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Autore: endif    21/04/2009    7 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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EDIT: Capitolo revisionato e corretto.


CAP. 14
RIVELAZIONI

EDWARD

L’aria all’interno della clinica era satura di molteplici odori e pensieri. Tra tutti, spiccava l’odore acre di disinfettante e detersivo profumante di marca scadente che tentava di mascherare il ristagno penetrante di corpi sudati e trascurati. Mi resi conto che l’igiene personale non doveva essere una delle priorità dei pazienti con turbe psichiatriche e cercai di concentrarmi per isolare l’odore di Bella. Il suo profumo era buono, sapeva di viole e lillà, di cura e di pulizia. Non avrei avuto difficoltà a riconoscerlo in mezzo a quel fetore. Mi trovavo nella tromba delle scale, dopo essermi fiondato attraverso l’atrio a velocità della luce per boicottare le videocamere.
Cominciai a salire rapido, ma guardingo.
Avevo raggiunto il quinto piano, quando cominciai ad avvertire una debole scia. Affrettai il passo, veniva dal piano superiore.
Mi trovai davanti ad una porta a vetri chiusa. Anche da lì dietro sentivo chiaramente il profumo della mia amata. Fremetti dalla voglia di spaccare il vetro e irrompere nel reparto. Inspirai una volta e cercai di ragionare. Dovevo agire rapidamente, ma senza essere eccessivamente impulsivo. Allertare l’intera clinica non mi avrebbe aiutato, ma avrebbe creato solo scompiglio.
Osservai l’anticamera in cui mi trovavo. La soluzione al mio problema era davanti ai miei occhi.
Mi avvicinai alla finestra e con un pugno mandai il vetro in pezzi, poi, piegai le grate quel tanto che consentisse il passaggio del mio corpo. Uscii e percorsi il perimetro esterno dal lato delle finestre laterali delle stanze, guardando all’interno.
Mi bloccai fuori ad una stanza vuota. Il letto era disfatto, come se qualcuno ci si fosse agitato dentro, il lenzuolo era finito per terra, sopra c’era una goccia di sangue. Seppi con sinistra certezza che quel sangue era di Bella. Con un movimento inconsulto, poco attento sradicai la grata dal muro e passai direttamente nel vetro incurante delle centinaia di piccoli frammenti di silice che mi piovvero su capo e vestiti. Chiusi un attimo gli occhi sentendomi colpire dall’odore del sangue di Bella e inghiottii il veleno che mi aveva invaso la bocca. Avvertivo anche altro e strinsi i pugni con rabbia: puzza di birra, fumo, un odore dolciastro, probabilmente un farmaco e poi … eccitazione maschile.
Sentii dei passi strascicati avvicinarsi alla stanza, passi di un uomo, un uomo con ancora fortissimo addosso l’odore della mia Bella.
Mi acquattai dietro la porta e aspettai che si aprisse. La bestia che dimorava in me aveva obnubilato la razionalità. Stavo per uccidere ancora, come negli anni della mia ribellione, stavo per fare giustizia di chi aveva osato violare la mia amata. Sentii l’eccitazione far guizzare i muscoli, l’istinto appropriarsi della mia mente e guidare le mie azioni.
I miei occhi divennero neri.
Non avrei bevuto da lui, non mi sarei insozzato con il suo sangue, ma avrei goduto nel leggere il terrore nella sua mente e nel suo sguardo.
La porta si aprì, l’uomo avanzò incerto. Sobbalzò quando sentì lo stipite chiudersi e si girò.
Lessi nella sua mente pensieri lenti e confusi. La paura si insinuò strisciante nel suo corpo. Con una sola mano lo alzai da terra issandolo per il collo e guardandolo negli occhi mentre boccheggiava in cerca di ossigeno. Percepii la liberazione dei suoi sfinteri e repressi il disgusto per quell’essere ripugnante. Scoprii i denti in un ghigno e avvicinai le mie labbra al suo collo.
Edward, Bella ha bisogno di te.
Alice, mi stava parlando attraverso i suoi pensieri.
Sorrisi sinistro. L’avrei fatto in fretta, ma nessuno mi avrebbe impedito di eliminare quel rifiuto della società.
Edward devi fermarla. E’ sul tetto. Penso che abbia deciso di buttarsi di sotto.
Abbassai il braccio che teneva sospeso quel corpo inerme. Lo lasciai cadere con un tonfo lungo il muro, riverso, privo di sensi nella sua stessa urina.
Per una frazione di secondo lo osservai e interiorizzai le parole di Alice.
Ritrovai per miracolo la lucidità e la freddezza. Uscii dalla stessa finestra da cui ero entrato, senza rendermi conto di avere iniziato a pregare. Non credo di aver mai raggiunto una tale velocità mentre mi accingevo a salire sul tetto. Tuttavia, con ogni passo che facevo mi sembrava di coprire solo pochi centimetri dello spazio che mi separava da Bella. Nel breve tempo che impiegai, anche la mia mente velocizzò i pensieri. Ero perfettamente cosciente con macabra lucidità che ogni attimo trascorso poteva essere l’ultimo della sua vita. Bastava un passo falso, o peggio un atto della sua volontà e sarebbe stata la fine.
Realizzai con orrore che lo sarebbe stato davvero. Un volo dal settimo piano poteva significare solo la morte sul colpo. Niente, neanche il tentativo di trasformarla avrebbe sortito alcun effetto se il suo cuore avesse cessato di battere.
Sarebbe stata la fine di Bella, di me, del nostro tempo insieme, di tutto …
Lasciai vagare lo sguardo per tutta la lunghezza dell’attico.
E finalmente la vidi sul bordo opposto al mio.

JASPER
Mentre correvo sulle scale della clinica seguendo la scia del lupo, ma, soprattutto, quella di Alice, constatai di dover aggiungere un’altra qualità ai licantropi: erano davvero veloci. Jacob era schizzato via da me non appena avevo cessato di usare il mio potere su di lui.
Arrivai nell’anticamera del quinto piano e notai il muro della finestra ormai a brandelli. Scossi il capo. Quel lupo non aveva certo delicatezza. Mi accorsi che l’odore di Alice si era fatto più intenso e lo seguii di fuori fino ad una stanza più o meno centrale e quello che vi scorsi all’interno mi fece immobilizzare di colpo. Entrai lentamente e mi soffermai su ogni dettaglio cercando di collegarli. Un uomo era riverso a terra, privo di sensi ma ancora in vita, Alice era raggomitolata in un angolo con le ginocchia al petto e stringeva convulsamente un lenzuolo dondolandosi avanti e indietro. Non era in stato di trance, ma evidentemente sotto shock.
«Alice, ma cosa è successo?» sussurrai avvicinandomi a lei. Sobbalzò e mi fissò negli occhi. Male, significava che non mi aveva sentito nemmeno arrivare. Mi bloccai annusando l’aria. Registrai odori vari, ma mi colpirono quello dolciastro tipico di alcuni anestetici e soprattutto un odore di sangue, sangue invitante, un profumo che mi aveva già infiammato tempo addietro.
Il sangue di Bella.
Deglutii con forza il veleno che mi aveva riempito in un istante la bocca e mi accovacciai a lei stringendomela forte al petto. La tenni stretta quasi da stritolarla, poi, la sentii mormorare con voce tremula contro il mio petto:«Jazz, ho visto Bella cadere giù dal tetto.»
Silenzio.
«La visione si è dissolta quando il cane si è avvicinato, ed ora non vedo niente … niente.» la voce le si ruppe. La scostai leggermente e mi concentrai per calmarla. Poi dissi con fermezza: «Alice non devi preoccuparti, Edward è su con lei e la porterà via con sé.»
La vidi scuotere il capo vigorosamente «No, non capisci. Nella visione che ho avuto qualche minuto fa, Edward era già con lei, Jasper.» Fece una pausa e poi terminò in un soffio: «Non riuscirà a salvarla.»
Arretrai come se avessi ricevuto un pugno allo stomaco. La mia mente prese a ragionare freneticamente e guardai un’altra volta la stanza. Incastrai ogni tassello al suo posto e capii.
Mi accovacciai di nuovo al mio amore e prendendola per le spalle le dissi: «Alice ascoltami bene. Devi alzarti e andare sul tetto. Io non posso accompagnarti, Bella è ferita, ma tu puoi essere la sua unica speranza.» E velocemente la misi al corrente delle mie deduzioni.


   
 
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