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Autore: hirondelle_    15/06/2016    2 recensioni
[hiromido][masahika][past!gazemido]
What if in cui Midorikawa è il padre biologico di Kariya, che torna a vivere con lui dopo moltissimi anni a causa della morte prematura di sua madre. L'inizio della sua nuova vita non è dei più facili. Per comprendere suo padre e soprattutto se stesso, Kariya dovrà venire a patti con il suo passato.
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Kariya buttò fuori l’aria che non si era accorto di star trattenendo, un singulto trattenuto all’altezza della gola che sembrava volerlo soffocare di secondo in secondo.
“Senpai?” chiamò una voce timida. Hikaru era al suo fianco, ancora avvolto dalla coperta, gli occhi stropicciati di sonno ma vigili puntati su di lui. Gli appoggiò una mano sul braccio e gli sorrise.
Kariya spostò lo sguardo da Hikaru a suo padre e seppe che sarebbe andato tutto bene.
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[50k words]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Kageyama, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ombrelli sotto la pioggia
 Alla fine non era riuscito ad dormire a lungo ed era uscito nella notte gelida. Sentì l’aria secca sferzargli il viso, costringendolo a premere il cappotto contro il petto e a tentoni, aiutandosi solo con la fioca luce del cellulare, cercò l’automobile di suo padre.
Non era riuscito a scorgerlo, nel buio, sebbene fosse abbastanza sicuro che si trovasse nel letto di fianco al suo. Non sapeva dove si trovasse Diam. Era come se non avesse dormito con loro, anche se non poteva esserne certo. In ogni caso, non gli importava: non aveva intenzione di essere scoperto.
Suo padre aveva lasciato la macchina aperta e Masaki vi si infilò sfregandosi le mani e rannicchiandosi come un bambino sul sedile.
Aveva fatto un sogno strano, di cui ricordava davvero poco. Gli era sembrato di ascoltare una nenia appena udibile, e per un attimo si era chiesto se non provenisse dalle stanze adiacenti, ma sembrava fuori questione: quel luogo era totalmente deserto.
Guardandosi attorno, nel buio, non scorse che due automobili parcheggiate accanto all’entrata. Per combattere il senso di inquietudine che quella vista gli procurò accese la luce anteriore e rimase in attesa del minimo rumore. Avrebbe fatto meglio a rientrare, probabilmente, ma non si sarebbe fatto suggestionare per così poco... A meno che...
Il suo sguardo venne catturato da un pacchetto di sigarette e un accendino abbandonati sul cruscotto, assieme a un sacco di cianfrusaglie non ben definite: suo padre doveva averli lasciati ingenuamente lì, in mezzo a quel disordine. E pensare che la casa era solitamente immacolata.
Si guardò attorno, ma non vide davvero nessuno; dopo essersi assicurato di non essere osservato, sfilò una sigaretta dal pacchetto e l’accese con alcuni scatti nervosi. Il fumo impregnò l’aria della vettura in meno di poche boccate e Masaki si ritrovò costretto ad aprire una delle portiere nel momento in cui si rese conto che non riusciva a scorgere nulla dal finestrino.
“Non voglio che si fumi in auto.” proruppe una voce alle sue spalle. Masaki sussultò, ma lo spavento si tramutò in risentimento non appena suo padre fece capolino dal lato del guidatore e gli sorrise. Istintivamente, nascose la sigaretta ormai quasi consumata, anche se a quel punto sarebbe sembrato stupido.
“Posso?” chiese Ryuuji, e in quell’istante suo figlio si rese conto di quanto assurda suonasse quella domanda- beh, era la sua auto. Certo che poteva. Inutile dire poi che quel sorriso gli dava alla testa. “Non sei arrabbiato?” chiese.
Suo padre si sedette accanto a lui e Masaki si decise a lasciar andare il mozzicone e a pestarlo con un piede sull’erba umida. “No, solo stupito: non sapevo che fumassi.”
“Ho iniziato da poco...” borbottò a mezza voce Kariya, abbassando lo sguardo con fare colpevole. “Mi ha insegnato un mio amico.”
Ryuuji ridacchiò piano e si appoggiò al volante. Aveva gli occhi gonfi e stanchi. “Ohlallà. Mi sembra ci tenga molto alla tua salute! Ma detto da me sembra solo ipocrita.”
“Beh, allora che ci fai qui?” non poté trattenersi dal chiedere Masaki, nel momento in cui comprese che non era lì per fargli una sfuriata o qualcosa del genere. “Cioè, se devi sgridarmi fallo.”
“Oh, no, non voglio sgridarti. Ho notato che non riuscivi a prendere sonno e ho pensato che qualcosa ti turbasse.” si giustificò il padre. “E per quanto riguarda questo... beh, anche io fumo. Sarebbe stupido da parte mia fermarti: sappi solo che non è salutare. Ecco, sono solo deluso dal fatto che tu non me l’abbia detto, avrei potuto aiutarti.”
“Mh.” rispose Kariya, dubbioso. “Pensavo ti saresti arrabbiato.” mormorò soltanto, e si stupì nel vedere suo padre sorridere, il viso assonnato afflosciato contro il volante: “Io non mi arrabbio mai. Ricordatelo. Quindi d’ora in poi niente segreti, d’accordo?”
Masaki ci pensò su, prima di rispondere. Gli era ormai chiaro che suo padre fosse del tutto intenzionato ad allacciare un rapporto con lui, se non di sangue almeno di fiducia. Non era sicuro invece che entrambi sarebbero stati in grado di mantenerlo.
“A proposito di segreti, cos’è questo posto?” domandò guardandolo di traverso, ancora in dubbio. “Voglio anche sapere chi è Diam. È il tuo ragazzo?”
Ryuuji si sitemò i capelli e si mise comodo, rivolgendogli un’occhiata sorpresa. “Non ti piace, vero? L’ho notato subito.”
“Più che altro, sono io che non piaccio a lui.” puntualizzò Masaki, sulla difensiva. “Mi guarda sempre storto.”
“Lui guarda storto tutti, in un primo momento, ma poi dopo averlo conosciuto bene si può dire che è una persona alla mano.”
“Allora, è il tuo ragazzo?” insistette Masaki, accorgendosi che suo padre aveva di nuovo cambiato discorso. Iniziava ad irritarlo, quella sua abitudine di cambiare le cose a proprio piacimento: gli sembrava il comportamento di una persona falsa.
“Non proprio,” rispose Ryuuji, facendolo sospirare per l’esasperazione. L’adulto sembrò non accorgersene e riprese a parlare: “siamo cresciuti insieme ed è come se fossimo praticamente fratelli, è stato grazie a lui che ho scoperto di essere gay perché è stata la mia prima cotta. Abbiamo frequentato persino la stessa università, ma poi le nostre strade si sono divise, tra una cosa e l’altra...” mormorò, soprapensiero, come se parlasse di due estranei. “Ogni tanto vengo qui a salutarlo, di solito durante le ferie. Ora che lavora qui, non può spostarsi molto.”
“Qui dove?”
“All’osservatorio.”
Le pupille di Masaki si dilatarono per lo sconcerto. “Un osservatorio? Qui? Cioè, un vero osservatorio astronomico?”
Ryuuji ridacchiò, sfilando un’altra sigaretta dal pacchetto e accendendola a sua volta. “Oh, sì. Questo è il dormitorio. Non c’è molta attività in questa stagione, però posso sempre portartici quest’estate.”
“Oh sì!” esclamò immediatamente, preso dall’euforia, e pentendosene subito dopo. Abbassò lo sguardo borbottando qualcosa renendosi conto di aver espresso con troppa evidenza le sue emozioni. “Cioè, grazie. Sarebbe interessante.”
Non poté trattenere un sorriso quando suo padre gli scompigliò con tenerezza i capelli e iniziò a fumare beatamente di fianco a lui.
 
Nel salutarli Miura fece un inchino: gli rivolse un sorriso mesto e sembrò più gentile della sera precedente. “Ti prego di scusarmi, devo aver esagerato ieri. Non ci so fare con gli sconosciuti!” gli confessò quasi in imbarazzo, e aggiunse un inchino più profondo. Non era esattamente sicuro che quella fosse la vera motivazione del suo comportamento, ma per correttezza si inchinò a sua volta. “Nessun disturbo” mormorò, mascherando la poca convinzione. Probabilemnte suo padre ne aveva parlato con lui, e quel pensiero lo ferì: avrebbe voluto che rimanesse qualcosa tra loro due e basta.
Salì in macchina senza guardarsi troppo in giro, abbassando lo sguardo sulle proprie scarpe nel momento in cui Miura e suo padre si scambiarono un ultimo abbraccio.
Per tutto il viaggio di ritorno, Masaki si perse a contemplare la distesa salata al di là di suo padre e ogni tanto si sorprese a contemplarne i tratti del viso. Sembrava davvero giovane: solo lui poteva sapere davvero quanti anni avesse. Di certo ne dimostrava meno.
Era come una fotografia appena sbiadita.
“Tutto bene?” gli chiese Ryuuji, non appena si rese conto di essere osservato.
Andava tutto bene? Non era sicuro. Annuì piano e chiuse gli occhi, non volendo pensare più a niente.
Arrivarono verso le dieci di mattina e fecero colazione al bar. Ryuuji avrebbe avuto il turno di pomeriggio e dovevano affrettarsi. Non parlarono molto, se non di Diam e dell’osservatorio che suo padre conosceva così bene: scoprì che il padre di Miura era stato un famoso astronomo e per questo fin da ragazzi lui e Ryuuji avevano coltivato la passione per il cielo.
“Senti...” mormorò, sorseggiando il caffè freddo. “Anche Miura è... cioè... lo sai.” Non voleva ammetterlo, ma era sinceramente curioso su questo fatto insignificante.
Ryuuji ridacchiò, appoggiando il proprio tè sul tavolo e lasciando una piccola mancia. Aveva sempre l’abitudine di farlo, prima di uscire da qualsiasi bar. “Ha una moglie e tre figlie. Non credo.”

modificato: 21/07/20
   
 
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