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Autore: Red_Coat    15/06/2016    3 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Basta! Non ce la faccio, non ce la faccio più!
Incubi, ricordi, ricordi e di nuovo incubi! Ormai non hanno più alcuna differenza.
...
Mi fa male la testa ...
Ugh ...
Scoppia! Mi manca il fiato.
Guardo la tela macchiata di rosso di fronte a me, ho le mani sporche di colore. O forse è sangue?
Non lo so, non ci capisco più niente.
Zack ... quegli occhi. I suoi occhi, mi guardano come se mi stessero accusando!
A-ah! BASTA, BASTA, BASTA!
So che avevo promesso ma ... non resisto, non mi trattengo più! Ho un dolore atroce che mi ribolle nelle vene, sudo, sto uscendo fuori di testa. Ho sbagliato! Ho fatto male a dipingere tutto questo, ora il sangue trasuda dalle pareti della mia stanza, i morti mi guardano dalla tela.
Mi sento ... mi sento circondato. Da un esercito di fantasmi.
Voglio solo scappare da qui.

\\\

Un rumore appena percepito, uno scatto, superò appena la soglia già di per sé bassissima del televisore acceso nel salotto.
Yoshi lo avvertì appena, e i suoi occhi insonnoliti si aprirono completamente, voltandosi di sbieco verso il fondo del breve corridoio. Si sforzò di non trattenere il fiato, e fingendo di continuare a guardare il notiziario della notte si sistemò meglio sulla poltrona, rialzando la schiena.
Qualche passo, una sagoma alta e longilinea si stagliò nell'ombra, ma appena lo vide si bloccò poco prima che la luce della tv potesse rivelarne i contorni.
Yoshi sorrise appena, soddisfatto.
Ma il ghigno sul suo viso si spense subito, perché l'ombra arretrò
e velocemente rientrò da dove era uscita.
Nell'ultima camera in fondo a destra. A passo veloce, felino e appena percettibile. Non richiuse la porta alle sue spalle, e così uno stridio appena percepito arrivò alle orecchie del capofamiglia, che rimase ancora qualche secondo ad ascoltare poi , seguendo un terribile sospetto si alzò di scatto e si fiondò nella stanza buia, affacciandosi alla finestra aperta e guardando in giù.
C'era una breve scalinata antincendio, a qualche centimetro più in la. La strada cui conduceva era un piccolo vicolo buio in cui non riuscì a scorgere nessuno.
Ma quando si voltò ad osservare la stanza deserta, capì che non poteva esserci altra spiegazione.
Imprecò, sbattendo i pugni sul piccolo davanzale. Quindi si fiondò in camera da letto e chiamò la moglie, che lo aspettava incapace di prendere sonno

<< Yoshi. >> gli disse soltanto, alzandosi sulla schiena e accendendo la luce per mezzo dell'interruttore vicino alla testiera del letto
<< Se l'è squagliata. >> le disse nervoso, aprendo l'armadio e mettendosi addosso una leggera giacchetta in jeans per proteggersi dall'aria della notte

Erriet lo guardò senza capire

<< Cosa? >>

E allora, solo allora, Yoshi si voltò completamente verso di lei e fermandosi per qualche attimo le spiegò, coinciso e torvo

<< Tuo figlio, se n'è andato di nuovo! È scappato dalla finestra. >>

Quindi, senza neanche stare a guardare la sua reazione sconvolta si assicurò di avere le chiavi in tasca e uscì di corsa dalla stanza, non prima di averle ordinato di chiamare il dottor Fujita.
" Giuro che stavolta lo ammazzo!"

***

Merda! Merda, merda, merda!
Mi vesto in fretta per l'arena, copro il viso col cappuccio e faccio per uscire, ma appena arrivato in corridoio mi accorgo che mio padre è ancora sveglio a guardare la tv, e vestito di tutto punto.
Probabilmente si aspettava questa mia mossa.
Maledizione!
Vorrei urlare e prenderlo per il colletto per poi sfogarmi su di lui, ma ... non posso.
Mi limito a stringere i pugni, trattengo il respiro e per qualche istante rimango fermo nel buio, sperando che non mi abbia visto. Sono sicuro che l'ha fatto invece.
E non mi resta che un'unica via d'uscita.
C'è una vecchia scala antincendio che scende dall'ultimo piano del nostro palazzo fino ad un vicolo buio sul retro, e passa proprio a pochi centimetri dalla mia finestra.
Mi basterebbe poggiare il piede sul passamano in metallo e spingermi in avanti per ritrovarmici di sopra.
Torno in camera, apro rapido la finestra e faccio come ho deciso, scendo da lì.
Infine, scendo alla penultima rampa e mi arrampico sul corrimano come ho fatto prima, quindi con un rapido balzo atterro ginocchia piegate e mani sull'asfalto nero della strada.
E inizio a correre, appena in tempo prima che mio padre si accorga della direzione da me presa.
Sono sicuro che mi seguirà, che verrà a cercarmi nei bassifondi memore di ciò che facevo da adolescente e che proverà a fermarmi.
Ma non mi preoccupo, anzi ghigno malefico e diverito, perché ho un piano, caso mai dovesse riuscire a trovarmi.
E non gli piacerà.
Oooh, no che non lo farà!

\\\

La porta dell'appartamento si spalancò rapida e da dietro di essa riemerse Yukio Fujita, che guardò Erriet con una certa apprensione

<< Sono venuto appena ho potuto. >> si scusò

Era già passata più di un'ora da quando aveva ricevuto la chiamata, ma Erriet continuava ad essere sola in casa

<< Cos'è successo? >> chiese quindi, subito dopo che la donna ebbe richiuso l'uscio alle sue spalle
<< È scappato dalla finestra. >> rispose, angosciata << Yoshi è uscito a cercarlo, più di un'ora fa. >>

Yukio sospirò, pesantemente, storcendo le labbra.
Ecco ... ecco quello di cui aveva parlato appena qualche giorno addietro. La ricaduta che temeva era giunta alla fine, anche se ... forse ... almeno stavolta avrebbero avuto la possibilità di sapere il perché di questo suo assurdo e pericoloso comportamento.
Come seguendo un'idea appena balenatagli in testa, guardò Erriet e le fece segno di seguirlo, quindi si fiondò in camera del ragazzo e spalancata la porta accese la luce, trattenendo all'istante il fiato allo sconvolgente e inusuale scenario che gli si presentò davanti agli occhi, togliendo loro per qualche istante le parole di bocca, e qualsiasi altro pensiero dalla mente.

\\\

Yoshi Osaka si precipitò giù per le scale e poi in strada, superando il vecchio portone arrugginito che teneva (o almeno avrebbe dovuto farlo) riparato il piccolo atrio interno del palazzo.
Raggiunse correndo il vicolo dietro lo stabile, quindi lo seguì affannato fino al patio della stazione ferroviaria.
Era deserta, l'ultimo treno era appena partito, e fu quasi sicuro che Victor fosse riuscito a prenderlo.

<< Merda! >> si lasciò sfuggire, battendo un pugno sulla coscia destra

Attese, non potendo fare altro, quindi dopo una manciata di minuti salì sul prossimo treno in arrivo e scese alla fermata desiderata dopo altro dieci minuti di tempo.
Una volta arrivato nei bassifondi però, la sua mente si perse. " E adesso? " si disse " Dove ti sei cacciato, stupido idiota viziato!".
Si diede da fare. Chiese in giro -anche se a quell'ora per le strade non vi era quasi nessuno, fatta eccezione per la zona malfamata del posto-, controllò nei locali e in quasi tutti i bar che riuscì a scorgere ma nulla.
Dopo quasi un'ora passata a girare a vuoto iniziò a pensare di tornare indietro, tanto non avrebbe concluso nulla.
Poi però, all'improvviso, si voltò e lo vide. Un'ombra alta e longilinea che camminava veloce nel buio, le mani nelle tasche del misero spolverino nero e il viso protetto dal cappuccio.
Nonostante questo, fu certo che fosse lui. Lo riconobbe dal passo veloce e deciso da militare, dalla postura ingobbita come se volesse passare inosservato e dagli scarponcini da SOLDIER che indossava, quelli della vecchia divisa da first di Mikio. In più, da sotto il cappuccio due lunghe ciocche dei suoi capelli corvini gli ricadevano morbide ai lati della fronte, sfiorandogli gli zigomi e il mento.
Lo guardò, gli occhi infiammati d'ira, mentre imboccava un vicolo e spariva nel buio.
Probabilmente non lo aveva visto. Poco male, gli sarebbe arrivato alle spalle o lo avrebbe gonfiato di schiaffi!
Deciso, attraversò la strada e s'introdusse nel vicolo, ma il ragazzo era già sparito. Represse un'altra bestemmia e decise di seguire la strada, fino a giungere di fronte all'ingresso per il mercato.
Lì, tra una folla variegata di criminali, ragazzi e uomini in vena di divertimento e qualche bambino scorazzante, gli parve intravedere per qualche istante la sagoma del ragazzo ma, non appena spostò gli occhi, questa sparì.
S'incamminò nel caos, facendosi spazio tra la gente, sporgendosi a guardare meglio e seguendo quel nero che appariva e scompariva ad ogni più piccolo movimento delle sue palpebre.
Quindi, quando finalmente riuscì ad uscirne, si ritrovò davanti ad una vecchia locanda dall'aspetto malconcio i cui battenti erano già chiusi ma dal cui retro continuava a provenire uno strano chiasso, appena percepibile nel frastuono della vita notturna del luogo.
Si guardò intorno. Era arrivato alla fine della strada, oltre quello spiazzo c'era solo un altro breve tragitto che conduceva ad una casa di forma circolare dal tetto sfondato e chiusa con un lucchetto, e null'altro.
Si voltò nuovamente, osservò disperatamente la folla davanti a sé, quindi di nuovo la locanda e infine la casa. E alla fine sbottò, sconfitto

<< Dannazione! >> picchiando l'aria con una mano

L'aveva perso! Alla fine ce l'aveva fatta a imbrogliarlo, maledetto farabutto!
Aveva cresciuto una serpe in seno!
Rassegnatosi, non gli restò che tornare indietro verso casa, ad aspettare che tornasse per poi poterlo prendere tranquillamente a sberle come si meritava.

\\\

C'erano quadri ovunque.
Sempre e solo tele dipinte, disegni fatto a mano su fogli di carta e schizzi a matita, a volte colorati altre no.
Appoggiati al muro, alcuni appesi alle pareti con dei chiodi, al posto dei vecchi poster ch'erano finiti sul letto.
Alcuni di essi erano paesaggi, molto ben fatti anche, altri macchie di colore cupi e non ben definiti, che probabilmente dovevano rappresentare inconfessabili scene di battaglia, o i sentimenti provati dal loro pittore durante qualcuna di esse.
Prevaleva il rosso, a volte cupo altre scintillante, come sangue fresco. Su uno sfondo di grigio scuro con appena qualche cupa sfumatura di verde, come la maggior parte del metallo di cui erano fatti gli edifici di Midgar.
Ma, in questa frastornante cacofonia di sensazioni e colori, ci furono un paio di tele che attirarono l'attenzione di Fujita e di Erriet, facendoli rimanere letteralmente sgomenti a fissarli.
Uno, un ritratto che sembrava uscire con tutta la forza del suo sguardo fuori dalla tela e prendere vita propria, era posato ancora sul cavalletto ed era fresco, come si poteva vedere dai colori ancora scintillanti in alcuni punti del disegno.
L'altro, appoggiato ad una sedia proprio di fianco al primo, era una scena che ritraeva lo stesso ragazzo del ritratto, col medesimo sorriso, ma ... in un modo, e in una posa, a dir poco ... strazianti.
Si, era il termine esatto. Strazio, era il sentimento che provocavano quei due dipinti visti nel loro insieme.
Strazio, angoscia, tristezza profonda e una pena infinita. Circondati dai colori cupi e dal rosso delle altre tele, come fossero solo il sunto, la punta di un terrificante iceberg di dolore e crudeltà, quello che Victor non aveva mai avuto il coraggio di rivelare loro, probabilmente per proteggerli da quello che ora dipinse sul volto di Erriet, quando riuscì a realizzare cosa aveva visto

<< Zack ... >> mormorò, sgomenta, portandosi le mani davanti alla bocca e riempiendo immediatamente i suoi occhi di lacrime

Fujita si voltò a guardarla, serio

<< È lui? >> domandò quindi, sorpreso

La donna annuì ripetutamente, continuando a fissare la scena del giovane col petto sanguinante, crivellato di proiettili, sulle labbra un sorriso sereno e negli occhi un ultimo, ormai esile rimasugli di quella stessa luce che mostrava invece nel ritratto, nel cui sembrava tuttavia molto più giovane, determinato e severo.
L'inizio. E la fine.
Anche se c'era un messaggio in quello sguardo, uno indecifrabile almeno per loro, ma che forse era stato il principale movente del nuovo cambio di umore di Victor, il motivo che lo aveva spinto a ripiombare nella rabbia.

<< Dio ... >> mormorò sgomenta, scuotendo il capo e indietreggiando << Dio, dio, dio! >> ripeté, prima di prendersi il viso tra le mani, in lacrime << Oh, mio dio. Victor ... >>

Fujita sospirò, tornando a fissare le tele.
Ora, tutto aveva un suo senso. I proiettili, il mutismo, gli scatti d'ira e quella voglia di farla finita a tutti i costi. Adesso ... adesso tutto assumeva contorti più chiari, e anche a lui per qualche attimo mancò il fiato, mentre lacrime gli si affacciarono agli occhi.
Volle voltarsi anche lui, cercare di dare conforto ad Erriet che piangeva alle sue spalle e soprattutto per smettere di guardare quello scenario terrificante, ma non ci riuscì.
I suoi occhi rimasero puntati in quelli del ritratto, come incantati dalla forza d'animo e dalla combattività del giovane che li aveva posseduti. Fino all'attimo in cui non erano stati costretti a chiudersi per sempre.
Un rumore proveniente dall'ingresso lo riportò bruscamente alla realtà, facendolo sobbalzare appena.

<< Yoshi! >> sbottò Erriet, fiondandosi in corridoio

La seguì. E si ritrovò davanti uno Yoshi Osaka quasi fuori di sé dal nervosismo, e frustrato

<< Yoshi, l'hai trovato? >> chiese la donna

Lui scosse il capo sospirando, quasi non accorgendosi neanche delle sue lacrime, se non quando la guardò meglio in viso e rivolse uno sguardo a quello serio del medico

<< L'ho perso all'ingresso del mercato. >> rispose

Yukio rabbrividì.
"Certo." pensò, " Ovviamente. " stringendo i pugni.

<< Dove? >> chiese semplicemente, preoccupato

Yoshi lanciò ad entrambi un altro sguardo confuso, prima di rispondere

<< Non so di preciso dove, l'ho perso di vista nella folla e ho imboccato un vicolo cieco. >>

Il medico non ebbe bisogno di sentire altro. Infilò il leggero cappotto beige che aveva portato con sé e aprendo di nuovo la porta gli chiese di seguirlo

<< Non potremmo semplicemente aspettare che torni? >> chiese Erriet, ancora sconvolta

Yukio si voltò, li guardò entrambi negli occhi e con un'espressione seria e preoccupata scosse il capo

<< Meglio di no, stavolta. Sta tranquilla, torniamo subito. >>

Quindi, trascinandosi dietro Yoshi, richiuse la porta alle sue spalle.

 

Quindi, trascinandosi dietro Yoshi, richiuse la porta alle sue spalle

 

\\\

Giunsero di fronte alla vecchia locanda appena un quarto d'ora più tardi.
Erano quasi le due di notte, ma le strade erano ancora piene, anche se non più come prima.

<< È qui che lo hai perso, vero? >> chiese il medico, fermandosi proprio di fronte alla vecchia locanda ed osservandola torvo, le mani nelle tasche del cappotto

Yoshi lo guardò stupito e sgomento

<< Si. >> rispose, annuendo

Un altro grave, profondo sospiro.
Yukio chiuse gli occhi per un attimo, quindi li riaprì e puntandoli su di lui spiegò, rammaricato

<< La locanda è solo una facciata. Dietro, vi è un locale per incontri di lotta clandestini. >>

Stavolta fu Yoshi a rabbrividire, trattenendo immediatamente il fiato e fissandolo sconvolto

<< Lo so ... >> continuò << Perché tempo fa mi è capitato di dover curare un pugile, proprio sul ciglio di questa strada. >>

" Era un malvivente, è morto dissanguato ancor prima che riuscissi a praticargli alcun tipo di intervento." avrebbe potuto aggiungere, ma si trattenne. Non era il caso.
Piuttosto, indicò con un cenno del capo due ragazzi che s'intrufolavano sotto lo steccato che proteggeva il retro del locale

<< Va' >> disse soltanto << Vedi se riesci ad entrare. Si accettano scommesse. >> suggerì

L'uomo lo fissò per qualche altro istante a bocca aperta, ancora inorridito. Poi, ripresosi, il suo volto si deformò per la rabbia ed il disgusto e lui accettò il consiglio, avviandosi verso l'edificio con il portafogli in mano e la collera a fargli tremare il pugno in cui lo stringeva.
Non sapeva più cosa pensare, solo che ... avrebbe tanto voluto strozzarlo!

\\\

<< Io non combatto stasera! >>

Kail e Duke si voltarono di scatto verso la porta della stanza e la videro spalancarsi con violenza per permettere all'infuriato combattente di uscire, rimettendosi il solito spolverino nero sulle spalle

<< Cosa?? >> fu la reazione incredula dell'oste
<< Ma ... ma... >> bofonchiò invece Kail, seguendolo e parandoglisi davanti col rischio di essere spintonato via con violenza << Sei serio??? >> chiese, e vide i suoi occhi accendersi d'ira

Il soldato lo afferrò per il colletto della camicia che aveva indossato, quindi lo alzò da terra appena e avvicinò gli occhi ai suoi.

<< Ti sembro in vena di scherzi, idiota? >> ringhiò, a denti stretti

Kail deglutì rumorosamente, un paio di volte

<< I-io ... >> balbettò, arrossendo << n-no, cioè ... >>

Ma non ebbe il tempo di finire la frase, perché si ritrovò ad essere scagliato contro la parete in legno del breve corridoio che conduceva da una parte verso l'arena e dall'altra verso l'uscita principale di quest'ultima, sull'altro lato della cascina.
Sbattè la nuca e la schiena contro il legno, vacillò e rimettendosi in piedi si portò una mano dietro alla testa, dove un lieve dolore lo aveva colpito. Per la dea, perché ancora non aveva imparato?
Nel frattempo, Duke continuava a cercare di dissuaderlo

<< Si può sapere cos'altro c'è che non va, adesso? >> chiese, seguendolo a fatica nel suo passo veloce

Era alto quasi due metri e camminava marciando, soprattutto quando era arrabbiato come adesso. Un passo dei suoi ne valeva almeno tre dell'oste.
Ma all'improvviso il combattente si voltò di scatto verso di lui, e gli inchiodò addosso i suoi occhi infusi di Mako facendolo indietreggiare

<< Cosa c'è? >> sibilò, puntandogli contro un dito << C'è che la fuori c'è una spia della Shinra, e io non voglio grane! >>

Duke e Kail lo guardarono sbigottiti

<< Una spia? >> chiesero all'unisono

Lui li fissò in silenzio per qualche attimo, quindi stizzito gli intimò di seguirli di nuovo nello spogliatoio e, una volta dentro, estratte dalla tasca del pantalone un foglio e con una matita prestatagli dall'oste tracciò un accurato identikit della presunta spia, riconsegnandoglielo

<< Fatelo sparire, e io entrerò in arena. Altrimenti stasera il Don e i suoi uomini rimarranno alquanto delusi. >> rispose freddamente, uscendo dalla porta sul retro

Duke osservò il ritratto, Kail si avvicinò per fare lo stesso. Infine, il ragazzo lo prese in mano strappandolo al vecchio e rispose, annuendo

<< D'accordo, ci penso io. Dammi qualche minuto. >>
<< Cinque, non di più. >> rispose Duke << La folla sta iniziando a spazientirsi. >>

Quindi, annuendo, uscì dalla parte opposta seguito da Duke, che invece si diresse ad intrattenere il pubblico.

Rimasto solo, Victor ghignò e una lacrima scivolò veloce dai suoi occhi fin sotto il velo che nascondeva la sua bocca.
Sospirò, quindi estrasse un pugnale dalla tasca del pantalone e togliendolo dal fodero in cuoio osservò per qualche istante ancora i suoi occhi tornati felini pieni di lacrime, prima di portarselo dietro la nuca e premerlo contro la superficie liscia e lucida dei suoi capelli legati nella solita coda.
Chiuse le palpebre, un senso di rifiuto e rabbia lo assalì facendogli sfuggire appena un singhiozzo soffocato.
Le mani tremavano, stringendo forte una i capelli e l'altra l'arma.
Non aveva scelta, si disse. Non poteva fare altrimenti, per proteggersi.
Se suo padre fosse comunque riuscito ad entrare in arena lo avrebbe immediatamente riconosciuto, invece tagliandoseli avrebbe potuto acquistare qualche attimo di confusione in più che gli avrebbe permesso di camuffarsi e fuggire.
Senza contare che il suo nemico non avrebbe potuto afferrarglieli nel tentativo di destabilizzarlo, come era accaduto la volta prima del suo ultimo duello, quello in cui aveva ricevuto una pugnalata.
Era la scelta migliore. Continuò a ripeterselo, più e più volte.
Ricresceranno.
Ma quando finalmente la sua mano si decise a muoversi e ascoltò il rapido rumore del taglio, non poté impedirsi di crollare a terra assieme a loro, sconfitto e in lacrime, battendo i pugni sul terreno polveroso e spremendo dagli occhi tutte le lacrime che in quel momento premevano isteriche per uscire.
Non sarebbe ... mai più riuscito a guardarsi allo specchio. Si sentiva umiliato, e non riusciva neppure a capire fino in fondo il perché. Si diceva ch'era perché non era stato lui a deciderlo, ma le circostanze.
Perciò, riuscì solo a pensare con cieca rabbia a suo padre, e a ciò che avrebbe potuto fare per fargliela pagare, come se incolparlo di essere una spia della Shinra non fosse già stato abbastanza.
" Te lo giuro, questa volta me la paghi sul serio papi. "
Quindi, facendosi forza e cercando di riaversi, si alzò e senza riuscire a trattenere ulteriormente le lacrime fece finta di non sentire quella sensazione di vuoto e di disarmante leggerezza che lo colse, rientrando e abbandonando il pugnale a terra, accanto alla lunga coda, ormai senza più importanza, che si dissolse non appena lui gli voltò le spalle.

\\\

<< Spiacente amico, tu non puoi entrare. Tornatene a casa, ti conviene. >>

Uno dei due energumeni all'ingresso che raccoglievano le scommesse gli si portò davanti, e Yoshi sollevò lo sguardo verso di lui, rivolgendogli un'occhiata truce

<< Perché? >> ribattè, testardo

Quello fece una smorfia

<< Ordini del capo >> rispose, quindi avvicinandosi ancora di più concluse minaccioso con un ghigno << Perciò gira i tacchi, spia della Shinra, se non vuoi morire prima del tempo. >>

Istantaneamente, Yoshi smise di respirare.

<< C-cosa ...? >> bofonchiò
<< L'hai sentito, no? >> si fece avanti un altro ragazzo, più piccolo ma che stringeva in mano un coltello ben affilato << Vedi di non farglielo ripetere, o questa te la conficcherò nel culo. >> lo minacciò con un sorriso sadico

Osaka deglutì, si guardò intorno e si rese conto di essere praticamente circondato. A parte i due addetti alle scommesse e il ragazzo col coltello, c'erano altri due scagnozzi alle spalle di quest'ultimo, tre sul tetto ad osservarlo con le pistole strette tra le mani, e un altro piccolo gruppetto alle sue spalle, vicino l'entrata principale.Strinse i pugni, e si sentì sconfitto ed umiliato. Solo una persona avrebbe potuto mettere in giro una voce simile su di lui per impedirgli l'accesso.
" Victor, maledetto pezzo di ... "
Si bloccò a metà, per evitare di bestemmiare contro quello che in fondo era sangue del suo sangue. Quindi, facendo buon viso a cattivo gioco, annuì e sforzandosi di sorridere acconsentì ad andarsene, tornando indietro senza voltarsi fino al punto in cui il dottore lo attendeva e passandogli oltre, senza rispondere alla sua domanda che non aveva neppure udito, troppo intento a pensare all'infamia che gli era stata gettata addosso.

\\\

Un quarto d'ora più tardi ...

Stanco e sudato, Victor Osaka richiuse dietro di sé la porta dello spogliatoio e sedutosi si concesse un attimo per riprendere fiato.
L'incontro era andato bene, come al solito, e un altro uomo era morto in maniera spettacolare sotto gli occhi della platea in giubilio.
Tuttavia ... lui non si sentiva affatto bene. Respirava affannosamente, tanto che fu costretto a togliersi la benda da davanti il naso per non avere la brutta sensazione di soffocare, sudava freddo e aveva forti capogiri.
Si passò una mano tra i capelli, ma quando arrivò a toccare lì dove questi erano stati tagliati (appena sotto la nuca) e li sentì nuovamente corti e leggeri, si ricordò di ciò che aveva dovuto fare ed ebbe voglia di piangere.
Qualcuno bussò alla porta. Si rimise immediatamente il nuovo fazzoletto nero che aveva acquistato dopo aver perso il precedente.
Senza che nessuno chiedesse il permesso di entrare, la porta si aprì piano e sulla soglia spuntò uno strano uomo grasso e quasi completamente calvo, fatta eccezione per il ridicolo ciuffo biondo che aveva al centro del cranio. Vestito con una camicia bianca aperta sul petto peloso, un paio di jeans e un cappotto rosso bordato di nero col colletto in morbida pelliccia, al collo aveva un grosso ciondolo d'oro e in bocca stringeva un sigaro.
Dietro di lui, Kail lo fissò per qualche attimo sconvolto, quindi annuì e si ritirò, chiudendo la porta

<< È un vero piacere fare la vostra conoscenza di persona, finalmente. >> esordì quello, con voce rauca e sghignazzante << Mi avevano detto che questo misterioso "combattente" fosse un fenomeno, ma non credevo potesse effettivamente essere così. >>

Victor alzò un sopracciglio, scrutandolo con diffidenza e scetticismo

<< Con chi ho l'onore di parlare? >> lo schernì, infastidito, facendogli notare la maleducazione usata nel saltare le dovute presentazioni

L'uomo prese il sigaro mezzo consumato dalla bocca e lo strinse tra le dita pasciute della mano destra, piene di anelli di ogni forma e colore. Alcuni erano anche d'oro e argento, scintillarono colpiti dalla flebile luce delle due torce che illuminavano la stanza

<< Oh, giusto. >> rispose quindi, e si presentò con un ghigno soddisfatto << Io sono Corneo, meglio conosciuto come il don. Sono nuovo da queste parti, Midgar è un ottimo posto per fare affari. >> sghignazzò

E gli occhi di Victor s'illuminarono di una luce nuova, più perfida e soddisfatta.
Così... era lui il famoso Don Corneo.
Beh, in questo caso ... meglio non farsi sfuggire questa occasione.

   
 
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