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Autore: Virgo_no_Cinzia98    28/06/2016    0 recensioni
Post Hades e post Soul of Gold, Atena è riuscita a riportare in vita i Cavalieri d'Oro, ma la pace che regna sovrana al Grande Tempio viene ben presto spezzata: il Cavaliere di Artemide giunge al Santuario portando con sé la notizia di una guerra incombente. L'Oracolo di Apollo ha previsto un nuovo conflitto tra divinità, ma resta ancora un'incognita: chi sarà il nemico che Atena e i suoi Cavalieri saranno chiamati ad affrontare? Un altro dubbio però affligge i nostri paladini, l'ambigua Artemide è veramente dalla loro parte come ha dichiarato o cerca solo di sfruttare la loro alleanza? Sta ai nostri valorosi Saint stabilire di chi fidarsi e di chi dubitare. Quale divinità uscirà vincitrice di questo gioco degli Dei?
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2 – Cosa successe veramente
-- Flashback --
-Daphne-
-Sì mamma?-
-Porta qui i tuoi fratelli, il signore che è arrivato vuole vedervi-
-Perché?-
-Tu portali qui-
Fine del discorso. Quando sua madre dava un ordine quello era. Raggiunse la camera di Gustave e Antoinette e li svegliò. Si somigliavano molto, come lei e Camus d’altra parte. Gustave aveva undici anni, Antoinette otto. -Alzatevi, forza. È venuto un signore che ci vuole vedere-
-Uffa, perché?- si lamentò la bambina. Il fratello sbadigliò in segno di appoggio all’”uffa”.
-Non lo so- rispose con sincerità Daphne
Si diresse verso la camera sua e di Camus. Dormivano insieme nello stesso letto. Non che ci fossero tante alternative viste le dimensioni della casa: tre piccole camere, un bagno e una cucina-sala da pranzo-salotto. Non si potevano permettere altro. Prima che suo padre perdesse il vecchio lavoro vivevano in una casa più bella e più grande, poi però la casa era andata distrutta in un incendio, la ditta dove lavorava papà era fallita e sua nonna si era ammalata gravemente. Da allora suo padre era riuscito a trovare un nuovo lavoro in una fabbrica, ma la paga era bassa, sua madre lavorava saltuariamente come cameriera e quando non era a lavoro si occupava della nonna nella sua piccola stanza situata sopra un bar lì vicino. Quanto costavano quelle medicine, e avevano anche dovuto comprare una nuova casa dove vivere. Poi era nato Camus, sua mamma era incinta quando la vecchia casa prese fuoco. Camus non aveva mai visto quella che avrebbe dovuto essere la sua camera. Visto che i suoi genitori erano sempre impegnati per portare a casa un po’ di soldi, Daphne si era dovuta occupare della casa e dei fratelli. Camus era gracile e spesso malato, ma lei ci si era affezionata molto, era come un figlio visto che praticamente l’aveva cresciuto lei. Non frequentò più la scuola. Diciamo che Daphne divenne il punto di riferimento per i fratelli più piccoli, come una seconda mamma. I suoi genitori tornavano a casa soltanto la sera tardi stremati. Sua nonna era morta pochi giorni prima la visita di quello straniero, quello straniero che ora sedeva in cucina e aveva chiesto di loro.
Camus stava dormendo. Gli carezzò la testa delicatamente. Lui aprì gli occhietti, un po’ assonnato.
- Vieni petit ange. C’è un signore che vuole vederci-
-Un signore?- chiese titubante
-Sì, andiamo,dai-
Lui si tirò su a sedere
- Ce la fai a camminare?- chiese, premurosa. Camus era reduce dall’ennesima febbre che lo aveva lasciato piuttosto debole, anche perché è dura riprendersi in fretta dalle malattie se di costituzione fragile e con il cibo che scarseggia.
Lui annuì piano e si calò giù dal materasso. Le porse una piccola manina candida che Daphne strinse nella sua e lo condusse in cucina.
-Mamma, siamo qui-
Sua madre stava per risponderle ma fu preceduta dall’uomo seduto di fronte ai suoi genitori.
-Quindi sono questi i vostri figli… mmh vediamo-
A Daphne non piaceva la sua voce. Troppo roca per i suoi gusti e con un tocco altezzoso. Indossava un completo elegante che stonava parecchio con la casa.
-Dunque erano due questi … cosmi, giusto?- chiese suo padre
L’uomo squadrò attentamente Camus e lei, poi sospirò -Due cosmi molto potenti, peccato che uno sia sprecato-
Daphne sentì lo sguardo dell’uomo su di sé nella parte finale della frase -Potrebbe spiegarsi meglio, di grazia?- domandò educatamente
Lui la guardò con sufficienza come se non valesse la pena risponderle, poi disse - Un cosmo di tale potenza contraddistingue i cavalieri d’oro, peccato che tu sia una ragazza. Le donne possono diventare Sacerdotesse Guerriere, ma di certo non Cavalieri d’Oro-
Si sistemò meglio sulla sedia probabilmente aspettandosi che la ragazza facesse ulteriori domande, visto che lei non avrebbe dovuto sapere niente di Cavalieri, ma lui non sapeva che Daphne aveva origliato l’intera conversazione avvenuta tra i suoi genitori e quell’uomo.
-Perché mai una donna non può diventare cavaliere d’oro, eh?- sibilò mentre tentava di tenere a freno la voglia di raggiungere quell’essere e strangolarlo.
-Daphne non mi sembra il caso di…- cercò di ammonirla suo padre, ma fu interrotto sempre dal solito stoccafisso che ora sorrideva compiaciuto.
-Le donne sono così: si credono nostre pari o addirittura superiori ma sta di fatto che non è la realtà- gongolò
Daphne sentiva la sua soddisfazione nel deriderla e sentiva anche la propria rabbia crescere. Strinse i pugni, ma sua madre la fermò - Vieni, aiutami a mettere a letto i tuoi fratelli - disse con tono tranquillo.
La invidiava per quella sua calma perpetua. Non si lasciava mai andare troppo alle emozioni, manteneva sempre il controllo di se stessa in tutte le situazioni.
-Ce la faccio da sola, tu resta pure qui-
-Vai a letto anche tu Daphne, sei stanca-  Sembrava un consiglio, ma sotto le righe c’era scritto: “vattene da questa stanza prima di combinare casini, lascia stare”.
Daphne prese in braccio un Camus tremante e uscì dalla stanza, seguita anche da Gustave e Antoinette. Quando raggiunse camera sua poggiò il fratellino sul letto e lo coprì.
-Torno subito, tu dormi petit ange- gli disse
Gli baciò delicatamente la fronte e si voltò per uscire dalla stanza
-Daphne- mormorò Camus
Lei lo guardò: era pallido. -Stai male di nuovo?- chiese
Lui scosse la testolina, facendo ondeggiare lievemente i capelli rossi -Ho paura-
-E di cosa?- sorrise -Ci sono qua io con te-
-Quell’uomo vuole portarmi via-
-Non lo farà-
-Io non voglio andare via. Voglio restare con te- sussurrò il bambino. Una lacrima scese lungo la guancia
Daphne si sedette accanto a lui e lo abbracciò -Io sarò sempre con te. Nessuno, nessuno ti porterà via da me-
-Me lo prometti?-
-Promesso- fece una pausa durante la quale si limitò a carezzargli i capelli -Dormi ora, tra qualche minuto torno-
Lui sembrò tranquillizzarsi e si sistemò sotto le coperte. La ragazza sorrise, poi si alzò e si avvicinò in punta di piedi alla cucina. Percepì l’ansia dei suoi genitori. Aveva da sempre avuto il potere di sentire cosa provavano le persone, lei era, diciamo, empatica. Avvertì anche che l’uomo arrogante stava iniziando a perdere la pazienza.
-Io devo portare via quel bambino. E così farò. Il suo destino è scritto.-
“Scritto dove?” si chiese Daphne.
-Perché non può portare anche nostra figlia? Ha detto che ha un cosmo potente anche lei.- chiese speranzoso suo padre
- Sono venuto in cerca di futuri Cavalieri d’Oro, non di semplici Sacerdotesse- lo zittì lo stoccafisso
-Ma Camus è così piccolo e debole. Lui è molto affezionato a sua sorella. Potrebbe non sopportare il distacco…-  tentò ancora suo padre
-Ho detto che porterò con me al Grande Tempio solo il bambino- ribadì quello
Portarle via Camus? No, nessuno poteva farlo. Lo aveva promesso a suo fratello poco prima. E lei manteneva le promesse. Fece un respiro profondo per frenare l’istinto omicida ed entrò in cucina con passo sicuro.
-Lei non porterà via Camus se io resto qui- annunciò -Dove va lui vado anch’io-
L’uomo la guardò: in quello sguardo lesse quanto poco tollerasse la sua insolenza. “Insolenza tu la chiami, eh? Come vorrei mandarti via a calci”
- E come me lo impediresti? Non puoi- si alzò
Sua madre si frappose -La prego signore, noi non abbiamo soldi a sufficienza per sfamarli tutti. Soffriamo nel vedere i nostri figli patire la fame. Porti con sé anche nostra figlia. Ha detto che è potente, diventerà una brava guerriera-
-Taci donna- ruggì l’uomo - Non mi importa niente se i vostri figli muoiono di fame-
-Ma…- tentò ancora sua madre
Quello le colpì il volto con il dorso della mano, facendola cadere a terra. Suo padre si alzò e aiutò la moglie ad alzarsi. Guardò con occhi fiammeggianti l’”ospite”.
-Come….- iniziò
-…osi?- terminò Daphne
Nessuno poteva toccare la sua famiglia. Tantomeno un arrogante misogino sconosciuto.
- Dici di servire la Dea della Giustizia e colpisci una donna indifesa? E resti indifferente alle preghiere di una madre che non sa come sfamare i propri figli? Tu mi fai ribrezzo- sibilò la ragazza
L’uomo la squadrò torvo - Dovrò insegnarti le buone maniere ragazzina-
Daphne sentì una forza strana sprigionarsi da quell’essere. Che fosse quello il cosmo di cui aveva parlato? Ben presto si rese conto che aveva difficoltà a muoversi. -Cosa…?-
- Resterai paralizzata mentre io porto via tuo fratello sotto i tuoi occhi- detto questo, rise di gusto e s’incamminò verso la porta.
Con suo orrore Daphne si rese conto che nemmeno i suoi genitori potevano muoversi. No, no. Non poteva succedere davvero. Quell’uomo voleva portare via Camus e lei non poteva fare niente per fermarlo. La rabbia montò nel suo corpo e si sentì pervadere da una forza sconosciuta che riscaldò le sue membra e la circondò come un alone protettivo. Poteva di nuovo muoversi. I suoi genitori e l’uomo la guardarono stupiti.
- Ho detto che nessuno può separarmi da mio fratello- scandì
Qualcosa però non andava. Il calore che prima le aveva dato fiducia stava diventando troppo intenso. L’alone che la circondava si espandeva senza che lei ne avesse il controllo. La terra tremò e il pavimento sotto i suoi piedi iniziò a fumare. La sorpresa dei presenti mutò in terrore.
- Fermati- ordinò l’uomo
Il terremoto crebbe d’intensità e la casa iniziò ad andare a fuoco.
- Fermati- questa volta sembrava implorare
- Daphne!- gridò sua madre - Se sei tu smettila-
La casa ondeggiava scossa dal sisma e le fiamme avviluppavano i muri e i mobili
-Non posso! Non ci riesco- urlò la ragazza disperata
Il fuoco raggiunse l’uomo, lui iniziò ad urlare mentre i vestiti e la carne bruciavano. Daphne si voltò verso i suoi genitori: le fiamme avevano raggiunto il tavolo intorno al quale si trovavano e lambiva ormai i loro vestiti.
-Prendi i tuoi fratelli e scappa!- urlò suo padre mentre iniziava a contorcersi dal dolore
La sua mente si era bloccata. Prendere i suoi fratelli? Doveva andare da loro. Doveva fare presto, prima che l’incendio li raggiungesse
- Salvati- gridò sua madre mentre veniva avvolta dalle spire
Daphne non riusciva a reagire. Tutto quello stava avvenendo a causa sua? Perché?
Una trave crollò dal soffitto, ma lei fece un balzo per scansarla. Il movimento la riscosse. Vide i corpi quasi carbonizzati dei suoi genitori e dell’uomo cadere a terra ancora preda di urla agghiaccianti. Le urla provenivano anche dalle camere da letto. I suoi fratelli! Corse verso la camera di Gustave e Antoinette e urlò i loro nomi. Ma di loro ormai non rimaneva poco più che ossa bruciate. Represse un conato di vomito e raggiunse camera sua e di Camus con il fumo che iniziava ad impedirle di vedere.
-Camus!- urlò
-Daphneeee!- sentì piangere in risposta suo fratello. Corse verso il suono mentre le fiamme le lambivano la pelle senza ferirla. Trovò il bambino rannicchiato vicino al letto.
-Ma cosa…?-
Una barriera di ghiaccio arginava il fuoco che si avvicinava a Camus. “Com’è possibile?”
Lo raggiunse e lo prese in braccio -Cosa succede?- chiese terrorizzato il bambino
-Aggrappati a me- gli rispose brusca. Doveva cercare un modo per uscire il più in fretta possibile. Individuò la finestra e corse verso di essa. Si lanciò di schiena e infranse il vetro. Una volta fuori si rialzò e, sempre con Camus stretto in braccio, si allontanò dalla casa in fiamme a passo di corsa. Non si voltò. Ormai ciò che era successo non poteva essere cambiato. Aveva distrutto la loro casa, aveva ucciso quell’uomo, aveva ucciso la sua famiglia. Rimanevano solo lei e Camus. Cosa avrebbe fatto?
La risposta non tardò ad arrivare. La sua meta era chiara: Grande Tempio. Fortunatamente aveva sentito dall’uomo dove si trovava.
- Daphne- la chiamò Camus
- Sì?-
- Dove sono mamma e papà? E Gustave e Antoinette?-
- Loro… - iniziò la ragazza
- Non torneranno più vero?- domandò Camus
- No- rispose lei. Poggiò il fratello a terra e si lasciò cadere in ginocchio mentre il suo corpo iniziava ad essere scosso dai singhiozzi
-Perché piangi? Perché è successo tutto questo? Dove andiamo? Daphne…-  si mise a sedere e pianse anche il bambino
Daphne riprese il controllo di se stessa. Doveva essere forte per sé e soprattutto per Camus. Non poteva lasciarsi andare. Cinse le esili spalle di Camus con un braccio.
- Ti ho promesso che non ti avrei lasciato da solo- iniziò
E ora? Cosa poteva dire ad un bambino che aveva appena perso la famiglia e la casa?
- Andiamo in un posto, sta in Grecia. È un po’ lontano, ma ci arriveremo-
- Lì troveremo di nuovo mamma e papà?- chiese speranzoso
- No- sospirò cercando le parole adatte - ma lì imparerai ad essere forte-
Lui la fissò con gli occhi nocciola -Ci sarai anche tu?-
-Certo, io con te ci sarò sempre petit ange, sempre-
***
Avevano raggiunto il Santuario finalmente. Stanchi e affamati ma vivi. Era stata dura, ma il loro lungo viaggio era praticamente giunto al termine. E allora perché non sapeva cosa fare? Era giunta fin lì, dalla Francia, e adesso? Come poteva presentare Camus senza farsi riconoscere come una ragazza? L’uomo che era andato a prenderli aveva detto che le Sacerdotesse venivano addestrate separatamente dai futuri Cavalieri e lei non voleva allontanarsi da suo fratello.
- No, non così- diceva il maestro
L’allievo sbuffò - A me piace fare così-
Da qualche giorno Daphne si era messa a spiare l’addestramento di un futuro Saint di Atena. Da lontano era difficile giudicare, ma sembrava avere più o meno la sua età. Era stata attratta dai sentimenti del ragazzo, così discordanti tra loro. Per quel poco che ne capiva quel giovane sembrava avere una potenza pazzesca, sarebbe rimasta oltre a seguire la lezione ma ormai si stava facendo buio e non le piaceva lasciare Camus da solo a lungo. Scivolò via dal nascondiglio pestando con il piede un rametto che, come succede sempre se vuoi fare silenzio, si spezzò con un sonoro crack. – Merde - imprecò a denti stretti. Il giovane si girò, ma per fortuna non la vide.
- Per oggi finisce qui - annunciò il maestro - Riprendiamo domani-
Daphne sgattaiolò tra gli alberi e raggiunse la piccola grotta che aveva adottato come rifugio momentaneo.
- Eccomi qui- si annunciò
Camus la guardò - Hai fatto un pochino più tardi del solito-
- Lo so. Ma guarda che bella mela che ho trovato-
Gliela sventolò sotto il viso. Lui la fissò avidamente.
-Mangiala. È per te-
-Tutta?- chiese il bambino, stupito
- Sì, io ho già mangiato la mia durante il ritorno. Mangia e poi dormi, ormai è tardi-
Non era vero. Lei non aveva mangiato, ma Camus era così gracile. Lui aveva davvero bisogno di cibo. Era diventata una ladra provetta, ma i suoi furti erano abbastanza limitati nella quantità, non voleva rischiare di dare nell’occhio. Camus finì la mela e si sistemò per dormire.
- Daphne, perché stiamo qui senza fare niente?- chiese diretto suo fratello
- Aspettiamo il signore che deve venirci a prendere per presentarci al Tempio- inventò di sana pianta la ragazza
-Mmh, allora buona notte-
Il bambino si girò su un fianco e chiuse gli occhi. Poco dopo già dormiva. Menomale, altrimenti avrebbe sentito lo stomaco di Daphne lamentarsi. La ragazza cinse l’addome con le braccia per cercare di alleviare il dolore, ma il tentativo fu vano. Si ritrovò a piangere silenziosamente e a pregare una qualsiasi divinità di indicarle la via.
Un rumore la distrasse dai suoi pensieri. Si parò la bocca con una mano per non urlare e svegliare così suo fratello. Il ragazzo che spiava durante l’addestramento era lì davanti a lei con un fagotto tra le braccia. Fece qualche passo per avvicinarsi, ma Daphne si ritrasse d’istinto.
-No, non voglio farti del male. Ti ho portato del cibo- disse
Bisogna dire che almeno una fortuna Daphne l’aveva avuta: sua nonna era di origini greche. Prima che si ammalasse le aveva insegnato il greco, così adesso la ragazza riusciva a capire quello che dicevano in quel paese per il resto del tutto nuovo a lei.
Sollevò lo sguardo sul giovane davanti a lei. Aveva due meravigliosi occhi verdi come il mare e una massa di capelli blu che ricadeva in lunghe ciocche sulla schiena, era alto un po’ più di lei, la muscolatura si faceva vedere sulle braccia scoperte.
Visto che non otteneva risposta, il ragazzo si avvicinò e posò il fagotto davanti a Daphne.
-Io…  ti ho vista mentre mi allenavo, così ti ho seguita- iniziò titubante - e beh ecco… pensavo tu avessi bisogno di aiuto…- aveva parlato rivolto al fagotto, ma prese coraggio e alzò i suoi occhi smeraldini sul volto della ragazza. Lei lo fissava. Lui la fissava. Entrambi arrossirono.
-Il mio nome è Saga- si presentò il ragazzo dopo qualche secondo di imbarazzo, porgendole la mano.
Daphne aveva imparato a diffidare delle persone, specialmente se uomini e se tu sei una ragazza. Rabbrividì al ricordo di ciò che era successo quella volta. Tuttavia percepiva la bontà delle intenzioni di quel ragazzo. Allungò una mano tremante - Daphne- sussurrò
Saga sorrise -Beh, ci vediamo, Daphne-
Corse via, lasciando Daphne imbambolata per quel sorriso. Quando si riprese aprì il fagotto per scoprire due grosse e calde pagnotte e tre mele rossissime. Era tantissimo cibo considerando quanto erano abituati a mangiare da quando…  da quando la sua famiglia non c’era più. Quel ragazzo le aveva portato da mangiare senza chiedere niente in cambio se non il suo nome e una stretta di mano. Daphne si alzò di scatto e corse nella direzione in cui era fuggito Saga. Probabilmente era già lontano, ma sussurrò ugualmente un grazie rivolta alle foglie, convinta che lui l’avesse sentita.
Saga tornò anche la sera dopo. Questa volta diede sfogo alla curiosità chiedendo a Daphne chi fosse il bambino, da dove venissero e perché fossero lì. La ragazza raccontò parte della verità, dicendo che l’uomo che era andato a prendere lei e suo fratello in Francia era stato colto da un infarto durante il viaggio di ritorno, lasciandoli soli. Espresse poi il desiderio, o meglio, il bisogno di rimanere vicina al fratello.
- Vorresti dire che non vuoi intraprendere l’addestramento come Sacerdotessa?-
- Già. Ti dirò di più. È mia intenzione diventare Cavaliere d’Oro- rispose Daphne seria
Saga parve capire il senso e iniziò a massaggiarsi le tempie mentre pensava. A Daphne parve quasi di sentire gli ingranaggi del cervello mettersi in moto.
- Potremmo fare così. Presenterò entrambi al Grande Sacerdote, ma separatamente. È  molto probabile che lui sapesse già che i cosmi avvertiti in Francia appartenessero a un maschio e una femmina. Prima porterò tuo fratello davanti a lui. Qualche giorno dopo dirò che ti ho trovata per caso, ma ti presenterò come un ragazzo greco. Cosa ne pensi?-
- Che non dovrò farmi chiamare Daphne-
Saga rise - Daf potrebbe andare?-
La ragazza ci pensò su, poi annuì.
- Scusa Saga, ma resta sempre un problema-
- Cioè?-
- Ecco… io posso dire di essere un ragazzo, ma resto pur sempre una donna. Nel senso, a fare la doccia credo che la cosa dia nell’occhio- spiegò un po’ imbarazzata
Il ragazzo arrossì fino alla punta delle orecchie - Beh ecco, faremo in modo di rimanere ad allenarci un pochino più degli altri, poi quando se ne saranno andati via tutti potrai… lavarti tranquilla mentre io controllo fuori-
La ragazza sollevò un sopracciglio - Non è che ti metterai a spiarmi vero?- Non lo pensava veramente, ma Saga sembrava veramente imbarazzato dalla cosa, quindi decise di punzecchiarlo un pochino. Era pur sempre un’adolescente, no?
-Nno… certo che no- balbettò lui in risposta mentre la sua faccia diventava più rossa delle mele più mature
Daphne rise - Allora siamo d’accordo-
La parte più dura fu quando dovette spiegare a Camus che non avrebbe dovuto riconoscerla.
- Per una qualsiasi necessità io ci sarò, sappilo- cercò di consolarlo
Lui tirò su col naso - Avevi promesso…-
-Camus, mon petit ange, lascia che ti dia un ultimo consiglio. Guardami per piacere- lo pregò
Camus sollevò lo sguardo e i loro occhi s’incrociarono - Devi essere forte. Lascia il tuo cuore libero da intrusioni esterne. Non lasciare che nessuno te lo controlli, perché le emozioni sono la nostra più profonda debolezza. Lascia il tuo cuore nelle mani di qualcuno e sarai in sua più completa balia. Scegli bene coloro ai quali ti aprirai-
Gli carezzò la guancia e sfiorò la fronte con le sue labbra. Lui l’abbracciò, ma si staccò poco dopo per raggiungere Saga. Lui sorrise incoraggiante e si avviò, seguito dal piccolo francese. Daphne li osservò allontanarsi, una lacrima le scivolò lungo la guancia. Avrebbe rivisto suo fratello, cercò di tranquillizzarsi. Ma Camus non sarebbe stato più suo fratello, sarebbe diventato un Cavaliere, un Saint della Dea Atena. Udì un crash: il suo cuore era andato in mille pezzi.
*** qualche tempo dopo
- Ahia- si lamentò la sua schiena dopo un colpo contro la colonna. Questa me la paghi Saga. Sfiorò la terra con la mano e liberò la sua energia. Il suolo tremò e il suo compagno di allenamenti perse l’equilibrio. Con un balzo gli fu sopra e tentò di colpirlo con un cazzotto, ma Saga le prese i fianchi e invertì le posizioni.
- Aha, in trappola-
- Non cantar vittoria troppo presto- bofonchiò la ragazza
Una folata di vento investì Saga, solo che Daphne aveva sbagliato direzione. L’aria avrebbe dovuto spingere il suo avversario lontano da lei, invece se lo ritrovò schiacciato addosso con la faccia a pochi millimetri dalla sua. Il vento cessò e Saga si rialzò velocemente.
- Credo che possa bastare per oggi- disse rivolto ad un interessantissimo sasso
- Mmh, sì- concordò l’altra rivolta alla colonna di prima
Si alzarono e raggiunsero lo spogliatoio con le docce, ormai svuotato dagli altri allievi. Daphne fece la sua doccia veloce e uscì, lasciando via libera a Saga. Si diresse verso la casupola dove abitava il gemello di Saga, Kanon. Dormiva lì. Ciò accadeva perché in genere i futuri Saint alloggiavano in camerate con due o tre ragazzi e lei non poteva permettersi di coabitare con altri ragazzi senza che essi scoprissero la verità: pensate solo al problema di mettersi il pigiama. Saga allora aveva pensato che potesse condividere la casetta del gemello. Le aveva quindi presentato il fratello che restava sconosciuto al resto del Santuario. Daphne aveva apprezzato subito la compagnia del minore: più estroverso e malizioso del fratello, un po’ più come era lei prima che la sua vita diventasse un inferno. Inoltre lui sapeva tante cose del gemello: il suo colore preferito, cosa gli piaceva mangiare…
- Accidenti- imprecò. Aveva scordato la protezione in cuoio per il petto che indossava durante l’allenamento un po’ per protezione, un po’ per nascondere il seno. Corse allo spogliatoio ed entrò pensando che Saga avesse già fatto, visto che non sentiva scorrere acqua.
- Eccoti qui- rimproverò il pezzo di cuoio in questione, lo prese e fece per andarsene quando si trovò davanti un Saga appena uscito dalla doccia con solo un asciugamano in vita. L’occhio le cadde sui pettorali e sugli addominali scolpiti, per poi scivolare sulle spalle e sulle braccia che vantavano una stupenda collezione di deltoidi, bicipiti e tricipiti. E poi, quell’asciugamano era stretto così in basso…
-Daphne, cosa ci fai qui?- chiese un esterrefatto Saga
- Io… - arrossì - avevo scordato questo e… me ne stavo giusto andando-
Mosse un passo verso la porta alle spalle di Saga, ma scivolò nel tentativo e finì dritta dritta addosso al suo compagno di allenamenti. Lui la sorresse con le braccia.
- Scusa- mormorò col volto appoggiato ai suoi pettorali. Non poté fare a meno di notare che il ragazzo si fosse alzato di qualche altro centimetro. Sentì un braccio di Saga circondarle meglio la vita.
- Perché ti scusi?- chiese suadente sollevandole il volto con una mano.
Oddio (o meglio, oddei)! Perché doveva essere così bello, affascinante, sexy e chi più ne ha più ne metta…
- Io…- non trovò parole perché il suo cervello era andato in ferie, il suo corpo in completa balia degli ormoni adolescenziali. Ma non ebbe bisogno di articolare alcunché perché Saga chinò il volto e poggiò le proprie labbra su quelle della ragazza. Daphne lasciò le mani libere di accarezzare il petto del ragazzo che la stava baciando mentre per la prima volta sperimentava cosa voleva dire “avere le farfalle nello stomaco”. Quando la bocca di Saga si staccò dalla sua il sogno s’interruppe di botto ed entrambi si ritrovarono rossi in volto come peperoni. Daphne fuggì via approfittando di quel breve momento di lucidità.
Kanon aprì la porta e lei si fiondò in camera.
- Daphne? Tutto bene?- chiese preoccupato
La trovò col volto immerso nel cuscino
- Caspita! Così tanto sonno?-
Nessuna risposta. Kanon si avvicinò
- Ohi! Tutto bene?-
Daphne sollevò il volto. Si sentiva un ebete, ma non riusciva a smettere di sorridere.
- Io… è… lui… uhhh….è…-
Il gemello minore la guardò attentamente - Ok. O sei malata o … -
- Lui mi… mi ha…-
- baciata- terminò Kanon per lei
La ragazza si scosse - E tu come lo sai?-
Lui sogghignò - A me dice tutto-
- Tutto cosa?-
- Per esempio, che è cotto di te-
- Lui è…-
- Innamorato di te, sì. Ti prego smettila di fare quella faccia, sembri una mentecatta-
- Una mentecatta felice, spero-
Risero entrambi. Kanon si ricompose - Ho bisogno di sapere una cosa- disse serio
- Chiedi pure-
- Anche tu sei innamorata di lui, vero? Perché se non lo sei o fai finta e poi intendi scaricarlo….-
- Non ho intenzione di far soffrire Saga. Io credo… sì, sono innamorata di lui-
Kanon annuì - Bene, perché io non avrei voglia di fargli da prete per ascoltare i suoi problemi amorosi. Che chieda al suo amico Aiolos per quello-
Daphne rise - No, no tranquillo-
Erano così particolari i due gemelli. O almeno di questo poteva essere certa una ragazza dotata di empatia. Le emozioni di Saga erano così confuse, difficili da interpretare. Sembrava che dentro il solito corpo vi fossero due diverse anime ognuna con le proprie idee e i propri sentimenti. Kanon era simile ma opposto al tempo stesso: percepiva un solo flusso di emozioni, ma l’anima da cui proveniva sembrava divisa in due metà opposte e complementari tra loro. Onestamente trovava più difficile riuscire a decifrare i sentimenti di Saga: doveva smistare le ondate che la investivano e cercare di capire a quale animo appartenessero e, soprattutto, cercare di capire quale di quei due animi avesse di fronte, quale dei due si mostrasse al momento sul volto del gemello maggiore. Forse era questo che l’attraeva così tanto e l’aveva fatta innamorare del futuro Saint dei Gemelli.
***
- Ce l’hai fatta- si congratulò Daphne
Saga si sedette al tavolo della mensa – Sì - riuscì a mormorare
- E tu che ti preoccupavi tanto per questa temibile “prova finale”- continuò a prenderlo in giro
- Quasi gli tremavano le gambe - s’intromise Aiolos, fresco Saint del Sagittario, sedendosi di fronte a loro
La ragazza inarcò un sopracciglio sdoppiato – Tremarella, eh?-
Saga sorrise rilassando la schiena - Anche tu, Aiolos, non eri da meno: volevi correre in bagno ogni cinque minuti-
Il greco dai corti capelli castani rise - Già. E tu Daf?-
Daphne lo guardò - Io cosa?-
- Ho sentito il tuo maestro dirti che potevi provare a conquistare il Cloth dello Scorpione…-
- Non so se mi sento pronto- tagliò corto la francese
Era vero. Qualche giorno prima il suo maestro l’aveva fermata alla fine dell’allenamento per dirle che secondo lui era pronta per tentare di superare la prova finale dell’addestramento e riuscire a conquistare l’armatura. Nel suo caso l’armatura in questione era quella dello Scorpione, suo segno zodiacale. Tuttavia un giorno, nel recarsi dal Grande Sacerdote, aveva visitato l’Ottava Casa e aveva visto il Cloth dello Scorpione. Emanava un’aura potente, pungente quasi. Ma non sentiva niente di particolare. Era come se quell’armatura non la volesse, come se fosse destinata a qualcun altro. Era giunta sin lì per diventare Cavaliere d’Oro, ma l’armatura del suo segno zodiacale non era destinata a lei. I suoi maestri lodavano le sue capacità di controllo degli elementi e la potenza del suo cosmo, ma non sembrava esserci alcuna armatura adatta a lei. Non esiste un Cavaliere senza armatura.
Saga le sfiorò una spalla - Tutto bene?-
Daphne tornò alla realtà - Sì. Ho solo bisogno di un po’ d’aria- Si alzò e uscì dalla mensa
Poco dopo fu raggiunta dai neo Cavalieri dei Gemelli e del Sagittario. Aiolos era un angelo fatto umano: sempre solare e gentile, specialmente con i bambini. Era il miglior amico di Saga. A Daphne dispiaceva nascondergli la verità quando invece lui non aveva segreti con nessuno: detestava mentire, anzi, lui stesso sosteneva di non esserne capace.
- Devo recarmi dal Grande Sacerdote- annunciò Saga
Daphne annuì - Certo, va pure-
Il suo ragazzo si avviò, il mantello bianco che ondeggiava dietro di lui. Il suo ragazzo, ormai si erano dichiarati. Per questo dovevano ringraziare Kanon. Aveva detto a Saga di raggiungerlo nella sua casupola il mattino presto senza però dirlo a Daphne, che, ignorante dell’astuto piano del gemello minore, si era alzata aspettandosi di trovare Kanon intento a trangugiare la colazione… invece si era trovata davanti Saga con gli occhi ancora arrossati dal sonno, di Kanon nemmeno l’ombra. Sperando che ciò che raccontava il malefico Loki greco ai due innamorati sul conto della rispettiva metà fosse vero, erano riusciti a dichiararsi. Durante il bacio da lieto fine il minore dei gemelli  era entrato rumorosamente in casa facendo intendere che era rimasto nelle vicinanze a spiarli per tutto il tempo, probabilmente sghignazzando come un matto.
- Ti va di aiutarmi a tenere d’occhio i bambini, gli altri futuri Saint?- chiese Aiolos
Oh quanto avrebbe voluto parlare con suo fratello… Ma non poteva. Tutti avrebbero notato la loro somiglianza da vicino.
- Scusa, devo parlare con il mio maestro- mentì Daphne
- Come vuoi. Ci si…-
Non ebbe tempo di finire perché si levarono delle grida dal cortile vicino la mensa. Si voltarono entrambi e corsero verso il rumore.
- Ma cosa…-
Due enormi manticore stavano terrorizzando un gruppo di giovani reclute.
Aiolos impugnò l’arco dorato della sua armatura - Portali via da qui, Daf, e chiama aiuto. Io li trattengo-
- Puoi scordartelo. Non riesco a dare le spalle ad una battaglia- ribatté la ragazza
Il Sagittario sospirò e si lanciò all’attacco del nemico più a sinistra. Daphne si voltò verso il suo avversario.
- A noi-
Questa volta avrebbe avuto davanti un nemico vero. Aveva un periodo di addestramento sulle spalle che le aveva insegnato a controllare il suo cosmo. Poteva, doveva farcela.
Lo scontro iniziò bene. Riusciva a schivare i tentati affondi del pungiglione di quella creatura e attaccava facendo arretrare la belva. Ma ad un certo punto iniziò a sentire la stanchezza. I suoi movimenti diventarono più lenti… Con la coda dell’occhio vide Aiolos venire scagliato contro un masso da una zampata della creatura. Il pungiglione stava per calare sul suo corpo inerme, ma Daphne concentrò il suo potere per racchiudere in una palla di terra l’arma del nemico rendendola inutilizzabile. Eruttò poi una valanga di fuoco che intrappolò la bestia.  Esultò mentalmente, ma ebbe come l’impressione che qualcosa fosse andato storto. Perché sentiva quel bruciore al fianco? Si voltò per vedere con orrore il pungiglione della sua manticora conficcato nella carne. Un calore insopportabile le invase le vene, diffondendosi per tutto il suo corpo. Iniziò a sentire ovattato e a vedere annebbiato. Sentì un grido disumano e intravide una scarica potentissima di energia colpire le manticore e ridurle in polvere. La ragazza, sempre più debole, cadde a terra.
- Daphne!- qualcuno si inginocchiò al suo fianco
Riuscì a distinguere dei capelli blu e i meravigliosi occhi smeraldo di Saga. Sollevò una mano nel tentativo di carezzarlo, ma era troppo debole.
- Saga…-
Lui le prese la mano tra le sue - Non morire, tu guarirai- disse, mentre le lacrime iniziavano a solcargli il volto
- Non piangere- mormorò la ragazza
Lui portò la mano della francese sulla sua guancia -Ti prego. Ho bisogno di te-
- Promettimi che veglierai su mio fratello finché non diventerà Cavaliere. Promettimelo-
Saga annuì.
Un brivido scosse il corpo di Daphne. Si lasciò sfuggire un lamento. “È questa la mia punizione? Sto scontando la pena per aver ucciso la mia famiglia?” Sentiva di meritarselo, non si era mai perdonata quel che successe quella notte, ma al tempo stesso non voleva morire. Si ritrovò a piangere anche lei.
-Saga… io non voglio morire-
-Resisti-
-Non ce la faccio… ho paura-
Altro spasmo, altro lamento doloroso. Saga la abbracciò -Ti amo-
Daphne sorrise e rispose facendo appello alle poche forse che le rimanevano - Anch’io Saga-
Percepiva il calore di Saga, anche attraverso l’oro dell’armatura, percepiva il suo enorme dolore, la sua tristezza immensa per ciò che stava per avvenire. L’ultima cosa che sentì fu il suo nome sussurrato dal Cavaliere dei Gemelli. Poi il buio.

Nota dell'autrice: si ringrazia gentilmente Kanon per aver inventato "Uomini e Donne" prima che Maria de Filippi lo portasse sulle reti Mediaset. La storia di questa poveraccia di Daphne è un po' triste, lo so, ma se consideriamo che ha il privilegio di stare con quel figo di Saga... beh, come direbbe il Maestro di Buffy l'Ammazzavampiri: - bisogna accontentarsi!-.
Spero che la mia storia vi stia interessando e... a presto ^-^!
   
 
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