Dopo
più di un mese di assenza, ecco qui il quinto capitolo di
Dirty
Blood!
Scusate
se non sono riuscita a pubblicare prima, ma questo mese è
stato
piuttosto intenso dal punto di vista scolastico e non avevo proprio
tempo di dedicarmi alla storia; in pratica l'ho scritto pezzettino
per pezzettino, ogni volta aggiungendo qualcosa se il tempo me lo
permetteva.
In
ogni caso, oggi sono finalmente riuscita a pubblicare, quindi spero
che l'attesa venga ripagata!
Il
capitolo è abbastanza “di passaggio”,
dal prossimo si dovrebbe
entrare più nel vivo della storia, ma in ogni caso vengono
mostrati
nuovi personaggi e viene rappresentato un po' di più il
personaggio
di Sargas, centro di questo capitolo – e personaggio che io
adoro,
personalmente!
Non
so che altro aggiungere, se non che spero di ricevere qualche
commento! Comunque sia, buona lettura a tutti!
Un
abbraccio,
~Sapphire_
~Dirty Blood
Capitolo cinque
«Basile,
Yvonne, vi trovo bene»
Sargas
parlò con tono monocorde, continuando a fissare i due
impassibile;
dentro di sé però non era così posato.
Basile
e Yvonne de La
Châtre non erano
esattamente dei tipi convenzionali.
Provenivano da un'antica famiglia francese e continuavano a mantenere
il loro sangue di quella nazionalità, non ammettendo
relazioni con
altre persone che avrebbero potuto contaminare la loro stirpe.
Purtroppo, ciò spesso causava matrimoni interni alla loro
famiglia e
le progenie spesso si rivelavano alquanto problematiche.
Loro
stessi d'altronde erano frutto di quei matrimoni interni e il
rapporto che si era venuto a creare non era esattamente il prototipo
di una relazione tra fratello e sorella.
Per
questo Sargas li temeva: a causa del loro essere, erano
imprevedibili.
«Possiamo
dire così» ridacchiò Yvonne,
allungandosi maggiormente sul
fratello e affondando la faccia sul suo viso. La sua massa di
riccioli dorati si sparse nella camicia dell'altro, formandole
un'aureola che contrastava con i suoi occhi infernali.
«Gradisci
qualcosa?» domandò freddo Basile, facendo un cenno
verso la
bottiglia di vino abbandonata sulla scrivania; un ricciolo biondo
scuro, dai toni castani, gli scivolò sull'occhio, in parte
mascherando l'abisso.
Sargas
scrollò le spalle.
«No,
grazie. Sono venuto qui per parlare di questioni importanti»
rispose. Fece poi un cenno verso Dominique, sempre dietro di lui, che
esaminava la situazione con gli occhi azzurri che si incupivano
sempre di più; il viso le rimaneva comunque rilassato in un
sereno
sorriso.
«Vattene»
Yvonne parlò rude alla ragazza, ma questa non
sembrò farci caso.
Annuì e fece una riverenza appena accennata, per poi
andarsene senza
proferire parola.
«Prego,
siediti pure Sargas» continuò la donna, facendogli
cenno verso
un'altra poltrona presso il divano.
Questa
volta il ragazzo accettò, cercando di non risultare troppo
rigido:
non gli piaceva l'idea di stare da solo neanche con uno solo dei due,
entrambi sperava di riuscire a gestirli.
«Allora...»
lo invitò Basile, guardandolo fisso negli occhi. Dentro di
sé,
Sargas eresse un muro per la propria mente: non conosceva appieno le
loro abilità, ma meglio prevenire.
«Sono
venuto qui per alcune informazioni» iniziò serio,
spostando
alternativamente lo sguardo tra i due.
«Sarò
sintetico: alcuni della nostra Fazione sono stati uccisi da dei
Deviati, e “alcuni” sono troppi. Il fatto che dei
Deviati, che
siamo sempre stati in grado di gestire, siano riusciti ad uccidere
non uno solo, ma più dei nostri ci fa sospettare che ci sia
qualcuno
dietro le quinte, qualcuno che noi non conosciamo»
iniziò.
Yvonne
rise divertita.
«Non
potrebbe essere che siate voi a essere deboli?»
insinuò. Affianco a
lei però Basile le strinse il braccio, come per zittirla, ma
continuò a guardare l'ospite.
«Ci
state accusando?» domandò gelido.
Sargas
rabbrividì quando percepì una stretta d'acciaio
avvolgerlo.
L'atmosfera nella stanza pareva tranquilla, ma Sargas si accorse di
come i due (soprattutto l'uomo) fossero pronti ad attaccarlo in
qualsiasi momento; si chiedeva quanto l'altro si sarebbe spinto a
fargli del male: i rapporti tra le due Fazioni erano piuttosto
distesi, un attacco del genere non sarebbe stato una buona mossa da
parte loro.
Con
queste pensiero solo in parte confortante non si mise sulla
difensiva, mostrando le proprie intenzioni pacifiche.
«No»
iniziò secco «Sono venuto qui per chiedervi se
solo nella nostra
Fazione ci sono state queste morti o anche voi avete avuto delle
vittime» terminò.
Dopo
queste parole, per qualche attimo ci fu un silenzio assoluto nella
stanza; poi Yvonne si sollevò dal divano con un morbido
fruscio,
avvicinandosi alla scrivania e versandosi un'abbondante bicchiere di
vino.
«Siete
venuti solo da noi?» domandò a quel punto la
donna, alludendo non
solo a Sargas, ma al resto della sua Fazione.
«No.
Amadeus e Penelope sono andati a parlare con Milos e Agatha. Ci
aggiorneremo solo dopo aver avuto tutti e tre notizie»
rispose.
Sargas
osservò i due fratelli lanciarsi un'occhiata che non
riuscì a
interpretare, poi la donna si risedette con il bicchiere in mano,
allungando le gambe sul fratello che iniziò ad
accarezzargliele.
Quella
continua attesa stava snervando Sargas, il quale non vedeva l'ora di
andarsene da quella stanza; oltretutto, aspettare in quel modo lo
stava sfiancando: voleva avere delle dannate risposte, subito.
«Se
ci fossero state delle vittime anche da noi, cosa avreste intenzione
di fare?» chiese sempre Yvonne.
Sargas
la guardò inarcando un sopracciglio.
«Ci
concentreremmo su altri potenziali nemici»
Altro
silenzio.
«Mi
state dicendo che anche voi avete avuto dei morti?»
indagò.
Vide
la donna stringere il bicchiere tra la mano sinistra; le nocche
diventarono bianche mentre le vene sul polso si ingrossarono. Le
unghie laccate di nero luccicarono a causa della luce del lampadario,
come in risposta agli occhi dei due che si addensavano sempre di
più.
«Sì»
rispose secco Basile.
Dentro
di sé, Sargas non sapeva se essere sollevato o meno: non
essere i
soli colpiti significava avere degli alleati, ma il fatto che fossero
stati uccisi anche dei Neri aumentava la gravità della
situazione.
«Coloro
che sono stati uccisi...» si interruppe un attimo, notando
come i
due strinsero gli occhi a quelle parole «Erano dei
giovani?»
chiese, cercando di indagare.
«Cosa
vuoi insinuare? Non ci sono deboli tra noi» rispose
aggressiva
Yvonne, comprendendo subito dove il ragazzo volesse andare a parare.
«Non
intendo in quel senso. Vorrei capire se, chiunque sia a manovrare
questi Deviati, voglia puntare in alto o meno. Delle prede piccole
circoscriverebbero già la situazione»
spiegò Sargas, rimanendo
calmo.
«Cosa
vi fa pensare che ci sia qualcuno dietro le quinte? Non potrebbero
essere semplicemente dei Deviati che si sono organizzati? Infondo
siamo sempre stati in guerra con loro» domandò
Basile.
Sargas
si chiese il perché di quella domanda: Basile era
più vecchio di
lui e aveva oggettivamente una maggiore conoscenza ed esperienza, in
tutti i campi, perché porre una domanda che aveva una
risposta
ovvia?
«Mi
sembra chiaro che i Deviati, con la loro formazione e livello di
sviluppo, non sono in grado di attaccarci con questa portata.
È
ovvio che ci sia qualcuno a manovrarli, anche se non sappiamo
chi»
rispose, una lieve sfumatura perplessa nella voce.
«Mh,
non sei così stupido allora» disse solo l'uomo.
Sargas
fu sul punto di rispondergli in malo modo, ma alla fine tacque,
provocando il ghigno divertito dei due fratelli.
«Quindi?»
domandò, un poco spazientito.
«Quindi
cosa? Mi pare che tu abbia detto di essere venuto solo per porci
quella domanda, e l'hai fatto» disse atono Basile.
«Sì,
ma... Sareste disposti a condividere le informazioni e a collaborare,
in caso di necessità?»
Yvonne
rise.
«Quindi
avete bisogno di noi» ridacchiò.
Sargas
si trattenne di nuovo dallo sbottare.
«In
un certo senso. Non sappiamo con chi abbiamo a che fare, dobbiamo
essere pronti a qualsiasi possibilità» rispose
secco.
Yvonne
fece un vago gesto con la testa, come ad acconsentire, e
lasciò che
rispondesse il fratello.
«Acconsentiamo
a questa “collaborazione”» disse l'ultima
parola come se stesse
pronunciando una parola disgustosa «Vi faremo arrivare le
nostre
informazioni e attenderemo le vostre» concluse sempre gelido.
Sargas
annuì e si alzò in piedi. Voleva andarsene il
prima possibile da
lì.
«Perfetto.
Allora grazie del vostro tempo» terminò a sua
volta.
I
due fratelli non risposero e Yvonne rise di nuovo mentre tuffava il
viso nel collo di Basile, affondando tra i riccioli dell'altro che,
con un sorrisetto, iniziò ad accarezzarle i capelli.
Sargas
fece un ultimo cenno verso i due e si diresse alla porta, uscendo
senza proferire parola.
Quando
si ritrovò finalmente fuori da quella stanza la luce lo
accecò e si
ritrovò nuovamente davanti Dominique, la quale lo attendeva
in piedi
e composta. I capelli platino sembravano ancora più luminosi
di
prima e i suoi occhi ancora più accattivanti; nonostante la
presenza
dell'altro, rimanevano ostinatamente azzurri.
Sargas
la guardò con il suo sguardo ancora candido.
«Sei
rimasta ad aspettarmi» puntualizzò.
«Volevo
assicurarmi che non ti perdessi uscendo da qui» fece con un
vago
tono ironico. Sargas inarcò un sopracciglio, ma tacque e
attese che
l'altra gli facesse strada.
Durante
il tragitto di ritorno nessuno dei due parlò: Sargas era
ancora
pensieroso riguardo ciò che aveva appena appreso, la donna
invece
sembrava non aver domande da porre, come se avesse già
origliato
tutta la conversazione da fuori, cosa in parte probabile.
«Torna
presto a farmi visita, mon trésor»
disse con un dolce
sorriso Dominique, una volta che l'ascensore si aprì
permettendo a
Sargas di uscire. Lui, di risposta, le fece solo un cenno con la mano
e con il capo, per poi uscire dall'edificio.
La
stanza era in penombra come al solito mentre Sargas scriveva un
biglietto da mandare a Penelope e Amadeus. Il solo suono presente era
quello della penna che scriveva frettolosa sul foglio bianco, mentre
Sargas continuava a riflettere sulla situazione.
Appoggiò
infine la penna sulla scrivania, abbandonandosi sulla sedia e
massaggiandosi le tempie.
Quella
questione gli stava piacendo sempre meno, e non ne sapeva nemmeno lui
il perché; aveva un brutto presentimento riguardo a tutto
ciò,
anche se doveva aspettare i responsi degli altri prima di
preoccuparsi definitivamente.
Ma
era tutto effettivamente molto strano: i Deviati li attaccavano da
sempre, era una guerra nata da chissà quanto tempo prima,
nella loro
memoria si era sempre stati in lotta con loro. Ma, d'altronde, le
loro abilità non avevano mai permesso loro di uccidere in
grande
portata dato che i Mali Sanguines rimanevano
comunque più
forti. Ora che ci rifletteva, Sargas si chiedeva perché non
li
avessero mai sterminati tutti in modo tale da non doverci
più
pensare.
A
distoglierlo da quei pensieri fu il bussare che lo colse leggermente
alla sprovvista.
«Avanti»
La
porta si aprì lenta e il ragazzo riconobbe subito la
familiare
figura di Claire.
«Ehi,
ti disturbo?» domandò la mora, entrando nella
stanza.
«Non
preoccuparti» rispose solo lui «Che ci fai
qui?»
Claire
scrollò le spalle.
«Riguarda
Ophelia» spiegò.
Sargas
fece una smorfia involontaria.
«Giusto.
Mi stavo dimenticando di lei» borbottò tra
sé. Claire lo guardò
dubbiosa, osservandolo preoccupata.
«Cos'è
successo?» domandò però Sargas,
impedendo alla giovane di porre
qualsiasi domanda.
Claire
accettò quel cambio di argomento e rispose.
«Sta
male. Molto male. Ho controllato non solo io, ma anche Domi e Max, e
non sembra abbia nulla che non va. Sembrano sintomi di un'influenza,
con vomiti, mal di testa, mal di stomaco e così via... Ma
non
percepiamo nulla di tutto ciò. È
strano» spiegò.
Sargas
la fissò negli occhi.
«Avete
qualche idea?»
«A
dire il vero ci è venuta in mente solo una cosa»
«Sarebbe?»
«Una
barriera» rispose secca.
Sargas
tacque.
Una
barriera... Beh, effettivamente era possibile. Poteva mascherare
totalmente l'origine dei mali, se ben fatta.
«Però
non ne siete sicuri» considerò.
«Esatto.
Dovremmo renderci conto della sua presenza, ma non cogliamo niente di
niente» spiegò ancora Claire.
Sargas
scrollò le spalle, per poi alzarsi e afferrare le sigarette
abbandonate sul letto della propria stanza. Se ne accese una e volute
di fumo iniziarono a invadere la stanza.
«Secondo
chi l'ha creata, c'è la possibilità che sia
impercettibile a voi.
Ma neanche a me è parso di notarla e se c'è
effettivamente una
barriera, chi l'ha fatta deve essere di sicuro molto forte e
abile»
«È
quello che stavamo pensando anche noi. Ma finché non abbiamo
la
certezza che sia una barriera, non possiamo avanzare grandi
ipotesi»
Sargas
annuì concorde.
«Dove
l'hai portata?»
«A
casa. Non sapevo altri posti in cui avrei potuto lasciarla senza far
nascere domande di altri»
Sargas
annuì di nuovo. Aspirò una nuova boccata di fumo.
«Domani
manderò qualcuno a esaminarla, nel frattempo cercate solo di
farla
stare meglio» concluse, risedendosi.
Claire
annuì.
Per
qualche secondo ci fu silenzio.
«Non
sembri stare granché bene» disse infine la
ragazza. Sargas la
guardò, notando subito i suoi occhi bianchi.
«Non
usare i tuoi poteri con me, Claire» disse secco, una punta di
fastidio nel suo tono.
La
ragazza lo guardò contrita.
«Potrei
aiutarti»
«Non
elimineresti il problema e per ora non c'è bisogno che tu ne
sia a
conoscenza» fece risoluto.
Claire
sembrò sul punto di dire qualcosa, ma alla fine non lo fece.
Abbassò
lo sguardo.
«Come
preferisci»
«Ora
torna a casa e informami se ci sono novità»
La
mora annuì secca.
«Puoi
andare»
Claire
non disse nulla, si limitò ad uscire veloce dalla stanza,
lasciandosi dietro un Sargas dallo sguardo indifferente.
Quando
si ritrovò di nuovo da solo, sospirò.
Ecco,
aveva un nuovo problema a cui pensare, un'altra patata bollente
sempre lasciatagli dal padre.
Gli
dispiaceva per come aveva trattato Claire, non se lo meritava, ma era
l'unico modo per farla desistere in fretta da qualsiasi desiderio da
crocerossina che le venisse in testa. Meglio non far preoccupare gli
altri, almeno per ora, di quello che stava succedendo; li avrebbe
resi partecipi a tempo debito.
In
ogni caso, rimaneva la questione di quella Ophelia: se era vera
l'idea di quella barriera, si chiede chi avesse particolare interesse
in quella ragazza che sembrava completamente normale – e
anche un
po' isterica, a dire il vero. Non sembrava possedere
potenzialità di
sorta, ma non poteva escludere nulla in quel momento per questo
avrebbe mandato uno specialista in barriere e sigilli a controllarla.
Prese
un altro foglio, rimandando per un attimo il biglietto per Penelope e
Amadeus, e afferrò la penna.
La
strinse, pensando a chi avrebbe dovuto scrivere.
Sperava
solo che avrebbe acconsentito alla richiesta.