazze! Sto per andare…-
Non finì la frase che Hikari si era già affacciata alla porta sorridente. –Buon lavoro Asami e… non dimenticarti della partita dei marmocchietti. Sai quanto ci tengono. -
-Non me ne dimenticherò, puoi stare tranquilla! - Le rispose, mentre una Kya poco distante le sorrideva gentile in segno di saluto.
Era già sul vialetto di casa, per andare alla sua auto, quando… quella moto abbandonata poco distante: il casco sul sellino, le chiavi pronte per l’avviamento.
Chissà se fosse un caso che quella mattina, complice l’aria sempre più gelida, avesse deciso di mettere quel tailleur pantalone?
Sorrise. Ovvio, fosse un caso, ma… la tentazione era troppa e... anche il soprabito di pelle del compagno era lì a chiamarla.
Era enorme per lei, e non credeva le sarebbe caduto bene, ma… per quel che riguardava l’ampiezza delle spalle, ovviava riempiendolo quanto possibile con il seno, tirandolo più in avanti che poteva e sblusando in vita con la sua stessa cintura.
Ahhh! Mako l’avrebbe detestata, ma solo per un secondo, il tempo di ricordare quanto l’amasse!
E poi… poi sarebbe tornata prima della partita dei ragazzi.
“Gli spiriti, non fanno nulla per puro caso. Se non avessero voluto che prendessi questo splendore fiammante, non me lo avrebbero lasciato qui in bella vista!” Pensò divertita.
Infilò quello spolverino: enorme proprio come pensava, ma… per una volta proprio non le importava che qualcuno potesse trovarla meno attraente del solito… “Per una volta.” Pensò, respirando a pieni polmoni da quel bavero che si stringeva intorno al viso. “Voglio sentirmi addosso il suo profumo.”
Si intenerì, mentre le note calde di quel dopobarba le inebriavano i sensi, facendola sentire un po’ più sciocca, un po’ più giovane… riportandola con la mente a qualche anno prima… quando ancora pensava che non potesse esserci nessun altro oltre quel dominatore del fuoco nel suo cuore.
Allora era felice, ma... qualcosa mancava. Non si sentiva completa, ora invece… “Se solo Korra potesse stare di più a casa. Se solo noi potessimo starle affianco.”
Non le importava quale delle due opzioni. Sapeva solo di volerla vicino.
Ancora sorrise, avvolta nell’odore del compagno, scacciando quei pensieri che le incupivano troppo il cuore.
Strinse quella cintura, sentendo d’essersi infilata nella giacca di un gigante.
Non trattenne un risolino, pensando alla faccia della sua segretaria nel vederla così infagottata.
Solo qualche ora e poi sarebbe tornata a casa.
“Casa.” Ripeté nella sua mente, ricordando la vecchia e grande magione della sua famiglia. “Tutta colpa di Bolin.” Protesto mentalmente, ma senza cattiveria alcuna verso l’amico.
Com’era andata?
Era stato per la storia di trasferirsi in quella villetta sul mare.
Era stato a causa dei nuovi Furetti di Fuoco, dell’essere l’unica finanziatrice della squadra.
Era stato a causa dell’idea di Korra di avere un bambino.
Era stato per l’ospitare in quella grande casa la famiglia di Mako e Bolin quando era stata costretta a fuggire dalla capitale del regno della terra.
Era stato proprio per quei due fratelli rimasti soli troppo presto e troppo crudelmente.
Era stato per quel dominatore dagli occhi azzurri che si incaponiva sul come portare aiuto a quel medesimo regno, come da contratto… come stabilito negli accordi per tornare a giocare alla grande.
Così lo aveva fatto.
Aveva dichiarato di voler far diventare la sua enorme dimora di famiglia un istituto d’accoglienza per i bambini rimasti soli dopo i disastri che, uno dopo l’altro, avevano colpito quella terra un tempo tanto orgogliosa e forte da non temere neanche le truppe della Nazione del fuoco. Quella terra messa in ginocchio dalle mire del Loto Rosso prima e successivamente dalla follia di Kuvira… e tutt’ora ancora a cercar d’alzarsi, preda di un avvoltoio invisibile che banchettava sui suoi resti più deboli, rendendola ancora un campo di battaglia.
Talmente complicato nel ripensarlo adesso, ma così naturale quando le era balenato alla mente.
Nonna Yin e il resto della famiglia dei ragazzi fu entusiasta della sua decisione, volendosi far partecipe di quell’iniziativa per sentirsi di nuovo legati alla loro terra, potendo fare qualcosa attivamente per cambiare le sorti di altri che come loro erano state vittime del caos che aveva inghiottito tutto il loro popolo.
Mako… lo aveva visto commuoversi, ovviamente senza lacrime, ma senza nascondere quel calore che provava dentro, soprattutto mentre lei gli dichiarava che quelle porte sarebbero state aperte a tutti i bambini. A tutti quei bambini vittime della guerra, dei soprusi delle Triadi e della vita spesso troppo matrigna e poco signora.
Quella casa così grande si era così trasformata da il triste monito di quello che era stata per lei, dalla perdita di sua madre all’odio assurdo per il padre verso un’umanità che solo in superficie poteva sembrare dissimile dalla sua, in una casa di speranza per il futuro di tante giovani vite che non avevano fatto nulla di male se non nascere nel momento sbagliato, nel luogo sbagliato.
La ‘Casa di Yasuko’ aveva così aperto ormai da un paio di mesi le sue porte ai giovani del regno della terra e i giovani in difficolta. La casa che suo padre aveva fatto costruire proprio per la donna che amava ed era giusto portasse il suo nome.
Erano state tante le migliorie da fare e altrettante le spese, ma ne era valsa la pena e… al solo pensare ai primi piccoli volti intimoriti entrati in quella casa si sentiva di aver fatto la cosa giusta, la migliore che potesse pensare, per dare di nuovo credito e memoria alle persone che amava e alle persone che avevano permesso che quel progetto si realizzasse.
Mise in moto quella tigre di metallo e fusa.
La mente d’Asami scivolò sodisfatta su quelle due foto di famiglia incorniciate nell’androne di quella maestosa dimora. Alle targhe a loro dedicate.
“In memoria di Hiroshi e Yasuko Sato che con il loro amore hanno reso possibile che la fondazione Casa di Yasuko avesse le sue fondamenta. Alla dolcezza di una madre portata via troppo presto alla sua famiglia per le assurde mire delle Triadi. All’amore di un padre che è stato in grado di sconfiggere il suo odio tanto da votarsi a salvare il mondo intero dalla furia espansionistica dell’Unificatrice.” Non riuscì a trattenere una lacrima, mentre infilandosi il casco continuava a rileggere mentalmente quelle dichiarazioni d’amore ai suoi cari. “In memoria di San e Naoki, persi dai loro cari nella guerra senza nome che le Triadi muovono nella città nascosta sotto gli occhi di chi non vuole vedere. A due genitori amorevoli senza dei quali, io, Asami Sato, non avrei mai trovato l’ispirazione per dare vita al Progetto Casa di Yasuko. Senza i quali non avrei mai incrociato la strada della giustizia e dell’equilibrio.”
Una sgassata a folle per sentire quel motore ruggire tutta la sua potenza, prima di partire con quel pensiero dolce e sicuro nella sua mente: -Ne era davvero valsa la pena! –


 

 
   
 
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