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Autore: Midori Kumiko    15/06/2016    1 recensioni
Ormai era deciso. Sarebbe cominciato quel periodo di terrore, angoscia e paura. In questo gioco mortale avremmo dovuto partecipare come alleate, pur possedendo caratteri diversi, anzi opposti. Avremmo dovuto fare la stessa fine di tutti gli altri...o forse no? Storia scritta a quattro mani: da me e dalla mia migliore amica (Questa è la nostra prima fanfiction)
Genere: Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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P.O.V. AISU
Accadde tutto nello stesso istante: la tonta, la mia rabbia, il tipo, la lama del coltello, il mio braccio che si muove d’istinto a estrarre la pistola dall’interno della giacca. Quando vidi il luccichio del coltello avvicinarsi, mi abbassai per schivarlo, sapendo però che, probabilmente, ne aveva altri nella giacca. Prima che potesse afferrarne uno, però, gli avevo già puntato la pistola in fronte, ma ritrassi il braccio, dopo aver avvertito il freddo della lama sul gomito e la stoffa della giacca che si lacerava. Approfittando del suo slancio, che doveva avergli fatto perdere l’equilibrio, appoggiandomi con la mano libera a terra, gli sferrai un calcio nello stomaco, nonostante le mie mire fossero più basse. Lui andò a sbattere contro uno scaffale, da cui caddero alcune bottiglie di olio che s’infransero al suolo, ungendolo e facendomi scivolare quando tentai di avvicinarmi. Fantastico, non poteva andare meglio. Proprio quando dopo diversi tentativi ero riuscita a rimettermi in piedi, finalmente stabile, vidi che anche lui era in piedi, grazie all’aiuto dello scaffale. Ero pronta a puntagli la pistola e a sparargli: quante possibilità c’erano che lo mancassi da una distanza di tre quattro metri? Intenta ad alzare il braccio con la pistola, avvertii qualcosa di duro colpirmi in testa, dandomi una dolorosa fitta. Emisi un piccolo urlo di sorpresa misto a dolore, mentre mi massaggiavo la testa voltandomi verso colui-che-sarebbe-morto-di-lì-a-poco-per-la-sua-azione: ovvio, era la tonta. Ma cazzo faceva?!
 
-Ma che mira di merda hai?!- le urlai contro e lei mormorò uno dei suoi insopportabili scusa. Non mi servivano le sue scuse, mi serviva che non m’intralciasse in quel modo. Quando mi voltai di nuovo verso il mio avversario, lui era già a pochi centimetri da me e mi fece cadere. Me lo ritrovai sopra di me, a cavalcioni, mentre tentava di conficcarmi quel coltello in testa, ma io lo tenevo fermo per il polso. Con l’altra mano, però, lui mi stritolava il collo e io, con la mano che aveva perso la pistola a pochi centimetri da lì, tentavo di liberarmi dalla sua morsa. Non riuscivo quasi più a respirare, e presto anche la mia presa sul suo polso sarebbe cessata. Tutta colpa di quella tipa.
 
-Prendi questo!- sentii urlare Fujiko, e per un attimo pensai che avesse in mente di fiondarsi sull’uomo in un corpo a corpo, ma, se lo avesse fatto, era sicuro che ci sarebbe rimasta secca. Sorprendentemente, invece, vidi un grande cocomero verde colpire l’uomo sopra di me, che si accasciò a terra. Subito ripresi a respirare affannosamente, sgusciando da sotto di lui e afferrando la pistola, approfittando del momento per colpirlo. Nell’aria risuonava un colpo di pistola e il proiettile gli finì in testa, mentre a terra si allargava un enorme pozzanghera di sangue.
 
Con il respiro ancora affannato per l’adrenalina del momento, lanciai un’occhiata alla svampita, che era completamente sbiancata alla vista dell’uomo morto. Nonostante fossi stata io a ucciderlo, non mi degnò di uno sguardo: tanto meglio così. Asciugai le goccioline di sangue finite sul dorso della mano che impugnava la pistola sui pantacollant neri. Ora dovevo solo eliminare le prove della videosorveglianza, sperando di non incontrare il cassiere, altrimenti lo avrei dovuto uccidere. Mi alzai, aiutandomi con la mano libera, per poi dirigermi verso la porta opposta nel supermercato, passando difronte alla ragazzina pietrificata. Pensai di trovare la porta bloccata, ma evidentemente quel tipo era talmente nulla facente che non si era nemmeno assicurato di chiuderla per bene. Fu più semplice del previsto: trovai il tasto apposito per scaricare tutta la registrazione di quel giorno su un disco che spezzai più volte per poi gettare i pezzi in un cestino. Un lavoro pulito pulito. Tornando sul luogo del “delitto”, trovai la svampita ancora imprigionata in quella rigida posizione. Mi avvicinai a lei, con quel mio passo silenzioso, fino a poterle sussurrare all’orecchio:- Fossi in te, non direi niente a nessuno di ciò che hai visto.- la vidi sussultare a quel mio avvertimento. Mi avvicinai un’ultima volta alla salma insanguinata del tipo a terra, controllando nell’interno della sua giacca, giusto per accertarmi che fosse veramente un possessore. Trovai un vecchio cellulare mal ridotto con una grande scritta sullo schermo: “DEAD END”. Bingo.
 
Ora che avevo sporcato delle mie impronte digitali il telefono, sarebbe stato meglio portarlo con me. Proprio mentre riponevo l’oggetto in una tasca, arrivò il grasso cassiere incredulo dello scenario che gli si poneva davanti. Usai uno degli ultimi proiettili rimasti per farlo fuori, beccandolo sul collo. Avrebbe fatto meglio a restarsene fuori: avrebbe evitato di morire.
 
-Ci vediamo a scuola, tonta.- la salutai un’ultima volta. –Fossi in te, chiamerei un taxi. Ha perfino cominciato a piovere.
 
 
P.O.V.  FUJIKO
Ero rimasta completamente sola in quel supermercato, dove erano appena avvenuti due omicidi. Non sapevo cosa fare: seguii il mio istinto e, anche sotto la pioggia, corsi più veloce che potei. Era incredibile ciò che avevo appena visto: un uomo incappucciato aveva appena provato ad assassinarmi con un coltello, e la mia nuova compagna di classe aveva fatto fuori sia lui che il commesso con una tale disinvoltura che faceva quasi paura; come se per lei fosse una cosa normale. Mi sentivo sopraffatta dall’ansia, ma cercai di calmarmi e di ragionare, come mi aveva insegnato mia madre: perché, entrando nel panico, nulla si sarebbe risolto.
 
Parlando proprio di mia madre, la mia corsa fu interrotta dal rumore della suoneria del mio telefono.. ed era lei; ci misi un po' a rispondere a causa del panico: possibile che ogni fottuta volta che si è agitati o di fretta non si riesca a far funzionare correttamente i telefoni?! Ditemi che non sono l’unica…
 
-Si può sapere dove sei finita?! Sai che ore sono?!-  mi sfondò il timpano. – Scusami mamma, mi sono addormentata sul bus…- la sentii sospirare allora intervenni – Tranquilla, prendo un taxi e sono subito da te! - -va bene ci vediamo dopo! - e attaccò.
 
Continuai a correre sotto la pioggia e fermai un taxi; dopo avergli detto l’indirizzo di casa con voce tremante mi sedetti e partì.
 
Probabilmente il conducente si sarà domandato per quale assurdo motivo avessi gli occhi spalancati e guardassi dritto davanti a me senza proferire parola. Pagai in silenzio e corsi a casa. Trovai mia madre che mi stava aspettando.
 
-Mi hai fatto preoccupare.- mi disse con tono dolce abbracciandomi –Scusa… ora vado a letto.- le dissi io per poi andare in camera mia e, dopo essermi messa un pigiama, mi rifugiai sotto le coperte ancora nel panico.
 
Lo stress accumulato mi fece addormentare tardi, e ovviamente mi svegliai in ritardo per la scuola. Dopo essermi vestita di fretta senza neanche aver fatto colazione, arrivai al cancello scolastico che era deserto, indice che era proprio tardissimo! Corsi per i corridoi scolastici e arrivai in classe scusandomi con il professore che mi rimproverò duramente per il ritardo.
 
Dopo aver tirato un sospiro per rilassarmi mi avvicinai al mio banco e notai che Aisu aveva indosso dei normali indumenti, bianchi e neri, ignorando la divisa scolastica e tutte le norme riguardo l’abbigliamento da tenere nell’istituto. Lei mi squadrò e io, dopo aver posato la borsa, mi allontanai con la sedia da lei, ancora scioccata dall’altra sera.
 
Durante il corso delle lezioni, continuò a lanciarmi delle occhiatacce mentre continuavo a fare dei bozzetti di disegno sul mio sketcbook, agitando nervosamente la porta mine.
 
Dovevo sapere che cosa diavolo era successo quella sera! Dovevo sapere per quale motivo potessi vedere il futuro attraverso il mio telefono! Ero sicura che Aisu conoscesse le risposte a tutte queste mie domande, e per questo dovevo rivolgermi a lei, anche se ero certa che, con quel suo brutto carattere, non mi avrebbe dato retta.
 
Finite le lezioni, senza neanche salutare le mie amiche, me ne andai con l’autobus in centro.
 
Avevo ideato un piano per estorcerle quelle risposte, ma avevo bisogno di un piccolo aiuto: avrei usato qualunque mezzo per capire. Vidi da lontano il mio obbiettivo e silenziosamente mi avvicinai a lui. Le trafficate vie di Tokyo erano l’ideale per distrarre l’agente, ed era un male lasciare qualcosa di così prezioso per il suo lavoro nelle tasche laterali.
 
Mia madre mi aveva insegnato come agire furtivamente, dato che poteva sempre servire; presi l’oggetto senza difficoltà e lo nascosi nella cartella continuando a camminare come se nulla fosse. Era stato semplice e, con un sorrisetto, me ne tornai a casa e, notando che mia madre era uscita a fare la spesa, me ne andai in camera senza pranzare dato che non avevo fame.
 
La mia giornata proseguì normalmente e dopo aver fatto i compiti e cenato con mia madre me ne andai a dormire presto per avere energie a sufficienza per il giorno seguente.
 
Mi svegliai di buon mattino, mi vestii facendo attenzione a non svegliare mia madre e uscii di casa;
 
Vidi che Aisu stava camminando verso la scuola allora mi avvicinai a lei, chiamandola dopo aver preso l’oggetto rubato all’agente del giorno prima.
 
-Aisu!- la chiamai prendendo il suo braccio di sorpresa. Si voltò e con le manette mi ammanettai a lei.
 
-Adesso mi racconti che cosa diavolo è successo l’altra sera!-
 
 
ANGOLINO DELLE AUTRICI
A volte ritornano.
E dopo secoli e secoli (amen) siamo qui con un nuovo capitolo. Speriamo che vi piaccia e dateci un vostro parere.
Ringraziamo tutti i nostri lettori e recensori.
Per nostra curiosità fateci sapere chi preferite tra Aisu e Fujiko <3
Grazie in anticipo.
Midori e Yuki
   
 
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