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Autore: Amantide    06/07/2016    7 recensioni
AU [Percabeth] [Caleo] [Jasper] [Solangelo]
Annabeth è single, esattamente come lo sono le sue migliori amiche: Piper e Talia.
Sembra il presupposto ideale per organizzare una vacanza insieme al mare e rimuovere definitivamente il fantasma dell’ex fidanzato dalla sua vita. A sconvolgere quella che avrebbe dovuto essere una vacanza tranquilla ci penseranno Percy, Jason e Leo. Il primo è un bagnino affascinante che ha abbandonato la città e si è rifugiato al mare, dove conduce una vita sregolata lontano da tutti. Gli altri due sono amici da sempre, di quelli che viaggiano sempre in coppia e non perdono l’occasione di fare nuovi incontri, femminili soprattutto...
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jason/Piper, Leo Valdez, Percy Jackson, Percy/Annabeth, Talia Grace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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MERCOLEDì (notte)

 
 
“Non ti allargare” brontolò Nico spostando Will dalla spalla su cui si era appena accoccolato.
“Perché?” mugugnò il figlio del farmacista denotando come i cocktail di Frank avessero messo a dura prova la sua lucidità.
“Il fatto che io abbia accettato di venire a questa festa non significa che gradisca il contatto fisico.”
“E che fisico!” Esclamò Will indicandosi il petto come per mettersi in mostra.
Nico si tirò uno schiaffò sulla fronte e scosse leggermente il capo. Will era già abbastanza insopportabile di suo, ma con qualche drink in corpo riusciva ad esserlo ancora di più.
“Sei ubriaco!” Decretò dopo aver studiato attentamente gli occhi di Will e avergli dedicato un’occhiata sprezzante. Erano belli, di un azzurro limpido e travolgente, ma erano anche lievemente arrossati e stanchi, come se il ragazzo non dormisse da giorni.
“Ammesso e non concesso che tu abbia ragione, siamo ad una festa, mi sto divertendo e domani non ho niente da fare, non vedo cosa ci sia di male” disse Will studiando attentamente il suo bicchiere per vedere se conteneva ancora qualcosa di bevibile.
“Beh, io ho un’attività da mandare avanti invece, quindi ora è il caso che me ne vada.” E con quelle parole Nico lasciò Will sdraiato sulla sabbia e prese la via di casa senza nemmeno salutare gli altri; non era mai stato un tipo socievole e ancora si domandava come diavolo avesse fatto Will a trascinarlo a quella festa.
Will sapeva di essere decisamente troppo storto anche solo per provare a corrergli dietro, così si puntellò sui gomiti per riuscire a seguire almeno la sagoma di Nico allontanarsi.
“È andata male?” chiese Percy prendendo posto accanto a Will. Era stanco e ancora accaldato dalla partita di calcio e non appena si sdraiò sentì la sabbia attaccarsi alla schiena e si pentì immediatamente di essersi sdraiato sulla spiaggia.
Will fece spallucce. “Mi sento già abbastanza fortunato ad essere riuscito a farlo uscire di casa. Non potevo pretendere di più… almeno per stasera.”
“Direi che è un buon segno… magari ha solo bisogno di tempo, non perdere le speranze.” Commentò Percy deciso a tirargli su il morale. Conosceva Will da una vita e si erano sempre confidati come fratelli.
“Che mi dici di te?” chiese Will voltandosi a guardare l’amico.
Percy si strinse nelle spalle e non proferì parola.
“Come mai la tua fanciulla piangeva davanti al fuoco?” aggiunse come per invogliarlo a sfogarsi.
“Sarà per colpa del suo ex suppongo, prima mi ha confessato che si è rifatto vivo… a quanto pare sono fuori dai giochi.” Commentò Percy con una risata forzata e lo sguardo basso. “Ora come ora penso di avere più probabilità di successo con te che con lei.” Ironizzò Percy deciso a sdrammatizzare un po’ la situazione.
“Non ci provare” lo redarguì Will, “non sei il mio tipo e poi sei etero fino al midollo… anche se tendo ad essere un’ottima nave scuola per chi intende cambiare sponda.”
Risero insieme e smisero solo quando Frank s’intromise e piazzò due cocktail tra le mani dei ragazzi.
“Beh? Cosa sono quelle facce?” domandò il ragazzo osservando gli amici che lo fissavano con delle facce che erano tutte un programma.
“Datevi una mossa a finirli che con questo caldo il ghiaccio si scioglie in un secondo!”
“Frank, io non è che posso tornare a casa sempre ribaltato quando tu sei nei paraggi” piagnucolò Percy ricordando le sere che era tornato a casa strisciando per colpa di tutte le grappe/liquori che l’amico gli aveva fatto assaggiare nel suo locale.
“Devo essere sincero”, intervenne Will, “io ho perso il conto dei drink che mi hai rifilato stasera” fece sapere rigirando la cannuccia nel drink di cui aveva già assaggiato un sorso.
“E poi non possiamo essere messi peggio del festeggiato… se proprio devi fare bere qualcuno fai bere Jason.” Suggerì Percy cercando il cugino con lo sguardo.
“Lo farei se solo si staccasse dalle labbra di quella ragazza” commentò Frank additando Jason e Piper che erano appartati dall’altra parte della spiaggia e sembravano parecchio impegnati.
“A quanto pare il nostro Don Giovanni è riuscito a farsi perdonare” commentò Percy fissando i due alle prese con un bacio al limite del pudore.
“Dovremmo tutti imparare da lui” fece Will sorseggiando il suo drink, “a quest’ora forse avremmo più successo…”
“Parla per te!” Esclamò Frank contrariato, “io ieri ho rimediato un altro appuntamento con Hazel” fece sapere strizzando l’occhiolino agli amici.
“Ah sì?” chiese Will con un sorriso sghembo, “e quanti di questi le hai dovuto rifilare prima che accettasse?” s’informò il ragazzo mostrando il bicchiere ormai mezzo vuoto all’amico.
“Che tu ci creda o no, non ho bisogno di far ubriacare una ragazza per rimediare un appuntamento.” Annunciò Frank gonfiando il petto. “Tu piuttosto cos’hai da raccontare? Il tatuatore dei tuoi sogni ha già ceduto alle tue avances?”
“No” sbuffò Will, “ma non appena lo farà sarai il primo a saperlo.”
“Come sarebbe che sarà il primo a saperlo? Credevo che l’avresti detto a me… dopotutto sono io che ti ho dato il suo numero!” Brontolò Percy.
“Sei peggio di una portinaia Percy!” Ridacchiò Will.
“Sono un bagnino… e il bagnino è un po’ la portinaia della spiaggia effettivamente.” Rifletté Percy ad alta voce.
“Ok, ok, allora appena avrò successo creerò un gruppo whats app solo per comunicarvelo, contenti?”
Se avrai successo!” Precisò Frank.
“L’avrò, l’avrò. Non dubitare.” Lo rassicurò Will con un sorriso raggiante.
Poco più in là, Annabeth trovò la forza di alzarsi. Si asciugò le ultime lacrime con il dorso della mano e cercò le amiche con lo sguardo, Piper sembrava sparita nel nulla ma fortunatamente riuscì ad individuare Talia che ballava insieme a Juniper poco distante e le raggiunse.
“Talia io vado a casa…” sussurrò all’orecchio dell’amica. Lei si allontanò quanto bastava per guardarla meglio, poi si accigliò domandandosi cosa la turbasse.
“È tutto ok” la rassicurò lei anticipando la sua domanda, “sono solo stanca.”
“Ora che siamo sole vuoi dirmi che ti prende?” chiese Talia due minuti più tardi quando raggiunse Annabeth sulla passerella che conduceva al lungomare.
“Sono confusa” esalò Annabeth come se quella confessione le costasse una fatica immensa.
“Ti prego non dirmi che c’entra Luke” la supplicò Talia.
Annabeth distolse lo sguardo. “Non lo so” ammise, “fino a poche ore fa pensavo di essere confusa a causa sua, ma ora…” senza volerlo indugiò sulla sagoma di Percy illuminata dalla tenue luce emanata dal fuoco e all’occhio attento di Talia quel gesto non passò inosservato.
“Ma stasera hai rivisto Percy e credi di essere cotta di lui.” Concluse Talia come se raccontasse il finale di una favola letta più e più volte.
Prima che Annabeth potesse replicare, qualcosa sibilò nel cielo lasciando una scia dorata e un istante dopo il cielo si colorava di righe intrecciate dei colori più vivaci.
“Allora ce l’ha fatta!” Esclamò Talia rimirando lo spettacolo che le sovrastava con gli occhi sgranati per la meraviglia. “Leo ha trovato i fuochi d’artificio!”
“Leo ha costruito i fuochi d’artificio vorrai dire!” La corresse lui che le aveva appena raggiunte e si godeva lo spettacolo a braccia conserte con un sorriso compiaciuto stampato in volto.
“Lo dicevo che eri forte!” Disse la voce di Clarisse e con essa giunse anche una pacca sulla spalla talmente vigorosa che spostò Leo di mezzo metro e lo lasciò tramortito per qualche secondo. “Bel colpo Valdez!”
Lo spettacolo pirotecnico durò cinque minuti buoni e piano piano tutti i ragazzi si avvicinarono per poter rimirare il cielo dal punto in cui si trovavano Annabeth e Talia. Persino Piper e Jason si presero una pausa pur di non perdersi quell’evento e si unirono agli amici camminando a braccetto.
“Stavi per andartene?” domandò la voce di Percy alle spalle di Annabeth.
“Veramente il primo ad andarsene sei stato tu, il calcio era solo una scusa.” Bisbigliò Annabeth senza voltarsi, certa del fatto che lui cogliesse le sue parole nonostante il rumore dei fuochi.
“Hai ragione, ero in imbarazzo, non lo nego.” Confessò lui facendosi un pelo più vicino.
“E comunque sono ancora intenzionata ad andarmene, non appena finiranno i fuochi.”
“Posso accompagnarti a casa se vuoi. Si è fatto tardi anche per me, domani mi alzo presto.”
“Dimenticavo il tuo lato da stalker…” ridacchiò Annabeth che non riusciva a trovare un motivo valido per rifiutare quella proposta.
E fu così, che dieci minuti più tardi i due camminavano tra i vicoli del paese fianco a fianco godendosi il venticello che s’incanalava lungo le vie.
“Dicevi sul serio quando mi parlavi della tua soffitta?” azzardò Percy deciso a saperne di più.
“Ho l’aria di una che dice balle?”
“No, assolutamente no” s’affrettò a dire Percy, preoccupato all’idea che Annabeth perdesse la pazienza, “è solo che non me l’aspettavo…”
“Cos’è? Ci stai forse ripensando?” indagò Annabeth.
 “Annabeth io ti vorrei come fidanzata non come padrona di casa.” Si lasciò sfuggire Percy per poi morsicarsi la lingua un istante dopo. A quanto pareva i drink di Frank avevano fatto il loro dovere e adesso pareva che le parole gli uscissero di bocca senza chiedergli il permesso.
“Come scusa?” fece Annabeth certa di non aver capito bene.
“Ok, forse ho bevuto un po’ troppo per affrontare questo discorso…”
“Non ti azzardare a scappare un’altra volta!” Lo minacciò Annabeth puntandogli l’indice destro contro il petto.
“Non c’è molto da spiegare, mi sembra che la mia frase abbia un senso compiuto senza bisogno di aggiungere altro.”
“Forse, ma mi piacerebbe sapere perché te ne sei uscito solo adesso con una frase del genere… e non dirmi che è colpa dei drink perché non è certo la prima sera che ti vedo alzare il gomito.”
Percy sbuffò, discutere con Annabeth era già complesso da sobrio, figuriamoci in quelle condizioni.
“È perché ti ho parlato di Luke?” azzardò Annabeth infastidita dal silenzio di Percy.
“Senti non lo so, ok? Ho avuto più sbalzi d’umore in queste settimane che in tutta la mia vita, ho provato così tanti sentimenti contrastanti che ancora non capisco come ho fatto a non esplodere.” Sbottò Percy, le tempie che pulsavano in preda ad un imminente mal di testa.
“Mi dispiace” disse Annabeth sincera, “spero che tu riesca a trovare un equilibrio.”
“Lo spero anch’io” esalò Percy, “l’idea di cambiare aria mi alletta ma non la vedo realizzabile”.
“Dipende solo da te.”
“Perché scusa, tuo padre approverebbe?”
“Mi stai chiedendo se ti approverebbe come inquilino o come fidanzato?”
Percy tentennò un istante, non conosceva nemmeno lui la risposta a quella domanda.
“Potenzialmente entrambe le cose”
“Come inquilino hai buone possibilità… come fidanzato meno di zero, mio padre ti odierebbe.” Decretò Annabeth risoluta.
“E tu come fai ad esserne così certa?”
“Faccia da teppista, avambraccio tatuato, studi universitari abbandonati ad un passo dalla fine… devo continuare?”
“No, direi che basta così.” Mugugnò Percy abbacchiato.
“Perché potrei continuare ricordandoti la tua ordinanza restrittiva o facendoti notare che tendi ad alzare il gomito un po’ troppo spesso…”
“Sono a posto grazie” fece sapere Percy che cominciava a sentirsi a disagio.
“Ma c’è da dire che noi ragazze siamo irrimediabilmente attratte da tutto ciò che i nostri padri non approvano.”
“Almeno c’è una vaga speranza che io piaccia a tua madre?”
“Direi di no”
“Bene” ironizzò Percy sempre più sconfortato.
“Mia madre non vive più con noi da quando ero piccola” spiegò Annabeth, “non la vedo da anni.”
“Oh, mi spiace, io non lo sapevo.” Bisbigliò Percy che si guardò bene dal porre ulteriori domande a riguardo. Con sua sorpresa, scoprì che Annabeth era in vena di confidarsi e, senza che lui chiedesse nulla, si lanciò in una breve ma esaustiva spiegazione.
“Insegnava nell’università che sto frequentando ora, ma circa quindici anni fa le offrirono una cattedra alla Brown University e nel giro di due settimane fece i bagagli e si trasferì negli Stati Uniti. L’idea di rifiutare quell’opportunità per rimanere con me e mio padre non la sfiorò nemmeno per un momento e così io e lui ci ritrovammo soli. Mio padre è un grande uomo, mi ha cresciuta da solo e non mi ha mai fatto mancare nulla.”
Percy l’ascoltò in silenzio e non poté fare a meno di notare come il padre di Annabeth in un certo senso avesse vissuto la stessa situazione di sua madre. Crescere un figlio da soli non era da tutti e in questo i loro genitori avevano indubbiamente fatto un ottimo lavoro.
“Siamo arrivati” fece sapere Percy fermandosi proprio davanti al portone di casa di Talia.
“Ti ringrazio per avermi accompagnata” disse Annabeth un po’ incerta, c’era qualcosa nel comportamento di Percy che non la convinceva, sembrava che fosse in attesa di qualcosa.
“Beh… non entri?”
“Prima volevo fare una telefonata…” spiegò Annabeth estraendo il cellulare per far capire a Percy che era di troppo.
“Sono quasi le due di notte… chi devi chiamare a quest’ora?” Annabeth fece per replicare ma Percy fu più veloce: “ok, non sono fatti miei… anche se ho una vaga idea.”
“Ciao Percy” lo salutò Annabeth con la mano tentando di convincerlo ad andarsene, ma lui sembrava irremovibile.
“Ok, adesso te lo dico!”
“Cosa?” chiese Annabeth allarmata.
“Sei senza chiavi.” Disse Percy mentre Annabeth cominciava a ravanare freneticamente nella borsa, “ti sei dimenticata di chiederle a Talia e io mi sono guardato bene dal ricordatelo perché con la scusa speravo che avresti dormito da me.” Quelle ultime parole Percy le disse con lo sguardo basso, come se un po’ si vergognasse anche solo di aver pensato una cosa simile.
“Sono senza parole” disse Annabeth che stentava a credere alle sue orecchie.
“Lo so, mi spiace, fai pure la tua telefonata poi torniamo a prenderle.” E così dicendo Percy si allontanò per lasciare ad Annabeth la privacy che desiderava.
Annabeth osservò Percy allontanarsi, poi spostò lo sguardo sullo schermo del cellulare, poi di nuovo su Percy.
“Andiamo!” Gli gridò mentre riponeva il cellulare nella borsa.
Percy si voltò di scatto e la guardò stranita. “Che ne è della tua telefonata?” chiese sempre più perplesso.
“Ti sembra una cosa sensata chiamare il mio ex sapendo che stasera dormirò con te?”
“No”
“E dimmi, è forse più sensato il fatto che io voglia dormire con te nonostante quello che ci siamo detti prima?”
“No, ma se può consolarti sono circa due settimane che la mia vita non ha senso.” Disse lui un istante prima di baciarla, “e penso che buona parte della colpa sia tua” aggiunse non appena si staccò dalle sue labbra.
 
In riva al mare i festeggiamenti proseguivano imperterriti. Dopo i fuochi d’artificio Clarisse, Talia e Will avevano fatto il bagno mentre Grover aveva stoppato l’mp3 per allettare tutti con la musica dei suoi bonghi.
Poco più in là Jason e Leo parlottavano tra loro.
“Come sarebbe che devo andare a dormire da un’altra parte?” stava dicendo Leo con aria sbigottita.
“Te lo chiedo come regalo di compleanno” implorò Jason, le mani giunte e l’espressione d’angioletto.
“Io gli fabbrico dei fuochi d’artificio e lui vuole casa libera per portarci la sua ultima conquista” brontolò Leo, le braccia conserte e l’espressione imbronciata. “E poi dove dovrei andare a dormire? Non posso certo vagabondare per il paese tutta la notte!”
Jason roteò gli occhi e si sforzò di trovare una soluzione. “Non puoi dormire da Calipso scusa?”
“Beh non posso certo autoinvitarmi.” Gli fece notare Leo contrariato.
“Lo so, ma ti prego, sento che questa è la sera buona e poi penso che tra qualche giorno torneranno a casa quindi ora o mai più, capisci?”
Disse lanciando un’occhiata a Piper che se ne stava seduta vicino al fuoco e chiacchierava animatamente con Juniper.
“E poi non vive mica da sola! Non posso dormire da lei!”
“Puoi andare da Grover” suggerì Jason raggiante.
“Col cavolo!” Esclamò Leo. “Pan sarà anche un cane socievole quando lo incontri per strada ma se entri nel suo territorio sei morto… io in casa di Grover non ci metto piede.”
“E allora dormi in macchina, o in spiaggia, che cavolo ne so.” Borbottò Jason implorandolo di trovare una soluzione che gli consentisse di avere casa libera.
 
Annabeth era sdraiata sul letto, aveva caldo e cominciava anche a mancarle il fiato, aprì gli occhi e vide Percy sopra di lei, era sudato e i capelli scuri gli si appiccicavano alla fronte, ciononostante non sembrava intenzionato a smettere quello che avevano cominciato un paio di minuti prima. Non le era ancora ben chiaro come fosse possibile che anche quella notte fosse finita nel suo letto, ma al momento tutto quello che stava accadendo, era troppo piacevole perché potesse rimproverarsi qualcosa.
Annabeth fece per richiudere gli occhi ma proprio in quel momento un rumore improvviso li fece trasalire ed entrambi si voltarono per capire cosa stesse succedendo.
Due uomini, di cui Percy non avrebbe mai e poi mai scordato le facce, erano appena entrati dalla finestra che era solito lasciare aperta.
Annabeth si rannicchiò sotto le coperte e si strinse a Percy il quale aveva già intuito cosa stesse per succedere. Era da quella mattina che aveva un brutto presentimento, anche se si era guardato bene dal parlarne con qualcuno.
“Ci rivediamo Jackson” esordì uno dei due, “è inutile che ti spieghi il perché di questa visita, vi do due minuti di tempo per vestirvi.”
Annabeth si voltò a guardare Percy e sul suo viso riuscì a leggere un misto di rabbia e rassegnazione.
“Che ne facciamo della ragazza?” domandò il secondo uomo che fino a quel momento era stato zitto.
“Viene con noi, non possiamo lasciarla andare.”
Annabeth rabbrividì. Anche se Percy non aveva aperto bocca, sapeva perfettamente chi erano quegli uomini e dove li stavano portando, ciononostante le sembrava di vivere una scena talmente surreale da poter essere tranquillamente parte della sceneggiatura di un film.
Solo quando arrivarono al porto e scesero dall’auto Percy trovò la forza di parlare. “Stai tranquilla” disse cercando di suonare convincente, “è me che vogliono, li convincerò a lasciarti andare.”
Annabeth avrebbe voluto replicare dicendo che non era per sé stessa che era preoccupata, era lui quello che rischiava grosso e lei cominciava ad avere seriamente paura che gli facessero del male.
Salirono a bordo dello yatch in silenzio e i due uomini li guidarono nella stessa stanza in cui Percy aveva parlato con suo padre esattamente tre sere prima. Poseidone li stava aspettando in piedi, proprio nel centro della stanza.
Quando vide Percy entrare sul suo viso apparve un ghigno malefico che fu sostituito da un’espressione di stupore non appena vide comparire Annabeth.
“E lei chi sarebbe?” domandò Poseidone adirato.
“Erano a letto insieme quando siamo andati a prenderlo.” Spiegò uno dei due uomini.
Poseidone fece una breve risata e poi sorrise compiaciuto.
“Bravo” disse guardando Percy con un misto di orgoglio e ammirazione, “allora qualcosa da me l’hai preso”, aggiunse studiando Annabeth con vivido interesse. “Non è male la biondina” decretò infine scostandole una ciocca di capelli dal viso. Annabeth era come paralizzata e quando Percy vide suo padre sfiorarla fece per allontanarla ma uno degli scagnozzi lo immobilizzò dalla spalle, impedendogli d’intervenire.
“Dimmi cara”, disse rivolto ad Annabeth che piegò leggermente la testa all’indietro per evitare qualsiasi tipo di contatto fisico, “almeno sotto le lenzuola mio figlio è degno di nota?”
“Credevo che avessi cose più importanti di cui preoccuparti vista la tua situazione!” Ringhiò Percy infastidito dall’ennesimo insulto.
Suo padre si voltò e lo squadrò con odio. “Hai ragione” disse con un tono che metteva i brividi. “Non c’è bisogno che ti spieghi come mai ti trovi nuovamente qui; fonti piuttosto attendibili mi dicono che sei abbastanza intelligente.”
“L’esito degli esami…”
“È positivo” concluse Poseidone, “sei compatibile e scommetto che non vedi l’ora di sottoporti all’intervento che salverà la vita dell’uomo che ha maledetto il giorno della tua nascita.”
Percy accolse quella notizia come se decretasse la fine della sua esistenza. Fino all’ultimo aveva sperato che l’esito del test fosse negativo, ma in cuor suo era come se avesse sempre saputo di essere compatibile. Mantenne lo sguardo basso, sapeva che Annabeth stava cercando il suo sguardo per leggere nei suoi occhi una reazione. Paura, delusione, rabbia, odio, non sapeva nemmeno lui cosa celasse il suo sguardo, così si limitò a tenere gli occhi bassi fin quando suo padre parlò di nuovo.
“Il dottore ha accettato di operarti stanotte, quindi non pensare di fare ritorno a casa prima dell’alba.”
“No” Gemette Annabeth in un sussurro attirando l’attenzione di entrambi, erano così presi dalla loro conversazione da essersi quasi dimenticati di lei.
“Non hai bisogno che lei sia qui, lascia che torni a casa!” Disse Percy con voce strozzata vergognandosi del fatto che la sua richiesta suonasse come una supplica.
“Sa quello che sta succedendo, non posso permettermi di lasciarla andare.” Replicò Poseidone accendendosi un sigaro.
“Avrai comunque quello che ti serve, non voglio che lei sia qui.” Adesso la voce di Percy era ferma e decisa.
“Avresti dovuto pensarci prima di portartela a letto, se le fossi stato alla larga a quest’ora non sarebbe immischiata in questa faccenda, è solo colpa tua Perseus”, disse Poseidone sputando fuori il suo nome come fosse velenoso. Percy non rispose, le parole di suo padre erano taglienti e facevano male.
“Hai provato in tutti i modi a rovinare la mia vita, prima venendo al mondo e poi cominciando a sabotare la mia attività con la tua stupida tesi”, sibilò Poseidone approfittando del suo silenzio per affondare ancora di più il coltello nella piaga, “hai rovinato la vita di tua madre, e adesso hai messo in mezzo anche una povera ragazza! Ovunque vai crei problemi, non te ne rendi conto?”
“Non dargli retta!” Esclamò Annabeth con fermezza.
“Ha ragione” sospirò Percy abbacchiato.
“No che non ha ragione, il fatto che lui ti odi perché è una persona spregevole non significa che lo facciano anche gli altri. I tuoi amici ti vogliono bene e tua madre ti ama Percy, ricordatelo.”
“Lasciala andare” disse Percy rivolto a suo padre, “lasciala andare e mi sottoporrò all’operazione senza opporre resistenza.”
Poseidone prese una boccata di fumo, poi studiò nuovamente suo figlio. “È una cosa tra me e te, lei non c’entra” aggiunse Percy nel tentativo di convincerlo.
Poseidone misurò la stanza a grandi passi riflettendo sulla sua proposta, poi schioccò le dita e un uomo si fece avanti.
“Falla scendere” disse freddo e asciutto, e poi rivolto ad Annabeth, “ascoltami bene signorina, se ti azzarderai a rivelare a qualcuno quanto hai visto o sentito stasera, farò in modo che il tuo dolce Romeo non si risvegli dall’anestesia, sono certo che hai capito cosa intendo.”
Annabeth rabbrividì e cercò lo sguardo di Percy prima che la portassero fuori, l’ultima cosa che vide furono le labbra di Percy sussurrare: “è tutto ok, andrà tutto bene.”
Neanche un minuto più tardi Percy fu spostato in una stanza che somigliava in tutto e per tutto ad una sala operatoria. Lì, in piedi dietro lo stesso carrello che Percy gli aveva visto spingere durante il loro primo incontro, stava il dottore. Era già munito di camice e cuffietta dello stesso tono di verde brillante e al collo aveva una mascherina bianca pronta per essere spostata sulla bocca non appena l’intervento avesse avuto inizio.
“Devo chiederti di accomodarti” disse il medico indicando il lettino. L’energumeno che aveva scortato Percy fino a lì si fece da parte e Percy obbedì. Camminò verso il lettino e ci si sedette in attesa di ulteriori indicazioni.
“Adesso sdraiati per favore”, disse il dottore preparando l’anestesia. Percy lo vide avvicinarsi con la siringa e notò un leggero tremore, come se le sue mani si rifiutassero di collaborare. Percy prese un profondo respiro e lasciò che l’ago gli bucasse la pelle, se tutto fosse andato liscio almeno si sarebbe risparmiato gli ematomi che lo avevano fatto passare per un tossicodipendente. L’anestesia fece effetto subito, e nel giro di poco Percy sentì le palpebre pesanti, lottò un paio di minuti prima di cedere alla potenza del farmaco e quando chiuse definitivamente gli occhi si augurò che avrebbe potuto riaprirli di nuovo.
“Ora puoi andare” disse il medico all’uomo che sostava ancora sulla porta, “non posso operare se resti qui, la sala dev’essere asettica, ora vai, e dì a Poseidone di non disturbarmi per nessuna ragione, mi farò vivo io non appena avrò finito.”
 
Annabeth rimase ferma immobile sul molo del porto per una decina di minuti buoni. Stentava ancora a credere che tutto quello che era appena successo fosse reale ma, anche accettando la cosa, si sentiva le mani legate. Aveva promesso di mantenere il segreto su quanto stava avvenendo a bordo di quello schifosissimo yatch e aveva seriamente paura che se si fosse lasciata scappare qualcosa le conseguenze sarebbero state gravi. Prese un profondo respiro e trovò la forza di camminare, seguì la strada sul lungo mare lasciandosi andare ad un pianto silenzioso. Quando raggiunse il punto in cui solo poche ore prima stavano festeggiando il compleanno di Jason notò che non c’era più nessuno. Decise di tornare a casa di Talia e per non rischiare di rimanere chiusa fuori provò a contattarla via messaggio, si sentiva ancora talmente scossa che non se la sentì di fare una telefonata.
Fortunatamente Talia risultava online così si limitò a scriverle che nel giro di pochi minuti sarebbe stata a casa e lei rispose con un semplice ok.
“Ti prego non dirmi che hai litigato di nuovo con mio cugino” esordì Talia aprendole la porta in pigiama.
“No, tranquilla, è solo che sono gli ultimi giorni di vacanza e non mi va di dormire sempre fuori, volevo stare un po’ anche con te e Piper.” Mentì Annabeth mascherando il tutto con un bel sorriso.
“Beh, stasera ti dovrai accontentare di me… Piper dorme da Jason” spiegò Talia mimando le virgolette mentre pronunciava la parola dorme.
“Mi stai dicendo che…”
“Per favore, non farmici pensare, è pur sempre mio fratello!”
“Ok, ok, allora andiamo a letto e basta” propose Annabeth più che decisa a starsene da sola per riflettere.
“Come mai Percy non ti ha riaccompagnata?” chiese Talia sospettosa. “Non è da lui far tornare una ragazza a casa da sola alle tre del mattino.”
“Dormiva”, mentì Annabeth, “gli ho lasciato un biglietto in modo che non si preoccupi.”
Talia già russava e Annabeth si ritrovò a fissare il soffitto certa del fatto che non avrebbe chiuso occhio per il resto della nottata.


Angolo dell'autrice: Ciao amici lettori. Domando scusa se il capitolo si è fatto attendere un po', ma come avete visto ho dovuto fare uno strappo alla regola... man mano che scrivevo il capitolo mi sono resa conto che stava venendo veramente troppo lungo (ho superato le 20 pagine e ancora non è finito) così ho deciso di spezzarlo a metà inserendo nel capitolo che avete appena letto tutto quello che avvine la notte, e nel prossimo capitolo leggerete quello che accade di giorno. Forse non è il massimo ma almeno il capitolo non sarà troppo lungo e voi non dovrete attendere che io finisca la stesura dell'intera giornata per poter leggere qualcosa. In compenso, avendo già pronte 9 pagine che andranno a comporre il capitolo successivo, non dovrete attendere troppo il prossimo! :-) Spero che questa mia scelta non rovini il sapore della storia e il piacere della lettura.
Venendo al capitolo in sé... la Solangelo è un disastro come al solito, in compenso mi piace molto l'idea che Will e Percy siano molto amici e si confidino tra loro. Ho anche trovato un po' di spazio per Frank, è solo di contorno ma mi sembrava carino dargli qualche battuta. Jason e Piper forse si sono dati una svegliata e la Percabeth, beh... aspettate il prossimo capitolo per insultarmi. ;-)
Grazie mille a tutti voi che mi state seguendo con costanza e grazie infinite a tutti quelli che lasciano commenti, li apprezzo molto e mi gratificano, e poi è sempre bello sapere cosa pensate di quello che scrivo. Scusate ancora per il ritardo, ora giuro che la smetto di scrivere e lascio la parola a voi!
  
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