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Autore: aki_penn    20/04/2009    1 recensioni
Lei è una stronza di facili costumi, lui è biondo ed enigmatico, entrambi sono bellissimi,ma non hanno alcuna intenzione di innamorarsi, bensì di far innamorare gli altri...magari traendoci qualche beneficio... Stupid Cupid...
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Eccomi ancora qui sono resuscitata, mi devo scusare per il mio incredibile ritardo, ma tra i tanti impegni anche lispirazione mancante ci ha messo del suo!

Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che hanno messo la storia tra i preferiti(addirittura 11 in soli 2 capitoli, sono commossa!!ç_ç)e ovviamente chi ha commentato:Yellow_B( oh, su ammettiamolo, Sara non è nata per essere simpatica! Sono felice che ti sia piaciuta la mia storia ^_^),francesca27 (sono felice che tu abbia apprezzato, spero che tu possa accettare di seguirla nonostante questo enorme ritardo!!) & The Corpse Bride ( grazie come al solito per il tuo bellissimo commento, beh, sul fatto che Mei ha sofferto già per tutti hai ragione, perciò diciamo pure che Alex si metterà nei guai da solo, Loride non è poi così cattiva infondo ^_*)

Ebbene ultima informazione prima di lasciarvi al terzo capitolo che spero vi piaccia: Anita non è un personaggio molto importante, ma ci tornerà utile in seguito, quindi magari fateci un po’ caso,( all’inizio volevo chiamarla Arisa come un personaggio di Furuba, ma con l’avvento della cantante credo che a tutti sarebbe venuta in mente lei, allora le ho cambiato il nome^_^),poi per gli amanti delle storie con pochi personaggi vi avviso che questa è una delle poche cose che ho scritto che presenta solo 4 o pochi più personaggi da ricordare. Ho intenzione di trattare questa ff come un telefilm a episodi, con una coppia nuova per ogni capitolo, ma non sarà importante ricordarsele. Spero che come idea vi possa piacere. Grazie ancora a tutti vi lascio a Alex e Loride ^_^

 

 

 

Stupid Cupid

 

Capitolo tre

Inizio di un’attività commerciale

Coppia tre

[ovvero]

Quando mi cacciai nei guai

 

 

Quando mi piombò tra capo e collo Loride ero impegnato nella mia occupazione preferita, ovvero disegnare occhi.

Mi colse di sorpresa, ma io non sobbalzai, e alzai gli occhi per guardarla senza dire niente.

Lei scese i quattro gradini che la separavano da me sorridendo in modo vagamente beffardo.

Loride” scandii io privo di qualunque intonazione. Lei si bloccò poco lontano da me. “Ti ricordi il mio nome?” chiese felicemente stupita.  Alzai le spalle e feci un sorrisetto

“ Non è un nome che si dimentichi facilmente, e poi mi era particolarmente complicato scordarmelo con un innamorato cronico che mi parlava solo ed esclusivamente di te… e a volte anche Sara parla di te… insomma tutti parlano di te… mi sta venendo il vomito” non credo che fosse un complimento, ma lei rise lo stesso. Mi stupì, pensavo che si sarebbe arrabbiata, o che non l’avrebbe capita… alzai le sopracciglia e la guardai meravigliato, aspettando che mi desse udienza.

“Io invece non mi ricordo come ti chiami” disse lei tranquillamente sedendosi sui gradini come me. Nel giardino della scuola c’era una specie di anfiteatro di quattro gradini, in una posizione in ombra, non so cosa servisse, probabilmente a nulla; ma a me piaceva perché non ci andava mai nessuno e potevo disegnare in santa pace. Mi stupiva che Loride si fosse avventurata fin lì, per chiedermi come mi chiamavo.

“Alex…” risposi tornando al mio lavoro. Lei annuì quando le sovvenne come mi chiamavo. Non feci caso al fatto che rimase lì un po’ anche quando io non le diedi più udienza, indaffarato a disegnare l’occhio di una vecchietta che avevo visto al bar quella mattina.

 Gli anziani vengono sempre sottovalutati, io invece ho sempre pensato che avessero qualche cosa di magico negli occhi.

“Hai una strana ammirazione per i gelatai?” chiese guardandomi beffarda. Io alzai lentamente la testa per guardarla, quella volta mi prese davvero in contropiede. Quella ragazza che si era presentata da me la prima volta come un’ipotetica ragazza per Ivan, che aveva ricoperto il ruolo di malvagia famme fatal e che a quel punto era venuta a cercarmi vestita di una felpa a pois decisamente evidente era l’unica persona dopo tanto tempo capace di stupirmi.

“Gelatai?” ripetei sorpreso. Lei annuì “Gelatai. Te ne vai sempre in giro vestito di bianco, sembri un gelataio. Non ti sporchi mai a sederti per terra?” chiese alludendo al fatto che mi ero accomodato su un gradino decisamente poco pulito.

“No, non trovo che i gelatai abbiano delle facoltà particolari” risposi sbrigativo, e forse un po’ colpito sul vivo. Che quella tipa a pois trovasse altri svaghi invece di fare commenti sui miei vestiti. Le sue labbra si distesero in un sorriso un po’ stanco, mentre io aggiungevo nervosamente una pagliuzza all’occhio che stavo disegnando.

“Comunque…Alex” sembrò doverci pensare a come mi chiamavo, anche se glielo avevo ripetuto pochi secondi prima. “Non sono venuta qui per chiederti se sei figlio di un gelataio, ma per farti una proposta”scandì a un certo punto. Le diedi nuovamente udienza “No, comunque non sono figlio di un gelataio” ci tenni a precisare.

Vabbè, tanto non mi interessava, potevi anche essere figlio di un palombaro che…

“Non sono figlio nemmeno di un palomb…”

“E basta! Ho capito non me ne frega nulla!” sbotto a un certo punto. Mi resi conto che forse mi ero preso troppo a cuore la faccenda e la situazione era degenerata, mi capitava di attaccarmi alle frasi fatte in maniera morbosa.

Mi schiarii la voce un po’ imbarazzato “Dicevi scusa…?”

Loride fece un sospiro e sembrò recuperare tutte le facoltà mentali con un profondo respiro dall’aria yoga.

“Tu” cominciò “sei bravo a capire le affinità. Come cavolo fai?” concluse con un brillio, che mi avrebbe dovuto insospettire, che le si accendeva negli occhi.

Negli occhi di Loride non trovai nulla. O meglio,non ci trovai le solite cose, una strana luccicanza che non mi colpì. Insomma, non trovai nulla. Non riuscivo a vederli accostati a nessun altro quegli occhi. Erano occhi soli. Non occhi che soffrivano di solitudine. Solo, occhi soli. Alzai le spalle.

“Sono perspicace” la liquidai.

“Seriamente… sei geniale… hai mai pensato di sfruttare questa tua…propensione” marcò molto l’ultima parola , la pronuncia della P mi sembrò fortissima, come se mi avessero sfogliato un libro di fianco all’orecchio, e un campanello d’allarme si attivò nel mio cervello.

“Cosa vorresti dire?” domandai d’un tratto sospettoso, mentre lei mi guardava sottecchi.

“Dico: hai mai pensato che potresti farci dei soldi?”chiese melliflua.

“No” risposi secco. Lei increspò le labbra e mi guardò un po’ risentita raddrizzando la schiena. Io mi ero rimesso a disegnare con più foga di prima, come se volessi rompere il foglio pur di concentrarmi su quell’occhio, ma la mia testa era da tutta altra parte. “Non l’hai neanche preso in considerazione. Scommetto che non ci hai nemmeno pensato. Hai detto no e basta”  mi rimbeccò Loride sicura di sé, e per nulla persa d’animo.

Mi costrinse ad alzare di nuovo la testa per guardarla , mentre continuava a parlare.

“Perché non mi ascolti e vedi se la mia proposta può funzionare?”. La guardai male ma non dissi nulla in attesa che proseguisse con la sua spiegazione.

“Hai presente le agenzie matrimoniali? O quei programmi in internet fatti apposta per conoscere gente? Ecco. Sarebbe all’incirca così, solo che sarebbe più in piccolo… e esente da IVA, se lo facciamo all’interno della scuola… secondo me potrebbe funzionare…” spiegò terminando con un sorriso soddisfatto. Accavallò le gambe e si stese un po’ sui gradini , per stare più comoda. Arricciai le labbra e scandii un’altra volta “No”poi aggiunsi incupito “Hai visto? Sta volta ci ho pensato, ma è no, lo stesso” sbottai tornando al mio disegno, intenzionato questa volta a non essere più disturbato.

“Di che ti preoccupi?” tornò all’attacco lei con un mezzo sorriso.

“Cos’hai da perdere? E poi sono convinta che saresti bravissimo come agente matrimoniale. Hai messo insieme Ivan e Sara, e Marzia e.. e… quel tizio.. come si chiama? Vabbé, comunque , non è la prima volta che lo fai vero?” chiese poi imperterrita.

“Lo so che ci riuscirei” sbottai scocciato “Ma è immorale”. Dichiarai serio, mentre lei inarcava le sopracciglia come se stessi parlando arabo.

“Eh?” disse soltanto per far sgorgare dalla mia bocca un fiume di parole. “E’ immorale, approfittare delle persone che vogliono innamorarsi chiedendogli dei soldi! L’amore è amore, e deve nascere in modo naturale, non bisogna pagare nessuno per innamorarsi!” sproloquiai.

Loride ghignò “Sentimentalista?”

“No, moralista. E non mi convincerai mai, hai capito?” e con queste parole me ne tornai definitivamente al mio disegno.

*

Un quarto d’ora dopo camminavo a passo spedito per il corridoio della scuola affianco a Loride.

“Non so come cavolo hai fatto a convincermi”brontolai. Lei alzò le spalle e fece un sorrisetto “Sono Loride!posso fare tutto…”. Sbuffai.

“E sentiamo, quale sarebbe il tuo piano?” chiesi stancamente, e decisamente arreso.

“Hai presente i film americani? Dove c’è sempre il secchione che fa parte del club di scacchi a scuola?” chiese, ma più che altro sembrò una domanda retorica. “Sì, ma non ti seguo…”  brontolai lanciando un’occhiata schifata a un mezzo busto di pessimo gusto che se ne stava lungo il corridoio.

“Esistono anche qui i club, solo che nessuno vi bada…pensavo che potremmo chiedere alla preside la licenza per fondarne uno” continuò tranquilla camminando con la schiena dritta e la testa alta. Notai solo in quel momento il suo andamento austero, era un po’ come se camminasse sulle punte.

“La preside non ci darà mai il permesso… non puoi dirle che vuoi costituire una società per cuori solitari” sbraitai fermandomi a metà del corridoio.

Lei indisturbata si girò su sé stessa, continuando a camminare all’indietro per potermi guardare. “Perché no? La preside non guarda mai le proposte degli studenti, è sempre indaffarata con i suoi affari, non farà caso al piccolo modulo che le daremo da firmare . e firmerà a scatola chiusa senza leggere.” Concluse beffarda prima di rivoltarsi dalla parte giusta. Io la raggiunsi con una corsetta.

“Quale modulo?” domandai senza fiato. Non aveva parlato di nessun modulo!

“Questo!” esclamò tirando fuori un pacchetto di fogli dalla borsa a tracolla. “Non ti preoccupare per la firma, l’ho già fatta io per te!”  concluse allegramente , mentre apriva con baldanza la porta della presidenza.

Stavo perdendo la pazienza, le avrei urlato dietro, ma Loride mi prese per un braccio e in un baleno ci ritrovammo dentro una stanza luminosa dove lambiccava una donna grassoccia che non ci diede udienza. Mi ricomposi, stando in piedi compunto accanto a Loride, e mandandole occhiate di fuoco.

“Maledetta imbrogliona” mormorai trai denti facendo in modo che solo lei potesse sentirmi. Lei ghignò divertita, probabilmente non si rese conto di quanto davvero fossi arrabbiato.

“Buon giorno preside!” trillò facendo sobbalzare la signora di mezza età che probabilmente non ci aveva sentiti entrare.

“Oh..oh salve ragazzi”. Loride fece un sorriso nel quale mostrò tutti i denti. Fino ad allora non pensavo che si potessero avere così tanti denti.

“Preside”esordì allegra e professionale “Le ho portato un modulo da firmare”. Gli occhi della preside calarono lentamente sulla scrivania dove Loride aveva appoggiato i documenti. Li guardò per un po’ come se non li vedesse, tenendo la bocca leggermente aperta. Poi si chinò scuotendo la testa intenzionata a firmarli senza nemmeno interessarsi a cosa si trattasse. “Certo, certo ragazzi”.

Rimasi a guardarla stupito, mentre Loride le sorrideva benevola. Afferrò con un gesto deciso i moduli, la gratificò con un altro sorriso a trentadue denti che lei non notò nemmeno e mi trascinò fuori. Feci giusto in tempo a lanciare un’occhiata fugace ai suoi occhi che volavano sperduti per la stanza. Ebbi un brivido nel vederli così grigi. Chiusi i miei per non vedere e mi feci trascinare fuori da Loride che stava già esultando.

Rimasi immobile e ciondolante mentre lei mi saltellava attorno esaltata.

“Abbiamo il permesso , abbiamo il permesso!!” strillò improvvisando un balletto. Sospirai e alzai gli occhi al cielo.

“E quindi adesso?” domandai con voce strascicata , mentre lei ancora ballava come una forsennata.

Mi scoccò un sorrisetto contento “Adesso andiamo ad impalcare il banchetto” disse allegra. Mi incupii “Nel tuo accordo non c’era nessun impalco di un banchetto!” feci sospettoso.

“Beh, adesso c’è!” esclamò cominciando a correre per il corridoio.

Sospirai e la seguii rassegnato.

Più tardi stavo cercando di attaccare una stecca di legno dipinto di rosa confetto a un palo, a mo’ di insegna quando qualcuno mi interruppe attirando la mia attenzione, e la stecca mi cadde sulla testa.

“Che diamine combini?”

“Per la miseria, avvisami quando arrivi da dietro, lo sai che mi fai spaventare , TU” brontolai guardando la ragazza mora coi capelli lunghi e lisci, di bianco vestita che mi fissava dall’altra parte del tavolo.

“Spiegami cosa sarebbe questa cosa” disse puntellandosi le mani sui fianchi.

“Anita, hai rotto le scatole più tu in questi dieci secondi, che tutte le professoresse che ho avuto in tredici anni a scuola!”. Anita increspò le labbra aspettando una risposta. Sospirai e cedetti appoggiando la travetta di quell’imbarazzante colore.

“E’ una specie di società per cuori soli…”spiegai scocciato.

“A pagamento?” domandò sapendo già la risposta. “Sì” feci io in un sospiro, come quello di chi sa che lo aspetta una ramanzina.

“Ma sei impazzito?” sbraitò con voce stridula. “E’ una cosa assolutamente immorale!” mi sgridò. Sbuffai “Smettila di rompere le scatole, non sai fare altro…”.

Lei increspò le labbra e alzò il dito indice in aria come per dire qualche cosa, poi cambiò idea , soffio è girò i tacchi brontolando come una caffettiera. Sì, credo che la cosa che assomigliasse di più ad Anita in quel momento fosse una caffettiera.

“Chi era quella?” domandò Loride riemergendo da sotto il banchetto sotto il quale si era rifugiata per sfuggire al lavoro.

“Mia sorella…” sbuffai.

“Una palla eh?” fece comprensiva, annuii senza guardarla.

Non ci volle molto perché arrivasse qualcun altro ad interrompere la mia lotta con l’insegna.

La figura si schiarì la voce imbarazzata, e io mi volta sbuffando pronto a imprecare al suo indirizzo. Mi fermai quando gli vidi gli occhi. Sul momento non feci nemmeno caso a che sesso appartenesse, non me ne importava nulla, ero così esaltato che sarebbe potuto essere anche un macaco che non me ne sarei minimamente accorto.

“Ehm… devo consegnare un pacco … per…” il ragazzino sui vent’anni coi capelli mossi e l’aria impacciata si fermò a leggere quello che c’era scritto sul pacco. Loride cercò di attirare l’attenzione del ragazzo allungando una mano verso di lui e cominciando a dire “I pacchi vanno lasciati in portin…” non ebbe il tempo di finire la frase perché io l’avevo già preso per il braccio con suo sommo stupore per trascinarlo per il corridoio che avevo percorso poco prima.

“Alex” fece Loride aggrottando le sopracciglia e stringendo i pugni sui fianchi.

Mi voltai e le feci l’occhiolino mentre me ne andavo trascinando un contrariato postino per il corridoio.

Lei non ci mise molto a capire, e vidi la sua espressione divenire da stupita ad ancora più stupita “Ma è una pazzia!” strillò. Le feci un sorriso e scaraventai il ragazzo nell’ufficio del preside dicendo “un pacco per lei!”

*

“Io non posso davvero crederci… quanti anni avrà quel tipo?” domandò Loride con le sopracciglia aggrottate mentre guardava la preside che civettava allegramente con il postino.

Alzai le spalle “Che importa, poi…”

Poi lei si mise a ridere “Beh, direi che questo è un ottimo inizio per la nostra attività!” esclamò allegra saltando giù dal palchetto dove si era seduta. “Granita per festeggiare?” propose pimpante. Sbuffai girandole le spalle “Beh , direi di no” risposi mentre uscivo, avrei dovuto già sorbirmi le interminabili lamentele di mia sorella, e quindi forse era meglio non socializzare con il nemico, almeno per quel pomeriggio.

 

 

   
 
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