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Autore: valemeo97    17/07/2016    0 recensioni
Due vite destinate a intrecciarsi secolo dopo secolo, legate da un passato oscuro segnato dalla brama di sangue e di potere.
Basterà l'amore tra due ragazze a cancellare gli oscuri meandri di un destino che sembra avere già in serbo per loro un finale già scritto?
Umano o mostro, scegli.
Essere, vuol dire essere la somma di tutto ciò che si è stati. L'uomo non comprende e non accetta l'immortalità se non a condizione di ricordare se stesso. Essere, per la creatura intelligente, è confrontare ciò che si è stati con ciò che si è.
- Victor Hugo.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lunedì mattina. L’inferno di ogni studente. Il mio inferno.

Il liceo era ormai iniziato da più di un mese e dell’estate rimanevano solo vaghi ricordi. Il mio quarto anno, presto sarebbe tutto finito e finalmente avrei potuto lasciare la cara, vecchia Philadelphia per trasferirmi chissà dove, Miami o Los Angeles, perfino New York. Insomma, tutti gli adolescenti prima o poi crescono e si preparano a lasciare il nido. E così avrei fatto anche io. Ancora due anni, mi ripetevo.

Spensi la sveglia e mi recai in bagno.

Lo specchio rifletteva l’immagine di una diciottenne dalla carnagione pallida, un po’ trasandata,con gli occhi castani ancora assonnati. Complessivamente le persone mi ritenevano una ragazza attraente, anche se tendenzialmente preferivo evitare le folle, la loro stupidità mi irritatava. Ciò non significava che non avessi amici, anzi ne contavo un vasto numero. Per tutti ero l’amica alternativa dai capelli rossi, piercing e tatuaggi. Molti ragazzi avevano già provato a fare il primo passo con me, a corteggiarmi, inutilmente però. Non mi ero mai comportata da stronza, sia chiaro, semplicemente i miei gusti erano leggermente diversi. O forse, dovrei dire,uguali ai loro. Ho sempre detestato etichettare le persone, tantomeno essere etichettata. Avevo tendenze omosessuali? Sì. Ero lesbica? No. Ero solo Ellie.

Dopo un lungo momento di indecisione, finalmente trovai il capo da indossare quel giorno. Maglietta nera, felpa di jeans con il cappuccio e un paio di pantaloni scuri. I miei capelli erano un disastro stamane, così optai per un comodo chignon alto, senza troppe pretese. Mi truccai in fretta e furia consapevole che l’autobus sarebbe passato a breve e, ovviamente, ero già in ritardo come ogni santo lunedì.

Al piano di sotto mia madre, una donna minuta, bionda e sempre sorridente, era già in tailleur, pronta per raggiungere lo studio legale presso il quale lavorava, il DLA Piper. Mi sorrise e chiese di sedermi con lei a fare colazione, dovetti rifiutare, però, la sua richiesta visto che erano già le 7.35. Afferrai al volo una mela, issai lo zaino in spalla e l’abbracciai, uscendo di casa.

Il signor Phil, l’autista dell’autobus 37, aspettò pazientemente il mio arrivo. Quell’uomo era sempre stato assai gentile con tutti i ragazzi che usufruivano della sua linea, me compresa.

“Grazie Phil” accennai, sorridendo a quel simpatico ometto calvo.

Lui rispose con un cenno del capo e diede gas.

Immediatamente cercai con gli occhi una testolina bionda tra quei vecchi sedili e finalmente la vidi. Charlie. Era impossibile non notare il suo caschetto quasi platino. Lei era la mia migliore amica dai tempi dell’asilo, fin da quando un pomeriggio di novembre, nel parco della scuola materna, le chiesi di dividere con me il suo panino con la marmellata, dal momento che la mamma aveva dimenticato il mio a casa. Da allora abbiamo sempre condiviso tutto, giochi, dubbi, curiosità, sofferenze... Non c'era persona più fidata di Charlie.

Non appena incrociò il mio sguardo, sfoderò il suo solito sorriso a trentadue denti, iniziando a sventolare la mano in segno di saluto. Andai così a sedermi nel sedile di fianco al suo.

“Sempre la solita Ellie” disse stampandomi un bacio affettuoso sulla guancia, riferendosi al mio consueto ritardo di inizio settimana.

Il tragitto che separava il luogo in cui vivevo, Westminster Avenue, e la West High School era alquanto breve, così in dieci minuti fummo dinnanzi a quell’imponente edificio in mattoni.

Sfortunatamente dovetti salutare il piccolo elfo biondo, l’avrei rivista solo alla terza ora, biologia.

Charlie si irritava ogni volta che usavo quell’appellativo, dicendo che un giorno la sua statura sarebbe cambiata e che era ancora in fase di sviluppo. Io l’assecondavo sempre ridendo. La verità era che lei sarebbe rimasta quella docile ragazza dagli occhioni blu, di piccola statura.

Corsi al primo piano, nell’aula di storia, preoccupata per la ramanzina che avrebbe fatto Mrs Ford. Quella megera voleva che tutti i suoi studenti sedessero al proprio banco dieci minuti prima del suono della campanella, altrimenti un richiamo dal preside non lo avrebbe tolto a nessuno.

Con mia grande fortuna quella vipera non era ancora appollaiata all’uscio, così mi accomodai in seconda fila, prendendo astuccio e quaderno. Passarono svariati minuti, ma della prof neanche l’ombra.

Magari è malata

Pensai speranzosa.

Tutto d’un tratto, fece il suo ingresso in classe una giovane donna, molto slanciata e dai bei lineamenti. Portava una gonna nera in pelle molto corta, che sottolineava con estrema cura le sue cosce toniche. Una camicetta rossa, sbottonata sino all’attaccatura del seno, metteva ben in risalto la sua figura. Il particolare, però, che attirò maggiormente la mia attenzione fu il rossetto bordeaux acceso, che definiva le sue labbra carnose. Si avvicinò alla cattedra, vi si appoggiò e spostò sulla spalla destra la folta chioma corvina. Questa donna aveva la carnagione più chiara della mia ed io ero solita considerarmi albina.

“Io sono la professoressa Dubois, Dubois Nathalie. Sostituirò Mrs Ford per un tempo indeterminato.” Terminò la frase posando i suoi occhi neri come la pece su di me. Per un istante, sentii il mio corpo fremere e rabbrividire contemporaneamente, pensando che il mio subconscio volesse darmi una sorta di avvertimento.

 

 

   
 
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