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Autore: Marianna 73    22/06/2016    17 recensioni
Scelte che uniscono, trascinano, separano e ricongiungono. Scelte che condizionano un'esistenza ma che spesso poco possono contro l'amore.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 - Notte

 

Qualche spruzzo vermiglio la raggiunge, quando la bottiglia di vino si infrange sulla porta e le macchia la seta candida della camicia e la pelle nuda delle cosce.
L'ha scagliata con tutta la forza che quella rabbia disperata ha dato al suo braccio, un urlo ad accompagnare il volteggiare del vetro prima del rumore di cocci catapultati ovunque.
"Maledizione a te  André  Grandier... Che tu sia dannato!"
Così forte, da sentir dolere la gola, non ha urlato mai.
"Vattene allora, vattene e non tornare più!"
Afferra anche i bicchieri e uno alla volta li scaglia conto il legno già  macchiato di rosso.
"Come hai osato chiedermi una cosa come questa, come?"
La voce rimbalza sulle pareti nude e torna, altissima a ferirle le orecchie. "Come hai potuto...Come..?"
Nel silenzio impietoso che segue le sue urla alza le braccia, i pugni tremanti a comprimersi la fronte, gli occhi serrati per impedire alle lacrime di pungere. Parla piano ora, la voce spezzata, il respiro  affannoso per il troppo gridare e l'ira che ancora le stringe ghiacciata, lo stomaco.
"Ma se pensi che io ti rincorra, supplicandoti di tornare sei un povero illuso..."
Riapre gli occhi, e intravede  la sagoma scura del letto.
Non ha mai dormito sola, in quel letto.
La morsa insidiosa dell'incertezza le blocca il respiro e ogni cosa, letto e mobili e tende, sembra galleggiare in una foschia bagnata e spessa, mentre muove qualche passo incerto, attraverso il velo di  pianto rabbioso che, suo malgrado, non le riesce di arginare.
"Come hai potuto ?"
È  appoggiata al bordo del letto e vi si lascia cadere, vinta dalla stanchezza di quella giornata e da quelle urla che l'hanno prosciugata. Riesce ancora a formulare un ultimo pensiero, che diventa un sussurro adirato e caparbio.
"Non ho bisogno di te, André..."
Muove piano il viso sulla frescura delle lenzuola su cui si abbandona e che pietose accolgono la sua fronte stanca.
"Non ho bisogno di nessuno, io..."
Un singulto le spezza petto e respiro mentre si copre la testa con un cuscino.
"Non ...ho...bisogno...di te, André..."
L' incoscienza benedetta del sonno è  lì, ad accoglierla, per sottrarla momentaneamente a quel turbine di sensazioni che la stanno dilaniando. Ancora un sospiro ed un singhiozzo, piccolo, poi l'oblio.
Ma un istante prima di sprofondarvi, in quel momento meraviglioso e terribile che ci pone, tutti, in bilico tra coscienza e sogno, quello in cui non possiamo nasconderci a noi stessi, né ingannarci o blandirci, è il gelo ad invaderle il cuore e a regalarle un piccolo brivido.
Il gelo oscuro e crudele della solitudine e dello sgomento.
"Come hai potuto tradirmi così, André?"

"Ti amo tanto, Oscar."
Non riesce a ripetersi altro, mentre cammina, il cavallo tenuto per le briglie, l'aria fresca della notte che gli accarezza il viso e lo aiuta a contenere i battiti tempestosi del cuore.
"Ti amo tanto, ti amo..."
Nemmeno sa in quale direzione sta camminando, svolta per le vie a caso e le percorre con passi decisi, ostinati, senza farsi domande, senza riuscire a sentire altro che la risata sprezzante di lei a trafiggerlo, ancora e ancora.
"Ti amo, Oscar... ma non potevo fare altro..."
L'ineluttabilità di quell'ultimo pensiero lo colpisce come un pugno in pieno petto e lo obbliga a fermarsi.
Le case si sono diradate e già un principio di campagna si affaccia ai bordi della strada, nell'erba alta che la delimita dal fosso sottostante.
C'ė un muro a secco, alla sua destra ed un alto pioppo cipressino che svetta, solitario ed argenteo di luna.
Avvolge con un gesto automatico le briglie ad un ramo, poi con passi stanchi raggiunge il muro e ne cerca la consistenza con le spalle, il viso levato in alto, perduto nel lieve tremolio delle stelle.
"Non potevo fare altro  Oscar..."
Non saprebbe dire da quanto tempo il suo cuore bramava quel riscatto.
Non sa quante volte si è ostinato a non sentirle quelle grida, a far finta che andasse tutto bene, si è reso sordo all'affermare potente che non era quello l'amore che voleva e non era la vita che voleva, quella che ormai stava vivendo.
Lo sentiva mormorare piano, quel cuore affranto, al mattino quando indossava la giacca della livrea,  la sistemava per bene sul petto e controllava compito i polsini,  che l'attendente del Colonnello de Jarjayes non poteva essere che impeccabile.
Lo udiva bisbigliare più forte e struggersi, il suo cuore, ogni volta che un capannello di dame lanciava occhiate anmmiccanti al loro passaggio e nascondeva risatine golose dietro ai ventagli aperti, "Chissà  cosa davvero li lega, mia cara, voi che dite?"
E lo sentiva ruggire e stridere, feroce e disperato, ogni volta che faceva l'amore con lei, e malgrado tutto nel suo corpo si perdeva...per fuggire ululante e sconfitto quando su quella carne tenera e bianca riversava gemendo il suo piacere, sordo e cieco e stolto a convincersi ancora una volta che quel tipo di amore gli bastava...
Ma era stato  così tenace quel suo cuore, nel suo gridare, che infine lo aveva obbligato ad ascoltarlo.
E lo aveva obbligato a mettere Oscar di fronte a quella scelta e a imporre e a sé  stesso di fuggire, al risuonare di quella risata, per salvare di quella sua vita ormai andata alla deriva, almeno il suo amore per lei,  quello vero, intatto e puro, che aveva scoperto dentro di sé una lontana mattina di tanti anni prima, e che si era smarrito, insieme alla sua dignità, in quei letti clandestini, anno dopo anno.
"Ti amo tanto, Oscar" sussurra mentre si accovaccia a terra, la testa appoggiata alla solida rigidezza del muro.
"Per questo devo andarmene via...per poter continuare ad amarti..."
Le palpebre scendono pesanti a velargli lo sguardo, e il desiderio di cedere al sonno diventa non solo conseguenza della spossatezza che quell'ultimo doloroso confronto ha risvegliato nel suo animo ma anche una porta misericordiosamente aperta sull'oblio, almeno temporaneo.
Ha tempo per un ultimo pensiero, che è  insieme ragione ed istinto e sofferenza, e solitudine, tanta, tracimante, prima di lasciarsi andare.
"Ti amo Oscar..."

Sogni gioiosi  ad accompagnare il sonno tra le lenzuola fresche e all'ombra delle fronde sussussurranti.

Sogni che parlano di giochi lontani, di giorni spensierati, di voci argentine che si chiamano e di piedini svelti che si rincorrono, nudi tra l'erba alta. "Corri André, sono sicura che non ci riesci a prendermi!"
"Ma certo che ce la faccio! Posso correre molto più  forte di te, e lo sai bene!"
Sogni che raccontano di tenerezza e complicità, di dita compassionevoli sui segni lasciati da una punizione troppo feroce, leggerissime sulla pelle arrossata di una guancia.
"Ti fa molto male Oscar? Se vuoi posso portarti una salvietta imbevuta d'acqua fresca..."
"No André, non serve, davvero. Piuttosto  resta qui, e leggi qualcosa per me, te ne prego..."
Sogni che odorano di fieno fragrante e cera disciolta e profumano di un amore che si consacra nella carne e diventa promessa e speranza.
"Ti voglio così tanto, Oscar..."
"Sono tua André, lo sarò per sempre..."

Un piccolo singhiozzo nel sonno abbandonato tra le lenzuola intatte, per quell'amore, che si è  fatto consuetudine e rifugio,  che l'ha sostenuta e confortata e che ha pensato essere roccia salda, così inespugnabile che nulla avrebbe temuto. Un fuoco ardente che, ne era stata così certa, si sarebbe mantenuto vivo pur se nell'ombra di quel dovere che era diventato scelta, consapevole e voluta.
Un amore che credeva disposto ad attendere,  a comprendere, a...

Un sospiro fondo, nel sonno contro la ruvidezza di quel muro, per quell'amore che aveva sperato veder sbocciare in un presente ricolmo di cose calde e sicure, un raggio di sole a sfiorare un letto profumato di casa, ciglia grevi di sonno da dischiudere con un bacio e magari una testina bionda ed un corpo cucciolo tra loro, a rubare coperte e sorrisi.
Un amore che non vuole più, se non nella sua compiutezza, che non è  più disposto ad attendere, a comprendere, a...

Le ciglia bionde tremano, e una mano sale istintiva a celare gli occhi alla luce del sole, mentre il tepore di quel sentimento rivissuto nel sogno si dissolve per ritrovare la realtà di un letto vuoto ed il sapore amaro di quelle lacrime che ha tentato invano di scacciare, nel fondo del palato.
Il ricordo di quella porta che si chiude sulle sue urla le stringe forte lo stomaco, mentre faticosamente lo sguardo ritrova la realtà  di quella scelta fatta di rabbia impetuosa.
Ce ne sono ancora gli echi, tra quelle mura mentre si solleva e a fatica si mette seduta sul letto.
Sola. Sola come non è mai stata.
Ma non la teme quella solitudine, se lo ripete con forza, non più, non ora che è sveglia e con gesti cauti si alza e riavvolge le fasce strette sul seno,  per poi allacciare, le dita percorse appena da un tremito piccolo, ogni laccio della camicia.
Non ora che un pezzo dopo l'altro ritrova la consistenza della stoffa dell'uniforme sulla pelle.
I calzoni e la giacca, scudo impenetrabile a nascondere la sua natura agli occhi del mondo e la fascia e la spada....la sua difesa, quegli abiti, da ogni cosa: dall'abbandono, dal tradimento, da quei ricordi che fanno così male.
Da tutto.
Anche  da quel chiodo di ghiaccio che sente conficcato nel cuore ma che non vincerà  la sua volontà,  non la farà  tornare sui suoi passi.
Infila decisa gli stivali e calpesta con forza i cocci sparsi a terra, simbolo di un pezzo di vita che ha deciso di lasciare in quella camera.
"Nohbisogndte, André..."

Ogni singolo muscolo della schiena duole e reclama di essere disteso, mentre schiude piano gli occhi alla luce frammista di verde del giorno, le foglie a stormire lievi, ignare del suo tormento.
Abbandona piano il calore di quel sogno fatto di una speranza che non sarà più,  mentre nelle orecchie risuona nuovamente, a sovrapporsi a quella voce morbida e lontana, il riso irrisorio di lei.
Il petto gli si squarcia di nuovo, mentre si mette in piedi e prova a muovere qualche passo per raggiungere il cavallo intento a brucare tranquillo l'erba dolce di rugiada.
C'è rimpianto per quel nido caldo che ha sentito così vero, ma c'è fermezza in ogni suo gesto, nel dispensare piano una carezza alle froge di velluto che lo cercano e nel raddrizzare la figura, per scacciare dalle giunture il freddo di quella notte passata all'addiaccio.
C'è ancora sofferenza, infinita, e amore, infinito anche quello, mentre stringe tra le mani i finimenti e li passa con calma dietro la testa dell'animale.
Ma c'è, piccolissimo, a rischiarare la tenebra di quella perdita, il barlume di luce di una scelta dignitosa e giusta, da perseverare con forza, per ritrovare sé stesso ed essere ancora degno di amare.
Sale in sella con un movimento fluido e senza esitazioni sprona il fianco del cavallo. 
"Ti amo tanto, Oscar, ma non tornerò  da te."


continua...






Un capitolo breve ma necessario a ribadire quelle scelte fatte sulla scia del furore e per iniziare a far sì  che entrambi comincino a guardarsi dentro.

Un abbraccio e, come sempre, un grazie immenso a chi viaggia con me dal  principio o è  appena arrivato, a chi lo fa in modalità silenziosa e a chi invece mi lascia una traccia....siete tutti ugualmente preziosi.
Naturalmente,  come sempre, un ringraziamento speciale alla mia insostituibile, pazientissima consulente che sopporta stoicamente ogni mia insicurezza ed ogni mio delirio. 
A presto.

 

   
 
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