Titolo:
Miraculous Heroes
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: azione, romantico,
sovrannaturale
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.432 (Fidipù)
Note: E ci siamo: con questo capitolo inizia l'ultimo atto di
questa storia e...beh, un po' mi dispiace esser quasi giunta alla fine: mi
mancheranno tutti, lo so già da ora, dai personaggi originali a quelli
creati da me. Ma vabbè, lasciamo i discorsi finali al capitolo finale. Per
ora...beh, che posso dire? In verità c'è poco da informarvi su Parigi e,
quindi, vi lascio subito al capitolo, non senza ringraziarvi, ovviamente.
Volevo ringraziare tutti voi che commentate sempre (appena possibile
riuscirò a recuperare - di nuovo! - tutte le recensioni! Sappiate comunque
che le leggo sempre!), che leggete silenziosamente, che inserite questa
storia in una delle vostre liste e che...
Beh, mi avete sopportato finora.
Grazie di tutto cuore.
Adrien
inspirò profondamente, sorridendo alla giovane assistente che finiva di
sistemare gli ultimi dettagli, mentre la musica arrivava soffusa alle sue
orecchie: sapeva che, una volta oltrepassato il tendone, sarebbe stato
inondato dalle note che provenivano dalle casse, dal mormorio degli
spettatori e i flash l’avrebbero abbagliato.
Una vera e propria tempesta.
Ma quello era il momento che la precedeva…
Inspirò nuovamente, osservando il via vai di sarte, truccatrici e
acconciatrici che terminavano gli ultimi dettagli, mentre suo padre
visionava il tutto, parlottando con Nathalie e richiamando, ogni tanto,
qualcuno degli operatori.
Una modella marciò spedita, sui tacchi alti, verso il tendone e Adrien
osservò uno degli addetti farle segno di aspettare, poi un piccolo conto
alla rovescia e tirò su il sipario, mentre la ragazza camminava sicura di
sé, ancheggiando e stampandosi un sorriso in faccia: la musica e il rumore
degli scatti arrivarono alle orecchie del biondo.
Sarebbe andato tutto bene.
Sei Adrien Agreste, hai già sfilato un
casino di volte. Andrà tutto bene, si ripeté mentalmente,
socchiudendo gli occhi e muovendo leggermente il capo: «Ho sentito che
Blanche si è lasciata con quell’attore con cui stava.» dichiarò la voce di
Rafael alla sua sinistra; Adrien aprì gli occhi, voltandosi e guardando il
collega finire di sistemare i gemelli alla camicia nera, abbozzando un
sorriso: «Almeno è quello che mi ha detto la truccatrice.»
«Dovrebbe interessarmi?»
«Boh. Ti vedevo teso, pensavo di alleggerire la tensione.» sentenziò
Rafael, continuando a tormentare il polsino: «A me funziona: Lorelie,
quella santa donna di truccatrice, ogni volta mi dice le ultime novità di
tutte le modelle ed io non penso alla figura che farei se scivolassi in
passerella.»
«Odio le sfilate.»
«Siamo in due, amico.» sbuffò Rafael, scuotendo il capo e facendo un
respiro profondo: «Sono la cosa che più odio di questo lavoro.»
Adrien annuì, osservando poi uno degli addetti del tendone che gli fece
cenno di avvicinarsi: «Tocca a me.» dichiarò, poggiando la mano sulla
spalla dell’altro e abbozzando un sorriso: «Ci vediamo dopo, pennuto.»
«In bocca al lupo.»
«Crepi.» rispose il biondo, fermandosi davanti all’addetto che lo fermò
con il palmo aperto: Sei Adrien
Agreste. Sei Chat Noir. Andrà tutto bene, si ripeté quelle brevi
frasi come un mantra, buttando lentamente fuori l’aria e alzando la testa.
Testa alta, spalle dritte e sguardo fermo davanti a sé.
L’addetto si portò una mano all’auricolare, annuendo e facendo segno
all’altro, poi si voltò verso Adrien alzando una mano e segnalando tre,
poi abbassò un dito e infine un altro, portando poi la mano al tendone e
sollevandolo: il biondo piegò leggermente le labbra in un sorriso,
camminando deciso in avanti e socchiudendo leggermente gli occhi alle luci
della passerella.
La modella che l’aveva preceduto, Blanche, lo superò, ancheggiando sicura
sui suoi tacchi e ritornando al sicuro dietro la tenda scura.
Perfetto.
La passerella era tutta sua.
Infilò una mano nella tasca dei pantaloni scuri, portandosi l’altra al
borsalino e avanzando deciso lungo la pedana, sorridendo lieve al mondo
che lo circondava; si fermò alla fine, mettendosi in posa a beneficio dei
fotografi e poi girò su se stesso, ripercorrendo il tragitto che aveva
fatto fino alla sicurezza dietro il tendone.
«Ottimo lavoro.» si congratulò qualcuno del team di suo padre, passandogli
una bottiglietta d’acqua: «La perfezione degli Agreste, eh?»
Adrien abbozzò un sorriso, girando il tappo e bevendo avidamente, cercando
con lo sguardo il padre: Gabriel Agreste era nello stesso punto di prima,
ma adesso in compagnia di un addetto alla sicurezza con cui stava parlando
animatamente: «Qualche problema, Nathalie?» domandò il giovane,
riavvitando il tappo e avvicinandosi alla segretaria, rimasta in disparte.
La donna lo fissò per un momento, scuotendo lieve il capo e mostrandogli
il tablet: l’apparecchio era sintonizzato su TVi e Nadja Chamack era in
piedi, davanti lo sfondo dell’edizione straordinaria del tg, mentre nel
piccolo monitor sulla destra della giornalista venivano trasmesse immagini
della Tour Eiffel e di un grande esercito nero che si era ammassato ai
piedi del simbolo parigino: «Cosa sta succedendo?» mormorò, aumentando
leggermente il volume e ascoltando la voce della donna.
«Un grande esercito di guerrieri, gli stessi che avevano attaccato negli
ultimi Parigi, si è ammassato alla base del simbolo della nostra città. Il
sindaco Bourgeois ha dichiarato di non intendere negoziare con il capo di
questo esercito, che si è presentata come Coeur Noir.» Nadja Chamack si
interruppe, voltandosi verso il monitor, dove venne mostrato un primo
piano di Coeur Noir.
L’elmo di cristallo nero che le nascondeva la faccia, la pelle diafana in
netto contrasto con le vesti neri e le labbra dipinte di rosso e piegate
in un sorriso divertito: «Quest’oggi io, Coeur Noir, metterò fine a ogni
cosa e nessuno potrà fermarmi. Nessuno, nemmeno i vostri sedicenti eroi!»
«Ehi, perfettino!» esclamò Rafael, avvicinandosi e battendogli una mano
sulla spalla: «Hai visto come sono impazziti per…ehi, che sta succedendo?»
«A quanto pare Parigi è sotto attacco.» dichiarò Adrien, scoccando
un’occhiata a Nathalie e allontanandosi di qualche passo con Rafael:
«Coeur Noir ha dichiarato di mettere fine a ogni cosa…»
«Mettere fine a cosa?»
«Ogni cosa. Sinceramente non so cosa intenda, sai com’è, c’è un po’ troppa
gente in quel corpo e non so chi ha parlato: Bridgette? Chiyou? Peggio di
un condominio.»
«Dobbiamo avvisare gli altri.»
«Decisamente, pennuto.»
Marinette osservò la preside entrare trafelata nell’aula e parlottare con
il professore di letteratura, che annuì e si voltò verso la classe, mentre
la donna usciva velocemente dall’aula: «Ragazzi! Abbiamo appena ricevuto
la notizia di un attacco a Parigi.» dichiarò, alzando le mani e osservando
la classe iniziare a parlottare fra di loro: quasi tutti presero i
cellulari e, poco dopo, nella stanza si sentì solo la voce della
giornalista di TVi, i sussulti e i respiri dei ragazzi.
«Coeur Noir…» mormorò Marinette, voltandosi verso Sarah e trovando lo
sguardo dell’americana fisso su di lei; la bionda annuì ed entrambe
andarono a ricercare con gli occhi l’italiana: «Professore?» la mora alzò
un braccio, richiamando l’attenzione dell’uomo: «Posso andare al bagno?»
«Anch’io!»
«Anch’io!»
Wei sbadigliò, voltandosi di lato e osservando monsieur Mercier
tamburellare le mani sul volante del furgoncino: «Sembra ci sia traffico,
oggi.» mormorò il ragazzo, sedendosi composto e allungando il collo per
vedere cosa stava succedendo davanti loro: «Oppure è successo qualcosa?»
«A Parigi succede sempre qualcosa.» bofonchiò stizzito Mercier, piegandosi
verso il finestrino e abbassandolo, dopo aver visto un poliziotto
camminare verso il mezzo: «Ehi! Tizio in divisa!»
L’uomo delle forze dell’ordine si voltò, assottigliando lo sguardo
all’appellativo con cui l’ometto l’aveva chiamato: «Sì?» domandò,
fermandosi e poggiandosi al furgone: «Vuole che le faccia una multa per
oltraggio a pubblico ufficiale?»
«Voglio che mi dica che sta succedendo.» dichiarò deciso Mercier,
indicando il retro del furgone: «Ho una consegna per la Cardinal Amette.
Sa, la scuola elementare.»
«Beh, credo che oggi non farà nessuna consegna, signore.» dichiarò il
poliziotto, indicando davanti a sé: «La scuola sta per essere evacuata e
chiusa.»
«Come mai?» domandò Wei, sporgendosi e fissando l’agente: «E’ successo
qualcosa?»
«Siamo sotto attacco, signori. Avete presente quei guerrieri neri che
stavano attaccando Parigi ultimamente? C’è un intero esercito alla base
della Tour Eiffel.» dichiarò la guardia, togliendosi il berretto e
passandosi una mano sulla nuca: «Tutta l’area compresa tra Pont de
Bir-Hakeim e Pont de l’Alma è chiusa; stiamo usando i viali come
perimetro, sperando di non dovere allargare maggiormente la zona.»
«Non vedo cosa c’è da preoccuparsi.» sbottò Mercier, scuotendo il capo:
«Ci son quei tizi in calzamaglia, no? Ci penseranno loro.»
«E’ questo il problema: nessuno degli eroi parigini si è ancora visto.»
Wei osservò l’agente riprendere il suo percorso, mentre Mercier picchiava
un pugno sul volante: «Questa gente che fa attacchi così. Non sa che c’è
gente che deve lavorare?»
«Immagino che per oggi non ci saranno altre consegne, giusto?» domandò
Wei, slacciandosi la cintura di sicurezza e allungando una mano alla
maniglia dello sportello: «Ci vediamo domani, monsieur Mercier.»
«Come? Scendi qui?»
«Eh già.» dichiarò Wei, scivolando fuori dal furgoncino e iniziando a
correre lungo la strada, zigzagando fra le auto ferme e le persone, che si
allontanavano; si fermò, alzando la testa verso l’alto ma la vista del
monumento era impossibilitata dai palazzi che lo circondavano: «Dobbiamo
trovare un posto dove trasformarci.» mormorò, riprendendo la marcia:
palazzo, palazzo con tante finestre, un garage…
Sorrise, vedendo poi la macchia di verde davanti a sé; aumentò il ritmo
finché non raggiunse il piccolo giardinetto pubblico, attraversò
velocemente la strada, osservando alcuni genitori portare via i bambini:
sicuramente era vicino alla scuola dove dovevano effettuare la consegna:
«Vuoi trasformarti? Non pensi di dover aspettare gli altri?» gli domandò
Wayzz, mentre lui si accucciava fra alcuni cespugli: «Non penso che…»
«Sono più che certo che gli altri abbiano già appreso la notizia.»
dichiarò sicuro il giovane, poggiando l’indice sulla testolina del kwami:
«Tranquillo, non ho in mente di fare un attacco suicida: primo, non voglio
ancora morire; secondo, non voglio lasciare Lila sola e terzo…beh, penso
che se lo facessi, poi Lila troverebbe il modo di riportarmi in vita e
uccidermi lei stessa.»
Wayzz annuì, socchiudendo gli occhietti: «Hai ragione.»
«Bene. E ora, Wayzz. Trasformami!»
Chat Noir saltò da un tetto all’altro, seguito a ruota da Peacock: «Ehi!»
esclamò quest’ultimo, raggiungendolo: «Secondo te, perché tuo padre non è
venuto con noi?»
«Ha detto che aveva qualcosa da fare.» dichiarò Chat, allungando il
bastone e usandolo come passatoia dall’edificio su cui erano a quello
dalla parte opposta della strada: «Ti hanno chiamato?» domandò, mentre
come un equilibrista camminava sulla stretta superficie della sua arma.
Peacock scosse il capo, imitandolo e balzando sul tetto, quando fu
abbastanza vicino: «No. Nessuno.»
Chat Noir sospirò, osservando la Tour Eiffel non molto distante e poi il
compagno: «Noi siamo…noi siamo…dove accidenti siamo noi?» sbuffò, mentre
Peacock si avvicinava al bordo del tetto e osservava sotto di sé: «Vedono
niente i tuoi occhi da pennuto?»
«Mh. Lì c’è Starbucks.» dichiarò il moro, ridacchiando: «Lila ci ha
plagiati, ormai. Comunque quella su cui siamo mi sembra una chiesa. No,
ok. E’ una chiesa.» continuò, pestando un piede sul tetto: «Non è che
vengo molto spesso da questa parte di Parigi, sai?»
«Nemmeno io.» bofonchiò Chat, sobbalzando leggermente quando il suo
bastone si mise a squillare: «E’ Torty!» esclamò, azionandolo e
rispondendo alla chiamata del compagno: «Ehi, amico! Dove sei?»
«Al Trocadéro.» rispose prontamente il Portatore della Tartaruga: «E devo
dire che dall’altra parte della Senna c’è una bella festa. Vi unite?»
Chat armeggiò con le app del suo bastone, annuendo dopo aver visto la
posizione del compagno: «Arriviamo subito, amico. Pronto a far conquiste
fra guerrieri neri? Fra te, il pennuto e me faremo strage di cuori.»
Tortoise ridacchiò, scuotendo il capo: «Penso siano più interessati alle
nostre dame.»
«Chiamali scemi.» sentenziò Chat, mentre Peacock sogghignava: «Ok, stiamo
arrivando. Non fare pazzie.»
«Sono qui buono buono in vostra attesa.»
«Purffetto!» esclamò giulivo il felino, chiudendo la chiamata: «E’ al…»
iniziò, venendo interrotto da un secondo squillo: «Che c’è?» domandò
leggermente alterato, pensando che fosse nuovamente Tortoise, ma rimase a
bocca aperta osservando il volto sorridente di Ladybug dall’altro lato.
«Mh. Siamo nervosetti, gattino? Sei forse nel tuo periodo del mese?»
«Ah. Ah. Molto divertente, my lady.»
Ladybug sorrise lieve, diventando poi seria: «Dove sei?»
«Sono con Peacock, sto raggiungendo Tortoise al Trocadéro.»
«Ok. Allora ci vediamo là.»
Tortoise osservò i due gruppi di eroi arrivare quasi in contemporanea:
Ladybug, Volpina e Bee atterrarono vicino a lui, pochi secondi prima di
Chat Noir e Peacock: «Sei stato veloce, Tortoise.» mormorò Volpina,
affiancandolo e posandogli una mano sul braccio: «Come…»
«Ero con Mercier in zona.» le spiegò, sorridendole leggermente e
chinandosi per baciarla.
«Oh. Anche voi?» sbuffò Peacock, alzando gli occhi al cielo: «Non
bastavano quei due che facevano i piccioncini?» domandò, indicando Chat
Noir e Ladybug che, appena visti, si erano scagliati l’uno fra le braccia
dell’altra.
Bee ridacchiò, puntando l’indice destro contro la guancia del ragazzo:
«Lasciali in pace.» dichiarò, iniziando a pungolarlo sulla guancia e
vedendolo sbuffare.
«Sei noiosa.» borbottò Peacock, agitando una mano e allontanando quella di
Bee che, con una risata, riprese la sua tortura: «Ehi, boss. Prima che
faccia fuori Bee, hai qualche piano?»
Ladybug si voltò verso la Tour Eiffel, osservando i guerrieri neri che,
come un immenso sciame di formiche, avevano occupato la zona: «Sicuramente
Coeur Noir è sulla torre.» mormorò, scuotendo il capo: «Non possiamo
affrontare tutti quei guerrieri neri…»
«Più che altro, dovresti occupartene tu da sola, LB. Come li feriamo, si
moltiplicano…»
«E se vi dicessi che conosco il modo di impedire ciò?» domandò loro la
voce di Fu: i sei eroi si voltarono, osservando l’anziano camminare
tranquillo verso di loro: «Sono in Gran Guardiano, no? E anche se non ho
un kwami, ho qualche carta vincente nella mia mano.»
«Che cosa intende, mister Miyagi?»
Fu sorrise, spostando lo sguardo sui sei ragazzi: «Penso che sappiate che
questo è l’ultimo scontro con Coeur Noir, no? Un intero esercito di
guerrieri neri, lei che li comanda in prima persona…» si fermò,
socchiudendo le palpebre: «Siamo all’ultimo atto di questa battaglia ed io
non potevo rimanermene al sicuro, lasciando voi a combattere. Quindi
eccomi qua, con una potente magia cinese che impedirà ai guerrieri di
moltiplicarsi e permetterà a voi di combatterli ad armi pari, permettendo
così a Ladybug di concentrarsi su Chiyou.»
«Potente magia cinese?»
«E’ complicato spiegarla e non ho nemmeno voglia.»
«Grazie, maestro Fu.» mormorò Ladybug, sorridendo all’anziano e voltandosi
verso la Tour Eiffel: «Avete sentito il maestro, no? Questo è l’ultimo
scontro che abbiamo con Coeur Noir…»
«Sarà una missione suicida.» sentenziò Peacock, voltandosi verso i
guerrieri neri e scuotendo il capo: «Anche con il trucchetto del maestro
Fu sono dieci, venti volte più di noi…»
«Però siamo anche gli unici che possiamo farlo.» mormorò Bee, sorridendo
al compagno: «Siamo gli unici che possono combatterli.»
«Portatori di Miraculous.» bisbigliò Volpina, chinando la testa e
sorridendo lieve: «Gli unici con la forza di ergersi a protezione degli
altri.»
«Siamo stati scelti dal Maestro.» aggiunse Tortoise, abbassandosi il
cappuccio del costume e sorridendo agli altri: «Dimostriamo che la sua
scelta è stata giusta.»
«D’accordo. D’accordo.» sbuffò Peacock, alzando le mani a mo’ di scudo,
ridacchiando: «E poi ho già visto questa scena.»
«Come l’hai già vista?»
«Con il mio potere di visione. Alle volte lo usavo e…beh, vedevo questo.»
«Hai capito il pennuto che usava il potere per fatti suoi?» esclamò
allegro Chat, mostrando un ghigno sicuro agli altri: «Beh, facciamo vedere
a Chiyou come sono i Portatori di quest’epoca.»
Ladybug fece scivolare lo sguardo addosso a ognuno dei suoi compagni,
annuendo con la testa: «Andiamo!»