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Autore: frafru88    21/06/2016    3 recensioni
Hastong Ville è sicuramente il quartiere perfetto dove vivere, vicini cordiali, belle case e strade sicure piene di alberi e fiori dove far giocare i propri figli. Tutto è perfetto ad Haston Ville, se non fosse che questo grazioso quartiere della media borghesia di Cincinnati ha catturato l'interesse di oscuri figuri. E mentre le begonie dei giardini stanno per fiorire, una serie di omicidi mette al muro il quartiere, rivelando segreti e scomode verità per troppo tempo nascoste ad occhi indiscreti.
Genere: Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Homicidial Liu, Jeff the Killer
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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PICCOLA NOTA PRE - TESTO: HO PUBBLICATO IL CAPITOLO QUESTA MATTINA, TUTTAVIA IL TESTO RISULTAVA SENZA PUNTI DI SPAZIATURA, QUINDI PRATICAMENTE ILLEGGIBILE. FORTUNATAMENTE SONO RIUSCITA A CAPIRE COME FUNZIONA L'EDITING DI QUESTO SITO E A RIPUBBLICARE IL CAPITOLO, QUESTA STESSA SERA. PER CUI QUESTA E' LA SUA VERSIONE DEFINITIVA E CORRETTA.  ;)



                                                                                                       CAPITOLO 1

L'oscurità della quieta e fresca nottata venne squarciata dai primi flebili raggi del sole che, quasi intimoriti ad oltrepassare la linea sottile dell'orizzonte, ridavano lentamente vita al mondo sottostante.
Quelle oscure ed ignote figure che si stagliavano minacciose nel buio, al tocco della luce riprendevano forma e colore, ritornando ad essere semplici alberi, cespugli, lampioni, case e palazzi.
Così, anche la città di Cincinnati cominciava, con pigra lentezza, a svegliarsi dal suo letargico sonno notturno, e con essa anche i suoi abitanti.
Come ogni quartiere benestante che si rispetti, la vita ad Hastong Ville iniziava la mattina alle sette.
Le madri, fresche e mattiniere, davano il buon giorno a tutta casa, preparando la colazione e svegliando i restanti membri della famiglia, i quali tentavano in tutti i modi di strapparle ancora qualche prezioso momento di sonno. I mariti, avvolti nei loro completi in giacca e cravatta, ben stirati e profumati di bucato e dopobarba, salutavano sull'scio di casa  le proprie mogli con un bacio, prima di dirigersi verso le rispettive macchine per andare a lavoro. I figli, muniti di zaini, borse, cartelle e sacchetti per il pranzo, si dirigevano a passo lento verso la fermata del bus scolastico, ascoltando musica, ripassando nella propria mente le lezioni della giornata, pensando agli amici che avrebbero incontrato di lì a poco o semplicemente osservando con noncuranza le colorate macchine che passavano sulla strada asfaltata, lasciando che la propria mente vagasse libera, tra pensieri e fantasie.
La vita ad Haston Ville trascorreva così, quieta ed ordinata, proprio come i suoi residenti. Tanti piccoli mondi simili tra loro, racchiusi in un universo altrettanto piccolo e sicuro.
 
 
 
Gli anziani coniugi Hebergreen vivevano nella terza villetta dalla parte sinistra della strada. Il tetto blu e le pareti esterne bianche davano alla casa un'aria semplice ma elegante. L'erba del piccolo giardino esterno era sempre ben tagliata, le erbacce sradicate e i rami dei due alti alberi  di albicocche, che si trovavano ai lati del piccolo cancello d'ingresso, venivano settimanalmente tagliati per impedirne l'eventuale caduta su qualche ignaro passante.
La signora Hebergreen era un'arzilla vecchietta di novantadue anni, dalla corporatura piccola ed esile. I capelli, lunghi fili di sottile seta bianca, erano spesso raggruppati in un'elegante crocchia, tenuta ben ferma da un vecchio fermacapelli d'oro, arricchito con delicate decorazioni floreali blu, uno dei pochi regali ricevuti dal marito.
Data l'assenza di figli o nipoti, le sue giornate si scandivano tra le pulizie della casa, cura delle numerose piante di narcisi, begonie, buganvillee e peonie e l'organizzazione di diversi progetti sociali e ricreativi all'interno del quartiere, come l'annuale Bingo, per la festa del Ringraziamento, alla casa di riposo HeavenStrass, situata appena fuori il quartiere, l'asta di beneficenza natalizia ed il club di cucito, che si radunava ogni martedì sera alle 19 a casa sua.
Il signor Hebergreen era un robusto ottantanovenne, dal portamento fiero ed austero, abitudine derivatagli dai tanti anni passati nell'esercito. Le larghe spalle e le mani piene di screpolature e calli, facevano intuire il suo passato nei campi, attività che aveva intrapreso dopo il congedo. Il viso, piccolo e spigoloso, era spesso corrucciato in un'espressione dura e rigida, dando al suo aspetto una sfumatura ancor più cupa e severa.
L'unica nota di colore presente sul suo volto erano gli occhi, due splendidi lapislazzuli, la cui luce, tuttavia,  era scomparsa ormai da molto tempo.
Non amando molto la vita sociale, il signor Hebergreen preferiva trascorrere le sue giornate giocando a carte con vecchie amicizie d'armi, leggendo il giornale o parlando di politica e sport con alcuni vicini.
La maggior parte del  tempo, però, lo trascorreva nel suo studio, un piccolo stanzino del secondo piano, adiacente alla camera da letto. Egli si chiudeva lì dentro, passando ore a sfogliare vecchi album fotografici, leggere libri ed osservare le pareti, tappezzate da vecchie foto di gioventù e le molte medaglie al valore, ricevute dopo essere stato promosso a colonnello.
Splendidi trofei, appartenuti ad un tempo ormai ingrigito dalla polvere e dagli anni.
Per tutti i coniugi Hebergreen erano una dolce coppietta di anziani che si stava godendo una serena pensione. Tuttavia, ad uno sguardo più attento, si potevano intravedere piccole tracce di un'infinita tristezza colorare i loro animi.
 Essa poteva essere presente nei profondi occhi scuri della moglie, quando questa si ritrovava ad osservare il vuoto, ricercando nella sua memoria, piccoli spruzzi  di una speranza di felicità ormai lontana.
 Oppure nello sguardo malinconico del marito, mentre sfogliava le pagine ingiallite di un album di fotografie vuoto, sulla cui fodera, di stoffa celeste, v'era disegnato un grazioso orsacchiotto marrone. Mentre le tozze dita raggrinzite accarezzavano, con un'attenzione quasi religiosa, quelle pagine, l'austera espressione che lo contraddistingueva andava via via a sgretolarsi, mentre una calda e silenziosa lacrima scendeva veloce lungo la guancia, candendo poi su uno di quei fogli bianchi, riempiendo, anche se solo per pochi secondi, quell'insopportabile vuoto.
 
 
 
Dall'altra parte della strada, a due case di distanza da quella degli Hebergreen, la signora Tynes e la figlia Betty si incamminavano in silenzio verso la Berlina blu metallizzata della donna, per dirigersi l'una a lavoro e l'altra a scuola.
Greta Tynes era un'avvenente cinquantatreenne, dai tinti capelli biondi, che le arrivavano all'altezza del collo, gli occhi scuri, la pelle olivastra e il lieve accento, suggerivano le sue origini del sud. Ella, infatti, si era trasferita, da Savannah, a Detroid dopo aver conosciuto l'uomo che sarebbe poi divenuto il suo futuro marito. Lo stesso uomo che, poco dopo la nascita di Betty, aveva ben pensato di divorziare da lei, ingaggiando uno dei migliori avvocati del Michigan e riuscendo a portarle via la casa e buona parte dei soldi presenti nel loro conto in banca.
Dopo aver passato quattro lunghi anni in un piccolo e squallido monolocale a Wooster, la donna era riuscita a risparmiare abbastanza denaro per permettere a sé stessa e alla sua famiglia una vita migliore a Cincinnati, trovando poi anche un lavoro, stabile e ben pagato, come segretaria nell'ufficio di un contabile.  
Gli occhi della donna caddero sulla figura alta e sinuosa della figlia, la sua bocca si contrasse un lieve sorriso, notando come l'altra, giorno dopo giorno, tendesse ad assomigliare sempre più a sé stessa, durante gli anni dell'adolescenza. Carnagione olivastra, lunghi capelli scuri ricci e dita lunghe e affusolate. Solo gli occhi, verdi come quelli del padre, ponevano una netta differenza fra le due.
Appena salita in macchina, Betty si allacciò la cintura e girò la testa verso il finestrino, intenta a guardare la porta d'ingresso di casa, dalla quale era appena uscita.
"Oggi è davvero una bella giornata, non trovi tesoro? Finalmente è arrivata l'estate" disse Greta, mentre accendeva il motore, tentando in tutti i modi di instaurare una conversazione con la figlia. Tuttavia Betty non aveva alcuna voglia di parlare, specialmente quel giorno. La donna si fece scappare un respiro rassegnato e con lo sguardo fisso sulla strada disse
"Lo so che sei arrabbiata con me perché oggi non siamo andate a trovarlo. Ma lo sai, David è... malato"
"Malato"?! Era così che lei giudicava David? Pensava davvero questo di SUO fratello?! Davvero per lei tutto quello che lui aveva dovuto sopportare era soltanto una sorta di...  "malattia"?
Se non fosse stato per lei e per quello stronzo di suo padre, a quest'ora David sarebbe ancora con loro, non in quel fottutissimo posto per ricoverati mentali!
Il pesante silenzio nell'abitacolo venne interrotto dall'allegra voce del telecronista alla radio, accesa da Greta poco prima.
"Bene, e ora le notizie dell'ultimo minuto!
Nuovo omicidio a Cincinnati, questa volta le vittime sono due giovani coniugi, Christie e Matt Collins, rispettivamente di ventotto e trent'un anni. La coppia è stata ritrovata in un piccolo vicolo del centro città. Secondo la polizia, l'uomo è stato ucciso con un colpo di pistola alla testa, mentre la donna con una coltellata al cuore. Non ci sono indizi che facciano pensare ad una rapina o a un tentato stupro, per cui la polizia ha deciso di trattare il caso come omicidio preterintenzionale. Questo è il settimo caso di omicidio avvenuto nella contea di Hamilton,  nell'arco di tre settimane. Il vice capo procuratore Rodriguez ha assicurato che sia la polizia della contea che l'FBI stanno indagando sul caso.
Passando ora allo sport, ieri i Red Caps..."
Betty spense la radio, con un movimento irritato. Senza staccare gli occhi dal finestrino, si rivolse alla madre.
"Oggi è il suo compleanno... Non è mica un detenuto di Guantanamo, almeno una telefonata avresti potuto fargliela, infondo è tuo figlio, no?"
Le mani di Greta strinsero il manubrio talmente forte che le nocche le diventarono bianche. Non disse nulla, ma dal suo sguardo frustrato si capiva che preferiva non affrontare l'argomento,  almeno non in quel momento. Si accostò velocemente al marciapiede, vicino l'entrata della Cincinnati Owl High School, spegnendo il motore e rivolgendo lo sguardo vero la figlia, la quale continuava ostinatamente a guardare fuori.
"Lo so che ci odi per ciò che io e tuo padre abbiamo fatto, ma a volte si è costretti a prendere delle decisioni difficili, per il bene delle persone che ami. Anche se questo può farti soffrire. Probabilmente ora non riesci a comprenderci, ma quando sarai più grande, forse lo capirai anche tu"
"Si, certo"  rispose la figlia, con tono secco ed ironico, mentre scendeva dalla macchina e richiudeva la portiera con forza, sbattendola rumorosamente.
Greta vide la figlia dirigersi verso l'ingresso della scuola, mischiandosi con decine di ragazzi della sua stessa età. La donna immaginò di vedere il primogenito accanto a lei. Li vedeva ridire, scherzare, salutare altra gente o semplicemente parlare. Un sorriso triste si disegnò sul suo viso, aveva voglia di piangere.
 Si riscosse velocemente da quella fantasia, guardò l'orologio che aveva al polso e, constatando di essere leggermente in ritardo, riaccese il motore.
Con un profondo respiro, ricacciò indietro le lacrime e si preparò a sfoderare uno dei suoi migliori sorrisi di convenienza, quella sarebbe stata una lunga giornata.
 
 
 
 
La vita dei residenti di Hastong Ville era calma, sicura, perfetta. Non c'era posto, in quell' ordinato e ben strutturato quartiere, per i difetti o gli sbagli.
I problemi, i drammi, le insicurezze e le frustrazioni venivano lasciate in disparte, ben chiuse dietro la porta di casa.
Ciò che nessuno di loro, però, aveva calcolato, era l'imminente e  tremenda tempesta che, con silenziosa e  subdola velocità, si stava avvicinando a quel piccolo universo.
Tempesta,  le cui crudeli conseguenze avrebbero lasciato il segno sulle vite di quelle ignare vittime, come un rovente marchio a fuoco sulla tenera pelle di inconsapevoli agnelli,  diretti al macello.
 
 
ANGOLO AUTRICE
Salve!!! Ed eccoci qua, con il secondo aggiornamento e primo vero capitolo della storia!
Come avevo annunciato nel prologo, questo è un capitolo essenzialmente tranquillo, servito solo per introdurre alcuni personaggi ed i loro "segreti". In realtà, avevo intenzione di introdurre un altro paio di personaggi, però ho notato che il resto sarebbe risultato troppo lungo, per cui ho deciso di posticipare le presentazioni per i capitoli successivi.
Una cosa che mi sono dimenticata di chiarire nel prologo, sono le figure di Jeff e Liu, infatti non è mia intenzione descriverli come i soli ed indiscussi protagonisti, al contrario, ho intenzione di trattarli come due normali personaggi.
L'ultima cosa che volevo dire, prima di salutarci, è che, molto probabilmente, dal prossimo capitolo inizierò ad introdurre un po' di azione, tuttavia, per il primo incontro tra i killer e uno dei personaggi, si dovrà aspettare un altro po', poiché preferisco prima introdurre tutti i personaggi principali e poi, in seguito, dare il via agli omicidi e alle investigazioni.
Beh, mi sembra di aver detto tutto! Spero che questo capitolo introduttivo non vi abbia annoiato! Ci risentiamo per il capitolo 2!! =) 
   
 
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