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Autore: Marianna 73    06/07/2016    13 recensioni
Scelte che uniscono, trascinano, separano e ricongiungono. Scelte che condizionano un'esistenza ma che spesso poco possono contro l'amore.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7 - Nuovi orizzonti e dolorose verità 

PARIGI, Locanda "Les lillas blanches"

L'insegna cigola piano di fronte a lui, smossa dalla leggera brezza notturna.
Ne intravede i bordi regolari ed il disegno, un fascio scomposto di lilla' bianchi, appena intuibile nella fioca luce che giunge da una delle finestre. L'aveva scelta per trascorrere le sue notti d'amore con Oscar anche per quello, tanti anni prima, per quel nome che parlava di casa.
Lilla'..  Il giardino di Palazzo Jarjayes era costellato di quei cespugli rigogliosi, in un alternarsi ordinato delle varianti bianche e vermiglie e negli anni aveva imparato ad amarli profondamente quei fiori, così  teneri e arditi e ad amarne il profumo intenso ed amaro, inebriante come i baci e le carezze impudiche che spesso aveva carpito alla pelle bianca di lei, approfittando del sipario ombroso offerto dalle loro fronde.
Il ricordo di Oscar e dei sospiri che le sue mani riuscivano a strapparle gli lacera il cuore e lo riporta dolorosamente alla realtà, a quella notte buia,  a quell'insegna sussurrante ed al motivo che l'ha condotto qui, dopo tre settimane da quella notte disperata in cui ha deciso in un impeto impazzito di abbandonare la vita che aveva sempre vissuto.
Ne ha avvertito il  bisogno di ritrovarsi li, a cercare l'ultima delle conferme necessarie, da quando ha parlato con quell'uomo, poche ore prima.

L'aveva sentito parlare con un altro avventore della taverna in cui si trovava, un bicchiere di vino scadente tra le mani e le ultime monete penosamente pesanti nella tasca del farsetto, a ricordargli che era giunto il momento di prendere una decisione, qualunque essa fosse, che non poteva continuare a vivere in quella sorta di limbo fatto di rimpianti e dolore.
Non aveva prestato attenzione ai discorsi dei due uomini appoggiati al bancone accanto a lui sino a quando alle sue orecchie non erano giunte la parole precettore e maestro d'armi.
"Quel posto sarebbe perfetto per mio cognato, Monsieur, ve lo assicuro..." stava dicendo uno dei due.
"Se solo poteste avere la compiacenza di attendere un paio di giorni ancora... purtroppo una febbre fastidiosa gli ha impedito di venire a parlarvi ma..."
La risposta dell'altro aveva troncato secca il discorso.
"Mi rincresce molto per il malanno di vostro cognato, ma davvero non ho più  tempo. Parto domattina per far ritorno a Montpellier. Ho già procastrinato troppo a lungo la data della partenza, e altri impegni presi in precedenza mi obbligano a rientrare."
La voce non aveva lasciato adito a repliche e l'altro non aveva potuto far altro che inchinarsi brevemente e lasciare la sala. 
André  aveva osservato l'uomo rimasto accanto a lui e ne aveva valutato l'aspetto ben curato e gli abiti di buona fattura.
Erano passati alcuni minuti mentre ne osservava i modi ed i gesti compiti e, il cuore in tumulto, si domandava se potesse essere quella l'occasione da non lasciarsi sfuggire, il punto di partenza di un nuovo percorso da intraprendere, per provare a ricostruirsi una vita, un pezzetto alla volta.
"Perdonatemi, Monsieur..."
Suo malgrado il risuonare della propria voce lo aveva sorpreso. Aveva deciso, dunque...

"Non ho potuto fare a meno di sentire le vostre parole, prima."
L'uomo si era voltato ed André ne aveva incontrato lo sguardo scurissimo, illuminato dal brillio della sicurezza e dell'intelligenza.
"Credo di aver compreso che siete alla ricerca di un precettore e di un maestro d'armi..."
L'altro lo aveva informato con un discorso breve e preciso circa la natura della persona che aveva cercato a Parigi, dove era giunto per sbrigare alcuni affari che il suo ruolo di armatore gli imponeva di trattare personalmente, ma che ancora non aveva trovato: un istitutore per i suoi figli gemelli di dieci anni che fosse al contempo in grado di fornire loro una buona preparazione culturale e un'introduzione al mondo delle armi. Quest'ultima cosa sarebbe stata però riservata però ad uno solo dei ragazzi essendo l'altro privo dell'uso delle gambe dopo una rovinosa caduta da cavallo qualche anno prima.
"Come spesso succede ai gemelli, " aveva spiegato Monsieur Guillome, "i miei ragazzi hanno un legame molto particolare. Non accettano in alcun modo di avere insegnanti differenti, calibrati alle loro differenti esigenze."

Aveva fatto una piccola pausa necessaria a nascondere lo scoramento che quella situazione sicuramente gli creava 
"L'idea di avere un unico maestro, per entrambi, che sia in grado di prodigarsi per loro su untrambi i fronti è venuta a mia moglie ed io ho approfittato del mio viaggio a Parigi per cercare di contattare una persona con le giuste caratteristiche. Ma sino ad ora la mia ricerca è stata vana..."
Andrè  aveva sospirato piano prima di parlare.
Sapeva che allontanarsi da Parigi avrebbe significato un distacco pressoché definitivo da tutto ciò  che aveva avuto un senso per lui, sino a poche settimane prima,  ma ormai quella sembrava l'unica via possibile.
"Io credo di essere in grado di svolgere le mansioni che voi mi avete descritto," aveva poi detto, la voce tranquilla malgrado il tumulto che sentiva dentro. "Vedete, ho avuto la fortuna di avere..."
Aveva riassunto brevemente la sua storia al suo interlocutore e risposto brillantemente ad ogni quesito che quest'ultimo gli aveva posto e un'ora dopo si erano salutati con una vigorosa stretta di mano, dandosi l'appuntamento per il pomeriggio seguente lì, in quella taverna dove Monsieur Guillome alloggiava e da dove sarebbero partiti insieme alla volta di Montpellier.
André  era uscito dal locale pochi istanti dopo, con un unico pensiero, martellante nel cuore come il più  crudele dei magli e con quello era giunto sino a "Les Lillas blanches": voleva sapere, DOVEVA, sapere, se Oscar era tornata a cercarlo, dopo quella notte.
Se almeno una volta era tornata sui suoi passi, in quel luogo che era stato l'unico posto davvero tutto loro in quei dieci anni, l'unico simulacro di casa che mai avessero avuto...
Prende un respiro fondo, prima di  muoversi  poi con passo deciso apre la porta ed entra nella locanda.
Il profumo del locale gli mozza il fiato, tanto è denso di ricordi, così come la luce dorata che lo illumina  proveniente dalle bugie poste sui tavoli cui mangiano alcuni avventori e dal candelabro che illumina lo scrittoio vicino all'imboccatura delle scale, a cui è seduta Madame Clair, lo sguardo chino sul registro che ha davanti.

Il battito furioso del cuore rischia di travolgerlo mentre le si avvicina, consapevole di aver compiuto quei passi milioni di volte in quegli anni ma di farlo stasera, per la prima volta con uno scopo completamente diverso.
Lo accogono, disponibili come sempre, il sorriso dolce e lo sguardo bellissimo di Madame, un attimo prima che ne risuoni la voce, calda e gradevole.
"Monsieur Grandier... È  un vero piacere rivedervi...posso fare qualcosa per voi?"
È davvero difficile controllare la voce, contenerne il tremito che sente solleticargli la gola ma ci riesce.
"Buonasera a voi, Madame... Sono in procinto di lasciare Parigi ma prima di farlo desideravo salutarvi e sapere se ..." deve deglutire prima di continuare, la tensione è  divenuta un groppo asciutto nel fondo della gola e quasi gli spezza il respiro.
"Se...Oscar... la donna che....se...."
La voce di lei lo interrompe, salvandolo dall'imbarazzo di formulare quella domanda e spezzando al contempo ogni speranza.
"Non vedo il Colonnello de Jarjayes da tre settimane, Monsieur. Ha saldato il conto la mattina che se ne è andata e non ha lasciato alcun messaggio."
Per un istante ogni cosa vacilla sotto ai suoi piedi ed André è costretto ad appoggiare le mani al legno scuro del tavolo che ha di fronte.
Nessun  messaggio. Non è più tornata. Non lo ha cercato.
Chiude per un istante gli occhi, poi con un gesto lieve del capo annuisce, e ritorna allo sguardo di Madame Clair.
"Capisco," sussurra di fronte a quegli occhi d'ambra.
"Era ciò  che volevo sapere. Vi ringrazio per la vostra premura, Madame e vi auguro ogni bene possibile."
Non ce più nulla davvero, ora, a trattenerlo in quel posto e sente il bisogno di respirare al piu presto aria fresca, ché  il profumo racchiuso tra quelle pareti cosi famigliare e grato gli è divenuto di colpo estraneo e sgradevole.
È già a metà  del percorso che lo separa dalla porta quando la voce di lei lo ferma.
"Monsieur Grandier, vi prego..."
Si volta e la vede lasciare la sua poltroncina e raggiungerlo, minuta ed elegante nel sobrio abito verde scuro che indossa.
"C'è  una cosa che vorrei chiedervi, se me lo permettete..."
André  annuisce, consapevole che quella donna possa aver davvero compreso ben più  di ciò che ha sempre dimostrato di sapere, con il suo comportamento riservato.
"Voi la amate, vero?"
Gli occhi di lei sono scuri, ora, il colore del miele caramellato, densi di ombre misteriose e profonde, colmi della sofferenza di chi ha molto amato e, forse, perduto chi ama...
Qualcosa, in quelle profondità gli dice che può  fidarsi, che con lei può  essere sincero.
"Si," risponde. "La amo con tutto il cuore. Ma..."
Si stupisce della facilità con cui riesce a raccontarle ogni cosa, della loro infanzia speciale, di quell'essere tutto, uno per l'altra, di quel loro legame che è cresciuto e mutato, un giorno alla volta sino a diventare amore, e passione, incontenibili.
Di quanto ne abbia avuto bisogno, di lei, in quegli anni, in modo assoluto, come si ha bisogno di respirare per vivere, e di quanto fermamente avesse voluto credere nel sogno di una famiglia, di un amore che si concretizza in una vita nuova, in un sogno che si fa carne...
E di come un grumo alla volta, giorno dopo giorno, abbia visto quel sogno sgretolarsi, sino ad arrivare alla decisione di lasciarla, per non perdere se stesso e soprattutto per non giungere ad odiarla, come temeva sarebbe successo se avesse continuato a pretendere da lei qualcosa che lei non era disposta a dargli....
Le parole sono uscite come un fiume in piena... Non si era mai reso conto di quanto avesse bisogno di parlarne con qualcuno, di quel suo amore immenso e sempre taciuto, sino ad ora che ha avuto la possibilità di farlo.
Sino ad ora, che ha compreso in modo definitivo che non ce più nulla di quel sogno, che tutto è  finito.
Non si è  accorto che ha parlato per ore, che la sala si è  svuotata e che la notte già si chiarisce nell'alba aldilà delle tende.
E non si è  accorto che le piccole mani morbide di Madame hanno stretto le sue, mentre parlava. Se ne accorge ora, mentre si rende conto, stanco e svuotato,  di quanto dolce si è  fatto il suo sguardo.
"Vi prego di scusarmi..." sussurra, "sarete stanchissima... io davvero..."
La stretta si fa più intensa , quelle dita sono forti e salde, ora, come se fossero intessute di maglia di ferro.
"Non dovete scusarvi...sono lieta di avervi ascoltato. Mi avete riportato alla mente quanto può essere potente un sentimento... e, a tal proposito, se mi permettete, vorrei darvi un consiglio..."
Fa una pausa e la sua stretta diventa dolce e caldissima.
"Non disonoratelo mai questo amore,  Monsieur, conservatelo vivo e puro, nel vostro cuore..." la sente sussurrare, una consapevolezza viva a pervaderle la voce.
"E non disperate....l'amore, quando è immenso come il vostro, può superare ogni cosa, anche le barriere del tempo e dello spazio. Non disperate, ve ne prego..."
Ha gli occhi luminosi di chi sa di aver condiviso qualcosa di prezioso, mentre lo saluta e André non può fare a meno di ringraziarla, per quelle parole che lo accompagnano, piene di conforto, mentre esce e si dirige  alla staccionata per recuperare il suo cavallo.
Per qualche oscura ragione quella voce ha lenito un poco il tormento della sua anima dandogli la certezza che aver preservato la sua integrità ed il suo amore dal nulla in cui si stava disfacendo sia stata la cosa giusta da fare.
E che forse la forza di quel sentimento prevarrà davvero, un giorno. Forse...
Alza gli occhi alla prima stella del mattino mentre sale in sella e si appresta a lasciare Parigi consapevole che c'è ancora una cosa da fare, prima di raggiungere Monsieur Guillome e partire alla volta di Montpellier.
Deve salutare sua nonna e raccogliere le poche cose che possiede, a Palazzo Jarjayes. 

 

REGGIA DI VERSAILLES - Ufficio del comandante della Guardia Reale.

"Avanti!"
Risponde senza nemmeno alzare lo sguardo dalla pila di documenti che sta attentamente leggendo, sicura che sia André, giunto ad informarla che ha preparato i cavalli e che quando sarà  pronta potranno lasciare la Reggia.
"Scusate colonnello..."
La voce di Gilbert, il caporale che le è  stato assegnato come attendente qualche settimana prima la fa sobbalzare.
Ma certo, Gilbert, che stupida, André se ne è...
"Desideravo sapere se anche stasera pernotterete alla Reggia, per poter far si che venga predisposta la cena nei vostri appartamenti."
La voce nasale del soldato le giunge ovattata, filtrata dal ronzio che le risuona nelle orecchie, il cuore che batte talmente furioso da farle male.
Di nuovo. Le è successo di nuovo.
Non è  la prima volta che le capita. In quei giorni, malgrado la sua ferma decisione di escludere il pensiero di André,  le è successo innumerevoli  volte di immaginare che lui fosse ancora al suo fianco, quasi fosse una parte così radicata della sua vita da considerarlo sempre presente, nel profondo, da volersi negare la possibilità che lui l'avesse abbandonata.
Così era capitato che lo mandasse a chiamare da un inserviente per poi infuriarsi di fronte allo sguardo interrogativo di questi o che si ritrovasse a pensare di chiedergli un'opinione in merito ad una determinata questione, salvo poi ricordarsi di colpo di quella porta che si richiudeva  alle sue spalle e di quella rabbia che l'aveva travolta...
Ed ogni volta era stato un pò più penoso accettare la situazione,  ritrovare la consapevolezza di essere sola, rinnovare nel profondo la determinazione ad andare avanti, senza ammettere nemmeno a sé stessa che André  le mancava.
Anche adesso, con lo sguardo interrogativo di Gilbert fisso su di lei è maledettamente difficile mantenere il controllo.
"Non ho ancora deciso, lo farò più  tardi."
Risponde brusca, mentre lo licenzia con un gesto secco della mano.
"Puoi andare, ora."
Volta il viso verso la finestra e senza badare allo sbattere dei tacchi del sottoposto si appoggia al cuoio della poltrona e cerca con lo sguardo la notte che sta scendendo oltre i vetri.
Chiude gli occhi e, per la prima volta da quando Andrè se ne è andato, non fa niente per trattenere il piccolo tremito che le percorre le dita quando si porta le mani al viso.
"Dannazione, André... Perché  mi hai lasciato sola? Non hai idea di quanto mi manchi..."

Ci aveva provato, con tutte le sue forze.
Era tornata da Parigi, quella mattina di tre settimane prima, con il cuore gonfio di rabbia e si era buttata a capofitto nel lavoro, senza concedersi il tempo di pensare, imponendosi di non stare a sentire quella parte di lei che piangeva, disperata ed impazzita, per il vuoto lasciato da André.
Aveva provato a soffocarla, quella parte della sua anima, a imporle di tacere sempre,  obbligando sé  stessa a turni massacranti, concentrandosi con ciascuna delle sue risorse sul processo che si stava istituendo per dare un nome ai colpevoli della truffa messa in atto contro Sua Maestà, ripetendosi all'infinito, a denti stretti, che il suo lavoro le sarebbe bastato, che la sua vita era piena ed intensa, anche senza di lui.
Aveva evitato anche di tornare a Palazzo, per tutto quel tempo, usufruendo per la prima volta degli appartamenti messi a sua disposizione alla Reggia, per non rischiare di essere soppraffatta dalla dolcezza dei ricordi che, in quel luogo più  che in ogni altro, la legavano a lui.
A lui che era stato il suo amico, prima ancora che il suo uomo.
Che era stato il suo attimo di pace, la sua voglia di ridere, il suo rifugio, la sua anima.
Che era stato il suo amore... il primo, l'unico della sua vita.
Le sfugge un singhiozzo, amarissimo, di tra le dita premute sulle palpebre, come se permettersi di ammettere con sé stessa quanto lo vorrebbe accanto a lei a cingerla stretta, in quel momento, fosse un dolore al limite del sopportabile. 
Lo ama. Lo ha sempre amato. Con tutta la forza disperata di quel suo cuore di donna costretto a nascondersi dietro un muro impenetrabile....è  stato quell'amore a darle la forza di andare avanti, in tutti quegli anni, a farla sentire bene con sé stessa, a darle coraggio e sicurezza e forza per dimostrare, a tutti, quanto una donna potesse valere in un mondo di uomini.
"Come hai potuto non capire, André?" Sussurra piano, le mani ora a stringere convulsamente i braccioli e le lacrime che scendono copiose, senza più freni.
"Come hai potuto non comprendere, non sentire, quanto ti ho sempre amato? Quanto contavano per me le ore passate insieme, quanto mi fossi necessario..."
Il fiato le si spezza in un singhiozzo al ricordo della sua bocca e della sua voce calda e vellutata al bordo del suo orecchio a sussurrarle il suo desiderio mentre facevano l'amore, nell'intimità  di quel letto che era tutto il loro mondo.
"Ti amo tanto," le diceva, la voce rotta dal piacere appena vissuto. "Non ti lascerò  mai..." e le sue labbra cercavano avide il pulsare nascosto nell'incavo della gola per suggerlo e piano, pianissimo, infiammarla di nuovo.
"E invece te ne sei andato..." mormora, furente, al buio che sta invadendo pian piano l'ufficio.
"Te ne sei andato..."
È  ancora lì, quella rabbia, la stessa che ha armato il suo braccio e dato corpo alla sua voce in quella notte lontana.
La rabbia di sentirsi abbandonata, tradita...la rabbia di scoprire che l'altra metà della tua anima non ha fatto altro che mentirti.
Certo, anche lei aveva sbagliato.
Sapeva bene quali fossero i desideri di André...
Ne avevano parlato tante volte, nudi ed abbracciati tra quelle lenzuola impregnate di loro.
Sapeva che André  voleva vivere una vita diversa, con lei.
Sapeva del suo desiderio di una casa sua e di una famiglia sua, lui che una famiglia non l'aveva avuta mai.
E sapeva di chiedergli molto, ogni volta, quando lo pregava di pazientare ancora un poco,  che presto sarebbe venuto il momento per loro.
Ma aveva sperato che lui comprendesse.
Che sapesse vedere nel suo cuore e capire quanto quella vita che le era stata imposta ora era divenuta importante per lei. Quanto era divenuta parte di sé stessa, del suo modo di essere.
Aveva sperato che il suo amore per lei avrebbe prevalso, rendendolgli accettabile quel compromesso. 
"Dicevi di amarmi per quella che ero, André..." singhiozza, ormai incapace di frenare quel dolore e quella rabbia che hanno sopraffatto le sue difese.
"Ma non era vero...Non era vero niente..."

Abbandona indietro la testa, vinta dalla stanchezza e si lascia vincere dall'urgenza di smettere di lottare, almeno per qualche ora.
Ha bisogno di casa sua, della voce tenera di Nanny e del suo tocco delicato tra i capelli.
Ha bisogno del profumo delle rose di Palazzo che entra dalla finestra della sua camera da letto.
Ha bisogno di affondare la testa nel morbido del cuscino e piangere, sino a sentirsi svuotata.
Ha bisogno di sentirsi al sicuro, per decidere cosa fare.

Passano alcuni minuti prima che riesca a governare il respiro, poi asciugate le lacrime che ancora le segnano il viso si alza e raggiunto il corridoio si rivolge  con voce ferma a Gilbert, in piedi vicino alla sua porta.
"Non sarà  necessario far portare la cena nei miei appartamenti. Fai sellare il mio cavallo, stasera rientro a Palazzo Jarjayes."



continua....



Ben ritrovati, amiche ed amici...innanzitutto vi chiedo scusa per il ritardo con cui ho aggiornato. Ho provato a regalarvi un capitolo un pochino più  lungo del solito per farmi perdonare...spero di esserci riuscita.
Un doveroso ringraziamento va a Silvia Francoise, per la chiave di lettura che mi ha fornito con la sua recensione circa le motivazioni di André ad abbandonare Oscar. È una visione, la sua, che non avevo preso in considerazione ma che credo mi sarà molto utile in futuro. Poi il solito ringraziamento alla mia "editor" per eccellenza e un grazie anzi cento, mille grazie a tutte voi che dedicate parte del vostro tempo alle mie parole...credo che non riuscirò  mai a farvi comprendere quanto siete preziose.
Infine una dedica, speciale e spero gradita, ad Orny81, alla quale ho pensato descrivendo M.me Clair...
Un abbraccio ancora e a presto.


 

 
 
   
 
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