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Autore: Old Fashioned    15/07/2016    15 recensioni
Seconda guerra mondiale, battaglia di Inghilterra. Un leggendario quanto inafferrabile pilota della Luftwaffe, soprannominato "Cavaliere di Valsgärde", compare durante le battaglie più cruente, abbatte il suo avversario e subito dopo scompare senza lasciare traccia.
Il Maggiore Stuart, del 19° Squadron, riesce finalmente ad abbatterlo con uno stratagemma, ma quando l'Asso tedesco sarà al suo cospetto le cose si riveleranno molto diverse da come se le aspettava...
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo 5

Il Messerschmitt dal muso rosso passò come una freccia in sottovento, virò in base, tirò fuori il carrello e si preparò all’atterraggio.
Prese contatto con la terra con un sobbalzo morbido, e mentre ancora rullava sulla pista gli uomini neri uscirono dagli hangar preparandosi a rifornirlo di carburante e munizioni. Come sempre, chi non aveva mansioni da portare a termine nell’immediato si era unito ai meccanici per accogliere degnamente il fortunato pilota.
“Io dico che gli inglesi sono diventati tutti matti,” esclamò il capitano Müller balzando agilmente fuori dall’abitacolo. “Si sono messi a fare i quadri sugli aerei!”
“Vogliono facilitarle il lavoro, signor capitano,” esclamò un aviere, “così li può mirare meglio!”
“Come se ne avesse bisogno!” disse un altro.
Tutti risero allegramente.
“Probabilmente temono che a forza di abbattere aerei tutti uguali finisca per annoiarsi,” osservò il maggiore Graf sopraggiunto nel frattempo. “Vogliono offrirle qualche distrazione.”
“Beh, comunque sembra di volare in una specie di pinacoteca,” rispose Müller. “Oggi ce n'era uno con un leone che azzannava un'aquila dalla testa rossa.”
“Perbacco, si direbbe che ce l'abbiano con lei, capitano,” disse Graf, “chissà poi perché!”
Di nuovo tutti risero.
Il gruppetto di piloti e meccanici si spostò verso le baracche del comando.
“Bevo un sorso d’acqua e riparto,” stava dicendo il capitano Müller. “Che c’è per pranzo oggi?”
“Pollo, direi,” rispose il maggiore Graf.
“Oh, no. Ancora pollo? Ormai mi metto a chiocciare e a razzolare anch’io.”
“Sembra che l’intendenza abbia scovato un allevamento di galline qui nei dintorni.”
“Ma senta, maggiore…” Müller si scambiò un’occhiata d’intesa con un altro pilota.
“Sì?”
“Ecco, pare che al terzo Stormo abbiano gli stessi problemi con un’eccezionale fornitura di carne di maiale. Non è che si potrebbe fare uno scambio?”
“Un baratto, come nel medioevo!” intervenne il pilota dell’occhiata d’intesa.
Müller colse la palla al balzo: “Sarebbe una cosa da antichi germani, no? Quanti polli per un mezzo maiale?”
“Secondo me si va a peso, signor capitano,” propose uno dei meccanici.
“Un chilo di pollo per un chilo di porco?”
“Di solito è così.”
“No, è impossibile,” protestò il pilota di prima, un tenente di nome Faber. “Il pollo non vale mica quanto il maiale. Sarebbe come dire che un rammollito francese vale quanto un tedesco.”
“Attenzione, così viene fuori che noi saremmo dei maiali!”
“Preferiresti essere un pollo? Co-co-co…” E si mise a saltellare in giro facendo l’imitazione della gallina.
Müller lo inseguì e in breve si scatenò una scherzosa gazzarra di piloti e meccanici che si rincorrevano sullo spiazzo antistante la baracca del comando.

Dopo una telefonata con il comandante del terzo Stormo, Graf si accordò per venticinque polli già spennati e puliti in cambio di un mezzo maiale. La contrattazione fu breve, dal momento che i piloti del Terzo erano stanchi di maiale quanto quelli del Primo lo erano di pollo.
Poiché simili scambi non erano contemplati dal regolamento, per mascherare la faccenda il maggiore preparò una cartella di documenti contrassegnata con la scritta urgente da unire al trasporto.
Mandò a chiamare il tenente von Rohr.
Il giovane si presentò in combinazione di volo, era chiaro che si aspettava di essere finalmente mandato in missione con gli altri.
Salutò militarmente e rimase sull’attenti in attesa di ordini.
“Riposo, von Rohr,” disse il maggiore. “Ci sono ordini urgenti da portare al comando del Terzo.”
A quelle parole, il giovane lo squadrò freddamente e rispose: “Con il dovuto rispetto, signore, io non sono il garzone del macellaio.”
Sbalordito da quell’inconcepibile atto di insubordinazione, l’altro lo fissò dritto negli occhi. “Prego?”
“Io sono un pilota da caccia, i polli per il Terzo li può portare anche un meccanico con la Kübelwagen,” rispose il giovane senza abbassare lo sguardo.
Il maggiore rimase impassibile. Dopo qualche secondo di gelido silenzio, con durezza replicò: “Lei è un soldato, prima di tutto, e suo dovere è obbedire agli ordini. O esegue solo quelli che le paiono adeguati al suo blasone?”
Il tenente sussultò come se l’altro gli avesse dato uno schiaffo, tuttavia imperterrito ripeté: “Io sono un pilota da caccia, non è giusto che lei mi usi per queste cose.”
“Tenente von Rohr…”
“Rohr e basta, signore,” lo interruppe il giovane.
“La chiamo anche tenente Schultz, se le fa piacere, ma non è questo il punto. Il punto è che adesso lei prende lo Storch, va al terzo Stormo e fa quello che io le ordino di fare. È chiaro?”
“Sì, signor maggiore,” ringhiò il tenente rivolgendogli uno sguardo torvo.
“Ora può andare.”
“Sì, signore.”
Graf lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava con passo nervoso. Von Rohr era un buon pilota, coraggioso e abile, ma era troppo impulsivo. Doveva imparare a dominarsi o non sarebbe durato a lungo nei combattimenti contro la RAF.

Nello stesso momento, furibondo, bruciante d’umiliazione, Hans von Rohr si dirigeva a grandi falcate verso un aereo già pronto davanti agli hangar.
Si trattava di un Fieseler 156, appropriatamente soprannominato Storch, ovvero “cicogna”, per la somiglianza con il grazioso trampoliere. Era il classico aereo leggero da collegamento o ricognizione a bassa quota: un gioiellino comodo e maneggevole, ma quanto di più svilente si potesse immaginare per un pilota addestrato a sfrecciare attraverso il cielo ai comandi di un potente aereo da caccia.
Hans von Rohr salì a bordo e subito fu colto dalla nausea all’odore delle carcasse crude stivate nella fusoliera. Si guardò intorno cercando qualcosa per coprirle, ma non trovò nulla. C’era solo la cartella con i cosiddetti documenti urgenti appoggiata sul sedile di fianco.
Insensibile al suo malessere, da terra un aviere gli raccomandò: “Torni presto, signor tenente. Per arrostire un mezzo maiale ci vuole tempo!”
Senza nemmeno rispondere, il giovane ufficiale mise in moto, rullò e decollò alla volta del terzo Stormo.
   
 
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