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Autore: Sapphire_    13/07/2016    2 recensioni
Nella New York del ventunesimo secolo, Ophelia Winston è una diciannovenne con una vita piuttosto comune, con gli alti e bassi come tutti. Almeno fino a quando tre tizi dall'aria sospetta non la rapiscono (o salvano, a detta loro) e la portano alla sede di una delle due principali fazioni dei cosiddetti Malus Sanguis. E Ophelia si rende conto che avrebbe dovuto riconsiderare la sua visione di quotidianità.
Dal testo:
«Guardala: già dalla faccia si capisce che è fastidiosa. E poi mi spiegate perché sono stato io quello a doverla recuperare? L'idiota mi ha pure morso!» continuò lamentoso quel Nicky, Domi, o come cavolo si chiamava, iniziando a sventolare la mano ferita su cui spiccavano rossastri dei segni di denti.
«Tu mi stavi quasi impedendo di respirare» intervenne furente Ophelia.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo più di un mese di assenza, ecco qui il quinto capitolo di Dirty Blood!
Scusate se non sono riuscita a pubblicare prima, ma questo mese è stato piuttosto intenso dal punto di vista scolastico e non avevo proprio tempo di dedicarmi alla storia; in pratica l'ho scritto pezzettino per pezzettino, ogni volta aggiungendo qualcosa se il tempo me lo permetteva.
In ogni caso, oggi sono finalmente riuscita a pubblicare, quindi spero che l'attesa venga ripagata!
Il capitolo è abbastanza “di passaggio”, dal prossimo si dovrebbe entrare più nel vivo della storia, ma in ogni caso vengono mostrati nuovi personaggi e viene rappresentato un po' di più il personaggio di Sargas, centro di questo capitolo – e personaggio che io adoro, personalmente!
Non so che altro aggiungere, se non che spero di ricevere qualche commento! Comunque sia, buona lettura a tutti!
Un abbraccio,

~Sapphire_






~Dirty Blood



Capitolo cinque

«Basile, Yvonne, vi trovo bene»
Sargas parlò con tono monocorde, continuando a fissare i due impassibile; dentro di sé però non era così posato.
Basile e Yvonne de La Châtre non erano esattamente dei tipi convenzionali. Provenivano da un'antica famiglia francese e continuavano a mantenere il loro sangue di quella nazionalità, non ammettendo relazioni con altre persone che avrebbero potuto contaminare la loro stirpe. Purtroppo, ciò spesso causava matrimoni interni alla loro famiglia e le progenie spesso si rivelavano alquanto problematiche.
Loro stessi d'altronde erano frutto di quei matrimoni interni e il rapporto che si era venuto a creare non era esattamente il prototipo di una relazione tra fratello e sorella.
Per questo Sargas li temeva: a causa del loro essere, erano imprevedibili.
«Possiamo dire così» ridacchiò Yvonne, allungandosi maggiormente sul fratello e affondando la faccia sul suo viso. La sua massa di riccioli dorati si sparse nella camicia dell'altro, formandole un'aureola che contrastava con i suoi occhi infernali.
«Gradisci qualcosa?» domandò freddo Basile, facendo un cenno verso la bottiglia di vino abbandonata sulla scrivania; un ricciolo biondo scuro, dai toni castani, gli scivolò sull'occhio, in parte mascherando l'abisso.

Sargas scrollò le spalle.
«No, grazie. Sono venuto qui per parlare di questioni importanti» rispose. Fece poi un cenno verso Dominique, sempre dietro di lui, che esaminava la situazione con gli occhi azzurri che si incupivano sempre di più; il viso le rimaneva comunque rilassato in un sereno sorriso.
«Vattene» Yvonne parlò rude alla ragazza, ma questa non sembrò farci caso. Annuì e fece una riverenza appena accennata, per poi andarsene senza proferire parola.
«Prego, siediti pure Sargas» continuò la donna, facendogli cenno verso un'altra poltrona presso il divano.
Questa volta il ragazzo accettò, cercando di non risultare troppo rigido: non gli piaceva l'idea di stare da solo neanche con uno solo dei due, entrambi sperava di riuscire a gestirli.
«Allora...» lo invitò Basile, guardandolo fisso negli occhi. Dentro di sé, Sargas eresse un muro per la propria mente: non conosceva appieno le loro abilità, ma meglio prevenire.
«Sono venuto qui per alcune informazioni» iniziò serio, spostando alternativamente lo sguardo tra i due.
«Sarò sintetico: alcuni della nostra Fazione sono stati uccisi da dei Deviati, e “alcuni” sono troppi. Il fatto che dei Deviati, che siamo sempre stati in grado di gestire, siano riusciti ad uccidere non uno solo, ma più dei nostri ci fa sospettare che ci sia qualcuno dietro le quinte, qualcuno che noi non conosciamo» iniziò.
Yvonne rise divertita.
«Non potrebbe essere che siate voi a essere deboli?» insinuò. Affianco a lei però Basile le strinse il braccio, come per zittirla, ma continuò a guardare l'ospite.
«Ci state accusando?» domandò gelido.
Sargas rabbrividì quando percepì una stretta d'acciaio avvolgerlo. L'atmosfera nella stanza pareva tranquilla, ma Sargas si accorse di come i due (soprattutto l'uomo) fossero pronti ad attaccarlo in qualsiasi momento; si chiedeva quanto l'altro si sarebbe spinto a fargli del male: i rapporti tra le due Fazioni erano piuttosto distesi, un attacco del genere non sarebbe stato una buona mossa da parte loro.
Con queste pensiero solo in parte confortante non si mise sulla difensiva, mostrando le proprie intenzioni pacifiche.
«No» iniziò secco «Sono venuto qui per chiedervi se solo nella nostra Fazione ci sono state queste morti o anche voi avete avuto delle vittime» terminò.
Dopo queste parole, per qualche attimo ci fu un silenzio assoluto nella stanza; poi Yvonne si sollevò dal divano con un morbido fruscio, avvicinandosi alla scrivania e versandosi un'abbondante bicchiere di vino.
«Siete venuti solo da noi?» domandò a quel punto la donna, alludendo non solo a Sargas, ma al resto della sua Fazione.
«No. Amadeus e Penelope sono andati a parlare con Milos e Agatha. Ci aggiorneremo solo dopo aver avuto tutti e tre notizie» rispose.
Sargas osservò i due fratelli lanciarsi un'occhiata che non riuscì a interpretare, poi la donna si risedette con il bicchiere in mano, allungando le gambe sul fratello che iniziò ad accarezzargliele.
Quella continua attesa stava snervando Sargas, il quale non vedeva l'ora di andarsene da quella stanza; oltretutto, aspettare in quel modo lo stava sfiancando: voleva avere delle dannate risposte, subito.
«Se ci fossero state delle vittime anche da noi, cosa avreste intenzione di fare?» chiese sempre Yvonne.
Sargas la guardò inarcando un sopracciglio.
«Ci concentreremmo su altri potenziali nemici»
Altro silenzio.
«Mi state dicendo che anche voi avete avuto dei morti?» indagò.
Vide la donna stringere il bicchiere tra la mano sinistra; le nocche diventarono bianche mentre le vene sul polso si ingrossarono. Le unghie laccate di nero luccicarono a causa della luce del lampadario, come in risposta agli occhi dei due che si addensavano sempre di più.
«Sì» rispose secco Basile.
Dentro di sé, Sargas non sapeva se essere sollevato o meno: non essere i soli colpiti significava avere degli alleati, ma il fatto che fossero stati uccisi anche dei Neri aumentava la gravità della situazione.
«Coloro che sono stati uccisi...» si interruppe un attimo, notando come i due strinsero gli occhi a quelle parole «Erano dei giovani?» chiese, cercando di indagare.
«Cosa vuoi insinuare? Non ci sono deboli tra noi» rispose aggressiva Yvonne, comprendendo subito dove il ragazzo volesse andare a parare.
«Non intendo in quel senso. Vorrei capire se, chiunque sia a manovrare questi Deviati, voglia puntare in alto o meno. Delle prede piccole circoscriverebbero già la situazione» spiegò Sargas, rimanendo calmo.
«Cosa vi fa pensare che ci sia qualcuno dietro le quinte? Non potrebbero essere semplicemente dei Deviati che si sono organizzati? Infondo siamo sempre stati in guerra con loro» domandò Basile.
Sargas si chiese il perché di quella domanda: Basile era più vecchio di lui e aveva oggettivamente una maggiore conoscenza ed esperienza, in tutti i campi, perché porre una domanda che aveva una risposta ovvia?
«Mi sembra chiaro che i Deviati, con la loro formazione e livello di sviluppo, non sono in grado di attaccarci con questa portata. È ovvio che ci sia qualcuno a manovrarli, anche se non sappiamo chi» rispose, una lieve sfumatura perplessa nella voce.
«Mh, non sei così stupido allora» disse solo l'uomo.
Sargas fu sul punto di rispondergli in malo modo, ma alla fine tacque, provocando il ghigno divertito dei due fratelli.
«Quindi?» domandò, un poco spazientito.
«Quindi cosa? Mi pare che tu abbia detto di essere venuto solo per porci quella domanda, e l'hai fatto» disse atono Basile.
«Sì, ma... Sareste disposti a condividere le informazioni e a collaborare, in caso di necessità?»
Yvonne rise.
«Quindi avete bisogno di noi» ridacchiò.
Sargas si trattenne di nuovo dallo sbottare.
«In un certo senso. Non sappiamo con chi abbiamo a che fare, dobbiamo essere pronti a qualsiasi possibilità» rispose secco.
Yvonne fece un vago gesto con la testa, come ad acconsentire, e lasciò che rispondesse il fratello.
«Acconsentiamo a questa “collaborazione”» disse l'ultima parola come se stesse pronunciando una parola disgustosa «Vi faremo arrivare le nostre informazioni e attenderemo le vostre» concluse sempre gelido.
Sargas annuì e si alzò in piedi. Voleva andarsene il prima possibile da lì.
«Perfetto. Allora grazie del vostro tempo» terminò a sua volta.
I due fratelli non risposero e Yvonne rise di nuovo mentre tuffava il viso nel collo di Basile, affondando tra i riccioli dell'altro che, con un sorrisetto, iniziò ad accarezzarle i capelli.
Sargas fece un ultimo cenno verso i due e si diresse alla porta, uscendo senza proferire parola.
Quando si ritrovò finalmente fuori da quella stanza la luce lo accecò e si ritrovò nuovamente davanti Dominique, la quale lo attendeva in piedi e composta. I capelli platino sembravano ancora più luminosi di prima e i suoi occhi ancora più accattivanti; nonostante la presenza dell'altro, rimanevano ostinatamente azzurri.
Sargas la guardò con il suo sguardo ancora candido.
«Sei rimasta ad aspettarmi» puntualizzò.
«Volevo assicurarmi che non ti perdessi uscendo da qui» fece con un vago tono ironico. Sargas inarcò un sopracciglio, ma tacque e attese che l'altra gli facesse strada.
Durante il tragitto di ritorno nessuno dei due parlò: Sargas era ancora pensieroso riguardo ciò che aveva appena appreso, la donna invece sembrava non aver domande da porre, come se avesse già origliato tutta la conversazione da fuori, cosa in parte probabile.
«Torna presto a farmi visita, mon trésor» disse con un dolce sorriso Dominique, una volta che l'ascensore si aprì permettendo a Sargas di uscire. Lui, di risposta, le fece solo un cenno con la mano e con il capo, per poi uscire dall'edificio.

La stanza era in penombra come al solito mentre Sargas scriveva un biglietto da mandare a Penelope e Amadeus. Il solo suono presente era quello della penna che scriveva frettolosa sul foglio bianco, mentre Sargas continuava a riflettere sulla situazione.
Appoggiò infine la penna sulla scrivania, abbandonandosi sulla sedia e massaggiandosi le tempie.
Quella questione gli stava piacendo sempre meno, e non ne sapeva nemmeno lui il perché; aveva un brutto presentimento riguardo a tutto ciò, anche se doveva aspettare i responsi degli altri prima di preoccuparsi definitivamente.
Ma era tutto effettivamente molto strano: i Deviati li attaccavano da sempre, era una guerra nata da chissà quanto tempo prima, nella loro memoria si era sempre stati in lotta con loro. Ma, d'altronde, le loro abilità non avevano mai permesso loro di uccidere in grande portata dato che i Mali Sanguines rimanevano comunque più forti. Ora che ci rifletteva, Sargas si chiedeva perché non li avessero mai sterminati tutti in modo tale da non doverci più pensare.
A distoglierlo da quei pensieri fu il bussare che lo colse leggermente alla sprovvista.
«Avanti»
La porta si aprì lenta e il ragazzo riconobbe subito la familiare figura di Claire.
«Ehi, ti disturbo?» domandò la mora, entrando nella stanza.
«Non preoccuparti» rispose solo lui «Che ci fai qui?»
Claire scrollò le spalle.
«Riguarda Ophelia» spiegò.
Sargas fece una smorfia involontaria.
«Giusto. Mi stavo dimenticando di lei» borbottò tra sé. Claire lo guardò dubbiosa, osservandolo preoccupata.
«Cos'è successo?» domandò però Sargas, impedendo alla giovane di porre qualsiasi domanda.
Claire accettò quel cambio di argomento e rispose.
«Sta male. Molto male. Ho controllato non solo io, ma anche Domi e Max, e non sembra abbia nulla che non va. Sembrano sintomi di un'influenza, con vomiti, mal di testa, mal di stomaco e così via... Ma non percepiamo nulla di tutto ciò. È strano» spiegò.
Sargas la fissò negli occhi.
«Avete qualche idea?»
«A dire il vero ci è venuta in mente solo una cosa»
«Sarebbe?»
«Una barriera» rispose secca.
Sargas tacque.
Una barriera... Beh, effettivamente era possibile. Poteva mascherare totalmente l'origine dei mali, se ben fatta.
«Però non ne siete sicuri» considerò.
«Esatto. Dovremmo renderci conto della sua presenza, ma non cogliamo niente di niente» spiegò ancora Claire.
Sargas scrollò le spalle, per poi alzarsi e afferrare le sigarette abbandonate sul letto della propria stanza. Se ne accese una e volute di fumo iniziarono a invadere la stanza.
«Secondo chi l'ha creata, c'è la possibilità che sia impercettibile a voi. Ma neanche a me è parso di notarla e se c'è effettivamente una barriera, chi l'ha fatta deve essere di sicuro molto forte e abile»
«È quello che stavamo pensando anche noi. Ma finché non abbiamo la certezza che sia una barriera, non possiamo avanzare grandi ipotesi»
Sargas annuì concorde.
«Dove l'hai portata?»
«A casa. Non sapevo altri posti in cui avrei potuto lasciarla senza far nascere domande di altri»
Sargas annuì di nuovo. Aspirò una nuova boccata di fumo.
«Domani manderò qualcuno a esaminarla, nel frattempo cercate solo di farla stare meglio» concluse, risedendosi.
Claire annuì.
Per qualche secondo ci fu silenzio.
«Non sembri stare granché bene» disse infine la ragazza. Sargas la guardò, notando subito i suoi occhi bianchi.
«Non usare i tuoi poteri con me, Claire» disse secco, una punta di fastidio nel suo tono.
La ragazza lo guardò contrita.
«Potrei aiutarti»
«Non elimineresti il problema e per ora non c'è bisogno che tu ne sia a conoscenza» fece risoluto.
Claire sembrò sul punto di dire qualcosa, ma alla fine non lo fece. Abbassò lo sguardo.
«Come preferisci»
«Ora torna a casa e informami se ci sono novità»
La mora annuì secca.
«Puoi andare»
Claire non disse nulla, si limitò ad uscire veloce dalla stanza, lasciandosi dietro un Sargas dallo sguardo indifferente.
Quando si ritrovò di nuovo da solo, sospirò.
Ecco, aveva un nuovo problema a cui pensare, un'altra patata bollente sempre lasciatagli dal padre.
Gli dispiaceva per come aveva trattato Claire, non se lo meritava, ma era l'unico modo per farla desistere in fretta da qualsiasi desiderio da crocerossina che le venisse in testa. Meglio non far preoccupare gli altri, almeno per ora, di quello che stava succedendo; li avrebbe resi partecipi a tempo debito.
In ogni caso, rimaneva la questione di quella Ophelia: se era vera l'idea di quella barriera, si chiede chi avesse particolare interesse in quella ragazza che sembrava completamente normale – e anche un po' isterica, a dire il vero. Non sembrava possedere potenzialità di sorta, ma non poteva escludere nulla in quel momento per questo avrebbe mandato uno specialista in barriere e sigilli a controllarla.
Prese un altro foglio, rimandando per un attimo il biglietto per Penelope e Amadeus, e afferrò la penna.
La strinse, pensando a chi avrebbe dovuto scrivere.
Sperava solo che avrebbe acconsentito alla richiesta.

  
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