Marco la guardava. Guardava Sara e i suoi lunghi capelli neri, in risalto per la pelle cadaverica. A volte era un fantasma, ma non quel giorno nuvoloso.
Assumeva atteggiamenti infantili alle volte; li adorava. L’angolo della bocca si rialzò intenerito nell’osservarla vicino alla finestra.
“Quando pioverà?” chiese lei, con gli occhi spenti di chi voleva purificarsi.
“Piove..” si avvicinò furtivo a lei, posandole una mano sul fianco più lontano. Era morbida, ma sporca di lui.
“E’ un sentimento, dagli il tempo di arrivare”.
Restarono in silenzio per qualche minuto.
Salì nella loro anima angoscia, contemporanea alla cupezza del cielo.
Ed ecco le prime gocce che bagnarono il vetro della finestra.
Marco era nervoso. Così nervoso che tirò un pugno sulla superficie rigida e trasparente. La rabbia divenne rossa e fu ben visibile. Sara non si meravigliò, ma abbassò la testa leccandogli via il sangue.
“Non devi aiutarmi”, rispose il ragazzo fuori di sé.
E proprio per quelle parole, che toccarono il cuore della ragazza fino a sbriciolarlo, consumarono la loro passione.