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Autore: Akemichan    02/07/2016    1 recensioni
Dieci avventure di Ace e Marco a bordo della Moby Dick, ispirate ad altrettante favole. Marco/Ace
#1: L'arte imita la vita. Quando Satch racconta una favola che tanto favola non è.
#2: Dietro la maschera. Quando la tua famiglia vi vuole separare.
[Partecipante al contest "Di mille ce n'è... di slash da narrar" di Sango79]
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments, Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il cacciatore di taglie

«Red Hood?»
«Sì, la chiamano così, perché se ne va in giro con un cappuccio rosso in testa. Nessuno l'ha mai vista in viso, ma dicono che sia una donna bellissima dai lunghi capelli neri e le grandi labbra rosse.»
«Eh, sì, ma se poi ti vuole inculare!»
«Sì, infatti, pare che di pirati ne abbia già fatti arrestare parecchi...»
«Qual è il suo modo operadus?»
Questa volta a parlare non erano stati i due pirati fra di loro, ma Marco, che si era alzato appositamente dal bancone su cui era seduto per unirsi alla loro conversazione. Non era una cosa che faceva di solito, ma non aveva potuto evitarlo.
A sentirli, la mente gli aveva subito riportato l'immagine della mattina, quando Ace era stato intercettato da una persona che indossava un cappuccio rosso e che gli aveva chiesto, molto gentilmente, di essere accompagnata sulla strada per il villaggio successivo, perché aveva paura di essere aggredita. E Ace, dalla persona gentile che era, si era subito reso disponibile.
Marco ricordava benissimo il suo sorriso mentre lo salutava e gli assicurava che sarebbe tornato al più presto.
I pirati lo guardarono perplessi, sorpresi dall'interruzione, ma poi uno dei due rispose: «Dicono che attiri i pirati nella foresta con una scusa, e poi li attacchi là. Ma sono solo storie...»
«In ogni caso, se vedo una con un cappuccio rosso la evito» commentò l'altro, annuendo.
«Grazie.»
Marco tornò al bancone, per lasciare qualche moneta per pagare la sua birra, e poi lasciò il locale. Camminava con calma, ma dentro di sé non lo era altrettanto. Certo, conosceva la forza di Ace e si fidava di lui, ma ciò non gli impediva di preoccuparsi. Questa Red Hood doveva avere tanta fiducia in sé, se davvero voleva attaccare un pirata di Barbabianca, ma Marco dubitava sarebbe riuscita a sopraffare Ace. Tuttavia... non avrebbe fatto male andare a controllare.
Si incamminò per lo stesso percorso che Ace aveva preso e che, in effetti, passava proprio per una foresta prima di arrivare al villaggio successivo. Marco si guardò attorno, ma non vide da nessuna parte dei segni che potevano indicare uno scontro. E non si incontrava anima viva nella zona.
Alla fine, all'orizzonte comparve una casetta. Marco percepì una presenza all'interno, solo una, e decise di bussare. Se davvero questa Red Hood usava la foresta come luogo di attacco, era possibile che quella fosse una sua base. Oppure, era semplicemente possibile che la persona che vi abitava avesse qualche informazione da dargli.
In ogni caso, anche se non avesse scoperto nulla, valeva la pena perdere cinque minuti per controllare.
Dato che nessuno aveva risposto, abbassò la maniglia solo per scoprire che la porta era aperta. Allora entrò.
«C'è nessuno?»
«Marco?»
«A-Ace...?»
Il ragazzo che era comparso nella stanza da una porta laterale era evidentemente lui, senza dubbio, ma ciò che aveva stupito Marco non era soltanto il trovarlo tranquillamente in quella casa, ma soprattutto il suo abbigliamento. Gli shorts erano stati sostituiti con degli attillati pantaloni di pelle nera, che facevano il paio con la giacca, anche se continuava a indossarla aperta, con il petto nudo sotto.
«Come mai così sorpreso?» gli domandò Ace, sorridendo.
«Hai cambiato stile» commentò Marco.
«Non ti piace?»
«No, non è questo...» Al contrario, doveva ammettere che non era niente male, e forse Ace se ne accorse, per lo meno dal modo in cui lo osservava.
Poi però Ace alzò le spalle. «Nell'altro villaggio c'era un negozio di abiti in offerta e avevo voglia di cambiare un po'.»
«E la pistola?»
«Bella, eh?» Ace la fece girare un po' nella sua mano, prima di rimetterla nella fondina attaccata alla cintura, con un'ultima carezza alla decorazione d'argento.
«Ma non la sai usare.»
«Non uso nemmeno il mio coltello, è solo per bellezza» replicò Ace divertito. «Ma si può sapere che cosa ci fai qui?»
«Potrei chiederti la stessa cosa.» Ora che Marco aveva visto che Ace stava bene, poteva rilassarsi e tornare a essere se stesso. «In ogni caso, ti stavo cercando. Pare ci sia un cacciatore di taglie parecchio forte da queste parti.»
Ace lo guardò condiscendente. «Posso cavarmela.»
«Lo so.»
«In ogni caso non ho visto nessuno» spiegò Ace. «Ho accompagnato la signorina al villaggio e ho fatto un po' di shopping. Poi lei mi ha chiesto se potevo portarle anche una cosa che doveva lasciare in questa casa, per cui eccomi qui.» Aprì il frigo e iniziò a tirare fuori degli ingredienti. «Già che sei qui, possiamo direttamente pranzare invece di tornare indietro. Ho già una fame...» E allo sguardo perplesso che Marco gli stava lanciando, aggiunse: «Tranquillo, ho il permesso della padrona di casa, come ringraziamento per averla accompagnata.»
«No, veramente mi stavo chiedendo se sapessi cucinare.»
Ace gli scoccò un'occhiata annoiata. «Siediti lì, ti stupirò.»
Marco obbedì. E dovette ammettere, rimase affascinato dal modo esperto in cui Ace si muoveva in quella cucina. Aveva sempre avuto la passione di guardare gli uomini cucinare, probabilmente perché ci era abituato dai tempi di Satch, che nel suo campo era bravissimo, ma era ancora meglio se il cuoco che si guardava era una persona già attrattiva di per sé.
«Ed ecco qui.» Ace posizionò due piatti sul tavolo. «Questa è una ricetta che mi ha insegnato Makino parecchi anni fa.»
Ma Marco, nonostante l'odore che proveniva dai piatti, continuava a guardare Ace con la bocca leggermente semiaperta, in adorazione. Allora Ace sorrise appena, malizioso, e si sporse in avanti per baciarlo.
Non appena le loro labbra si toccarono Marco si alzò di scatto e gli prese la testa con le mani, per tenerlo più vicino a sé, mentre continuava a baciarlo. Ace sembrò aspettarselo o comunque non ci mise nemmeno un attimo a ricambiare, le mani sui suoi fianchi e la bocca che cercava spasmodicamente quella dell'altro.
«Dio, Marco, quanto ti amo.»
Un istante dopo, Ace si ritrovò con la schiena a terra e un artiglio di Marco che gli stringeva il collo, bloccandolo e quasi impedendogli di respirare. Anche le braccia si erano trasformate in ali, mentre troneggiava sopra di lui.
«Sai, mi stavo proprio chiedendo il perché di tutte queste differenze» commentò Marco, in maniera quasi casuale. «Se devi ingannare qualcuno, non sarebbe meglio essere il più aderenti possibile alla verità?»
Ace non rispose, ma aveva posto le braccia sulla sua gamba per liberarsi, quindi Marco premette ancora più a fondo, gli artigli che bucavano il pavimento.
«E poi ho capito. Non sei in grado di sapere tutto, di imitare tutto... quindi devi nasconderti in delle differenze plausibili per sperare che uno non si accorga di quelle importanti.»
«Ma che cosa stai dicendo...» esalò Ace, tossendo per la mancanza d'aria.
«Che frutto è? Illusione?» Marco premette ancora più a fondo, senza rischiare di spaccare il collo ma con la certezza di togliere abbastanza fiato, finché finalmente la persona sotto di lui smise di essere Ace e si tramutò in quella Red Hood di cui parlavano i pirati alla locanda, col cappuccio rosso e tutto. Solo allora Marco allentò appena la presa.
Lei tossì, poi lo guardò malevola. «Stavi credendo a tutto, ma non al ti amo? Che razza di relazione avete.»
L'espressione di Marco non cambiò, ma tornò a fare pressione sul suo collo, ancora e ancora, finché non furono anche tutte le altre illusioni a cadere: la casa diventò una catapecchia, il cibo scomparve con il suo buon odore e la bella ragazza dai capelli neri diventò una vecchia rugosa con appena qualche ciuffo bianco.
«Solo perché tu fai importanza a certe cose, non significa che lo facciano tutti.» La lasciò e si voltò. «La prossima volta, tieni ben a mente questo: non puoi imitarci. Perché noi siamo i Pirati di Barbabianca.»
Poi Marco lasciò la casa senza nemmeno voltarsi indietro, senza nemmeno guardare la reazione di lei o il suo sguardo. Non gli importava. Non si sarebbe nemmeno preso la briga di ucciderla, il tempo avrebbe fatto il suo corso da solo.
E tornò nel sentiero e fu lì che incontro Ace, il vero Ace, con i suoi short, il suo coltello e il suo petto nudo.
«Marco?» si stupì lui. «Che ci fai qui?»
«Ero venuto a cercarti» gli disse Marco, sorridendo. «Pare che la tipa che dovevi accompagnare fosse in realtà una cacciatrice di taglie.»
«Davvero? Oh, be', questo spiega tutto.»
«Che cosa?»
«Eravamo a metà del bosco quando è sparita all'improvviso. E io non riuscivo più a trovare la strada per il villaggio.»
«Sì, era il suo frutto del diavolo» annuì Marco. «In ogni caso, ero io il suo vero obiettivo, non tu.»
«Oh.» Ace parve quasi offeso dalla cosa, ma poi si avvicinò e scrutò Marco attentamente. «Tu stai bene?»
Marco annuì. «Sì, non preoccuparti. Torniamo indietro? È ora di pranzo.»
«Sì, ho una fame...»
«Immaginavo.» Marco ridacchiò fra sé. Poi gli prese la mano nella sua. «Lo sai che ti amo, vero?»
Ace si bloccò per un attimo, un lungo secondo di gelo, poi tornò a rilassarsi e si voltò a guardarlo con espressione scettica. «Un sacco di volte. Non è che invecchiando stai perdendo la memoria?»
Marco gli riservò un'occhiata eloquente, per dirgli che gli avrebbe fatto pagare quell'accenno alla sua età, poi sorrise. «Ti dispiace?»
L'espressione di Ace si addolcì e si appoggiò a lui. «No. Per niente.»
E a Marco venne da ridere. Non c'erano davvero più i cacciatori di taglie di una volta, se davvero pensavano di ingannarlo solo perché Ace non aveva il coraggio di dichiararsi. la realtà è che non ne aveva bisogno. Una frase era solo apparenza, ma Ace gli aveva sempre dato molto di più.

 
   
 
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