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Autore: ChiaraSerafin22    13/07/2016    0 recensioni
I delitti si compiono quando le foglie cominciano a cadere. Perché anche le vite, come le foglie, vengono falciate dal vento freddo della morte...
Così inizia questa storia, di amicizia, tra una bambina e un assassino.
E' una storia semplice, quasi una favola, dei giorni che scorrono tra la carcerazione e l'esecuzione di un giovane che ha deciso che l'omicidio era l'unica soluzione. Giorni illuminati da Angie, una bambina a metà tra l'immaginazione e la coscienza.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dwight aveva chiuso le palpebre e le aveva strette, svenendo poco dopo per il dolore. Quando aveva riaperto gli occhi, la ragazzina era di nuovo dall'altra parte della rete, a scrutarlo con quella curiosità ingenua.
"Dwight? Hai dormito qui?".
"Sì" rispose con un filo di voce, "Mi hanno tolto la volontà di alzarmi".
"Sarebbe?".
"Bambina, perché te lo fai spiegare da me? Io sono un uomo finito che non vedrà più altro che incubi notturni e poliziotti armati. Volontà non ne ho, quindi al momento non saprei nemmeno spiegarti cosa sia".
"Non credo di essere un incubo notturno" sottolineò lei, -"E non porto armi, eppure mi vedi. Le cose non sono mai quelle che sembrano".
Dwight la guardò come se la vedesse per la prima volta. Piccola, esile, i capelli pieni di nodi e foglie autunnali. "Come hai detto che ti chiami?".
"Veramente non me l'avevi chiesto. Sono Angel".
"È un bel nome". Mentre parlava, le sue sopracciglia si corrucciavano, come se ogni respiro gli costasse una fatica infinita, o come se fosse prezioso più di un diamante e gli dispiacesse dissiparlo.
"Lo dice sempre anche la mamma. Dice che "mi sta bene", anche se non capisco bene perché".
"Perché sei un angelo". Lo disse con un sorriso da assassino che avrebbe intimorito qualunque lupo, eppure non fece tentennare un agnello come Angel.
"Se lo sono, allora sarò il tuo angelo, perché credo che tu ne abbia bisogno", dicendo questo si dondolò sui talloni e gli occhi le brillarono. "Posso farti una domanda?".
"Me ne hai appena fatta una" fece notare Dwight.
La bambina lo ignorò: "Tu non mangi nulla? Sei qui da ieri, giusto?".
"Queste sono due domande".
"Mmh".
Il ragazzo tirò un sospiro: "Hanno dato disposizioni di incarcerarmi, ma non ho ancora avuto la sentenza. Due notti fa mi hanno catturato. La mattina scorsa mi hanno torturato e poi abbandonato nel campo della prigione. Mi verranno a prendere fra non molto e, credimi, anche tu avresti perso l'appetito nelle mie condizioni".
"Sembri uguale a tutti quelli che abitano da me in paese. Tutti gli assassini hanno le strisce rosse sul corpo?".
"Non lo so. Me le hanno fatte perché... sono stato cattivo".
"Cosa hai fatto di tanto sbagliato? Papà dice che si dà sempre una seconda possibilità alla gente. O che si dovrebbe darla".
Dwight la fissò con quello sguardo corrucciato e si accorse che, a forza di mordersi l'interno della guancia, ora aveva il sangue che gli spruzzava in gola. "Il fatto è che sono stato io a non dare una seconda possibilità, così mi hanno punito".
Angel storse il naso: "Non mi potresti dire... cioè... perché ti hanno tolto libertà e volontà? Qual è il motivo che ti fa stare dietro la rete?".
"Ho ucciso. Con un coltello. Sono entrato in una casa e ho pugnalato un uomo". Gli fece male rivelare quelle cose. Il suo angelo sarebbe fuggito con le ali ai piedi.
Eppure la bambina reagì comportandosi come se le avesse detto che aveva rubato un cesto di frutta al mercato: "Così, ti hanno costretto a stare qui. In fondo non hai proprio una brutta sistemazione, con il bosco e la vista della vallata". Si pulì il moccio dal naso e fece spallucce: "Poteva andarti peggio".
"Non credo che tu abbia afferrato a pieno la situazione. Ad ogni modo, che gusto c'è a vedere il paradiso senza poterlo toccare?". La vide tentennare, cercare di trovare una vita d'uscita da quel mare di pensieri che la stava di certo inghiottendo. "Lascia stare angioletto, tornatene a casa. Sono la persona meno adatta con cui stringere amicizia".
Angel si stava mordicchiando le labbra, tant'è che divennero tutte rosse. Il suo viso si accese e tentò più volte di parlare, riuscendo solo a boccheggiare qualche frase sconnessa. Alla fine riuscì a dire: "E se lo volessi io? Se desiderassi esserti amica? Me lo impediresti?".
"Non riesco a capire perché". Era sinceramente stupito.
La bambina fece di nuovo spallucce: "Gli amici non si scelgono. Si trovano e basta. Me lo impediresti?".
"Dovrei" ammise Dwight, "Eppure non ne ho la forza. Sei l'unica cosa dolce e fresca che il destino mi permette di vedere".
Angel stette a contemplarlo cercando di interpretare il significato delle sue parole, così infelici eppure così piene di speranza. Poi si ricordò che aveva portato una cosa per lui: frugò in tasca ed estrasse la manina. "Volevo farti un regalo, per la nostra conoscenza".
Nel palmo poggiava una conchiglia, piccola come una perla e preziosa allo stesso modo. "Mi sono resa conto che la vallata è bella, ma che da qui non si riesce a vedere il mare. Ne ho cercata una che riuscisse a passare fra i fili della rete".
La bimba alzò alta la conchiglia e dopo abbassò il braccio, tentando il far passare l'oggettino fra la fitta maglia di ferro.
Dwight afferrò al volo il regalo, lo osservò curioso e non riuscì a reprimere un sorriso. "Grazie, ma io per te non ho nulla".
In quel momento, forse per magia, la foglia che il giorno precedente Angel aveva tanto desiderato acciuffare si staccò dal suo ramo e cominciò a planare verso il suolo. Sia la ragazzina che l'assassino la ammirarono nella sua danza e quella, con un'agile piroetta, si tuffò al di là della rete e cadde fra le mani di Dwight. "Immagino che questa sia tua" disse lui.
"Oh, no no" la bambina scosse la testa: "Se tentassi di farla passare da me, il ferro la trancerebbe. Tienila tu".
"Così io avrei due regali e tu nemmeno uno?".
"Parlarti è il dono più grande" disse Angel, "Tu mi insegni. I miei genitori non vogliono che sappia che esistono le cose cattive, non vogliono che sappia degli assassini. Secondo te perché si comportano in questo modo?".
Dwight avrebbe voluto risponderle "Per proteggerti", eppure: "Non lo so, ma è sbagliato. Senza conoscere ciò che è male come lo si distingue dal bene?".
La bambina si corrucciò: "Tu sei male?".
"Scegli tu. Lo sono?". Era curioso della risposta.
Angel ci rifletté un attimo: "Secondo gli uomini, sì. Secondo me, no".
"Questo perché tu sei un angelo. Se tutti come te vedessero solo gli aspetti buoni della gente, questa barriera che ci separa non esisterebbe".
"E non esisterebbero i tribunali, né i giudici. Mio papà fa il giudice, ti ha messo lui in prigione?".
"Probabile".
Lei era meditabonda: "Devo chiedergli che ti faccia uscire?".
"Non servirebbe".
"Lui fa tutto quello che gli chiedo" spiegò Angel.
"Però non potrebbe prenderti la luna neanche se la volessi. Per la stessa ragione non mi può lasciare libero".
La bambina sbarrò gli occhi. Dwight si chiese se fosse per quella sua risposta o per qualcos'altro. Ammutolì anche lui e si accorse che si stavano avvicinando delle voci.
Il piccolo angelo sapeva cosa fare: si alzò e cominciò ad indietreggiar verso il fitto del fogliame, nascondendosi grazie ai possenti alberi e all'alto sottobosco. A un'attenta osservazione, si sarebbero potuti notare ancora i suoi grandi occhioni blu spiccare da dietro un cespuglio, ma di sicuro nessuno si sarebbe aspettato la sua presenza lì.
Giunsero due uomini, fecero alzare l'assassino e gli dissero che era stata decretata la sentenza: avrebbe avuto a disposizione otto giorni, dopodiché sarebbe andato alla forca, alle sei della mattina.
Mentre si allontanavano, trascinandolo per le braccia insanguinate, lui chiese se avrebbe avuto a disposizione l'ora d'aria. Gli risposero che dalle tre alle quattro del pomeriggio sarebbe potuto uscire.
Dwight lanciò uno sguardo all'indietro e individuò gli occhi del suo angelo: "Torna, ti prego" imploravano quei dischi blu.
La foglia che il ragazzo aveva infilato nella tasca dei pantaloni scricchiolò. Anche il suo cuore si incrinò, e già cominciò ad attendere che giungesse il giorno dopo.
   
 
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