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Autore: Stella cadente    17/06/2016    4 recensioni
– Eliza – la chiamò, quasi in un sussurro. – Tu lo diresti se ci fosse qualcosa che non va, vero?
La piccola sollevò lo sguardo. Una lacrima le rotolò sulla guancia morbida.
– Cosa vuole sapere?
– Vorrei sapere... – non trovava le parole. Come si faceva a chiedere ad una bambina di sei anni se avesse assistito ad un omicidio?
– Vorrei sapere che cosa sai di quello che è successo – disse infine, mantenendosi sul vago.
[…]
– È stata lei. Lo so.
L’ispettore provò un brivido di inquietudine.
– Lei chi?
Ci fu un attimo di esitazione, poi la piccola rispose:
– Samara.
Pausa.
– Vuole ucciderci tutti. Me lo ha fatto vedere.
– Chi è Samara?
[…]
– Allora posso andare a parlarci – tentò.
La bambina si fece seria, poi disse:
– No. Le diranno che sta dormendo. Ma non è vero, signor McDoyle. Lei non dorme mai.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Samara Morgan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ring - Samara Morgan'
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1975
 
 
Ashley, tu lo sai dov’è la mia mamma?
Samara si lanciò addosso alla sua amica, che stava giocando con Mavis e le altre, e le tirò una manica della giacchetta come per attirare la sua attenzione.
Ashley fece un’espressione infastidita. Si sentì raggelare. Sentì le risatine cattive di Mavis e delle altre bambine; tutte avevano fermato la loro partita di pallavolo, e la stavano guardando.
Si sentiva osservata. Ed era solo colpa di Samara.
Sam, non adesso. Finisco questa partita e poi me lo dici.
Ma io voglio saperlo ora! – protestò la piccola.
Risatine.
Ti prego, Ash, è importante! Ho visto il quaderno, i disegni... ho visto tutto!
Dove l’hai visto? – intervenne Mavis.
Samara si incupì. Quando si voltò verso Mavis, era serissima. Di una serietà impossibile, che fece indietreggiare la bambina più grande.
L’ho visto e basta.
La più grande sembrò per un attimo colpita, poi scoppiò in una fragorosa risata.
Avete sentito? – fece, rivolgendosi alle altre. – Ecco perché la nostra Ash – disse poi, calcando con sarcasmo sul nome della bambina – è così schizzata. Perché sta con la strega, con il mostro!
Puntò il dito su Samara, mentre le altre bambine ridevano sotto ai baffi.
Ma è vero, non me lo sto inventando! – continuò la piccola. Poi si rivolse all’amica. – Mamma mi diceva che per passare all’altro mondo doveva buttarmi in acqua.
Le risate aumentarono. Due bambine si spaventarono e si allontanarono di corsa, sussurrando tra di loro.
Ashley sentì la rabbia ribollire dentro di sé. Allontanò Samara con un gesto rabbioso, poi urlò:
Non potete trattarmi così solo perché sto con lei!
Indicò Samara, che sembrò farsi piccola piccola.
Lucy mi ha chiesto di starle dietro, perché non ha nessuno. Ma io non voglio stare con lei!
A quelle parole gli occhi di Samara si riempirono di lacrime.
Scappò via, prima che Ashley potesse aggiungere qualcos’altro.
Non la voleva.
Non voleva vedere.
Come tutti gli altri.
 
 
****
 
 
Ashley non tornò a cercare Samara. Anzi, era contenta di essersi liberata di lei; finalmente Mavis e le altre sembravano aver apprezzato ciò che faceva, e l’alone negativo che la circondava cominciava a diradarsi.
Perché non si era allontanata prima da lei? Perché non aveva posto fine prima a quella tortura? Perché non aveva capito in tempo che cos’era Samara? O meglio, che cosa non era. Perché di lei si poteva dire tutto, tranne che fosse una bambina normale.
Mamma mi diceva che per passare all’altro mondo doveva buttarmi in acqua.
Ashley si ritrovò a sentire un peso su di sé, forte, inspiegabile. Forse era pentimento, forse era tristezza, perché vedere la piccola Samara scappare con gli occhi scuri rigonfi di lacrime era stato in qualche modo lancinante.
Che cosa avrebbe detto Lucy?
Ho visto tutto...
...l’ho visto e basta.
 
 
Un singhiozzo.
Una lacrima che cadeva a terra.
L’acqua contro il pavimento produsse un suono liquido, bagnato, riecheggiante.
E poi lo sentì.
Un urlo. Un urlo nel buio e nel freddo.
Mamma!
Che cos’era?
Mamma! Mamma! MAMMA!
Era rauco. Disperato. Agghiacciante.
E la voce era familiare.
Era la sua voce.
Samara...
L’incubo non sarebbe mai finito.

Forse era appena cominciato.
  
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