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Autore: jo17    09/07/2016    2 recensioni
L’artista rimase turbata dalle sue parole, non era la prima volta che le sentiva, ma dette da lei, con quella naturalezza e sincerità assumevano tutt’altro valore rispetto a vederle scritte su una rivista da qualche critico che nemmeno conosceva. Si accorse che Ruth la stava osservando e cercò di celare quel piccolo disagio che sentì avvenire in lei.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Con il passare dei mesi le loro vite ripresero un corso che se non si poteva dire normale, almeno non erano tormentate dalla rabbia e da situazioni irrisolte.
Il natale era appena trascorso e un nuovo anno era arrivato, per Ruth fu strano ritrovarsi a pensare alla se stessa di appena un anno prima, ai propositi che aveva fatto e alle persone che aveva vicino, e si stupiva constatando che in un così breve periodo la sua vita avesse subito così tanti cambiamenti e scossoni.
Le uniche notizie che aveva di Victoria si limitavano al suo lavoro, alle opere che stava realizzando o che avrebbe fatto. Era Harry principalmente ad occuparsi di lei, ma era spesso Ruth quella che si ritrovava a fissare un suo nuovo dipinto prima che venisse consegnato all’acquirente. E come in passato quando era davanti ai quadri di quella donna non poteva fare a meno di emozionarsi, soprattutto perché riusciva a percepire i sentimenti che avevano suscitato la creazione di quelle opere.
I primi quadri che aveva visto urlavano rabbia e frustrazione, toni di rossi e gialli nelle loro infinite sfumature utilizzati per rappresentare scene che potevano apparire cruente anche se a volte rappresentavano un semplice tramonto sui tetti di New York, apparivano feroci nel loro utilizzo e nell’uso delle pennellate. Colori cupi colpivano con violenza chi li osservava, il fuoco e la rabbia che contenevano erano palpabili. Dopo però questi primi dipinti  Victoria sparì nuovamente, sospendendo la sua atività. Quando Ruth se ne rese conto avrebbe voluto chiedere al suo amico che cosa stesse succedendo, ma non ne ebbe il coraggio, ripetendosi che non le sarebbe dovuto importare.
Poi con suo grande sollievo iniziarono di nuovo ad arrivare nuove opere e potè constatare come erano nuovamente cambiati, erano dipinti più introspettivi e dai colori tenui, ma racchiudevano sempre un’aura di malinconia e tristezza. Spesso Ruth si domandava se non racchiudessero dei messaggi diretti a lei. Ma in fondo perché avrebbe dovuto.
Ruth era incantada a contemplare l’ultimo dipinto arrivato e pensava a Victoria, a cosa esattamente le mancasse di lei, che cosa l’aveva portata a provare quei sentimenti per quella donna che non sapeva pensare che a se stessa. Era un’egoista, se fosse stata diversa, quella sera avrebbe scelto lei, senza alcun dubbio,senza il minimo ripensamento. Se fosse stata diversa, adesso sarebbero insieme.
Tutto.
Era la risposta che si dava, di lei le mancava tutto e sapeva esattamente che cosa l’aveva fatta impazzire per lei.
Sospirò
Si pazzia, non ne era ancora guarita se si ritrovava a fare pensieri incoerenti come questi.
In quel momento Harry aprì la porta e rimase un attimo ad osservare la sua amica, talmente concentrata su quello che stava guardando che si rese a malapena conto del suo arrivo.
Si mise al suo fianco ad osservare anche lui il dipinto.

  • Per quel poco che ne capisco, Victoria riesce sempre a superarsi.
  • Già
  • Sai, c’è un tizio che la vuole inserire all’interno di una mostra che sta organizzanzo, dedicata agli artisti Newyorkesi più influenti del momento. Non capisco perché stia esistando ad accettare.

Ruth gli lanciò uno sguardo veloce per poi allontanarsi.

  • Perché non glielo chiedi?
  • E sperare che mi risponda? E’ una persona così ermetica, i suoi quadri comunicano molto di più.

Poi guardò la sua amica.

  • Perdonami, non dovrei parlarti di lei.
  • Perché no? Non sai che il tempo cura tutte le ferite?
  • E di tempo ne è passato, ma questo non vuol dire che sia stato sufficiente.

Ruth andò a sedersi e a iniziare a scrivere qualcosa al computer. Harry capì che la conversazione non sarebbe andata oltre e decise di andare via.

  • Fammi sapere cosa decide.

L’uomo di fermò guardandola ancora intenta in quello che stava facendo.

  • Come vuoi.

***********

  • Ruth, mi dici perché mi hai trascinato qui così presto di sabato mattina?
  • Perché se ieri sera ti avessi detto che la meta era un green market non mi avresti accompagnata.
  • Secondo me hai infranto qualche legge ingannandomi in questo modo, quando ieri mi hai offerto la serata in quel locale così carino avrei dovuto immaginare che c’era la fregatura.
  • Non ti sembra di essere un tantino melodrammatica? Goditi il sole, la gente, queste splendide bancarelle di frutta e verdura fresca
  • Il gelo che mi fa perdere la sensibilità al visto…
  • Ringrazia che non piove. Cerco idee per il pranzo che voglio preparare per il mio compleanno
  • Ma il tuo compleanno è il 5 Maggio! Mancano due mesi! E poi sei ancora dell’idea di cucinare per tutti? Non dovrebbe essere la tua festa?
  • Quest’anno non voglio nessuna festa, solo un pranzo con le persone più care.
  • Comunque potevi trovare una scusa più plausibile per avermi trascinata qui.
  • Ciò non toglie che mi piacerebbe tanto godermi la mattina, potresti smetterla di lamentarti?
  • Ok, ma per farlo ho bisogno di un caffè, il solito per te?
  • Si, grazie.

Ruth rimase a guardare per un attimo la sua mica che si allontanava, per poi riprendere a curiosare fra le varie bancarelle in attesa del suo ritorno. La sua attenzione fu attratta da una canzone che proveniva da qualche parte, riconobbe il brano, “the Greatest”. A Ruth piaceva molto quella canzone,anche se le instillava malinconia, inspirò a pieni polmoni quell’aria frizzantina, chiuse gli occhi nel farlo apprezzando quei raggi di sole che le accarezzavano il viso.Quando li riaprì non aveva avuto nemmeo bisogno di metterla a fuoco per riconoscere Victoria, a qualche metro da lei. Forse era stata aiutata anche dal fatto che come l’ultima volta in cui l’aveva vista indossava il suo giaccone nero e si appoggiava ancora ad un bastone.
Camminava tenetdosi a braccetto con una donna anziana, qualcosa in lei, nei suoi lineamenti le ricordava Victoria, infatti avvicinandosi ancora un po’ ne constatò la somiglianza, così non ebbe alcun dubbio su chi fosse quella signora sui settanta anni. In quel momento si erano fermate ad osservare una bancarella, e qualcosa che aveva detto Victoria aveva suscitato un sorriso in entrambe. Rispetto al loro ultimo incontro nonostante fosse ancora molto magra, il suo viso aveva riaquistato la sua luminosità.
Ruth rimase a fissarla, a studiare ogni suo lineamento ed espressione, fu come se il tempo per lei si fosse fermato, Victoria, sentendosi osservata, alzò lo sguardo incrociando il suo.
Dopo un primo momento di sorpresa le sorrise, disse qualcosa alla donna che era con lei e così entrambe le si avvicinarono.

  • Ruth, continuiamo ad avere l’abitudine di incontraci per caso.
  • Già.

Rimaseso a fissarsi un attimo. Poi Victoria si riscosse, strinse un po’ di più il braccio dell’anziana signora e si rivolse nuovamente a lei.

  • Ruth, lei è la mia Abuelita, Maria Flores. Abuela, lei è Ruth Devis, se oggi sono tornata a lavoro lo devo a lei.
  • Signora è un piacere conoscerla, ho sentito parlare molto di lei.
  • E io di lei.

Il modo in cui la guardò la mise a disagio, poi si aprì in un bellissimo sorriso.

  • So che mia nipote deve molto alla sua società. Avete creduto in lei e nel suo talento, ve ne sono grata.
  • Siamo stati noi ad essere fortunati.

Poi si girò verso la nipote.

  • Pequena, vado a comprare delle mele, voi restate pure a parlare. E’ stato un piecere conoscerla.
  • Anche per me.

Rimasero entrambe a guardare la donna che si avvicinava ad una bancarella. Poi Victoria tornò a guardarla con un leggero sorriso.

  • A quanto pare questa città non è abbastanza grande per noi due.
  • Sembrerebbe di no.
  • O forse è perché ci piacciono semplicemente le stesse cose.

Ruth rimase a guardarla, non rispondendo a quella velata provocazione.

  • Vi somigliate molto, sapevo chi fosse prima ancora che tu me la presentassi. Ma avevo capito che non tornava volentieri in città.
  • Infatti è così. Ma non ho ancora il permesso di viaggiare e lei aveva bisogno di vedermi. Ma ad essere sinceri ero io ad averne.

Ruth fece scorrere lo sguardo sulla sua figura, su come si appoggiava a quel bastone, all’aria stanca ma serena. Sentì una stretta allo stomaco.
Victoria potè percepire il filo dei suoi pensieri ma si limitò a sorriderle, lei in quel momento riusciva ad essere semplicemente felice di averla incontrata.

  • Ho visto i tuoi ultimi dipinti.
  • Davvero?
  • Si, ho saputo dell’offeta che ti hanno fatto e anche che stai esitando. Perché?

Victoria la guardò sorpresa, poi rispondendole si guardò intorno alla ricerca della nonna.

  • Ho dei dubbi, principalmente su me stessa. Qualche mese fa ne avrei parlato con te, oggi rimango a rimuginarci sopra.
  • Dovresti accettare. Conosco John e la sua influenza nel settore, e qualunque siano i tuoi dubbi non perderei questa occasione.

La pittrice la guardò sorridendo.

  • Grazie. Ci penserò su. – Vedendo che la nonna restava in lontananza in attesa – Adesso devo andare. Ruth..

Rimase con quelle parole che le morirono in gola, non avrebbe potuto dirle che il sentimento che provava ancora per lei aveva attecchito come un seme nel suo cuore, mettendo radici e ramificando fino a raggiungere la parte più intima di se. Non le avrebbe mai detto che averla incontrata quella mattina era stato il regalo più bello che il destino potesse farle. In quei mesi si era imposta di non cercarla, di lasciarle spazio, ma era una forte violenza quella che si faceva, e ne risentiva il suo processo di guarigione. Sino a quando Katrin non decise di far venire l’unica persona in grado di regalare alla sua amica un minimo di serenità. Sapeva che Victoria in quel momento aveva bisogno della presenza della nonna, non lo avrebbe mai ammesso ma Katrin sapeva che lei aveva bisogno di sentirsi di nuovo protetta e al sicuro.
Da lontano si guardarono ancora un attimo, Victoria le sorrise nuovamente, di un sorriso sincero che le faceva brillare gli occhi, Ruth si limitò ad alzare appena una mano in segno di saluto.
Appena rimasta sola fu raggiunta da Beth che attirò la sua attenzione porgendole il suo caffè caldo.

  • Era Victoria?

Non ricevendo risposta la guardò e si accorse che l’amica non riusciva a distogliere lo sguardo da quella donna che si stava allontanando.

  • Andiamo.

Fu l’unica cosa che Ruth riuscì a dire prendendo l’amica sottobraccio e mischiandosi alla folla.

                                                               *******

  • Ha accettato.

Ruth guardò Harry non comprendendo a cosa si riferisse.

  • Victoria, mi avevi detto di farti sapere cosa decideva. Parteciperà all’esposizione organizzata da John Burkle

La donna lo guardò per un attimo elaborando l’informazione.

  • E sai cosa esporrà?
  • Sicuramente la grande tela, lo ha rishiesto espressamente il curatore. Per il resto non saprei. Ma non saranno molte tele, quattro o cinque. Dovremmo occuparcene noi? Pensavo che non ci riguardasse.
  • Infatti, è così. Non ci riguarda

Ma per quanto non la riguardasse, qualche settimana dopo si presentò all’inaugurazione di quella mostra non potendo resistere al desiderio di andare a vedere, ripetendosi che non era spinta dalla curiosità di sapere cosa Victoria avesse esposto ma semplicemente adducendo il puro interesse professionale e l’amore per l’arte.

Scesa dal taxi con suo grande stupore vide sia Katrin che Victoria ferme davanti all’entrata, sapeva che le avrebbe incontrate ma non si sarebbe aspettata che sarebbero state le prime persone che avrebbe visto.
In quei mesi Ruth era riuscita a ritrovare il controllo su se stessa e sui suoi sentimenti, aveva ritrovato la donna forte e risoluta, quella che si rifugiava dietro al suo fascino per mantenere un certo distacco e superiorità verso le altre persone, per riuscire sempre a dominare qualsiasi situazione. 

Si riepeva che lei era Ruth Devis, che aveva vissuto situazioni dalle quali poche persone sarebbero riuscite a venir fuori, dal nulla aveva creato il suo mondo. E in quel piccolo universo lei era qualcuno. Non avrebbe permesso a nessuno di renderla fragile, non più, detestava l’idea che le uniche persone che aveva amato profondamente avevano avuto la forza spietata di spazzare via le sue certezze, la sua forza, il suo io.

Quando il taxi si era fermato poco distante da loro, Victoria si era girata casualmente, ma vedendo Ruth uscire dalla vettura sentì il cuore fermarsi, non si sarebbe mai aspettata di vederla lì, nella sua forma più splendida e la vide avanzare con passo sicuro verso di lei con lo sguardo fiero fisso nel suo.

Una volta davanti a loro Ruth lancio uno sguardo veloce a Katrin accennado un saluto, per poi riportare la sua attenzione su Victoria.

  • Ruth non avrei pensato di vederti qui.
  • Perché no?

 

La pittrice rimase a guardarla senza riuscire a trovare le parole adatte, ma Ruth comprese i suoi pensieri le sorrise rispondendole.

  • Vic, questo è il mio mondo e il mio lavoro, non vedo perché non dovrei essere qui.

 

Victoria vide che la sua attenzione fu attratta da qualcosa alle sue spalle, sorrise e senza degnarla di uno sguardo si scusò con lei e si allontanò, avvicinandosi all’uomo che aveva organizzato quell’esposizione, la salutò calorosamente e Ruth si lasciò dare un leggero bacio sulla guancia. La vedeva ridere a qualcosa che le aveva detto il suo interlocutore.

Era splendida, il cuore, da quando l’aveva vista arrivare aveva aumentato pericolosamente il suo battito, ma riconobbe in lei quell’atteggiamento che all’inizio della loro conoscenza la faceva andare fuori di testa. Qualla sua impeccabile perfezione che sapeva mettere in soggezione le persone che la circondavano. Quando sapeva benissimo che lei non era affatto così. Dopo un po’ la vide congedarsi da quell’uomo perdendola di vista.

  • Mi odia, perché non dovrebbe del resto

 

Victoria si girò a guardare l’amica che aveva pronunciato quelle parole. Rimase un attimo in silenzio prima di risponderle.

  • Vieni, entriamo.

 

Ruth aveva iniziato a visitare i vari e vasti ambienti, ognuno dedicato ad un artista scelto dall’organizzatore dell’evento, non potendo fare a meno di constatare come fosse riuscito a mettere insieme gli artisti che avevano fatto parlare di se negli ultimi anni. Trovò il modo in cui aveva strutturato gli ambienti e l’ esposizione delle opere molto interessante e sotto alcuni aspetti geniale.

Quasi alla fine si ritrovò ad osservare i dipinti di Victoria, ormai riconosceva quelle pennellate a colpo d’occhio, poi più in là vi era la grande tela. Si fermò di fronte a essa, a guardare quella figura dipinta dritta negli occhi e a sentire un nodo in gola formarsi al ricordo della prima volta che lo aveva visto, La sera in cui aveva aperto la sua anima all’artefice di quello splendido quadro.
Che sciocca era stata, eppure ricordava nitidamente la sensazione di panico avuta quella notte, per un attimo aveva avuto la percezione della realtà, del mondo che la circondava, dell’estraneità di quella donna che le dormiva accanto. Per un attimo, pensava, aveva avuto una lucidità alla quale si sarebbe dovuta aggrappare invece di farsi annebbiare il cuore e la mente da quel sentimento che provava disperatamente.

E anche adesso, di fronte a quella figura sentiva gli scricchiolii del suo cuore che continuava a incrinarsi e a sgretolarsi.

  • Fai bene ad odiarmi, io stessa mi detesto per quello che ho fatto.

La donna non si voltò nemmeno, continuando a tenere la sua attenzione sul dipinto. Sospirò pesantemente.

  • Volendo usare le tue stesse parole, mi hai fatto un favore.
  • Provo tanta di quella vergogna guardando te e Victoria.
  • Siete ancora amiche o sbaglio? E per quanto mi riguarda puoi anche smetterla di sentirti in colpa. Quella sera non sei stata tu a costringerla ad andar via con quella donna. E’ stata lei a volerlo.

Finalmente si girò verso di lei a guardarla.

  • Anche se a dire il vero fai bene a vergognarti, ma per la motivazione che ti ha spinto ad invitarla quella sera.

Katrin riuscì a sostenere quello sguardo fermo e duro.

  • Si hai perfettamente ragione, non so che cosa mi aspettassi. Ma non c’è giorno in cui guardando Victoria, non mi senta una stupida egoista.
  • Che cosa vuoi Katrin?
  • Voglio che tu in fondo al tuo cuore riesca a trovare la forza per perdonarla, qualsiasi cosa tu pensi che abbia fatto, dimenticalo, perché non è successo.

Per un attimo Ruth chiuse gli occhi aggrottando la fronte e alzando le mani come a fermarla.

  • Questi non sono affari tuoi!

Quando li riaprì vide gli occhi di Katrin lucidi ma fermi.

  • Guardala Ruth, il dolore della tua assenza è visibile agli occhi. E non guarirà se..
  • Smettila!

Ruth le si avvicinò con fare minaccioso.

  • Non aggiungere nemmeno una parola! Tu credi che lei mi abbia ferito solo quella sera? Lo ha fatto dal primo giorno in cui ci siamo incontrate! E me ne sono innamorata ugualmente, insensatamente. Pensi che non provi un profondo dolore nel vederla così?  Ma non ho intenzione di farmi nuovamente sconvolgere da lei. Quindi adesso vedi di farmi il favore di non interessarti più alla mia vita e non permetterti di venirmi a dire cosa devo o non devo fare!
  • Che sta succedendo qui?

Entrambe le donne si girarono verso Victoria che le guardava con aria perplessa e preoccupata.
Ruth la guardò come se stesse per dirle qualcosa ma invece le diede le spalle lasciandole sole.

  • Kat che cosa le hai detto?
  • Niente, solo le mie inutili scuse…
  • E cos’altro? Era troppo sconvolta per delle semplici scuse non gradite.

Ma non le diede il tempo di rispondere e cercò di raggiungere Ruth.
Fortunatamente la ritrovò qualche sala più in là, stava davanti ad una scultura ma era evidente che in realtà non la stava osservando e che i suoi pensieri erano altrove. Si riscosse solo quando la vide avvicinarsi a lei.

  • Mi dispiace, per qualsiasi cosa ti abbia detto.
  • Cerca disperatamente di rimediare a qualcosa che non ha fatto. Ma giocare la carta delle tue condizioni per farmi sentire in colpa. - Scosse la testa in un gesto di negazione alzando gli occhi al soffitto cercando di trattenere le lacrime che sentiva sopraggiungere – Dio, e sono così stupida da sentimici. Quando è soltanto colpa tua.

Victoria la guardava senza interromperla. Osservando lo stato di rabbia e frustrazione che la dominavano in quel momento.

  • Sono venuta pensando che sarei riuscita a stare nella stessa stanza con te e non provare rabbia o… qualsiasi altra cosa io senta ancora per te. E invece sono sbastate le parole di Katrin per farmi prendere fuoco. Stupidamente.
  • Ruth

La donna finalmente portò l’attenzione su di lei. Victoria le stava sorridendo, il sorriso più triste che avesse mai visto, la vide arretrare e sedersi nella panca che avevano alle spalle.

  • Va bene così. Non aggiungere altro.  Mi sono fatta da parte, era quello che volevi. Pensavo che fosse quello che ti servisse per riuscire a superare questa situazione. Ma adesso, lascia che ti dica che le tue sono soltanto parole.

Ruth la guardava con la fronte aggrottata, la serenità con la quale le rispondeva l’aveva spiazzata. La vedeva stare seduta e a fissarla con uno sguardo pieno di feroce malinconia, e tenere con una mano quell’odioso oggetto che ormai le era devenuto familiare e che la sosteneva in quella semplice azione che era camminare. Ruth non sapeva dire che cosa stesse provando in quel momento.
L’artista riprese a parlare.

  • E si sono stata solo io quella a sbagliare, ma sai benissimo che non è questo quello che ti tiene lontana da me. Adesso stai semplicemente fuggendo da tutto quello che volevi da me, ora che potermmo averlo. – Sorrise - Per quanto tempo vuoi ancora scappare?

Ruth strinse i pugni.

  • Si è vero, sto scappando. Ma per mettermi al sicuro da te. 
  • Smettila di dire sciocchezze. Quello che ti da realmente fastidio è la consapevolezza che non puoi vivere con me, ma non puoi fare a meno di me. E’ questa consapevolezza alimenta la tua rabbia.

La donna in piedi sfuffò in un sorriso nervoso.

  • Non pensi di essere un po’ presuntuosa?

Victorisa si rimise in piedi e le si avvicinò di qualche passo.

  • No, non lo sono. E tu mi ami, lo so io e lo sai anche tu. Ma non starò qui a supplicarti o a tentare di convincerti.  

Ruth la guardò dritta negli occhi, una strana calma sostituì l’agitazione che l’aveva dominata sino a qualche istante prima.

  • In tutto questo non è mai stato il mio amore per te ad essere in discussione. E’ sempre stato chiaro sin dal primo momento. Ma il fatto che tu lo sia mai stata di me. Anche adesso, per quanto ne so a spingerti può essere la consapevolezza che non tornerò più da te, a farti credere che mi ami. E non sarebbe certo la prima volta.

Victoria cercò di rispondere a quella fredda accusa, ma non fece in tempo a parlare, furono interrotte dall’organizzatore della mostra.

  • Allora Ruth, cosa ne pensi? Spero che tu sia rimasta soddisfatta da come ho messo in risalto la tua artista.

La curatrice lo guardò con un mezzo sorriso.

  • Si, molto soddisfatta. Ma lei non è mia. La sua arte appartiene solo a se stessa.

Gli porse una mano che l’uomo le strinse prontamente.

  • Sono stata onorata del tuo invito. Ma adesso perdonami, devo andar via.

L’uomo le disse qualche frase di cortesia prendendola sotto braccio e offrendosi di accompagnarla all’uscita. Victoria rimase semplicemente a guardare le due figure che si stavano allontanando fino a quando uscirono dal suo raggio visivo.




Perdono, perdono... Ma da adesso in poi i capitoli sono tutti da scrivere... mi dispiace aver allungato i tempi di pubblicazione ma purtroppo è inevitabile. Comunque, come al solito vi faccio la preghiera di farmi sapere cosa ne pensate. Alla prossima (spero presto)
  
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