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Autore: Walpurgisnacht    13/06/2016    1 recensioni
Allora ragazzi, vi capita mai di avere idee folli su cui vi sale un hype incontrollabile e che DOVETE mettere per iscritto? Ecco, se vi è successo sapete cosa è passato per la testa mia e della mia socia. Spiegazioni sul crossover e altri tecnicismi nel primo capitolo.
Aggiornamenti settimanali, due a botta. Numero finale di capitoli: ventuno.
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Un aereo cade. Nove ragazzi ammaccati si leccano le (piccole) ferite e cercano di capire come andarsene da quel posto dimenticato da chiunque.
Sul serio, non c'è nessun tizio psicopatico che vuole farli giocare alla sua personalissima versione de La Ruota della Fortuna.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella, si disse, era la situazione più assurda in cui si fosse mai trovata.

Se non fossero stati rinchiusi in un edificio strano con qualcuno che diceva di volerli morti, Sakura non avrebbe trovato nulla di strano in quella stanza: era un ambiente piuttosto elegante, con una grande scrivania in legno e diverse librerie piene di tomi sugli argomenti più disparati. Avevano provato a forzare la porta della stanza adiacente, ma sembrava non volesse saperne di aprirsi. Tuttavia questa stanza si era rivelata a suo modo peculiare, non solo per il suo contenuto, ma anche per l’altra porta: al momento era sbarrata ma aveva a fianco un tastierino numerico dove presumibilmente inserire una password.

Password che ovviamente non abbiamo pensò mestamente Sakura.

Si voltò a guardare i suoi compagni, chi più chi meno intento a cercare indizi: Oowada e Asahina erano impegnati a rovistare nei cassetti, mentre Ishimaru urlava loro di smetterla di mettere a soqquadro la stanza, che non era educato e bisognava lasciare tutto in ordine per come l’avevano trovato. Solo Fukawa sembrava più attirata dai libri che da tutto il resto.

Le si avvicinò con cautela e chiese: “Trovato qualcosa d’interessante?”
Touko trasalì vistosamente e si voltò di scatto verso Sakura: “N-No, cioè… s-sono libri affascinanti, p-per me…”

“Fukawa-san, non c’è bisogno di stare sulla difensiva” la tranquillizzò Sakura, “non ti sto accusando di nulla.”

Touko la guardò di sottecchi, quasi non fosse sicura delle sue parole, poi tornò a studiare i libri. Sakura sospirò, chiedendosi quali problemi potessero affliggere quella povera ragazza, e fece per andarsene quando la sentì borbottare: “Oh, questo l’ho letto.”

Incuriosita, Sakura le si avvicinò di nuovo; si assicurò che gli altri del gruppo fossero (più o meno) impegnati nella ricerca di qualche indizio e provò di nuovo a fare conversazione: “Che libro è?”
“Uh, oh” trasalì di nuovo Fukawa, “L-L’Uomo che Fissa le Capre.”

Sakura inarcò un sopracciglio.

“L-Lo so, è un titolo strano!” balbettò l’altra, decisamente sulla difensiva, “ma è interessante… p-parla di un’unità m-militare che negli anni ‘80 d-decise di usare poteri psichici c-come la telepatia p-per leggere nella mente d-dei nemici e… uh, uccidere una c-capra con lo sguardo… da qui il t-titolo” aggiunse, imbarazzata senza apparente motivo.

“Non ho mai sentito parlare di questo libro” ammise Sakura, e Touko distolse lo sguardo: “L-L’ho letto in inglese tempo fa…” disse, “una copia o-omaggio ricevuta via Internet.”

“Tutto molto bello” proruppe Mondo, che sembrava aver ascoltato la loro conversazione, “ma mentre parlavate di libri noi abbiamo trovato questo” e porse loro un foglietto con disegnati due punti.

Sakura corrugò la fronte: “Non mi sembra particolarmente utile”, ma Mondo ne tirò fuori un altro con disegnati cinque punti: “Questo era nascosto dietro un quadro” disse. “Ishimaru ha il sospetto che se li troviamo tutti potremmo ottenere la combinazione per aprire la porta.”

“P-Però mancherebbe l’ordine in cui inserirli” puntualizzò Touko, ma Sakura sorrise: “Non importa, possiamo pensarci dopo. Intanto troviamo gli altri.”

 

*

 

Makoto pensò che la situazione non potesse essere più in stallo di così.

Si erano avventurati per la stanza, che si presentava come un comune salotto di una casa occidentale: un paio di divani; il tavolinetto dove si appoggiano i calici con lo champagne; qualche libreria dove ostentare i grandi classici come Dostoevskij, Kafka, Joyce e tutti quei nomi altisonanti.

Avrebbero dovuto cercare qualcosa, visto che la porta opposta a quella da cui erano entrati era chiusa a chiave. Giustamente Kyouko aveva fatto presente che forse era necessario qualcosa di particolare per sbloccarla.

E l’intenzione di cercare c’era anche. In fondo tutti loro erano abbastanza scafati da cogliere la gravità della situazione in cui si trovavano.

Peccato che le tre persone il cui nome non fosse Kyouko Kirigiri non riuscivano a concentrarsi per più di otto secondi consecutivi sul compito. Venivano puntualmente distratti dalle mani di lei, che fungevano da luce per le falene.

“Naegi, ti vedo”.

“Ikusaba, per favore”.

“Togami, no”.

Queste e altre frasi simili si ripetevano a un ritmo martellante.

All’ennesima occhiata rubata lei parve scocciarsi. Gettò sul divano più vicino il libro che stava esaminando, richiamò l’attenzione degli altri e schiarendosi la voce disse: “Sentite, la potreste gentilmente smettere? Vi assicuro che le mie ustioni sono sempre uguali, non sono dei camaleonti”.

Maledizione, si è arrabbiata.

“Sul serio, avremmo degli impegni un po’ più pressanti. Non credete? O forse preferite rimanere chiusi qui dentro per il resto dei vostri giorni?”.

“Non essere sciocca, Kirigiri. Chi potrebbe mai volere…”.

“E allora non perdere tempo inutilmente, Togami. C’è una porta chiusa da aprire e dobbiamo capire in che modo. Ci dev’essere qualche indizio o qualcosa qui. Ma se volete che sia l’unica a darsi da fare… beh, almeno evitate la messinscena. Piuttosto sedetevi, indossate il monocolo per spiare meglio e la chiudiamo qui”.

Makoto si sentì parente stretto di un verme. D’accordo, sapeva di stare esagerando ma sapeva anche che Kirigiri-san aveva ragione non una e non due ma tre volte. Immaginava che una persona riservata come lei incontrasse non pochi problemi nell’essere il centro dell’attenzione in quella maniera invadente, perlomeno quando non era lei stessa a porsi in bella vista in mezzo al palcoscenico. E quello non era di certo il caso.

“Hai ragione. Da parte mia ti chiedo scusa per averti messa in imbarazzo, o qualunque sia la causa del tuo disagio. Non succederà più” disse, cercando di suonare il più pentito possibile.

Alla sua ammissione seguirono quelle un po’ meno sentite di Byakuya e Mukuro.

“No dai, non serve. L’importante è che l’abbiate capito. Anche perché, così facendo, oltre a non essere produttivi voi fate in modo che non lo sia neppure io. E se davvero nessuno si impegna per venire a capo di questo mistero…”. Lasciò cadere volutamente la frase, sottintendendo il destino che li avrebbe attesi in caso di fallimento.

Makoto deglutì.

Stavano per riprendere, animati da nuovo vigore, quando la porta si spalancò.

“Ehi ragazzi! Come procede? Noi abbiamo trovato…” iniziò Mondo, con la sua usuale voce che non si curava di dettagliucci insignificanti come l’integrità di finestre o vasi di cristallo.

Salvo interrompersi bruscamente.

Naegi tracciò la linea del suo sguardo.

Le aveva viste.

Dietro di lui Sakura, Touko, Kiyotaka e Aoi erano similmente ammutoliti.

A quelle mani erano per caso attaccati dei segnali al neon fluorescenti?

“Da quando abbiamo cinque statue di sale come compagni di classe?” scherzò Mukuro nel tentativo di allentare la tensione che si era creata tutto ad un tratto.

“K-K-Kirigiri…” riuscì a mugugnare Asahina mentre alzava un dito tremante verso di lei.

La nuova star della compagnia (chissà quanta gelosia avrebbe causato in quella primadonna di Celes, e forse un po’ anche in Maizono) alzò gli occhi al cielo. Il Super Fortunello si disse che una persona sveglia come Kirigiri-san non poteva non aspettarsi una reazione del genere nel momento topico; quindi dedusse che, nonostante tutta la preparazione, la cosa la infastidiva comunque non poco.

Comprensibile, ci mancherebbe. Lui avrebbe dato fuori di matto in maniera molto più plateale e in molto meno tempo.

Si stava sforzando con tutta la propria volontà per far sì che una cosa di tale importanza non le fosse d’intralcio. E che di riflesso non lo fosse per nessuno di loro, come lui aveva da poco dimostrato assieme agli altri due geni.

“Presumo vi sarete chiesti, almeno una volta ogni tanto, il perché del mio ostinarmi a indossare dei guanti anche a temperature tropicali. Ebbene, avete la vostra risposta. Quand’ero più giovane ho affrontato un caso particolarmente complicato e sono stata avventata. Come potete vedere ne pago le conseguenze ancora adesso. Ora che la formalità è stata sbrigata, ve lo chiedo come favore personale, passiamo oltre. Tanto, come ho già fatto presente agli altri tre, per quanto possiate fissarle non si trasformeranno nelle fauci di un drago. Stavi dicendo, Oowada?”.

Ouch. Non scherzava quando ha detto che non esiste per lei cosa più vergognosa al mondo.

“S-Sì, ecco… pensiamo di aver trovato dei possibili indizi su come aprire la porta chiusa…”.

Ma cavolo, allora ogni tanto anche tu sai parlare con un volume da non far invidia a Godzilla!

“Avete trovato una porta chiusa anche di là?”.

“Pure voi? Cazzo oh, non abbiamo di certo la vita facile qua dentro…”.

“Dato il tono dell’annuncio di Zero mi sarei stupita del contrario. Dunque, che novità portate?”.

“Un secondo” si inserì Mukuro “Prima di discutere di questo vorrei scambiare due parole a quattrocchi con Kirigiri. Naegi, vieni anche tu. Per favore non seguiteci”.

Eh?

I tre si scostarono dagli altri, che rimasero a fissarli chiedendosi cosa diavolo stesse succedendo.

Quando furono un po’ più in disparte…

“Kirigiri, fammi vedere il palmo della tua destra”.

Makoto non capiva dove il Super Soldato volesse andare a parare.

A meno che… a meno che…

Un pensiero terrificante sfrecciò nella sua testa.

E il timore venne confermato quando l’ordine fu eseguito: in mezzo a quel mare di pelle decomposta c’era una piccola zona arrossata. Sembrava quasi pulsare.

“Ecco, lo sapevo. Sei pazza come immaginavo” bisbigliò Mukuro.

“Prego?” chiese l’interpellata.

“Quando ti guadagni la pagnotta facendo il mercenario sei obbligata ad acquisire qualche nozione di pronto soccorso, e più in generale di trattamento delle ferite. Quindi sapevo che non sei priva di sensibilità come hai cercato di farci credere. Quelle che hai interpretato come occhiate da bambina attirata da un nuovo giocattolo erano in realtà i miei tentativi di studiare la tua situazione. Direi di averci azzeccato. Tu sai bene cosa significa quanto sto dicendo, vero?”.

Un secondo solo di silenzio.

“Nonostante il disgraziato stato delle mie mani non sono immune dall’afferrare un pomello incandescente. La nuova lesione rischia di andare in setticemia”.

“Cosa vuol dire, in parole comprensibili anche a noi non laureati in medicina?” fu tutto quello che riuscì a chiedere il ragazzo, il cui cuore era appena balzato su una monoposto di Formula Uno per salirgli il più velocemente possibile in gola.

“Vuol dire che la signorina Incoscienza potrebbe prendersi qualche brutto accidente”.

“Vedi Naegi-kun, le vittime dei grandi incendi generalmente muoiono per due motivi: asfissia dovuta al fumo o infezioni provocate dalle ustioni. La pelle funge da armatura contro gli agenti patogeni, è il primo strato di difesa del nostro corpo. Una compromissione del genere apre uno squarcio nella tua bella cotta di maglia, facendo sì che batteri e virus di ogni forma possano entrare con tanto di tappeto steso ai loro piedi”.

Il sarcasmo e l’apparente noncuranza con cui Kirigiri stava parlando di tutto quello fecero per un attimo perdere l’equilibrio al poveretto.

“Tu hai immediato bisogno di farti curare. Non commenterò neanche sul fatto che, fosse stato per te, non ci avresti detto niente di niente”.

“Ho solo fatto quel che andava fatto, Ikusaba. Zero ha espressamente richiesto che fossi io a farmi avanti e non voglio neanche provare a immaginarmi cosa sarebbe successo se mi fossi rifiutata. Avevo forse alternative migliori? Lamentarmene di fronte a tutti sarebbe servito a qualcosa?”.

Nessuno trovò da ridire sulla disamina, crudele come un boia sadico ma tutto sommato ineccepibile.

“Per quanto riguarda la mia mano… non posso darti torto neanche volendo, ma a quanto ho visto di armadietti delle medicine qui non ce ne sono. Quindi, finché non avremo a disposizione qualcosa che possa aiutarmi, me la dovrò tenere così”.

“Kirigiri-san… rischi di…”.

“Morire? È possibile Naegi-kun, non te lo nascondo. In casi come questo la velocità dell’intervento è ciò che può fare la differenza. Ma appunto mancano i mezzi. E comunque, anche fosse, sarà una cosa lunga. Non ho intenzione di fermarmi a frignare perché l’uomo nero mi ha fatto la bua, non finché avrò la forza di reggermi in piedi e dare il mio apporto alla causa comune”.

Da vomitare, a Naegi stava venendo da vomitare. Era sempre stato piuttosto impressionabile e il sentire una sua cara amica parlare di se stessa in quei termini lo fece sentire davvero male.

“Il tuo spirito di sacrificio è encomiabile, Kirigiri. Se fossi capace di reggere una pistola avresti la disposizione giusta per far parte di Fenrir. Suggerisco di nascondere il tuo caso almeno per un po’, siamo già abbastanza provati da tutto questo casino senza star qui a sbandierare ai quattro venti che sei potenzialmente in pericolo di vita. E ti prego, fai la brava scolaretta: rimettiti i guanti. Sai che non è salutare tenere delle mani come le tue a contatto con gli agenti esterni”. Su quest’ultimo suggerimento Kyouko fece resistenza, ma alla fine si lasciò convincere. Per il resto si dissero entrambi d’accordo.

 

*

 

Aoi Asahina non sapeva cosa pensare.

Non aveva mai visto delle ferite tanto gravi, soprattutto su persone che riteneva vicine: certo, Sakura-chan era coperta di vecchie cicatrici, e lei stessa tante volte si era infortunata durante qualche gara di nuoto; ma mai era stata testimone di qualcosa così spaventoso. Si voltò di scatto, non riuscendo a sopportare quella vista tanto orribile, e nel farlo attirò l’attenzione di Sakura: “Tutto bene, Asahina-san?” chiese, e Aoi balbettò: “L-Le mani di Kirigiri-san…”

“Sì, è uno spettacolo terribile” annuì, “ma temo che non sia possibile fare nulla per lei” disse, e quasi a voler confermare le sue parole Kirigiri tornò verso il gruppo e annunciò: “Statemi a sentire: ora come ora le mie ferite non sono importanti, me ne occuperò a tempo debito. Quindi, per favore, smettetela di fissarmi e torniamo a concentrarci sulle due porte chiuse, ok?”

Il gruppo annuì, alcuni più convinti di altri; Aoi era tra gli ultimi. Kyouko fece un cenno d’assenso: “Bene, allora. Oowada-san, cosa stavi dicendo quando sei entrato? Avete trovato qualcosa?”

“Eh? Oh, sì!” disse, e prontamente mostrò a tutti i foglietti che avevano trovato: “Nella stanza che abbiamo ispezionato c’è una porta chiusa con un tastierino numerico. Probabilmente i puntini su questi fogli rappresentano le cifre della password” spiegò. “Siamo riusciti a recuperarne sei, abbiamo guardato ovunque ma non sembrano essercene altri.”
Kyouko osservò pensierosa i foglietti di carta: “Avete provato ad inserirli nel tastierino numerico?”

I cinque si scambiarono un’occhiata colpevole, poi Aoi decise di prendere parola: “Ci abbiamo provato… ma dopo qualche tentativo andato a vuoto abbiamo lasciato perdere, temendo potesse succedere qualcosa di brutto dopo troppi tentativi sbagliati” concluse, pensando suonasse stupido detto così, ma Kirigiri convenne che era una precauzione più che lecita vista la situazione.

“Quindi che si fa?” chiese Togami, in un tono di voce che ad Aoi sembrò leggermente meno altezzoso del solito. “Abbiamo due porte chiuse e nessun indizio utile.”

Il suo commento sembrò gettare buona parte del gruppo nello sconforto, ma ancora una volta Kyouko riuscì a calmare gli animi: “Non è detto. Se queste due stanze sono aperte significa che hanno entrambe qualcosa di utile” spiegò, “come ad esempio soluzioni per gli enigmi di entrambe.”
“Q-Quindi credi che in q-questa stanza potremmo t-trovare indizi su c-come inserire la password nell’altra porta e… e viceversa? Indizi p-per questa porta nell’altra stanza?” balbettò Touko, e Kyouko annuì: “Non escludo che sia così. Al momento sono le uniche stanze aperte, eccezion fatta per l’atrio, direi che la cosa è più che probabile.”

Mentre il gruppo continuava a discutere Aoi si ritrovò ad allontanarsi e vagare per la stanza, ammirandone gli arredi sontuosi e curiosando in giro: si sentiva un po’ colpevole a non dare il suo contributo sulla strategia da adottare da ora in poi, ma d’altro canto non si sentiva adatta a quel compito. In fondo hanno già una Super Detective e un Super Soldato, si disse, che opinione può avere una Super Nuotatrice?

Sospirò e tornò ad esplorare la stanza, posando gli occhi sulle fotografie alle pareti: foto antiche, tutte in bianco e nero e molte delle quali raffiguravano squadroni militari. Si issò sulle punte dei piedi per guardarne una posta particolarmente in alto, ma nel farlo perse l’equilibrio e scivolò aggrappandosi inutilmente ad una delle foto adiacenti.

“Asahina, che diamine combini?!”

Il tono di voce fastidioso di Ishimaru contribuì a farla vergognare ancora di più.

“S-Scusate, stavo solo dando un’occhiata alle foto…”

“Ma ti sembra il caso? Hai rischiato di romperne una!”
“Ishimaru-san, non è che quello sia proprio il nostro pensiero al momento” replicò Makoto, ma il Super Prefetto continuò imperterrito a snocciolare regole di comportamento e buon senso.

Aoi si sentì sprofondare e cercò di rimettersi in piedi, rifiutando anche l’aiuto di Sakura, quando qualcosa cadde dalla cornice della foto che teneva ancora in mano.

“Uh, ragazzi…”

“La situazione non giustifica un comportamento incivile da parte nostra in casa altrui!”
“Ishimaru ci hanno RAPITI, non siamo ospiti per il tè delle cinque!”
“Ragazzi…”

“Il mio ruolo di Prefetto mi impedisce di stare a guardare senza prendere provvedimenti!”
“E che vorresti fare, mettere una nota sul registro e portarla a Zero dicendogli di convocare i nostri genitori?”
“In caso digli anche di far venire un aereo a recuperarci, prima della sospensione.”

“RAGAZZI!”

Finalmente il gruppo si zittì e si voltò verso Aoi, che mai alzava la voce se non quando finiva la sua scorta di ciambelle.

“Ragazzi io… credo di aver trovato qualcosa” disse, mentre disincastrava qualcosa dal retro della cornice e mostrandolo a tutti: una piccola chiave d’ottone.

“Fantastico! Possiamo aprire la porta di questa stanza!” gridò Mondo, ma Kyouko spense il suo entusiasmo sul nascere: “Non penso vada bene, mi sembra troppo piccola per la serratura di una porta. Ma potrebbe andar bene per aprire dei cassetti, o un armadietto…”

“Cominciamo col provarla prima di giudicare!” sbraitò ancora il Biker.

“E proviamola se proprio ci tieni a perdere inutilmente del tempo”.

Mondo Mondo Mondo. Non l’hai ancora capito che a Kirigiri non la si fa?

Sentì un lieve dolore fisico a pronunciare quel nome, anche se solo nella sua testa.

Le consegnò l’oggetto, limitandosi ad osservarla mentre portava Oowada verso la prova del nove. Dove, puntualmente, il mondo dimostrò loro da che parte girava. Ah ah, i giochi di parole involontari le riuscivano benissimo.

Esattamente come da lei predetto era troppo piccola per essere quella della porta.

“Sei un povero illuso, Oowada. Kirigiri ti bagnerebbe il naso anche con le mani legate dietro la schiena” non riuscì a trattenersi dal dire, condendo la presa in giro con una risata troppo genuina per risultare offensiva. Registrò solo dopo qualche secondo una nota stonata in questa sua ultima frase. Maledizione, quella parola era ormai diventata tabù.

“Bah! Solo perché il suo QI ha qualche decina di punti in più del mio…”.

“Fai anche qualche centinaio” rimarcò Togami, e Asahina non poté esimersi dal dargli una certa dose di ragione. Ma silenziosamente perché non voleva surriscaldare gli animi.

“Tutto molto bello, ma sarebbe opportuno darsi da fare un po’ più seriamente” provvide a far presente Mukuro, incontrando ovviamente l’assenso di Kyouko: “Va bene, il tempo dello spasso è finito. Ora sparpagliamoci e cerchiamo una toppa adatta per questo tesorino. Tutti d’accordo? Avanti allora, marsch”.

Un altro risolino da parte di Aoi, la quale trovava carino il fatto che nessuno avesse da contestare l’avvenuta consacrazione di Kirigiri a leader supremo. Da una parte era la soluzione più naturale, però si sarebbe aspettata un po’ di resistenza quantomeno da Togami. Al signorino non piaceva farsi mettere i piedi in testa impunemente, eppure la situazione stava raccontando tutt’altra storia. Forse l’ilarità nasceva proprio da quello.

Beh, non era importante. Dovevano darsi da fare.

Si unì agli altri mentre mettevano sottosopra la stanza, il tutto con la colonna sonora delle urla di Ishimaru che si scandalizzava per la loro eccellente imitazione di un’orda mongola dedita al saccheggio.

“E piantala! Invece di star lì a strepitare come una gallinella potresti anche darci una mano!”. Mondo poteva essere rozzo, sensibile come un rullo compressore e intelligente come un tombino… ma se non altro aveva le priorità giuste. E difatti persino l’austero prefetto venne convinto a muoversi.

Ci misero un bel po’ di tempo, ma alla fine i loro sforzi furono premiati.

“Ecco, vediamo se la mia intuizione era giusta… Kirigiri, passami la chiave” disse Togami, con le mani appoggiate sul lato di una delle tante librerie.

Quando la ebbe in mano tastò il legno come alla ricerca di qualcosa di specifico, e trovandolo non esitò nell’infilarla dentro.

Come? Dalla sua posizione non vedeva tanto bene, quindi pensò di spostarsi per capire cosa stesse facendo esattamente.

Sembrava… sembrava ci fosse come una fessura.

CLICK.

Aprì quello che assomigliava a uno scomparto segreto.

“L’avevo notato prima, nonostante l’opinione errata di qualcuno qui…”.

No no no no no no, aspetta. Un tono leggero e una frecciatina non intinta nel curaro… da parte di Togami?

Kami, stiamo per morire tutti.

Fece cenno di radunarsi attorno a lui per vedere cosa aveva scoperto.

“Ma che…?”

 

*

 

“Ma che…?”

Byakuya pensò che quella situazione stava sfociando sempre più nel ridicolo.

“Allora, cos’hai trovato?”

Sbuffando diede le spalle allo scomparto segreto nel muro e si voltò verso i compagni, mostrando loro un ritaglio di giornale.

“Tutto qui?” commentò Mondo, visibilmente deluso così come il resto della classe. Lui più che altro era irritato: tanta fatica per un pezzo di carta? Se questo è solo il primo enigma, si disse, più avanti avremo di che impazzire.

Kirigiri gli si avvicinò di soppiatto, probabilmente guidata dal suo istinto da detective nel cercare di carpire informazioni. “Se vuoi lo leggo ad alta voce.”

Lei lo osservò in silenzio per qualche secondo, poi annuì.

Togami si schiarì la voce e cominciò a leggere:

 

YOMIURI SHINBUN

LO SCANDALO DELLA SCUOLA CHE FACEVA ESPERIMENTI INQUIETANTI, VERITÀ O BUFALA?

 

23 ottobre 2003

 

Sono ancora avvolte nel mistero le circostanze che hanno portato alla morte di E. Harada, 46 anni, da due settimane rinchiuso nella prigione di Chiba, Tokyo.

Secondo le prime indiscrezioni si tratterebbe di un suicidio, ipotesi avvalorata dalle sue continue dichiarazioni d’innocenza che però non sono mai state prese in considerazione dalla polizia.

L’uomo è stato trovato nella sua cella, impiccato alle sbarre.

Harada era stato arrestato in seguito alle pesanti accuse mosse contro una prestigiosa scuola della città, l’accademia Kibougamine: secondo la sua versione, infatti, l’istituto avrebbe svolto strani esperimenti (la cui natura rimane tuttora ignota) sui suoi studenti più giovani, esperimenti di cui sarebbe stato testimone.

La storia era stata ovviamente smentita dal consiglio d’istituto della Kibougamine, che per mano del suo portavoce Gentarou Hongou aveva più volte ribadito quanto la salute e la sicurezza dei propri studenti fossero importanti e che le accuse dell’uomo erano calunnie infondate.

Visto in questa prospettiva il suicidio di Harada assume senso, ma una domanda sorge spontanea: gli esperimenti sono avvenuti davvero? Se Harada voleva solo un pretesto per ricattare l’amministrazione della scuola sperando di spillar loro soldi, perché non accusarli di maltrattamenti o molestie invece di inventarsi storie di esperimenti su ragazzini innocenti?

C’è forse un fondo di verità in tutto questo?

 

“L’articolo termina così” concluse Togami, e tutti rimasero in silenzio.

Che razza di baggianata è mai questa, si chiese. Ne aveva sentite di qualunque colore sul conto della Kibougamine da quando la frequentava, ma ogni volta aveva sciacquato via il tutto come i tentativi maldestri di qualche mitomane di gettare fango su una scuola prestigiosa e magari ricavarci denaro; era successo spesso e nessuno li aveva mai presi sul serio.

Uhm. Quel nome, Hongou… non mi è nuovo. Dove l’ho già sentito?

“Che spazzatura, non ce ne facciamo nulla!”

“E ora?”

Mentre i suoi compagni si lasciavano di nuovo prendere dallo sconforto, Byakuya si soffermò sul ritaglio di giornale e al motivo per cui Zero aveva fatto in modo che lo trovassero: non può essere un caso, pensò, deve esserci una ragione.

E da come Kirigiri e Naegi fissavano il foglietto ne dedusse che non era l’unico a pensarlo.

“Ho idea che questo pezzo di carta sia più importante di quanto crediamo” disse lei, probabilmente intercettando il suo sguardo interrogativo. Togami fece un mezzo sorriso: “Ero certo che la pensassi esattamente come me. Peccato che non ci serva per aprire una delle due porte.”

Kyouko non si scompose: “Arriverà il momento in cui ci tornerà utile.”

“Q-Quindi che si fa, Byakuya-sama?” balbettò Touko verso di lui, causandogli un tic nervoso: “Cosa vorresti fare, a parte cercare ancora?”

Touko distolse lo sguardo imbarazzata, e qualcuno (Mondo e probabilmente Ishimaru e le ragazze tutte) gli intimò di non aggredirla che non aveva fatto nulla di male. Decise di ignorarli platealmente, e mentre loro tornavano a ispezionare la stanza lui si limitò ad osservare distrattamente l’arredamento che tanto gli ricordava camera sua.

Poi qualcosa attirò il suo sguardo.

Si avvicinò alla parete, dove appesi c’erano dei quadretti di piccole dimensioni raffiguranti dei fiori stilizzati; erano piuttosto banali, ma c’era qualcosa che lo spingeva a fissarli e studiarli… finché non lo notò.

“Forse ho la password per l’altra porta.”

“Eh? Cosa? Scherzi?” urlò Oowada mentre si avvicinava a grandi falcate.

“Sì scimmione, ovviamente scherzo. Ti pare che potrei seriamente dire che ho trovato una soluzione?”.

Per una volta la maggioranza popolare non era del tutto contro di lui, e anzi sembrava aver apprezzato la mezza battuta.

Sarà meglio che ti dia una regolata, ultimamente riscuoti troppo successo presso la plebaglia.

“Allora, dove sarebbe questa misteriosa password?” fu la domanda di Kirigiri, che si pose alle sue spalle come a marcarlo stretto.

Byakuya si concesse un ghigno. Per una semplice questione di quieto vivere aveva deciso di non sfidare la posizione di comando di lei (persino lui con la sua notoria attitudine da “screw the rules, I have money” capiva che in un momento così delicato, con una possibile morte sanguinolenta che penzolava sopra le loro teste, serviva una guida univoca e incontestata), ma quando poteva prendersi piccole rivincite come quella non si tratteneva dal goderne appieno.

E l’essere colui che aveva scoperto in sequenza un possibile indizio per capire meglio il perché di tutto quello e poi la combinazione della porta… beh, lo faceva stare smisuratamente bene.

“Prova a osservare questi quadri” disse indicandoli.

La sentì meditabonda, poi colse come un versetto: “Oh. Dici che…”.

“Dico che”.

“E quindi questo…”.

“Esattamente”.

“Potresti aver ragione”.

“Sono sicuro di aver ragione”.

“La cosa non mi meraviglia”.

“Fai bene a non meravigliartene”.

“Ehi voi! La piantate di tubare e magari vi degnereste di spiegare anche a noi cosa state creando?”. Ancora Oowada, chiaramente.

Gli parve anche di cogliere altri rumori senza però riuscire a dargli un senso. Niente di importante.

“Ci passereste i fogli con i puntini, per favore?”.

Quando Kirigiri li ebbe in mano cominciò a confrontarli con la serie di immagini, mormorando assensi man mano che procedeva.

Alla fine proclamò ad alta voce: “Va bene, direi che l’intuizione di Togami è vincente. Abbiamo la password”.

Scalpiccio diffuso alle loro spalle.

“Ma come ne potete essere sicuri? E che cosa vogliono dire quegli sgorbietti?”. Oowada proprio non voleva desistere dal fare il bastian contrario.

“È presto detto” ribatté Byakuya voltandosi nella sua direzione “I quadri sono sei, come le probabili cifre della combinazione. Presentano degli oggetti in quantità diverse. E hanno un ordine preciso. Questo cosa ti suggerisce, microcefalo?”.

“TU VUOI BOTTE, ANCHE SE NON HO CAPITO COSA MI HAI DETTO!” esplose il Motociclista, cercando di buttarsi su di lui per ridisegnargli i connotati. Per fortuna della ricchissima mascella dello Scion Oogami riuscì a intervenire tempestivamente e a impedirgli di sfogare la sua ira barbarica: “Insomma Oowada-san, non perdere la testa!”.

“Ma mi ha insultato, lo avete sentito tutti!”.

“È vero, ma è anche la persona che in pochi minuti ha trovato due cose importanti. Non puoi lasciar perdere per favore?” chiese timidamente Naegi, che come al suo solito cercava di portare la pace fra i suoi compagni.

È utile avere un involontario servetto che ti evita un pestaggio. Si disse di tenerlo sempre in considerazione per quel ruolo e magari assumerlo ufficialmente, con il minimo sindacale come stipendio.

“Avanti, possiamo andare a sbloccare quella porta” dichiarò poi con gran baldanza, cominciando a portarsi verso l’uscita.

“Ma… ma… non abbiamo neanche segnato l’ordine…” balbettò Asahina.

“Prendi carta e penna e scrivi se sei troppo ripiena di ciambelle per ricordartelo. Da parte mia non ne ho bisogno, e di sicuro vale lo stesso per Kirigiri”.

“Ci mancherebbe” confermò quella, altrettanto baldanzosa.

“Voi due non me la contate giusta, andate troppo d’accordo…”.

“Ehhhhhhhhh?” suonarono all’unisono Naegi e Fukawa dopo che Oowada aveva lanciato la provocazione.

“Togami” tuonò senza preavviso una voce che la logica poteva accostare a una qualche creatura dell’oltretomba e invece era di Sakura Oogami “Per stavolta la tua arroganza non avrà conseguenze. Ma osa maltrattare Aoi una sola altra volta e non servirà l’intervento di Zero per provocarti danni fisici permanenti”.

“Pff” fu la laconica risposta. Anche se dentro di sé, lo dovette ammettere con riluttanza, quell’enorme ammasso di muscoli gli incuteva una buona dose di timore.

Quando vide che anche gli altri lo stavano seguendo riprese la marcia.

   
 
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