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Autore: ELIOTbynight    27/06/2016    2 recensioni
Affacciarsi alla finestra e innamorarsi non è mai stato così facile.
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Prima classificata al contest “Take a picture and never forget” indetto da Sethmentecontorta sul forum di EFP.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ittetsu Takeda, Keishin Ukai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore: ELIOTbynight
Titolo: Come fumo tra i fiori
Fandom: Haikyuu!!
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico
Personaggi: Takeda Ittetsu, Ukai Keishin
Rating: Verde
Avvertimenti: AU
Introduzione: Affacciarsi alla finestra e innamorarsi non è mai stato così facile.



*

Come fumo tra i fiori


Un altro afoso giorno cominciava. Il sole passava attraverso le persiane e batteva sugli occhi sottili di Keishin, come unica sveglia che potesse smuoverlo dal suo torpore mattutino prima di colazione. Non importava molto che cosa mangiasse o a che ora; ogni pasto era sempre accompagnato da almeno un tiro di sigaretta. Il posacenere sul piccolo tavolo era pieno e i mozziconi rischiavano di debordare sul tavolo, eppure non era un pensiero abbastanza forte da scuotere l’animo pigro di quel giovane scapolo disoccupato.
Keishin viveva per conto suo da qualche anno ed aveva sfortunatamente perso il lavoro da un paio di settimane. Si sarebbe anche messo alla ricerca di una nuova occupazione, ma quel caldo di giugno arrivato all’improvviso aveva saputo soffocare la sua voglia di fare qualsiasi cosa, anche lamentarsi. Se ne stava seduto sul divano a leggere noiosamente il giornale e usciva solo dopo pranzo, quando le ore più calde della giornata erano passate.
Non era affatto sicuro di voler continuare così, ma anche i suoi pensieri erano diventati pochi, semplici, limitati. Era una vita banale, che non gli stava scomoda, ma neanche gli dava quel pizzico d’entusiasmo che serviva ad alzarsi dal letto la mattina.
Forse il momento migliore era l’arrivo della brezza marina, che portava un poco di frescura ogni pomeriggio e soffiava leggera tra le case, facendo volteggiare i panni stesi o scuotendo i fiori alle finestre delle signore. Keishin l’apprezzava, sedendosi sul davanzale che fronteggiava il palazzo accanto. Apriva le persiane e respirava, lasciava volare via il fumo della sigaretta e seguiva il suo percorso verso chissà quali mete sconosciute, per poi abbandonarsi a ciò che il misero paesaggio aveva da offrirgli. Sotto di lui stava il cortile interno dell’altro condominio, i cui particolari del terreno ormai si erano impressi a memoria nella sua mente, invece se alzava gli occhi poteva trarre del divertimento dall’osservare i balconi altrui, decorati nei modi più diversi.
Fu proprio guardando distrattamente una fila di questi balconi, che lo vide per la prima volta.
Era seduto su una sedia bianca di quelle piene di decori, che a Keishin non erano mai piaciute, e i fiori sulla ringhiera non permettevano una visuale perfetta. Ma quel poco che si vide fu abbastanza: il biondo allargò gli occhi come non faceva da un pezzo e il suo sguardo si fissò su quei capelli neri smossi dal vento in modo incredibilmente ordinato, quelle iridi grandi e scure nascoste dietro due lenti tonde sul naso e quel sorriso gentile che era troppo bello per essere rivolto solo alle pagine di un libro.
La cenere cadde dalla sigaretta di Keishin senza che la sua mano si muovesse di una virgola. Il filo di fumo che l’accompagnava sempre cambiò forma e si contorse nell’aria, viaggiando lontano, e Keishin ebbe l’inaspettato e infantile desiderio che raggiungesse quell’uomo corvino dall’aspetto così buono.

La scena si ripeté per alcuni giorni.
Lo sconosciuto passava a volte poche decine di minuti, a volte interi pomeriggi sul balcone a leggere. Non perdeva mai quell’espressione benevola di circostanza, come se stesse leggendo ogni volta il libro più avvincente della storia. A Keishin non importava: gli bastava vederlo e un po’ era come se anche lui si immergesse in chissà quale romanzo avventuroso. Cercava di cogliere qualche sfumatura diversa in quegli occhi scuri e quando accadeva il suo cuore appena sussultava, immaginando che la storia arrivasse ad una scena cruciale che sorprendeva il lettore e lo spingeva a proseguire. Quali gesta passavano sotto i suoi occhiali, pagina dopo pagina? Quali appassionanti vicende avevano il potere di attirare l’interesse di quel giovane dall’aria così dolce e fragile? Quali righe lo spingevano a sorridere o a mordersi un labbro allarmato, regalando a chiunque lo ammirasse un panorama stupendo?
Queste erano le domande che echeggiavano nelle orecchie di Keishin, sollevando la polvere di apatia delle sue giornate e facendogli sognare cose che mai avrebbero sfiorato la sua mente, se non fosse stato per quel giovane del palazzo accanto.
Da dietro l’anta semiaperta della finestra, Keishin l’osservava in un silenzio ancora più profondo e religioso di quello dei primi giorni trascorsi in quell’appartamento da disoccupato. Non si stancava mai di tenere gli occhi puntati su quel balcone, dove lo sconosciuto passava buona parte del suo tempo. Solo il filo di fumo della sua sigaretta osava far uscire, guidato dal fresco vento di mare che scuoteva quei capelli neri come fossero tenere foglie d’ebano.
Un giorno si sorprese a muovere le dita della mano libera nel vuoto come per voler accarezzare quei capelli e allora abbassò lo sguardo, maledicendosi in tutte le lingue. Se ci fosse stato qualcuno al suo fianco, gli avrebbe di sicuro fatto notare il rossore sulle guance abbronzate.

Un pomeriggio Keishin trovò il suo giovane senza nome impegnato a parlare con qualcuno. Non era nemmeno importante chi fosse, l’attenzione era sempre rivolta a lui, al bell’angelo dal sorriso delicato. Stavolta il suo volto cambiava continuamente, preso da chiacchiere che Keishin non riusciva a sentire, e il biondino studiò da lontano una per una tutte le rughe che si formavano su quella pelle pallida ad ogni cambio d’espressione. Finì per amarle tutte.
Ad un certo punto l’uomo si mise a ridere. Quel suono cristallino come una campanella si sparse tutt’intorno e fu udito anche da Keishin, il quale fece inavvertitamente cadere la sigaretta ancora accesa sul davanzale della finestra.
Rimase immobile, con la bocca semiaperta e gli occhi congelati su quel sorriso genuino. Dopo istanti intensi e interminabili, si dovette reggere al muro e si spostò in modo goffo fino a poggiarvi la schiena. Si sentiva andare a fuoco.
Le sue orecchie non erano mai state toccate da un rumore più gradevole e il panorama a cui aveva avuto l’onore di assistere era ciò che di più prezioso Keishin potesse vedere.

Divenne un rituale quotidiano, di quelli irrinunciabili, che facevano concorrenza anche alle migliori abitudini. Tamburellando le dita sul pacchetto di sigarette che teneva in tasca ed aveva appena comprato, Keishin boccheggiava dal caldo e camminava a passo spedito sul marciapiede, deciso a tornare presto a casa solo per vedere se l’uomo era come al solito sul suo balcone.
Ebbe appena il tempo di rendersi conto che non si sarebbe perso quella sorta di appuntamento per nulla al mondo, quando alzò il capo e si bloccò. Davanti ai suoi occhi si stava verificando un fatto che di straordinario non aveva niente, ma che fu in grado di meravigliare Keishin oltre ogni dire.
Il suo uomo era lì, a pochi metri. Stava uscendo dal portoncino del suo palazzo, canticchiando un motivetto a bocca chiusa. Gli occhi di Keishin si aprirono a dismisura, tremanti, riflettendo la luce aranciata del sole che si abbassava: il suo vicino era vestito bene, la camicia bianca e leggera gli diede un’aura angelica che il biondino avrebbe comunque visto intorno a lui, come il più bello dei miraggi.
Il moro accorciò presto la distanza tra loro, iniziando la sua passeggiata e passandogli accanto. Keishin non capì più niente; trattenne il fiato per riflesso, sbatté le palpebre e seguì i suoi movimenti con lo sguardo. L’altro se ne accorse e trovò naturale rivolgergli un lieve sorriso cordiale.
Pochi secondi dopo era già fuori dal suo spazio vitale, ma il cuore del giovane innamorato continuò a martellare impazzito per un tempo che lui non seppe definire. Solo quando rientrò nel suo appartamento e si chiuse la porta alle spalle, fece un respiro profondo e portò una mano al viso.
Stavolta era sicuro di essere arrossito in modo vergognoso. Non sapeva se arrabbiarsi con se stesso o desiderare che l’episodio si ripetesse all’infinito.

Quella sera Keishin era tornato dal suo solito giro con un volantino in mano, senza ricordare neanche il viso del ragazzino che gliel’aveva dato. Lo fece cadere sul tavolo con espressione annoiata, ma poi vi puntò gli occhi per leggere meglio: in riva al mare era stato allestito un mercatino in vista della festa di paese, alla fine della quale erano previsti dei fuochi d’artificio.
Qualche vaga immagine della sua infanzia fece capolino nella sua mente, facendogli rivedere quel cielo stellato riempito dei più svariati e vivaci colori, che ammirava da piccolo insieme al nonno. Erano giorni ben lontani dalla sua attuale condizione e con un sospiro si avvicinò alla sua fedele finestra. Poteva già udire le voci dei bambini che saltellavano verso il lungomare per partecipare ai festeggiamenti, a cui però lui non aveva voglia di unirsi.
Il balcone di fronte era vuoto e Keishin sospirò di nuovo, prendendo una sedia e accostandola al muro per poter appoggiare i gomiti sul davanzale basso. Sicuramente il suo uomo era in dolce compagnia che passeggiava e curiosava tra le bancarelle. Sollevò gli occhi a guardare il cielo: quelle sfumature azzurre e violacee non erano male, ma non sarebbero durate a lungo, poiché di lì a poco avrebbero lasciato posto al blu profondo dell’ennesima calda notte d’estate.
Spostò lo sguardo stanco davanti a sé e sobbalzò. Quando era arrivato?
Lo sconosciuto del balcone accanto stringeva la ringhiera sottile con le mani e il suo volto non era ben visibile, dal momento che era rivolto verso il basso. Keishin non riuscì a scorgere la sua espressione, ma la curiosità era talmente forte da sembrare palpabile e si sporse appena in avanti con la bocca semichiusa in una smorfia concentrata.
All’improvviso l’altro alzò la testa ed incontrò il suo sguardo. Fu come se il tempo si fosse fermato; solo il vento aveva cominciato a soffiare con leggerezza. Nessuno dei due interruppe il contatto visivo, meravigliati allo stesso modo. Dopo qualche istante, fu il moretto a parlare per primo con un lieve sorriso:
- Buonasera.-
Keishin non realizzò che quello stesse guardando proprio lui, finché non sentì il suo saluto gentile. Fu un suono così dolce che dovette deglutire e sbattere ripetutamente gli occhi prima di rispondergli.
- B-Buonasera.- ripeté con il solito borbottio che si ritrovava al posto della voce. Non se n’era mai vergognato fino a quel momento.
Il suo dirimpettaio rilassò le spalle e chiuse gli occhi per qualche secondo, cullato dal venticello della sera. - È rimasto a casa anche lei?- domandò poi, assicurandosi di essere sentito dall’altra parte.
- Già … - rispose Keishin, cercando di prendere confidenza con il fatto che quell’uomo sì, stava parlando proprio con lui. - Non ho nessuno con cui andarci.-
Santo cielo, perché l’aveva detto? Sembrava una frase da adolescente maliziosa che vuole farsi invitare al ballo dal principe azzurro! Ma dove aveva la testa?
Un attimo.
- E lei, invece?- chiese, stavolta senza vergogna. - Non ha voglia di andare alla festa?-
Che quel bel giovane fosse rimasto a casa da solo in una serata come quella, Keishin non riusciva a spiegarselo.
L’altro sorrise di nuovo, ma in quel sorriso c’era qualcosa che non andava. Non era come quelli dei giorni precedenti, era un sorriso pieno di amarezza.
- Beh, io … sarei dovuto andarci con qualcuno, ma … -
In quegli occhi scuri rivolti altrove, Keishin rivide la persona che era sul suo balcone qualche giorno prima. Così, senza un motivo apparente.
Il moro scosse il capo e fece scivolare via quello sguardo triste, per poi esordire:
- Come si chiama?-
- Oh. - il biondino decisamente non si aspettava una domanda simile. - Ukai, Ukai Keishin.-
- Il mio nome è Takeda Ittetsu. È un piacere conoscerla!-
Keishin arrossì, sia perché ora conosceva il suo nome, sia perché aveva ricevuto un altro sorriso bellissimo, anche se era offuscato dall’ombra della notte che stava giungendo a poco a poco.
C’era un modo per continuare a vedere quel volto che tanto gli piaceva, ma dovette armarsi di faccia tosta per metterlo in atto. Prese un respiro profondo e ricambiò quell’occhiata gentile meglio che poté:
- Vorrei stringerle la mano, ma non so come fare … se non invitarla per un caffè.-
Stavolta fu il turno di Ittetsu di guardarlo stupito. Aveva sempre notato quella presenza silenziosa, quel vicino di casa che – se n’era accorto – ogni tanto l’osservava. All’inizio non fu un pensiero particolarmente piacevole, ma col passare dei giorni vide che quel Keishin non aveva mai fatto altro che osservarlo da lontano, per l’appunto. Lo trovava quasi carino.
- Molto volentieri.- rispose, recuperando l’espressione amichevole.

Pochi minuti dopo, Keishin udì bussare alla porta.
In quel breve lasso di tempo aveva svuotato il posacenere, preparato il caffè e controllato frigorifero e dispensa da cima a fondo, per vedere se aveva qualcosa da offrire a quel giovane. Il giornale e il volantino rimasero abbandonati su un angolo del divano, la finestra aperta per far entrare la piacevole brezza marina della notte e l’ultima sigaretta tra le dita.
Il ragazzo sorrise tra sé, portando una mano al cuore. Batteva fortissimo, come la prima volta che aveva posato gli occhi su Ittetsu. Era così bello ora sapere il suo nome! Scosse lentamente il capo con un ghigno sarcastico, rimproverandosi per essersi preso una cotta così banale e allo stesso tempo così appassionata.
Prese un tiro dalla sigaretta e la spense subito dopo, premendola nel posacenere, ed aprì la porta nello stesso istante in cui soffiò via il fumo dalla bocca.
Il suo uomo era lì, senza che il suo dolce sorriso fosse mai svanito.
Prima che potesse succedere altro, dall’esterno si udì un forte boato, seguito da altri in rapida successione. Non fu difficile riconoscere il rumore dei fuochi d’artificio, nostalgici e lontani. I due si guardarono con leggera sorpresa, ma tornarono presto a rivolgere la loro attenzione l’uno all’altro.
- Piacere di conoscerla, Ittetsu.- mormorò Keishin con voce appena emozionata, porgendogli finalmente la mano.
Ittetsu fece un passo in avanti e gliela strinse con una piccola risata:
- Dammi pure del tu, Keishin.-
Quella sera non guardarono i fuochi d’artificio, né restarono affacciati su un piccolo cortile alla vana ricerca di un miracolo che stravolgesse le loro vite. Rimasero a chiacchierare per ore, intrecciando e condividendo poco alla volta i loro sogni, ricordi e speranze, muovendosi l’uno intorno all’altro come fumo tra i fiori.



~ Fine ~



*


Che meraviglia! Sono riuscita ad iscrivermi ad un contest e sfornare questa piccola cosina dolce anche tra mille miliardi di cose da fare. Sì, sono soddisfatta di me stessa. uwu
Meditavo da tempo di scrivere su questi due tesori, meritano più amore in questo fandom o no?!
Spero che vi piaccia! <3

by Eliot ;D

   
 
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