Crossover
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Autore: Registe    08/07/2016    3 recensioni
Terza storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
"L’esercito del Grande Satana colpì in modo violento l’Impero Galattico. Non vi furono preavvisi, minacce o dialoghi alla ricerca di una condizione di pace. I demoni riversarono i loro poteri in maniera indiscriminata, non facendo differenza tra soldati e civili, guidati solo da un ancestrale istinto di distruzione. Soltanto la previdente politica bellica dell’Imperatore Palpatine riuscì ad impedire un massacro in larga scala.
-“Cronistoria dell’Impero Galattico, dalla fondazione ai nostri giorni” di Tahiro Gantu, sesta edizione.-"
[dal primo capitolo].
E mentre nella Galassia divampa la guerra, qualcun altro dovra' fare i conti con il passato e affrontare i propri demoni interiori...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 32 - Un sogno su di te in un mondo senza te





Festa sulla Terra II




La piazza M’giri, sita nel distretto meridionale di Salis D’aar, non offre ai visitatori soltanto un gradevole scorcio del Fiume Occidentale e delle sue caratteristiche imbarcazioni. Infatti, a seguito della guerra contro il Grande Satana Baan, l’artista Cryt’xx realizzò al centro dell’area la sua opera più famosa, la statua in gorallio rappresentante una versione rivoluzionaria della figura dell’Imperatore Palpatine almeno fino ai suoi giorni. La statua, realizzata in modo da essere visibile sin dall’approdo del Fiume Occidentale, è immediatamente riconoscibile per le tipiche ali ricurve e decorate con piume che rimandano molto all’arte della Terra I, segno dell’amore e delle inconfondibili basi terrestri della formazione dell’autore. Gli stessi abiti non sono realizzati in tinte scure, come d’abitudine per molti, bensì in […]
[…] ed alle numerose domande su cosa avesse ispirato il suo più grande capolavoro si dice che Cryt’xx abbia esclamato “L’arte è pura libertà. Solo colui che ci libera dal male degli invasori può essere degno di far nascere la vera Arte” .
“Bakura: dieci millenni di arte. Tradizione ed innovazione dall’Oscurità dei Cento Anni al Primo Ventennio dell’Impero Galattico” di Kar Taheyu, seconda edizione.




“… ed è soltanto voi che ringrazio, miei cittadini”.
L’immagine olografica dell’Imperatore Palpatine vacillò per un istante, ma il suo viso rimase perfetto davanti alle migliaia di schermi che in quel momento trasmettevano il suo discorso a tutto il settore K, all’intera Coruscant, verosimilmente in ogni angolo della Galassia raggiungibile dai satelliti olocomunicanti. Boba Fett trangugiò in un colpo solo il suo secondo bicchiere di keela, quasi più concentrato a fissare le labbra di Tarkin che si aprivano e si chiudevano ripetendo meccanicamente il discorso del loro sovrano che ad assaporare davvero il sapore amarognolo della bevanda.
“I disordini causati dall’invasione dei demoni del Grande Satana sono stati contenuti grazie alla vostra collaborazione con le autorità, al vostro strenuo spirito di sacrificio e al coraggio che non vi ha mai abbandonati nemmeno quando i nostri avversari hanno cercato di colpirci a Coruscant, nella nostra stessa capitale. L’Impero Galattico è orgoglioso di ciascuno di voi, in quanto in ogni persona che crede nell’Ordine vi è un eroe in attesa di splendere. Oggi è un giorno di festa per tutti, perché stanotte la Galassia è più salda e più sicura di prima”.
Si era impegnato a bere quanto più keela possibile, ma anche in quel modo non riuscì ad impedire al boato di raggiungere le sue orecchie.
La gente applaudiva. Ovunque, in ogni luogo.
Il rumore non giungeva solo dal piano di sotto, quello dove senza ombra di dubbio il reparto MQ dei servizi segreti stava festeggiando per la vittoria, ma da ogni balcone, passaggio o aviobus passante proprio davanti al loro edificio. Fissò verso il basso a cercare il terreno abbandonato della capitale, lo stesso su cui lui ed i non-morti si erano dati battaglia non molti giorni prima: ma sotto di lui anche le luci più basse non riuscivano ad illuminare quel luogo dimenticato da ogni uomo, e quel buio senza nome gli si sfocò davanti agli occhi, ballando come se l’eco degli applausi venisse anche dal basso e risuonasse con le mura e le vetrate dei loro enormi palazzi.
Tutta la Galassia era in festa. Da quando Boba Fett era stato nominato Signore Oscuro aveva ascoltato l’Imperatore rivolgersi ai pianeti meno di cinque volte, evento che aveva sempre costretto Tarkin a rivedere tutti i suoi affari per far sì che il discorso del loro sovrano potesse diffondersi persino nel più lurido vicolo dei bassifondi.
C’erano molte cose che Boba non riusciva a comprendere. Non si era mai considerato un uomo geniale, al massimo una persona pratica, eppure non era mai riuscito a capire cosa spingesse gli uomini e le donne dell’Impero ad applaudire in quel modo, a scambiarsi pacche sulle spalle, persino a piangere quando l’Imperatore degnava i mondi dei suoi discorsi chiaramente scritti ad arte e di cui il loro adorabile sovrano non credeva nemmeno ad una riga. Tarkin sosteneva sempre che l’Imperatore aveva qualcosa –forse il Lato Oscuro, ma di ciò non ne era particolarmente convinto- che riusciva a scaldare, a far battere all’unisono i cuori di coloro che lo ascoltavano. Una sensazione che Boba non aveva mai provato al cospetto del Signore dei Sith ma, come pensò amaramente guardando l’ultima goccia del liquido rosso scivolare lungo il calice, forse per percepire quella gioia interiore avrebbe avuto bisogno di più keela.
Così come non riusciva a comprendere la morte di Zam. I suoi occhi andarono a est, dove i nuovi grattacieli del settore N erano già stati ricreati dall’efficienza delle strutture imperiali, quasi immaginando di vedere di nuovo le sue ali nere coprire tutto quel metallo. Si sforzò di trasformare il boato della folla nel ruggito della donna drago, ma non era mai stato un uomo dalla fervida immaginazione. Borbottò un ordine al droide C-03 alla sua sinistra, ma la bottiglia che quello aveva appoggiata cadde dalla superficie del vassoio e chiazzò di rosso l’inserviente metallico. “Non lo fare”.
“Maul, lascia perdere …”
Il contenitore di vetro fluttuò nell’aria, attraversò lo spazio che separava il Sith dal droide ed atterrò nella mano del primo trasportata dal tocco del Lato Oscuro. “Se lei fosse qui ti avrebbe già rotto questa bottiglia sulla testa”.
Boba si sforzò di sorridere, se non altro per non preoccupare il suo amico. Ma il ghigno che uscì dalla sua bocca non fu certo qualcosa di consolatorio, un’espressione ilare al pensiero che Zam non si sarebbe limitata a fracassargli la costosa bottiglia sul cranio. Probabilmente avrebbe distrutto il contenitore con un colpo secco piantandogli ogni singola scheggia nel corpo, oppure lo avrebbe trascinato sul primo balcone a portata d’occhio per fargli trangugiare il costoso liquido da ventimila crediti tenendolo sospeso nell’abisso con una sola mano. Avrebbe fatto tutte quelle cose … se solo gliene fosse importato qualcosa di lui.
Maul osservò il liquido rossastro con lo stesso sguardo carico di severità che rivolgeva a qualsiasi bevanda non comprensibile per i canoni dell’alimentazione iridoniana. Ovvero quasi tutte.
Sospirò rapidamente e con un movimento preciso la scagliò oltre la terrazza; a Boba bastarono pochi istanti per vedere il suo costosissimo acquisto liberarsi nell’aria, pronto ad una caduta che sarebbe durata qualche minuto e che avrebbe tinto di rubino i bassifondi della capitale. Ed ancora una volta gli sembrò di vedere Zam volare tra quei grattacieli, quando usciva dalle loro litigate senza usare ascensori, speeder o magnetopasserelle, buttandosi da quei palazzi mostrando tutto il disprezzo che provava per tutti loro e svaniva alla vista del resto del mondo.
“È stata colpa di Kaspar”.
Aveva perso il conto di quante ore avesse trascorso ad estrarre registrazioni da ciò che era rimasto dei circuiti di registrazione di Tipoca City o delle scatole nere dell’Executor e dell’Ironseed prima che la Spada del Drago Diabolico si fosse abbattuta su di loro. Immagini frammentate, alcune distrutte, altre coperte dall’acqua o accecate dalle folgori: tutte che si concludevano così, con le lame incantate di Kaspar che la attraversavano da parte a parte, poi il nulla causato dalle telecamere delle astronavi che si inabissavano nei flutti. A lui rimaneva soltanto l’immaginazione del corpo di Zam che crollava nelle acque nere di Kamino con solo una scia di sangue, disperazione unita ai già dodici tentativi di recupero dei suoi resti ordinati dall’Imperatore –non certo per spirito di compassione, quanto dalla necessità di riavere indietro la sua arma preferita per riportarla in vita con il Sarcofago.
Boba non aveva partecipato a nessuna ricerca: era nato e cresciuto su quel pianeta, e sapeva che l’oceano di Kamino non divideva nulla con nessuno. “È stata solo colpa di Kaspar”.
“Quando mai non lo è?”
Il discorso dell’Imperatore era terminato, e Tarkin diede le spalle al gigantesco proiettore olografico che adesso riportava uno spettacolo pirotecnico ad Ithor per festeggiare la vittoria contro il loro grande nemico. “Quando abbiamo riportato indietro Kaspar avevo caldamente suggerito all’Imperatore di eliminarlo … ma no, lui voleva il suo giocattolo magico … e adesso ci ritroviamo Kaspar a piede libero ed il Cavaliere del Drago che vorrà vendicare il suo adorato GSB scatenando le sue bestiole sputafuoco su Coruscant. Senza più Zam a difenderci, aggiungerei”.
“Io l’amavo”.
“Dimentichi il cruciale dettaglio che lei non amava te. Non più, almeno. E rimaneva a Coruscant per proteggere Neos, non certo per noi” sospirò. Maul provò ad intervenire, ma il gerarca fermò il suo slancio con un cenno del capo e si schiarì la voce, cercando di assumere un tono conciliante che purtroppo sulle sue labbra sembrava un profumo da ventimila crediti di Tau’rr versato sul pelo puzzolente di un rancor. “Ascoltami, so quello che ti passa per la testa. Se ti fossi trovato lì non avresti cambiato le cose, ti saresti fatto ammazzare inutilmente senza nemmeno riuscire a salvarla. O forse ti avrebbe ammazzato prima lei perché le stavi tra i piedi. Non tornerà più, e prima ti ci abituerai, meglio sarà”.
“Diresti la stessa cosa se si fosse trattato di Daala?”
“Lei non era Daala”.
Boba provò a rispondergli, ma delle mille cose da dire nessuna prese forma nella sua bocca. Avrebbe voluto dirgli che nessuna donna era uguale a Zam. Che non aveva metà della bellezza di Daala o della perfezione di Mara, ma ogni volta che pensava alle sue spalle nude era percorso da un brivido che rendeva banale anche la più seducente delle Twi’lek. Che la amava perché ogni cosa di lei era incomprensibile, dal suo modo di combattere a come si sistemava i capelli sotto l’elmo, perché chiudeva ogni loro litigata spiegando le ali e pretendendo sempre l’ultima parola. E odiava non avere parole per spiegare quello che sentiva dentro, perché sapeva che nessuna delle sue argomentazioni sarebbe riuscito a convincere il suo migliore amico. Tarkin non aveva mai fatto mistero di non sopportare il carattere di Zam, ed anche in quel momento la sua fronte era aggrottata con l’espressione di chi vede qualcosa di “assolutamente sbagliato”, etichetta che aveva assegnato alla cacciatrice di taglie sin dal primo giorno che si erano conosciuti. Parte di lui avrebbe sempre voluto vedere il suo migliore amico conciliarsi con lei, ma sapeva che in Zam c’era qualcosa di selvaggio e inarrestabile che si poteva solo amare o odiare. Ed il governatore non aveva avuto dubbi nello scegliere la seconda opzione. “Parlando di Daala …”
Fece un cenno del capo, e gli assaltatori presenti come sue guardie del corpo piegarono la testa e si allontanarono. Boba Fett vide Tarkin fissare a lungo le porte dell’ascensore, aspettando fino a quando l’ultimo soldato non le ebbe chiuse dietro di sé per estrarre qualcosa dal risvolto della sua divisa. Una lettera cartacea, un oggetto che il cacciatore di taglie aveva usato solo qualche volta nella propria vita. Un oggetto piegato con cura, ma a Boba non serviva riconoscere la perfetta grafia per scoprirne il mittente, specie quando l’espressione corrucciata del Moff svaniva alla sua vista e le sue labbra si incurvavano gentilmente verso l’alto.
Attivò il distorsore sonoro dal braccio dell’armatura, e sia lui che Maul si strinsero al governatore mentre lo scudo oscillatorio colorò l’aria intorno a loro di un verde chiaro. La barriera sarebbe stata inviolabile persino per gli agenti dei servizi segreti al piano di sopra, ma l’uomo anziano sussurrò comunque le parole con quanta meno voce possedesse. “… ci sono novità”.
“Sta bene?”
“Sì. I Ribelli sono stati così gentili da far saltare in aria il Grande Satana e noi siamo stati abili nel prendercene i meriti davanti agli abitanti della Galassia, ma pare che ci siano delle informazioni vitali. L’Alleanza Ribelle ha catturato un Membro dell’Organizzazione di quelli che ci hanno catturati anni fa … e sembra che sia scampato ad un processo rivelando tutto ciò che sapeva sulla famiglia demoniaca. E su Mistobaan. Da quello che è riuscita a capire non è un demone vero e proprio, bensì … non saprei nemmeno io, forse una specie di parassita in un corpo non suo”.
“Questo spiegherebbe perché non dormisse e non mangiasse” sogghignò Maul, quasi divertito al pensiero del loro rumoroso Braccio Destro che molto probabilmente si trovava sulla Morte Nera ad elogiare le mille doti dell’Imperatore. “Ed ecco come mai lo scherzo dei cioccolatini al lassativo con lui non aveva funzionato!”
Tarkin roteò gli occhi al cielo artificiale fingendo di non aver sentito. “Il problema è che non sta parassitando un corpo qualunque. E’ il corpo di un demone maggiore. Quello del Grande Satana, per essere più precisi”.
Boba inghiottì la saliva. Credeva di aver ricevuto abbastanza pessime notizie in quei giorni, ma a quanto sembrava l’intero universo non aveva intenzione di concedergli un attimo di pace. Senza dubbio con questa informazione molti tasselli del mosaico di quella guerra in cui l’Imperatore li aveva coinvolti stavano andando al giusto posto; se davvero il Dono di Mistobaan era il vero corpo del Grande Satana era chiaro il perché il signore dei demoni si fosse accanito tanto contro di loro, nonché la premura che il loro sovrano avesse avuto, anni prima, per liberarlo dal Nucleo Nero che l’Organizzazione gli aveva innestato nel petto.
Tutto aveva dannatamente senso.
Così come il pensiero che gli attraversò la mente come un lampo. “Non credo che l’Imperatore ignori la questione. Anzi, temo proprio che ci abbia volutamente estromessi da qualunque considerazione. Ora comprendo perché non lo abbia mai esposto in prima persona in battaglia”.
“E, conoscendo il nostro amato papà Impe, non credo che lo abbia tenuto al proprio fianco solo come scudo da usare contro qualunque sortita dei demoni” brontolò Tarkin facendo scomparire la lettera di nuovo sotto la divisa verde. Il suo sguardo volò oltre l’angolo della terrazza, ben conscio che, indipendentemente da qualsivoglia suo ordine, alcuni soldati erano sempre vicini e pronti ad intervenire per la sua sicurezza. “La mia è solo una supposizione, ma se un corpo magico come quello del Grande Satana può essere controllato da un parassita può voler dire che forse l’Imperatore programma di fare la stessa cosa con mezzi più … attuali …”
Il cacciatore di taglie sentì il bisogno di levarsi il casco. L’aria di Coruscant non aveva nulla a che vedere con quella di Naboo, Ithor o della stessa Terra II, ma le sue narici cercavano un’aria che nemmeno il sintetizzatore innestato nell’armatura mandaloriana riusciva a replicare. Forse cercavano solo la stessa aria respirata da Zam, ma in quell’istante accettarono anche l’atmosfera pesante, grigia ed artificiale della bolla climatica automatizzata della capitale. Con un sguardo triste cercò verso il basso il punto dove il keela si era infranto, ma sotto di lui sfrecciavano soltanto aereonavi ed il buio dei bassifondi non rifletteva nemmeno una scheggia di vetro. Chiuse gli occhi immaginando Zam, Mistobaan, il Grande Satana, poi ancora Zam sotto la pioggia di Kamino, l’Imperatore, l’Organizzazione, i Ribelli e poi di nuovo Zam seduta su quei cornicioni, il corpo quasi nel vuoto, l’espressione stanca di quella donna che sta aspettando il suo uomo per ore e che ricorre a tutto il suo autocontrollo per non uccidere tutti gli ufficiali ed i burocrati che glielo stanno trattenendo.
Voleva urlare, voleva mandare al diavolo tutti, voleva dire a Mistobaan di farsi esplodere da qualche parte e cancellare dalla testa il sorriso di Kaspar nell’istante in cui uccideva la donna che amava ancora, che amava nonostante tutto ciò che fosse successo. Tutti i pezzi del puzzle erano nelle sue mani, ma li scagliò nel buio della città artificiale e lasciò che tutto scorresse via, che le sue orecchie diventassero sorde alle ultime parole dei suoi amici, che i suoi occhi vedessero solo quel cielo senza stelle che gli ricordava come non avrebbe più avuto l’occasione di stringerla a sé per contare le costellazioni rosa e verdi che si potevano ammirare soltanto dalle terrazze reali del sistema di Hapes.



“Avete sentito la grandissima novità?”
0075, l’agente Coy Fenror –o qualunque fosse il suo nome, Zexion non aveva alcuna intenzione di ricordare un’informazione così inutile- entrò nella sala comunicazioni con l’espressione di chi avesse appena vinto un milione di crediti ad una scommessa sulla vittoria degli ITP agli hologalactica di Lahsbane. Il ragazzo aveva percepito l’entusiasmo del suo collega a circa sedici piani di distanza, ma non avrebbe mai immaginato di vedere il giovane ufficiale con le lentiggini venire ad esultare proprio nel suo ufficio, lontano solo pochi piani dalla terrazza dove il governatore Tarkin stava discutendo con gli altri membri del Trio Destroyer. 0075 attraversò l’ingresso dei loro servizi-non-tanto segreti rosso in faccia. “I Ribelli hanno annunciato qualcosa di enorme!”
La testa rasata di 00174 si sollevò dallo schermo. “Replicano la sagra della salsiccia?”
“Molto meglio, amico mio!”
Si schiarì la voce, sicuro che tutti potessero sentirlo. “Il re Aragorn in persona ha organizzato Cento Giorni di Festa in onore della sconfitta del GSB!”
L’ondata di entusiasmo travolse Zexion, un odore forte come il frastuono del motore di un Super Star Destroyer. La gioia era di solito un aroma gradevole, ma in quel momento la sua mente non riusciva a percepire altro che il monitor immobile sulla stessa schermata da ore e il pensiero del Baan Palace che esplodeva e con esso tutte le persone che vi erano sopra. Le sensazioni degli agenti in sala colpirono le sue percezioni con forza, un entusiasmo così grande da essere persino spiacevole. Cercò di isolare le grida di giubilo inserendo gli auricolari per le comunicazioni criptate ma non furono sufficienti per tenere a bada le esclamazioni festose di 00174 quando si alzò dalla postazione nemmeno gli avessero detto di essere stato promosso governatore di Ithor. “Stai dicendo che i Ribelli festeggeranno per cento giorni di seguito?”
“Cento giorni di Guerriere Sailor che ballano?”
“Cento giorni delle donne più belle della Galassia nello stesso posto?”
“Cento giorni di piscine di birra nanica?”
“Cento giorni di vera erba pipa del Decumano Sud?”
“Cento giorni di bellissimi elfi che sfilano in parata?”
“Cento giorni di albero della cuccagna?”
Il gruppo di spie ormai si era alzato all’unisono all’idea della festa. Uno di loro -0082, ovviamente l’agente più alto e robusto di tutti- nel balzare in piedi travolse Zexion e gli rovesciò una bevanda calda proprio sul sintetizzatore vocale costringendolo a levarsi gli auricolari per registrare i messaggi di protocollo e ad ascoltare i loro chiacchiericci. Da sotto il ciuffo il giovane Membro dell’Organizzazione vide Coy Fenror estrarre il proprio holopad e mostrare a tutti il documento tridimensionale con la firma digitale del governatore Tarkin bene in evidenza. “Signori, il nostro capo mi ha appena accordato una licenza di nove giorni per il mio eccellente stato di servizio. Se avete dei giorni di ferie che vi avanzano sapete quando prenderli! O, se non li avete, sapete dove chiedere di andare in missione!”
Zexion non sapeva se l’entropia avesse una forma, ma la massa di odori, frasi e persone che si agitavano in quella stanza era senza dubbio l’aspetto più concreto che il disordine potesse mai assumere. Si strinse nelle spalle e lasciò che quella marea si placasse; si sforzò di pensare al terminale davanti a lui, a dare un senso a quei messaggi registrati della conversazione tra due boss Hutt su una probabile transazione di schiavi da Tatooine ad Akiva, ma l’entusiasmo degli uomini che lo circondavano non riusciva a dargli tregua e quella festa non faceva altro che ricordargli che aveva perso.
Aveva perso tutto.
Suo zio era lì sopra, e lì sopra era morto. Un’unica esplosione, un solo cielo. Aveva osservato mille volte la registrazione di quell’istante.
Il ricordo di come si erano separati si era affacciato con precisione ogni notte.
Chiuse gli occhi, cercando di allontanare quella gioia fastidiosa e chiuse il file sugli Hutt. Digitò i file dei membri dell’Alleanza Ribelle in automatismo, selezionando cartelle senza nemmeno leggerle, aprì il documento riguardante un certo Eomer e poi lo richiuse. In una seconda schermata aprì un file dedicato alla principessa Leia ed ai trascorsi di suo marito, un contrabbandiere privo di qualunque interesse, ma la lista di immagini, olografie, video e riproduzioni non sortì l’effetto che desiderava e si trasformò solo nell’ennesima nube di nomi che gli invase la mente.
Avrebbe voluto avere qualcuno da odiare, fosse anche stato un Ribelle qualsiasi, un nome da appuntarsi in un angolo della mente a cui destinare quel veleno che aveva trascinato per anni con sé, avvolto nella stoffa della sua tunica e carico di tutta la vendetta di cui fosse capace e che adesso era esploso insieme ai suoi propositi di vendetta. Non lo aveva, né aveva qualcuno da accusare, a parte se stesso.
Avrebbe dovuto insistere, fosse stato anche implorare il Cavaliere del Drago e baciargli gli stivali; avrebbe dovuto trascinare suo zio per un braccio ed andarsene di lì per poi inventare una scusa qualsiasi al governatore Tarkin. Mandare al diavolo la segretezza ed il buonsenso, buttare all’aria tutto ed andarsene anche fronteggiando tutta la famiglia demoniaca. Aveva accettato il compromesso ed aveva perso.
Aveva svolto qualche missione di spionaggio in mezzo ai Ribelli, e sapeva benissimo che non avrebbero mai lasciato morire un innocente come suo zio o Camus. L’Alleanza aveva agito facendo esplodere il palazzo del tiranno demoniaco –di cui ovviamente l’Imperatore Palpatine si era arrogato il diritto davanti a tutta la Galassia- per portare la pace, ma senza dubbio non potevano sapere che suo zio si trovava prigioniero nei loro laboratori, costretto a creare Nuclei Neri per sopravvivere. E gli sembrava quasi ironico ritrovarsi così, cercando di fissare nella mente tutto ciò che ricordava del suo viso e della sua espressione corrucciata quando, fino a pochi giorni prima, era sicuro di avere bene impressi quei lineamenti nel cervello per essere certo di poterlo uccidere alla prima occasione.
Cercò di occupare la mente con qualche altro file di missioni da archiviare, ma sussultò quando sentì una mano stringergli la spalla sinistra, così preso dai suoi pensieri da non accorgersi nemmeno dell’odore di un uomo che gli era arrivato alle spalle. Corrugò la fronte, infastidito, ma era evidente che Coy Fenror non era un tipo da considerare poi così importante la presenza dello spazio vitale. “E tu cosa farai, 006?”
“Nulla” rispose Zexion, glaciale, scrollando rapidamente la spalla per far capire al collega che non desiderava affatto una simile vicinanza.
Grazie al cielo l’altro comprese al volo e ritirò la mano sudata. “Uff, che noia che sei! Dai, stiamo prendendo delle licenze, ti va di venire? L’ultima volta che sono stato sulla Terra II ho conosciuto una Jedi carinissima, si chiama Tionne, secondo me saresti pure il suo ti …”
“Non sono interessato. Grazie”.
“Niente ragazze, eh? Beh, guarda che Re Aragorn a petto nudo nelle gare di rotolarsi nel fango sembra che sia una vista che vada per la maggiore. Jack ripete che secondo lui è il miglior …”
“Non sono interessato. Grazie” rispose di nuovo Zexion, stavolta con maggiore enfasi sull’ultima parola. Gli sarebbe piaciuto avere uno sguardo intimidatorio come quello del Moff Tarkin o della cacciatrice mutaforma, ma sapeva che il suo cipiglio al massimo avrebbe spaventato un cucciolo di pavone kak’tu di tre mesi. Di quattro no, probabilmente.
Il giovane ufficiale dai capelli rossi e dalle lentiggini lo fissò interrogativo, senza dubbio chiedendosi se fosse matto, depresso, eunuco o chissà quale altro triste e grigio panorama. Zexion era perfettamente al corrente che i suoi poteri erano insoliti persino per gli standard degli agenti dei servizi segreti imperiali –che, da quando Zam era piombata nei loro uffici a Coruscant, si erano abituati a vedere creature di ogni forma volare nella civilizzata capitale della Galassia- e che i suoi colleghi lo avevano etichettato come l’ennesimo fenomeno da baraccone proveniente da un qualsivoglia incomprensibile mondo magico, dunque fu sollevato nel sentire simili pensieri attraversare l’odore di incredulità di 0075. L’altro gli rivolse un’ultima occhiata riassumibile con un beh-io-ci-ho-provato, poi scrollò le spalle. “Perfetto, allora se rimani tu in ufficio ad archiviare i casi non dovrò nemmeno sistemare i documenti in arretrato! Buon per me!”
Zexion chiese al proprio naso di escludere tutti quegli odori che gli si stavano ammassando intorno, sia quelli rivolti alla festa imminente sia quelli che stavano aleggiando intorno a lui, increduli della sua decisione, incapaci di comprendere quanto gli facesse male quella morbosa forma di curiosità. Tutti, avrebbe voluto cancellarli tutti. Dal primo all’ultimo.
Avrebbe offerto volentieri un occhio o un braccio per cancellare i ricordi che si stavano lentamente riproponendo davanti al monitor, immagini di un altro tempo dove un uomo dai capelli biondi gli insegnava a contare le stelle. Per eliminare quegli occhi indiscreti su di lui che non potevano mai capire.
Per trovare un modo per far girare il tempo in un’altra direzione e creare un mondo in cui lui e Vexen fossero fuggiti insieme dal Baan Palace, Cavaliere del Drago o meno, liberi di dirsi tutte quelle cose che non erano riusciti a tirare fuori dai loro petti, per chiudere quel cerchio che era iniziato anni prima al Castello dell’Oblio, quando la congiura contro il Superiore li aveva divisi. Ma il ciclo non si sarebbe più chiuso, e tutto ciò che rimaneva di suo zio era la gioia di quegli idioti agenti che festeggiavano l’esplosione del Baan Palace senza sapere che con essa lui aveva perso tutto ciò che avesse davvero da perdere.
Fissò oltre la vetrata dalla sua postazione ormai isolata. Il cielo di Coruscant era nero come in ogni altra notte, ma mai come in quell’istante il cuore gli si strinse per l’assenza delle stelle.


Narratore: “Registe, vi prego, basta! Passi Boba che si deprime, passi Zexion che si deprime, ma due nello stesso capitolo NO! I lettori stavolta ci ammazzano!”
Registe: “Sì, ma nemmeno possiamo raccontare solo battaglie, feste e storie d’amore. Dovevamo pur concludere recuperando tutti i fili!”
Narratore: “Con i fili che avete sparso ci vorrà una vita per tirarne su una storia decente. State facendo tanto le precisine, ma oltre ad aver svelato l’identità di Mistobaan non è che avete chiarito tanto le cose ai nostri lettori!”
Registe: “Non era nostra intenzione, infatti”.
Narratore: “Volevate uccidere tutti di noia, ecco il vostro piano!”
Regista: “Ma la neuro non doveva venirselo a prendere?”
Regista: “Sì, ma ci ha chiesto di fare un bonifico per tenerselo e ti ricordo che siamo al verde”.
Regista: “Cacchio …”
Narratore: “Va bene, va bene, prendiamo le redini della questione in mano. Amici lettori, questo capitolo da taglio di vene è l’ultimo della suddetta serie. Ne seguirà un epilogo e soprattutto le curiosità di fine stagione che il vostro amato Narratore ha tenuto in caldo solo per voi! Dopo di che, sperando che le Registe non ci mettano altri tre anni, vi proporranno un altro spin-off dedicato a due (ma ormai facciamo tre) raccomandati di acciaio inox di questa serie pieno di melensaggine, pianti, tragedie …
Registe: “… e battaglie … tante battaglie …”
Narratore: “Se lo dite voi … va bene, mie adorate lettrici, allora attendete con ansia la mia meravigliosa voce nell’epilogo. E ricordate di mettere il fuoco sotto al sedere delle Registe o quelle due vi faranno venire le rughe nel farvi attendere i prossimi capitoli!”
  
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