Morgana
Pendragon non si
riteneva affatto la Strega che il suo fratellino idiota amava dipingere
agli
altri.
Certo,
era conscia che i suoi modi in
apparenza sbrigativi e la poca pazienza (un marcato tratto di
famiglia) si
scontravano non poco con l’idea che le persone si facevano di
lei alla prima
impressione, ma, a parte questo, il suo carattere la rendeva
ciò che era e
dunque, in quei rari momenti in cui si chiedeva se fosse stato meglio
cambiare
un poco le proprie manesche abitudini, scrollava semplicemente il capo,
ribadendosi di non fare la sciocca.
Suo
padre soleva ripeterle
bonariamente, ma forse anche con un po’ di preoccupazione,
che se avesse
continuato a trattare le persone come rocchetti di filo (girandoli e
rigirandoli a propria convenienza) sarebbe rimasta zitella a vita.
Morgana
allora sorrideva in
quella maniera affascinante e terribile e rassicurava il genitore su
quanto difficilmente
questo sarebbe accaduto.
La
sua popolarità a quel tempo
non faceva che salire e ciò le assicurava costantemente la
correttezza delle
sue scelte.
Diversi
anni più tardi, con tra
le mani una laurea in giurisprudenza, un ottimo impiego da avvocato, ma
ancora
nessuna storia seria, la ragazza iniziò a convincersi che in
fondo gli uomini
erano qualcosa di inutile.
Morgana
giunse quindi alla
conclusione che fosse meglio usarli come semplice distrazione e
concentrarsi su
proprio lavoro, che rappresentava un traguardo decisamente
più esaltante.
Inaspettatamente
fu proprio il
suo più che celebrato lavoro a rigirare nuovamente le carte
in tavola.
§
§ § § O § § §
§
-Maledizione…
Morgana, razza di
stregaccia, cosa diavolo credi di fa…- provò ad
urlare Artù.
Sfortunatamente
le sue proteste
vennero prontamente soffocate dal bianco tappeto peloso, mentre sua
sorella,
piantatogli un tacco a spillo tra le scapole, lo utilizzava come
passerella per
presentarsi alla commessa.
-Morgana
Pendragon, piacere. Ho
un appuntamento con Alice per le 10.15- informò
frettolosamente.
-C…certo,
la signora Alice la
sta aspettando. Prego, mi segua.- la invitò
l’inserviente. Ad Artù lanciò
un’occhiata dispiaciuta prima di precedere la cliente.
-Morgana,
dove credi di
andare?! Non abbiamo ancora fin-umphf-
Il
tacco a spillo lo rispedì di
nuovo tra la candida peluria sintetica interrompendo le proteste.
Quando
Artù riuscì finalmente a
sollevare nuovamente il capo la sorella era scomparsa tra gli enormi
corridoi
carichi di vestiti.
Un
gruppo di ragazze piene di
sacchetti, vedendolo steso a terra, gli girò al largo,
affrettandosi verso
l’uscita secondaria.
Maledetta
strega!
Ma gliel’avrebbe
pagata.
-Ehm,
si sente bene?- chiese una voce.
Ma
Artù, preso dalle sue minacce mentali, la ignorò
bellamente.
-Uhm…signore?-
Gliel’avrebbe
fatta vedere lui. Altro che matrimonio perfetto! L’unica cosa
perfetta sarebbe
stata la sua vendetta. Oh ,si!
-Ehi,
mi sente?!-
Povero
Leon.
Quella strega doveva avergli fatto un incantesimo, altro che
“colpo di fulmine”.
Ma ci avrebbe pensato lui a liberarlo, questo era certo…
-SIGNORE!-
-COSA
C’E’?!?- urlò il biondo, spazientito per
essere stato interrotto
mentre progettava ritorsioni contro Morgana.
Alzò
il volto da terra giusto per incontrare uno sguardo talmente blu
che per un attimo credette di aver avuto un abbaglio. Lenti a contatto,
per
forza. Non poteva esistere uno sguardo del genere. La bocca semi
spalancata non
aiutava a nascondere il suo stupore.
-Potrebbe
smetterla di sogghignare come un pazzo isterico sul
pavimento. Sta facendo scappare le clienti!- riprese la voce, irritata.
Apparteneva
ad un ragazzo incredibilmente pallido. Le mani, strette
sui fianchi, non facevano che accentuarne la magrezza.
Il
volto, dagli zigomi piuttosto accentuati, era leggermente alterato,
come se stesse sgridando un bambino che fa i capricci.
Non
era nulla in confronto ai momenti peggiori di Morgana, quando
smetteva di urlare e diventava improvvisamente impassibile e sapevi che
la fine
(la tua) era arrivata.
Ciononostante
Artù si ritrovò ad arrossire in modo del tutto
inappropriato per essere stato ripreso come un discolo.
L’imbarazzo,
comunque, durò solo un attimo.
-E’
così che trattate i vostri clienti?- chiese duro. Il fatto
di
essere effettivamente dalla parte del torto non era poi così
fondamentale. Più
importante, chi diavolo era quel ragazzino? Di certo qualche strana
creatura di
quel posto assurdo. A giudicare dalle orecchie si avvicinava
decisamente ad un folletto.
-Solo
quelli che si comportano come dei fuori di
testa- rispose l’altro senza battere ciglio.
Strano
e pure impertinente. Perfetto. Artù aveva proprio voglia di
litigare con qualcuno.
L’ultima
settimana era stata deleteria per i suoi nervi. Tra i
battibecchi con suo padre e i preparativi per il matrimonio del suo
migliore
amico (ah, già, e anche di sua sorella), la poca pazienza
che aveva conservato
fino quel momento era sfumata in un attimo.
-Sono
certo che il suo superiore non sarà felice di ascoltare le
mie
rimostranze verso di lei. Non è forse vero il detto che
“il cliente ha sempre
ragione”?- provocò alzandosi in piedi con un gesto
fluido.
Il
ragazzo sembrò irritarsi ancora di più a
quell’insinuazione.
Bingo! Le minacce di lamentela funzionavano sempre. Il pensiero dei prossimi tentativi del ragazzino per fermarlo sarebbero stati esilaranti.
Si
diede mentalmente il cinque. Già poteva
sentire la sua pace mentale ricomporsi lentamente.
-E
io sono certo che lo sarà ancora meno quando
saprà il motivo delle mie,
di rimostranze. O forse ha qualche
buona ragione per spiegare la sua persona sul tappeto di pelliccia
sintetica
dell’entrata. Per quanto mi riguarda, sono piuttosto
curioso...- concluse
contro ogni aspettativa il ragazzo. Un luccichio divertito in quegli
occhi
assurdamente blu.
Lenti
a
contatto, Artù. Semplici lenti a contatto, non farti
distrarre.
Stava
cercando di rimettere in piedi una buona strategia oratoria
quando una voce interruppe la discussione richiamando il ragazzino nel
laboratorio
di sartoria.
-Merlino,
dove
sono i bozzetti per la signora Grace?-
Il
giovane sospirò passandosi distratto una mano tra i capelli
nerissimi. Artù rimase per un istante incantato osservando
le lunghe dita
pallide accarezzare le ciocce scure.
Concentrazione,
Artù!
-Solo
un attimo Elena!- gridò quello di rimando.
Poi,
volgendosi ad un Artù ancora in stand by, riprese. -La prego
di
uscire, o, se sta aspettando una persona di accomodarsi in sala
d’attesa.- ordinò
veloce –Dopotutto, qualcuno potrebbe scambiarla per uno
stalker.- aggiunse,
cercando di nascondere quanto l’idea lo divertisse.
-Merlino,
ti
prego, è urgente!-
lo richiamò Elena.
E prima che Artù potesse anche solo pensare ad un commento acido per controbattere, lo strano, impertinente ed irritante ragazzo che popolava l’oscura selva di stoffe bianche scomparve com’ era apparso.
§ §
§ § O § § § §
Quando
Morgana tornò verso l’entrata trovando un
Artù ringhiante e
pieno di peli si chiese se questa storia del matrimonio non stesse
portando suo
fratello ben oltre la sua già precaria sanità mentale
Mal che vada lo
lascerò al canile pensò divertita,
mentre trascinava
il fratello borbottante fuori dal negozio.
-Prossima tappa: fioraio!- canticchiò allegra.
Artù, legato strettamente al sedile da una cintura, gridò internamente tutto il suo orrore.