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Autore: Akemichan    02/07/2016    1 recensioni
Dieci avventure di Ace e Marco a bordo della Moby Dick, ispirate ad altrettante favole. Marco/Ace
#1: L'arte imita la vita. Quando Satch racconta una favola che tanto favola non è.
#2: Dietro la maschera. Quando la tua famiglia vi vuole separare.
[Partecipante al contest "Di mille ce n'è... di slash da narrar" di Sango79]
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments, Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il regalo

Che Ace ricordasse, non aveva mai visto Marco davvero arrabbiato. Certo, a volte guardava a Satch come se volesse ucciderlo, ma era più un divertimento fra loro due che una vera irritazione, per quanto sarebbe stata legittima.
Ma stavolta era arrabbiato e, benché non fosse sua la colpa, Ace si sentiva in dovere di fare qualcosa.
«Non l'hanno fatto apposta» commentò quindi.
«Son troppo dementi pure per quello» ribatté Marco. «Voglio dire, un errore me lo potevo aspettare, ma sono quaranta, cavolo. Quaranta pirati e nessuno di loro è riuscito a custodire una mappa. Quanto bisogna essere stupidi?»
«O forse il loro avversario era troppo furbo» tentò ancora Ace.
«Non avrei mai dovuto permettere loro di usare la grotta, questa è la verità.»
Marco si sedette al suo fianco sul letto ed Ace gli diede un'affettuosa pacca sulla schiena.
«È seccante che ti abbiano rubato quello che avevi messo da parte per il compleanno del Babbo» disse. «Ma non penso che a lui importi. In fondo, di compleanni ne ha avuti in sacco.»
«Sì, lo so.» Marco sospirò. «Ma settant'anni sono una cifra importante e poi... Avevo trovato il regalo ideale, dopo anni! Non è mica facile regalare qualcosa a un uomo che ha già tutto quello che gli serve.»
Ace non commentò: lui personalmente non riteneva che regalare un tesoro al Babbo fosse la scelta migliore, dato che indubbiamente ne metteva da parte abbastanza durante gli arrembaggi, ma Marco lo conosceva certo da più anni e sapeva quello che era meglio.
«E quaranta idioti si fanno fregare la mappa per la grotta da sotto il naso!»
«Be', comunque non è detto che non si possa fare nulla» disse Ace.
«Che intendi?»
«Be', se non sbaglio questa grotta è su un'isola molto grande, no?»
«Se stai pensando a cercarla di nuovo, lascia perdere» lo interruppe subito Marco. «Se fosse stato facile ritrovarla non avrei avuto bisogno della mappa.»
«Sì, sì, me l'hai detto, miraggi, geyser, roba varia.» Ace agitò la mano. «Non era quello che volevo proporre. Dico solo che si tratta di una grotta enorme che contiene un tesoro accumulato da quaranta pirati, no? Una roba immensa. Dubito che qualcuno possa averla trasportata senza che nessuno se ne sia accorto.»
«Ti ascolto.»
«E proprio perché è una grotta difficile da individuare, non è più probabile che sia stato un abitante ad accorgersi che c'erano spesso pirati che passavano da quella zona, piuttosto che uno che passava di là per caso? E se si trattasse di un abitante potrebbe prendere il tesoro un po' alla volta.»
«Sì, ha senso...»
«Per cui basterebbe guardare nell'isola chi si è arricchito di recente improvvisamente per scoprire chi è il colpevole!» concluse Ace esultante.
Marco lo fissò per un istante, sbattendo le palpebre. Poi gli afferrò il viso con le mani e lo baciò.
Ace rise. «E questo per che cos'era?»
«Per avermi sopportato» rispose Marco, con un sorriso. «Ero così arrabbiato con i nostri quaranta alleati che non mi sono reso conto della soluzione più semplice. Grazie per avermi riportato alla realtà.»
«Oh, non preoccuparti, quando vuoi» replicò Ace in tono divertito.
«Ora non te ne approfittare» precisò Marco, ma non era offeso. «Ti va di accompagnarmi, allora? Potrei ancora avere bisogno del tuo aiuto.»
«Certo!»
Ace voleva davvero dargli una mano a riprendere il tesoro per il compleanno del Babbo ed era anche curioso di vederlo in anteprima. Se Marco ci teneva così tanto, non poteva essere un tesoro normale.
E, come aveva previsto, trovare la persona che si era arricchita improvvisamente senza alcun motivo, per quanto lui si giustificasse in giro con un'eredità di un parente proveniente da un'altra isola. Ma era difficile da credere, quando Aladin era un mendicante il giorno prima e il giorno dopo aveva potuto comprarsi la villa più grande della sua città, con una lunga serie di servitori che pagava a peso d'oro. E Ace non aveva dubbi che avessero colto nel segno nell'identificare il loro ladro di mappe.
Marco gli mise una mano sulla spalla. «Ci penso io.» Poi trasformò le sue braccia in ali e scavalcò con un atletico salto le mura della villa e scomparve all'interno. Ace sbuffò nel sentire i rumori del combattimento all'interno, perché una scazzottata non gli sarebbe dispiaciuta, ma era compito di Marco e lo capiva.
Così attese fino al suo ritorno, anche se rimase un attimino deluso nel vedere che era tornato a mani vuote.
«Abbiamo un accordo» gli spiegò, con un sorriso di fronte al suo broncio. «Ci porterà la mappa stasera.»
«E pensi di poterti fidare?»
«È un  buon accordo anche per lui» fece presente Marco. Poi si chinò appena a sussurrargli: «E se non dovesse farlo, se ne pentirà.»
Ace rabbrividì appena: Marco non era solitamente crudele, ma quando si trattava della sua famiglia la sua natura di pirata emergeva in superficie. In realtà, Ace la apprezzava.
«Andiamo a cena, mentre aspettiamo? Ce la facciamo offrire da Aladin.»
«Devi anche chiedermelo?» E non aveva nemmeno bisogno di approfittare della ricchezza (immeritata) di Aladin, dato che non aveva l'abitudine di pagare nei ristoranti.
Così Ace mise da parte le sue preoccupazioni su Aladin e la fiducia che avevano riposto in lui, per concentrarsi sul cibo. Aveva appena finito il suo quindicesimo piatto, quando una donna si avvicinò in maniera circospetta al loro tavolo.
«È Morgiana, la segretaria di Aladin» gli fece presente Marco, appoggiandogli una mano sul braccio per rassicurarlo. Ace continuò a ruminare, ma non staccò gli occhi per un istante dalla donna che passò di fronte al loro tavolo senza dire una parola, ma fece cadere quasi per caso una busta su una delle sedie.
«È quella vera?» domandò, una volta che Marco ebbe aperto la busta per estrarre e osservare la mappa che c'era all'interno.
Marco annuì. «Tranquillo, puoi finire di mangiare, dieci minuti non ci cambiano nulla.»
Ma Ace, dopo aver ingoiato l'ultimo boccone, scosse la testa. Era davvero curioso di vedere il tesoro della grotta e una parte di lui non si fidava abbastanza di Aladin per aspettare.
Così lasciarono il ristorante ed Ace seguì Marco che leggeva la mappa. Non ebbe idea del tempo in cui avevano camminato, ma doveva ammettere che senza una guida non sarebbe mai riuscito a orientarsi, né a trovare quel piccolo buco in mezzo ai geyser da dove era possibile calarsi all'interno per trovare una scalinata in pietra che scendeva quasi fino al centro della terra, o almeno quella era l'idea che diede ad Ace il numero di scalini.
Ma quando finalmente arrivarono in fondo, Ace ammise di essere impressionato. Era una grotta enorme, che si perdeva in lontananza in un oceano di stalattiti e stalagmiti. La luce in qualche modo riusciva a penetrare abbastanza da permettere di vedere dove si mettevano i piedi e a far scintillare le gocce che scendevano dalla roccia.
Ace si prese del tempo per esplorarla, passando in delle porte costruite dalle stalagmiti e apprezzando le diverse decorazioni che apparivano sulle pareti, ma alla fine dovette ammettere la realtà: non c'erano tesori da nessuna parte.
Così tornò indietro a cercare Marco, che si era accomodato su un piccolo promontorio di roccia che dava sul fiume sotterraneo che attraversava la grotta.
«Aladin ci ha fregato» commentò, allargando le braccia. «Non è rimasto più niente del tesoro.»
Marco si voltò verso di lui. «Be', certo, era questo l'accordo» disse. «Lui poteva tenersi tutto, a me interessava solo avere indietro la mappa della grotta. E poi i nostri alleati se lo meritavano, di perdere tutto, considerando che si sono fatti fregare come degli idioti.»
«Ma, scusa, e il regalo per il Babbo?»
«Vieni qui.» Marco gli fece segno di sedersi accanto a lui ed Ace obbedì, appoggiandosi sulla dura roccia, le mani piegate indietro per sostenere la schiena e le gambe piegate in avanti. Marco allungò il braccio per sforargli la schiena, pendendo verso di lui e con il viso voltato a guardarlo. «Dimmi che cosa vedi.»
Ace fissò in avanti e rimase senza fiato: in quel particolare punto della grotta la luce era particolarmente intensa e illuminava il fiume sotterraneo, in una maniera che trasformava la roccia in una foresta immaginaria, con quel verde intenso che creava. In alcuni punti le stalattiti e le stalagmiti si univano l'una con l'altra a trasformarsi in dei veri tronchi.
«È bellissimo...»
Marco sorrise. «Questo è il mio regalo per il Babbo. Hai idea di quanto sia stato difficile trovare qualcosa di nuovo per qualcuno che ha girato tutto il mondo?»
«Io pensavo...»
«Con mille e seicento compagni, pensi davvero che qualcuno di noi riesca a risparmiare qualcosa?» rise Marco. «E poi regalare dei soldi al Babbo sarebbe ridicolo. No, era la grotta che mi interessava, e ho solo permesso agli alleati di usarla come rifugio perché era abbastanza sicuro. Però mai più, e appunto se lo meritano...»
La voce andò scemando quando Ace lo baciò sulla guancia e si avvicinò maggiormente a lui, appiccicandosi al suo petto.
«E questo perché?»
Ace alzò le spalle. «Niente, mi sono solo innamorato un po' più di te, tutto qui.»
«Non è che ti aspetti un regalo così,. adesso, vero? Ci ho messo anni a trovarlo e non ripeterò l'esperienza tanto presto.» Ma sorrise dolcemente e lo strinse maggiormente a sé.

 
   
 
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