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Autore: Nevsjk    06/07/2016    1 recensioni
Eyes are mirror of soul...
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CHAPTER 1


Ero seduta al pianoforte e con le mie dita affusolate cercavo di intonare una canzone. Ricordavo di averla sentita quando ero bambina e senza spariti, cercai di rivelare delle note a me ignote. Non avevo mai suonato un pianoforte in vita mia, non sapevo nemmeno quali fossero le note principali, ma avevo deciso, quel giorno, di pigiare ogni singolo tasto di quello strumento e ricordare ogni singolo suono. Ogni nota mi entrava dentro e mi estasiava. Provai così a intonare quella canzone di cui non conoscevo il nome ma rammendavo la musica e le parole. Ricordando i suoni, cercai di estrapolare la melodia. Tra una nota sbagliata e l’altra e dopo vari tentativi, riuscii finalmente a ricavarne uno stralcio. Mi sentivo orgogliosa di me stessa. Non ricordavo un altro momento della mia vita in cui ero stata così emozionata. Continuai a suonare quelle note ancora e ancora e…
«Nora» la voce di mia madre mi distolse dai miei pensieri felici. La guardai in viso con un piccolo sorriso sghembo ma poi notai sulla sua faccia un ghigno.
«Cosa c’è, madre?» chiesi.
«E’ arrivata!» risposero in coro lei e le mie altre due sorelle Olivya e Luiza.
Ormai erano giorni che le tre erano in ansia. Pochi giorni prima in città, a San Pietroburgo, i cavalieri dello zar Nicola II avevano affisso un manifesto alle porte della città in cui si annunciava che il figlio dello Zar, Aleksej aveva raggiunto la maggiore età e quindi di lì a una settimana si sarebbe tenuta una festa a palazzo in onore del suo compleanno a cui erano invitate tutte le donzelle al di sopra dei sedici anni. Nell’invito non era scritto ma era più che ovvio che quella festa non sarebbe servita solo a inaugurare la successione futura al trono di Aleksej ma soprattutto a far sì che egli potesse trovare una moglie degna di essere chiamata tale.
«Non vedo l’ora!» starnazzò Olivya che era due anni più piccola di me. «Ma non ho niente da mettere! Madre, vi prego, portateci in paese!» La nostra era una piccola casetta in campagna nei pressi di San Pietroburgo. Nostra madre era una casalinga mentre mio padre un fabbro e di quei tempi non circolava molto danaro in famiglia. Ma non rimasi affatto sorpresa quando mia madre acconsentì a comprare ad ognuna un vestito e degli accessori degni di un ballo a palazzo. In fondo, il suo unico desiderio, come tutte le madri, era quello di vedere le sue figlie sposarsi e se l’uomo in questione fosse stato un principe o il futuro zar della Russia, tanto meglio. Quindi occorreva agghindare le proprie figlie in modo da essere la cosa che il principe Aleksej più potesse notare.
«Vedrai che sarà divertente» mi bisbigliò all’orecchio Luiza. Luiza era la più grande delle tre. Grandi occhi da cerbiatto di un nero pece, carnagione biancastra, capelli biondi e un sorriso e una compostezza che ormai la caratterizzavano. Avendo solo un anno di differenza era più facile per noi confidarci e lei sapeva bene che detestavo questo tipo di feste. Non per i vestiti perché li adoravo ma perché correvi sempre il rischio di non essere invitata da nessun gentiluomo a ballare e quindi restare seduta per tutta la serata a conversare di cose sciocche e futili con qualche fanciulla senza cavaliere.
Quello stesso pomeriggio, ci recammo in paese con la nostra unica carrozza il che doveva significare essere proprio un evento importante quello che stava per avvenire perché nostro padre difficilmente ci concedeva il permesso di utilizzarla per scopi così banali. Quel pomeriggio comunque entrammo nella boutique di Madame Rosalinde per prendere delle stoffe.
«Buon pomeriggio, mie care ragazze» ci accolse una signora vispa con un metro attorcigliato al collo e un cuscinetto di spilli legato al polso. «Come posso esservi utile?»
«Salve Madame Rosalinde, vorremmo delle stoffe diverse per confezionare degli abiti. Sa le nostre figlie parteciperanno al ballo e…» disse mia madre che però fu interrotta da Madame Rosalinde che la zittì. Prese Olivya e la fece roteare.
«Mia cara ragazza… per te potrebbe andare bene solamente un abito nero, hai troppe forme! Dovresti stringere il corsetto un po’ di più.» disse squadrando con disprezzo Olivya.
«Ma non riuscirei a respirare…»
«Infatti non devi. E tu… oh, che bel visino abbiamo qui» disse alzando con una mano il mento di Luiza. «Forse un bel viola potrebbe fare al caso tuo» e lasciò Luiza recandosi in magazzino a prendere le stoffe viola e nero. Poi tornò e prese le misure delle due. Tagliò la stoffa quanto bastava e la consegnò a mia madre.
«E per Nora, invece?» chiese l’ultima a Madame Rosalinde.
«Chi è Nora?» chiese guardandosi attorno e incontrando per la prima volta il mio sguardo. «Oh cielo, sei così paffuta e minuta che credevo fossi una bambina! Quanti anni hai mia cara?» chiese.
Non la presi sul personale, alla fine dei conti, se mia madre avesse taciuto, avrei avuto il pretesto per non andare a quella festa. «Quanto basta affinché possa andare al ballo, Madame» mi apprestai a rispondere.
«Oh cielo» fu l’unica risposta che riuscì a dare. Per tutto il tempo in cui mi prese le misure non disse una parola, come se la risposta datale l’avesse sorpresa e scioccata allo stesso tempo. L’unica cosa che disse fu «Ceruleo» e tornò dal magazzino con la stoffa del medesimo colore.
«Arrivederci Madame Rosalinde» salutammo in coro ma non ci fu alcuna risposta.
Durante tutta la settimana precedente alla data del ballo, nostra madre trascorse notti e giorni a confezionarci degli abiti che avrebbero fatto invidia alla nobiltà stessa. Apprezzavamo tutte il duro lavoro tant'è che ogni qual volta potevamo, la aiutavamo a inserire il filo nella macchina da cucito o a raccogliere la stoffa avanzata dal pavimento. Quasi non chiuse occhio per tutta la settimana.
«Una di voi lo sposerà» continuava a ripeterci. Sapevamo tutte che le sue speranze erano confidate in Luiza. Era una ragazza particolare e molto pacata. Difficilmente non la si notava. Olivya era piccola ma era anche pestifera. Fortunatamente nostro padre le aveva insegnato l'arte della musica e quindi per un'ora e mezza al giorno, la casa si riempiva di silenzio. Quanto a me, ero sempre stata poco notata essendo la figlia di mezzo e non avevo doti o caratteristiche speciali che mi potessero distinguere da qualunque altra ragazza.
«Nora!» mi chiamò a gran voce Luiza. E risposi di conseguenza. «Cosa ne diresti di andare a trovare la zia per un po'?» chiese.
«Chissà che non abbia invitato un'altro dei suoi giovani nipoti dalla parte dello zio» continuò Olivya eccitata. Luiza mi guardò con aria rassegnata e con molta pacatezza consigliò a Olivya di rimanere a casa con la mamma e aiutarla e magari esercitarsi un altro po' con il piano. Chissà che il principe non l'avrebbe notata e sposata proprio per la sua dote. Olivya si fece convinta e rimase a casa mentre io e Luiza ci recavamo a casa della zia.

   
 
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