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Autore: FrancescaPotter    16/07/2016    3 recensioni
RosexScorpius
Dal secondo capitolo:
"Infatti, gli adulti di casa Weasley-Potter -e anche di casa Malfoy, suppongo- non erano a conoscenza delle nostre ultime divergenze, per loro eravamo ancora i quattordicenni spensierati che passavano tutte le loro giornate ad Hogwarts insieme. Pensavano fossimo ancora migliori amici. Non erano a conoscenza della sofferenza, della solitudine e disperazione che, almeno io, avevo provato nell'ultimo anno e mezzo. Ho sempre dato a lui la colpa delle mie disgrazie, ma in realtà sono stata io. Io, è tutta colpa mia."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Hermione Granger, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo Venticinque

 
And our daddies used to joke about the two of us
They never believed we'd really fall in love
And our mamas smiled and rolled their eyes
And said oh my my my...
Mary's song, Taylor Swift

Faceva freddo.
Faceva freddo ed era ripreso a nevicare.
I fiocchi di neve volteggiavano nel cielo in una danza armoniosa, ricoprendo silenziosamente il mondo dei morti, così come quello dei vivi.
Tenevo gli occhi fissi sulla lapide davanti a me, in ricordo di coloro che non c'erano più.
 
                          Lily Evans                                          James Potter
                  30 gennaio 1960 - 31 ottobre 1981            27 marzo 1960 - 31 ottobre 1981
 
L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte
 
L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte. Lessi nella mia mente.
Non avevo mai afferrato veramente il significato di quelle parole, e ogni volta che chiedevo spiegazioni a mio padre, lui mi rispondeva che lo avrei dovuto capire da solo, vivendo.
Quando ero turbato venivo qui, al cimitero, davanti alla tomba dei miei nonni. Parlare con loro mi faceva sentire capito: loro ascoltavano e non giudicavano.
«Ehi» li salutai. Non mi aspettavo una vera e propria risposta, perciò continuai. «Buon Natale. Sono io, Albus»
Attesi, ma neppure io sapevo bene che cosa stessi aspettando. Un segno, forse. Qualcosa che mi dicesse che sì, mi avevano riconosciuto ed erano felici di vedermi. La parte razionale del mio cervello mi urlava di smettere di essere ridicolo e di andarmene, ma le mie gambe non si muovevano, ero come pietrificato. Paralizzato dalla neve che cadeva e si posava leggera tra i miei capelli, sul mio viso, sul mio cappotto.
Estrassi la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la sventolai davanti a me, facendo apparire dei fiori che si posarono delicatamente davanti alla lapide. Questi, incorniciati dal bianco della neve, davano una punta di colore alla spettrale atmosfera invernale. Portavano vita in un ambiente impregnato di morte.
«Vi starete chiedendo che cosa ci faccio qui» dissi a bassa voce. «Me lo domando anche io, in realtà. Non volevo stare da solo, ma non volevo neanche rimanere a casa. Non so neppure io perché sono così turbato da quanto successo. Dovrei essere fiero di ciò che sono» ci pensai su e mi corressi. «Ne sono fiero. Ho imparato ad accettarlo, sapete. E' solo che… non te lo dicono, quando sei un bambino. Non ti dicono quanto sia difficile essere diversi. Ti dicono che essere unico ti rende speciale, ma non ti dicono il prezzo da pagare. E' difficile» sospirai. «A volte è solo difficile»
Ero felice. Jerome mi rendeva davvero tanto felice. Da quando avevo avuto il coraggio di lasciarlo entrare nella mia vita, questa era migliorata drasticamente. Lui aveva portato luce nelle tenebre del mio animo; mi aveva fatto sentire davvero speciale.
Essere diversi era difficile, sì, ma lo era un po' meno con Jerome al mio fianco.
«Ho ereditato i tuoi occhi, sai?» Sussurrai poi, rivolto immaginariamente a mia nonna. «Mi sarebbe piaciuto incontrarti. E' un peccato che nessuno li erediterà più. In ogni caso però i figli di Lily e James potrebbero, giusto? Non so bene come funzioni la genetica, ma sono quasi sicuro che sia così. Inoltre, non sarei stato obbligato ad avere figli comunque, anche se non fossi stato…» Mi bloccai, incespicando sulla parola che tanto avevo paura di pronunciare. «Così»
«Gay, Albus» fece una voce alle mie spalle. «Puoi dire gay»
Mi voltai e trovai James a pochi passi da me con un cappello rosso tra le mani. «Tieni» me lo porse. «O ti ammalerai. Poi chi la sente, la mamma?»
Lo presi e me lo infilai, borbottando un grazie distrattamente. Tornai a guardare la lapide, non riuscendo a sostenere lo sguardo tranquillo di mio fratello.
«Sapevo che saresti stato qui» disse James. Non c'era scherno nella sua voce, sembrava stesse constatando un dato di fatto.
«Da quanto tempo stai ascoltando?» Chiesi con voce strozzata, leggermente imbarazzato.
«Abbastanza» rispose James raggiungendo il mio fianco. Stette in silenzio per qualche minuto, poi sospirò. «La mamma non è arrabbiata con te. Lo sai, vero?»
«Lo so» ero sincero. Ero consapevole che mia mamma non fosse arrabbiata con me, ma la sua reazione mi aveva irritato e mi aveva fatto sentire a disagio. 
«Bene» fece James. «E allora perché te ne sei andato?»
Ci misi un po' per formulare una risposta. Poi decisi di dire semplicemente la verità. «Mi sono sentito umiliato. Non avrebbe potuto dire semplicemente "okay" e basta?»
James alzò le spalle. «E' la mamma» disse. «Sai com'è fatta. Reagisce in modo esagerato per tutto, soprattutto quando si tratta del suo Alby Bello»
Feci una smorfia e trattenni un'imprecazione. «Forse ho sbagliato io. Non avrei dovuto dirlo davanti a tutti il giorno di Natale. Non voglio che la mamma soffra per colpa mia»
«Non dire assurdità! La mamma sta benone e non è colpa tua» disse secco James. «Mi hai sentito, Albus? Niente di tutto questo è colpa tua. Anzi, non è colpa proprio di nessuno perché non è successo niente di male»
«Lo so, lo so!» Esclamai. Feci per passarmi la mano tra i capelli, ma mi bloccai, ricordandomi che indossavo il cappello che James mi aveva portato.
Mio fratello mi fece passare un braccio attorno alle spalle e posò la testa sulla mia spalla. Quel gesto mi sorprese. Io e lui non eravamo tipi da abbracci.
«Va tutto bene, fratellino» mi disse. «Le mie fonti mi hanno riferito che al compleanno di Scorpius hai urlato ai quattro venti il tuo amore per il tuo ragazzo… Jerome, giusto?»
«Si può sapere chi cavolo sarebbero queste tue fonti?» Borbottai imbronciato, ma in realtà stavo celando un piccolo sorriso.
«Non è importante» continuò James con fare solenne. «Ciò che è importante è che sono fiero di te, Alby Bello. Continua così che vai alla grande»
Non dissi nulla, sapendo che James avrebbe capito lo stesso quanto quelle parole significassero per me.
Mi ero sempre sentito inferiore a lui. Io ero quello meno bello, meno carismatico, meno simpatico, meno tutto. Ero cresciuto con l'obiettivo di fare colpo su di lui, volevo la sua approvazione. E sapere che in quale modo era fiero di me mi scaldava il cuore.
«Grazie, James» lo strinsi a me per qualche secondo e poi mi allontanai per guardarlo negli occhi nocciola, tanto diversi dai miei. Gli sorrisi piano. «Che ne dici di rientrare? Non mi sento più le dita dei piedi»
James si stiracchiò e guardò mesto la lapide dei nostri nonni. Prese la bacchetta e fece comparire anche lui dei fiori colorati, dei girasoli per l'esattezza. Dovevo ammettere che lo rispecchiavano: James era un girasole.
«Dico che è un'ottima idea. Dovresti chiamare Rose, era molto preoccupata per te»
Rose.
Mi passai una mano sul viso. Che cos'avrei detto a Rose? Non volevo farla preoccupare, aveva già abbastanza problemi per conto suo, non aveva bisogno anche delle mie paturnie da sopportare.
«Manda un messaggio a Scorpius» decisi. «E digli di stare con Rose stasera»
James alzò un sopracciglio e quando vide che non ero intenzionato ad aggiungere altro scrollò le spalle e prese il telefono. «Allora avevo ragione io» farfugliò mentre digitava frettolosamente un messaggio per Scorp. «Quei due stanno insieme sul serio! Perché la Rossa non lo ammette a basta?»
Mi venne da ridere, sia per James che era una pettegola, sia per Rose e Scorpius che erano uno più scemo dell'altro.
«E' una lunga storia, Jamie» sorrisi io. «Davvero una lunghissima storia»
 
 
Non so dire se arrivarono prima le urla, o se arrivò prima la luce.
«CHE CAVOLO STA SUCCEDENDO QUI?»
Aprii gli occhi di scatto e fui accecata dai raggi solari. Qualcuno aveva tirato le tende, e ora la stanza era illuminata a giorno.
«HERMIONE!» Continuava ad inveire la voce. «HERMIONE!»
Mi portai una mano davanti agli occhi, cercando di tenerli aperti con scarsi risultati.
«Ronald, si può sapere che diavolo… oh»
Ma perché dovevano fare tutto quel baccano? Io volevo solo dormire e… porca merda. PORCA MERDA!
Mi resi conto con orrore che i miei genitori erano nella stanza, e che io ero ancora nel letto di Scorpius. Durante la notte ci eravamo mossi, ma le braccia di Scorpius erano ancora strette attorno alla mia vita e la mia testa poggiava ancora nell'incavo del suo collo.
Mi ero addormentata e non ero più tornata in camera mia, con il risultato che ora mi ritrovavo in questa situazione a dir poco umiliante. Come avevo potuto addormentarmi e non svegliarmi più per tutta la notte? Io, che non dormo mai, per una volta che non avrei dovuto farlo… Stupida, Rose! Mi sgridai. 
Scorpius non si era svegliato completamente, ma io sì. Ed ero anche molto consapevole di mio padre che dava di matto e di mia madre che cercava di farlo ragionare.
«Insomma, Ronald, quante storie» stava dicendo lei, tra il divertito e lo spazientito. Probabilmente stava tentando con tutte le sue forze di non scoppiare a ridere.
Mi tirai a sedere di scatto, terrorizzata. Mio padre avrebbe sicuramente ucciso Scorpius, e poi mi avrebbe rinchiusa in un convento per suore di clausura.
«QUANTE STORIE? QUANTE STORIE, DICI?» Continuò a inveire papà paonazzo. «SONO NELLO STESSO LETTO»
«Completamente vestiti!» Ribatté la mamma mettendosi le mani sui fianchi. «Stai facendo fare una brutta figura a Rose, andiamo via»
«Non è successo niente!» Esclamai, probabilmente della stessa tonalità dei miei capelli.
«IO NON VADO DA NESSUNA PARTE SENZA MIA FIGLIA»
Balzai giù dal letto, senza prestare la minima attenzione a Scorpius, troppo imbarazzata per poterlo anche solo guardare, e afferrai mio padre per la manica della camicina, trascinandolo fuori dalla camera il più velocemente possibile per evitare che affatturasse il Biondaccio.
Mia madre ci seguì, chiudendosi la porta della stanza alle spalle.
«Papà» sbottai arrabbiata. «Per Morgana! Hai esagerato»
Mi arrabbiavo poche volte con mio padre, ma quella mattina aveva superato il limite. Sentivo ancora la faccia bruciare per la vergogna. Chissà che cosa pensava Scorpius ora. Forse che vivevo in un covo di pazzi sclerotici.
«Ho esagerato? Io?» Le sue orecchie erano dello stesso colore dei nostri capelli, il che non era un buon segno. «Tu, invece? Eri nel letto con un ragazzo sotto il mio tetto, e…»
«Ho diciassette anni, papà!» Gli urlai sopra io. «Non sarò una bambina per sempre, fattene una ragione! E non stavamo facendo assolutamente niente, a parte dormire. Dormire, con gli occhi chiusi e i sogni, hai presente?»
«Adesso basta, voi due» sbottò la mamma. «In cucina, subito»
Io e papà chiudemmo finalmente il becco e, a testa bassa, la seguimmo da basso, continuando però a lanciarci occhiate in cagnesco. Era meglio non contraddire Hermione Granger in certi casi, in più speravo che per una volta fosse dalla mia parte, quindi non volevo di certo farla innervosire ulteriormente.
Arrivati in cucina, mi sedetti dalla parte opposta del tavolo rispetto a mio padre, incrociando le braccia al petto e guardando ostinatamente la tazza di caffè che la mamma mi mise davanti.
«Ronald» sospirò questa. «Rose ha ragione»
Ecco perché stava nevicando: mia madre mi aveva appena dato ragione. Era una bella sensazione.
«Davvero?» Esclamai, per poi tornare subito seria. «Certo. Ovvio che ho ragione»
Lei mi incenerì con lo sguardo e io tacqui.
«Che cosa?» Papà pareva allibito. «Stai seriamente dicendo che non c'è niente di male in quello che è successo?»
«Sì, è esattamente quello che sto dicendo» disse la mamma risoluta. «Inoltre non saresti dovuto entrare in camera di Scorpius a prescindere»
«Rose non era nella sua stanza e mi sono preoccupato» borbottò papà, ancora rosso in volto.
Provai quasi pena per lui.
Quasi.
«Tra l'altro» continuai a infierire io. «Sono maggiorenne, se voglio…» Papà mi guardò malissimo, ma io continuai, «…dormire con un ragazzo, lo faccio.»
«Non sotto il mio tetto!» Urlò papà ancora più rosso in viso.
Alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia al petto. In quel momento entrò in cucina Scorpius con un'espressione così stravolta e imbarazzata che mi si strinse il cuore.
Anche lui era ancora vestito dalla sera scorsa, e la felpa era tutta stropicciata dove avevo poggiato la testa per dormire. Mi resi conto che era la prima volta che lo vedevo così: appena svegliato e senza quell'aria impeccabile che era solita contraddistinguerlo. Mi domandai come dovesse essere aprire gli occhi e trovarlo addormentato accanto a me, totalmente senza difese. Immaginai di poterlo osservare prima che si svegliasse senza essere interrotta da mio padre, di passare la mano tra i suoi capelli mentre lo guardavo dormire…
«Signor Weasley» iniziò con voce ferma. Come faceva a mantenere la calma in tutte le situazioni, a me continuava a essere oscuro. «Le posso assicurare che non è successo niente. Ci siamo solo addormentati»
«Scorpius, non devi» dissi io. «Davvero»
«Va tutto bene» intervenne subito la mamma. «Non preoccupatevi, ragazzi. Ronald?» Si rivolse a mio padre con un sopracciglio inarcato.
«Accetto le tue scuse» disse papà alzando le spalle.
«Papà!»
«Okay, d'accordo» acconsentì lui imbronciato. «Non mi sarei dovuto comportare così. Mi dispiace» Agguantò la bacchetta, il mantello e si diresse verso la porta per andare al lavoro borbottando tra sé e sé.
Poi si voltò e puntò un dito contro Scorpius. «Tratta bene la mia bambina, ragazzo. Ti tengo d'occhio»
Scorpius sorrise, come se non fosse successo niente e quella fosse una mattina come un'altra. «Con piacere, signore»
Mio padre aveva appena implicato che Scorpius fosse il mio ragazzo, e quella testa di un vermicolo non aveva detto nulla per contraddirlo.
 
Quel pomeriggio, Scorpius ed io andammo a casa di Albus.
Lo trovammo in camera sua intento a fare i compiti di pozioni, la schiena curva sulla scrivania e i capelli che sparavano in tutte le direzioni.
Avevo aperto la porta senza bussare, sorda alle magre proteste di Scorpius e decisa a fare una predica a mio cugino così plateale che se la sarebbe ricordato per il resto della sua vita.
Ero incazzata. Ero incazzata perché, ancora un volta, mi aveva esclusa dalla sua vita quando tutto ciò che desideravo era stargli vicino.
Ma quando incrociai il suo sguardo, tutta la mia rabbia si spense come un fiammifero al vento. Albus sembrava stanco, gli occhi cerchiati da occhiaie violacee che rendevano le sue iridi ancora più verdi. Ci rivolse un piccolo sorriso sincero e posò la piuma sul tavolo con un sospiro.
«Ciao» disse. «Lumacorno ci è andato giù pesante per queste vacanze, eh.»
Non risposi. Improvvisamente non avevo più niente da dire. Tutto il discorso che avevo pensato di rifilargli, nel quale mi lamentavo per il fatto che mi avesse fatto preoccupare a morte, mi pareva tremendamente stupido e petulante, perciò tacqui.
Scorpius mi lanciò un'occhiata storta, come a chiedermi che stesse succedendo, e io scrollai le spalle in risposta.
«Già» concordò Scorpius, capendo che se non avesse detto qualcosa lui, nessun altro lo avrebbe fatto. «E io non ho neanche iniziato, ora che mi ci fai pensare»
Scorpius si appoggiò al muro con disinvoltura, mentre io mi sedetti sul letto di Al e iniziai a dondolare le gambe nel vuoto, fissandomi ostinatamente le punte dei piedi come una bambina di cinque anni.
«Rose? Rose, ci sei?»
Albus mi stava chiamando. Alzai lo sguardo e lui mi sorrise. «Ehi» mi disse.
«Ehi» gli risposi io, cercando di suonare allegra. Inutile dire che suonai come una stronza. E' solo che non ce la facevo. Non ce la facevo proprio a mascherare le mie emozioni come faceva Scorpius, sembravano stampate sulla mia faccia come insegne al neon.
«Tutto bene?» Mi chiese apprensivo mio cugino, come se fossi io quella che aveva bisogno di una spalla su cui piangere, e non lui. Quella punta di tristezza che avevo intravisto sul suo viso appena entrata nella stanza era scomparsa; al suo posto vi era un'espressione tranquilla, anzi, quasi preoccupata. Preoccupata per me.
Perché, alla fine, tutti si preoccupavano sempre per me anche quando non era necessario? Non lo sopportavo. Tra lui e Scorpius non so chi fosse peggio.
«Che fine hai fatto ieri?» Gli chiesi, ignorando la sua domanda.
Albus scosse le spalle. «Sono andato a fare un giro per schiarirmi le idee»
«Un giro?» Chiesi, alzando un sopracciglio. «Strano. Ti ho cercato per tutta Godric's Hollow ma non ti ho trovato da nessuna parte»
Non era mia intenzione suonare petulante, lo giuro, ma se non mi voleva dire dov'era andato, che almeno non mi mentisse in faccia.
«E' tutto okay» continuai. «Non c'è bisogno che tu me lo dica, se non vuoi. Vorrei solo capire quando hai smesso di fidarti di me»
«Rose, io mi fido di te» mi disse Albus, colto di sorpresa, come se gli avessi appena detto che avevo deciso di sposarmi con Jason Cameron alle Hawaii.
«No» risposi io scuotendo la testa. Alcuni ciuffi di capelli rossi mi caddero sul viso, ma non li scostai. Mi limitai fissare il pavimento, incapace di incontrare il suo sguardo. «Non ti fidi più di me da anni ormai. Te l'ho detto, dopo la festa di Scorpius, che mi dispiace per essere stata così sopraffatta dai miei problemi da non essermi accorta che avevi bisogno di me. Mi dispiace, Albus»
«Rose» mi chiamò Scorpius con tono ammonitore. Alzai il capo e lui scosse piano la testa nella mia direzione.
Presi un respiro e finalmente guardai Albus negli occhi. «Sei una delle persone a cui tengo di più al mondo e voglio solo sapere se stai bene. Quindi, la prossima volta che decidi di sparire dalla circolazione per un paio d'ore, per favore, per favore Albus, almeno mandami un messaggio per dirmi che è tutto okay»
Albus si incupì. Sembrava stesse combattendo una battaglia contro se stesso.
«Sono andato al cimitero» disse poi, sconfitto.
«Al cimitero?» Chiese Scorpius, sorpreso quanto me.
Albus annuì. «Quando sono giù vado lì e parlo con i miei nonni. E' un qualcosa che mi tranquillizza. James lo sa, e quindi è venuto a recuperarmi. Siamo stati lì un po' insieme, abbiamo parlato… So che sembra stupido»
Albus tacque, non sapendo più che cosa aggiungere. Pareva imbarazzato. Lo era sempre quando il discorso ruotava attorno a qualcosa che lo riguardava direttamente, proprio non ce la faceva a esprimere ciò che provava, ma doveva. Doveva, altrimenti prima o poi sarebbe scoppiato.
Fu Scorpius a interrompere il silenzio. «Non è stupido» disse con voce tranquilla. «E' umano. Anche io a volte vado al cimitero per parlare con mia nonna Narcissa»
«Mi dispiace se non ti ho avvisato, Rose» Albus mi raggiunse sul letto e mi prese la mano. «Non volevo darti un'altra preoccupazione. Ho detto a James di scrivere a Scorpius perché speravo che ti raggiungesse per dirti che stavo bene e che ti avrebbe tranquillizzato»
Se io mi lasciavo sopraffare dalle mie emozioni e spesso non sapevo come gestirle, Scorpius, al contrario, era razionalità allo stato puro. Mi aiutava sempre a valutare le situazioni più critiche da ogni prospettiva, valutando sia gli aspetti positivi che quelli negativi, alleviando non poco le mie preoccupazioni. Questo tuttavia non giustificava il comportamento di Al.
Alzai gli occhi al cielo. «Smettila di preoccuparti per me. Lascia che sia io a preoccuparmi per te, qualche volta. Non puoi prenderti cura di tutti, Al»
Albus appoggiò la testa sulla mia spalla. «Lo so, ma ci posso provare»
«Non sono fatta di porcellana» dissi risoluta, piantando gli occhi in quelli di Scorpius. Quell'affermazione era anche per lui. Sostenne per un attimo il mio sguardo, poi abbassò il capo. «Non ho bisogno di qualcuno che mi controlli, Al» continuai poi. «Sto bene adesso»
«Sì. E ne sono sollevato. Ma ci ricordiamo com'era quando stavi male» Guardò Scorpius che annuì, stranamente a disagio.
«Statemi a sentire, voi due» dissi, alzandomi e spostando lo sguardo da uno all'altro. «Io sto bene, e non so quante volete ve lo dovrò ripetere ancora» raddrizzai le spalle e presi un respiro. «E so badare a me stessa. Quindi, Albus, non sentirti in dovere di proteggermi da tutti i mali del mondo, perché il mondo è un posto piuttosto incasinato e penso di poterlo affrontare. E tu…» Mi rivolsi a Scorpius, aprendo le braccia e gesticolando nella sua direzione, non sapendo bene che cosa dire. Scorpius alzò un sopracciglio divertito come per invitarmi ad andare avanti, ma lo ignorai. Mi diressi invece verso la scrivania di Al. Diedi un'occhiata ai fogli di pergamena e alle piume sparse sul tavolo e sospirai. «Questo è sbagliato, Al.»
«Quale parte?» Chiese lui depresso. Era una frana in pozioni, la disgrazia della famiglia, a sentire Lumacorno.
Solo nell'introduzione del suo saggio sull'Amortentia trovai quattro errori. «Uhm… ci penso io» estrassi la bacchetta e iniziai a correggere le imprecisioni e a sistemare le frasi troppo contorte.
«Ehi!» Esclamò Scorpius. «Perché non correggi anche i miei, di compiti?»
Sia io che Al lo guardammo indignati. «Stai scherzando, spero!» Esclamò Al, per poi prendere un cuscino e lanciarglielo. «Tu non hai bisogno che Rose ti corregga i compiti. Sei un secchione!»
Scorpius afferrò al volo il cuscino e lo sferrò di nuovo contro mio cugino, prendendolo in piena faccia.
«Ouch!» Fece quello sistemandosi gli occhiali sul naso.
Scorp lo guardò male. «Dobbiamo lavorare sui tuoi riflessi non appena torniamo a Hogwarts. E' il nostro ultimo anno e non ho intenzione di perdere la Coppa di Quidditch perché il mio cacciatore migliore si è fatto colpire in testa da un bolide»
Albus grugnì qualcosa in risposta e si sdraiò sul letto, mentre io cercavo di rendere più comprensibili i suoi compiti di Pozioni.
«Ho parlato con mia mamma» confessò ad un certo punto, tenendo gli occhi fissi contro il soffitto.  «Si è messa a piangere quando James mi ha riportato a casa, e non la smetteva più di chiedermi scusa»
«Dopo che te ne sei andato era molto scossa» dissi io. «Non era sua intenzione reagire in quel modo»
«Certo che no» concordò Scorp, con un ghigno. «E poi sei il suo cocco, Alby, che ti aspettavi?»
Albus gli rilanciò il cuscino, e Scorpius lo evitò di nuovo. Io scoppiai a ridere, finalmente più leggera.
 
Qualche ora più tardi, io e Scorpius decidemmo di tornare a casa mia.
Misi una mano sulla maniglia della porta e sospirai, sul punto di andarmene. «In ogni caso, quando vorrai parlare di qualsiasi cosa tu voglia parlare, sono qui»
Albus annuì piano. «Grazie, Rose»
Feci per andarmene -questa volta per davvero- ma mi trattenne. «Divertitevi domani» disse con fare malizioso.
Alzai gli occhi al cielo e sventolai una mano per aria. «Certo. Ma non nel modo perverso a cui stai pensando tu.»
Scorpius ghignò e fece per dire qualcosa, ma gli tirai un pugno sulla spalla per zittirlo.
Albus alzò le spalle e fece un occhiolino al suo amico.
Stizzita, li lasciai nella stanza e me ne andai, sbattendomi la porta alle spalle, per nascondere il sorriso che mi si era spontaneamente disegnato sulle labbra. 
 
Quella del giorno dopo fu la colazione più imbarazzante della mia vita.
La mamma era dovuta uscire presto per andare al Ministero, mentre papà aveva il giorno libero.
«Fammi capire» disse, rosso in volto quest'ultimo. «James è nel mondo babbano con Julia, Albus è con il suo ragazzo, e tu e Scorpius passerete l'intera giornata insieme?»
Grazie a Merlino, Scorpius non era ancora sceso in cucina, altrimenti avrei tentato il suicidio con il cucchiaino del tè.
Alzai gli occhi al cielo. «Sì» risposi annoiata. «Non è che abbiamo molte alternative»
«Ah, okay» Papà cercava di mantenere un'espressione neutra, senza risultati. Sembrava una pentola a pressione sul punto di esplodere. «Primo appuntamento… ormai sei grande»
«Papà!» Esclamai. «Non è il mio primo appuntamento»
Mi guardò male, e non capii se fosse sul punto di mettersi a piangere o sul punto di affatturarmi. Mi affrettai ad aggiungere. «Perché non è un appuntamento! E'… è Scorpius»
Dov'era mia madre quando avevo bisogno di lei?
Papà sospirò, mangiando un biscotto con aria depressa. «Nella mia mente, non sarai mai abbastanza grande per uscire con qualcuno» farfugliò. «Soprattutto se questo qualcuno è un Malfoy»
Oh no, non di nuovo con questa storia.
Rigirai il cucchiaino nel caffè e sorrisi maligna. «Tu lo sai che io e Malfoy abbiamo passato quasi sette anni sotto lo stesso tetto, uh?» Papà mi guardò confuso e io continuai. «E Hogwarts è molto grande, ci sono un sacco di posti…»
«Okay, basta! Ho sentito abbastanza» esclamò. «E stanotte chiudo a chiave la porta della tua camera, così non si ripeterà più una scena come quella di ieri»
«Certo» ridacchiai io, per niente preoccupata da quella minaccia.
Sapevo che, la sua, era tutta scena. Ovviamente era davvero preoccupato che qualche ragazzo mi facesse soffrire, ma sapevo che, nel profondo, il Biondaccio gli piaceva. Piaceva a tutti.
«Buongiorno»
Mi voltai e trovai Scorpius sulla soglia della porta. Aveva l'aria leggermente assonnata e i capelli scompigliati. Indossava una camicia azzurro chiaro infilata in un paio di jeans scuri che lo facevano sembrare ancora più alto. Era tanto bello da far male al cuore, pensai con un sospiro. 
«Buongiorno, Scorpius» lo salutò papà, riportandomi con i piedi per terra.
«Signor Weasley» ricambiò Malfoy, per poi sedersi di fronte a me.
Mi sorrise leggermente e io ricambiai, dimenticandomi che mio padre era proprio lì, di fianco a me che ci studiava con attenzione.
Scorpius sembrava più riposato dei giorni precedenti. Le occhiaie che gli circondavano gli occhi di solito stavano scomparendo, e il suo viso pareva più disteso. Sperai che stesse trovando un po' di pace e che stesse pian piano perdonando se stesso.
Scorpius si versò del tè e cadde un silenzio imbarazzante che mi fece prendere seriamente in considerazione l'ipotesi del suicidio. Di solito era mia madre quella che teneva viva la conversazione, ma ora non c'era e…
«Il Puddlemore United ha vinto a Liverpool ieri» se ne uscì ad un certo punto mio padre.
Gli rivolsi un'occhiata di traverso. «E quindi?»
Scorpius spalancò gli occhi. «Non ci credo! Di nuovo?»
«Proprio così» sospirò mesto papà. Poi prese la Gazzetta del Profeta e la passò al Biondaccio. «Prima pagina della sezione sportiva»
Scorpius scorse velocemente l'articolo, sbuffando di tanto in tanto. «Assurdo!»
«Hanno aperto un'inchiesta per corruzione, al Ministero» spiegò papà pensieroso. «Il vecchio Gildey non pensa sia possibile avere tutta quella fortuna»
Scorpius sembrava seriamente depresso. «Immagino non ci sia più speranza per i Tornados, ora»
Spostavo lo sguardo da uno all'altro, certa che da un momento all'altro mi sarei svegliata. Perché quella scena era così improbabile che doveva essere per forza un sogno: mio padre e Scorpius Malfoy che parlavano di Quidditch?
Papà sembrò illuminarsi. «Anche tu fan dei Tornados?»
Poi si accorse del mio sguardo sbalordito e tossicchiò, cercando di assumere un'espressione seria.
Scorpius annuì, senza mostrarsi imbarazzato. «Grande fan, direi»
«E' un brutto periodo però» continuò mio padre. «Pessima stagione, questa. Stiamo giocando davvero male»
«Già» concordò Scorpius. «E gran parte dei tifosi sta passando all'Appleby Arrow. Traditori»
Papà lo osservò per un attimo, poi spostò lo sguardo su di me.
«D'accordo» sospirò controvoglia. «E' a posto» Sventolò la bacchetta e la sua tazza volò via verso il lavandino. Poi si alzò e prese la Gazzetta del Profeta.
«D'accordo… cosa?» Chiesi, non capendo di cosa stesse parlando.
Papà alzò le spalle. «E' fan dei Tornados» spiegò, accennando a Scorpius con il capo. «Puoi uscirci insieme. Ma solo in luoghi affollati, intesi?»
Eh?
Io e Scorpius lo fissammo come se stesse parlando un'altra lingua.
Papà non si aspettava davvero una risposta, quindi ci salutò con la mano e se ne andò via, probabilmente in salotto.
Sia io che Scorpius ci guardammo con occhi spalancati e sguardi confusi.
«Ha appena…?» Iniziò lui, la fronte corrugata. «Che cosa…?»
«Non ne ho idea» scossi il capo io, ancora sotto shock.
Mio padre ci aveva dato la sua benedizione? Seriamente? Solo perché Scorpius era fan dei Tornados?
Maschi!
«Oh be'» Scorpius si sporse sul tavolo verso di me con un ghigno. «Meglio così» la voce ridotta a un sussurro, in modo che dovetti sporgermi anche io per sentirlo. «Almeno quando cadrai di nuovo ai miei piedi, non dovremo preoccuparci anche di lui»
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai, appoggiandomi allo schienale della sedia. Scorpius ridacchiò, e io pensai che non aveva capito niente. Non aveva bisogno di farmi cadere di nuovo ai suoi piedi. Ci ero già caduta. Da un bel pezzo. Probabilmente di faccia.

 

NOTE DELL'AUTRICE
Io non so se questo capitolo ha senso. Davvero, ci ho messo mesi a scriverlo, in piena maturità per di più, e non so davvero se ha un senso compiuto.
In più no, so che vi aspettavate l'appuntamento di Rose e Scorpius ma mi sono dilungata un po' su Albus e su Ron, quindi non ci è stato. Nel prossimo capitolo però prometto che arriverà, ne ho anche già scritto un pezzettino.
Il primo paragrafo è un POV Albus, mentre il resto è POV Rose come al soltito. E' stato molto bello scrivere dal suo POV, spero che vi piaccia. <3
Scusate per il grande ritardo, ma la quinta mi ha sfinito. Ora avrò più tempo per scrivere. :)
Buona serata,
Francesca 

  
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