Un abbraccio grande grande a tutti quelli che mi hanno recensito, e cioè BellaCullen88, cullengirl, RockAngelz, Piccola Stella Senza Cielo e pao87!!! Non so perché mai vi siete presi la briga di recensire le scempiaggini che scrivo ma vi ringrazio tantissimo!!! Sono stata veloce ad aggiornare eh?? Comunque spero di non deludere le vostre aspettative con questo capitolo… se vi aspettavate tante cazzate credo proprio che non vi deluderò! Ma adesso vi lascio alla storia di quella masochista schizofrenica di Bella Swan.
CAPITOLO 1
BELLA
Io e mia madre viaggiavamo verso l’aeroporto con i finestrini dell’auto abbassati. A Phoenix c’erano 25 gradi, il cielo era blu, terso e perfetto. Indossavo la mia camicia preferita, senza maniche, di sangallo bianco (ma che sarà mai sto sangallo?); la indossavo come gesto d’addio. Il mio bagaglio a mano era una giacca a vento, il resto lo avevo dimenticato a casa ma non avevo avuto il coraggio di dire a mamma di tornare indietro a prenderlo… addio telefonino…
Adesso
vi risparmierei volentieri tutta la pappardella su dove si trova Forks,
perché
non sono mai stata una cima in geografia. Diciamo che dovrebbe trovarsi
da
qualche parte negli Stati Uniti, ma quello che c’interessa e
che ci stia quel
debosciato di Edward, giusto? Per cui bando alle chiacchiere ed andiamo
avanti
con la nostra storia.
Bene,
come stavo dicendo, da qualche parte sul nostro bel pianetuccio
inquinato c’è
una cittadina che si chiama Forks e che ha più o meno 17
abitanti, 7 vampiri,
una decina di licantropi e qualche pecora (che non si sa bene cosa ci
faccia a
Forks ma m’ispirava scriverlo). I grizzly e i puma della zona
sono ormai tutti
estinti (e chissà perché). Suppongo che tutti
sappiate del fantastico clima di
Forks, che si sposa a meraviglia con i capelli crespi (come i miei),
perciò non
mi dilungo.
Quando
ero più piccola, d’estate, mamma mi cacciava
sempre a Forks per un mesetto o
due, così poteva finalmente scoparsi quell’altro
scemo di Phil in santa pace.
Ma quando avevo cominciato a diventare un po’ più
grandicella ero riuscita a
convincerla a farmi restare, promettendo solennemente che non avrei
sbirciato
dal buco della serratura mentre “facevano le loro
cosuccie” (che scema, e mi
aveva anche creduto… bhe, mica sono io l’unica
scema della storia).
- Bella
– mi disse mia madre – non sei obbligata.
Certo
che non lo ero. Ma poche notti prima avevo fatto un incubo (avevo
sognato di
mettermi con uno con i capelli rossi, che disgusto) ed ero andata in
camera di
mamma per farmi consolare, ma vi avevo trovato lei e Phil che
ripassavano il
Kamasutra. Così avevo finalmente preso la mia decisione:
sarei andata a Forks.
Un po’ era colpa di quei due piccioncini, ma per lo
più era colpa di uno dei
miei famosi raptus di masochismo selvaggio.
- Ci
voglio andare.
Che
bugia spudorata. Ma tanto mia mamma era fessa, figurarsi se se ne
accorgeva.
- Salutami
Charlie.
- Certo.
“Gli
racconterò quello che combinate tu e il tuo amichetto, e poi
voglio ben
vedere!”
- Ci
vediamo presto.
“Mi
auguro proprio di no, mamma”
- Puoi
tornare quando vuoi. Se hai bisogno di me vengo a prenderti.
Continuò
mia madre, tirando su col naso. Presto, un fazzoletto, prima che si
mettesse a
piangere sulla mia canottiera fatta di un pregiato e famosissimo
tessuto di
nome sangallo, che io sinceramente non ho ancora capito cosa cavolo
è.
- Non
preoccuparti per me. Andrà benone. Ti voglio bene mamma.
Dissi,
cercando di liberarmi di lei più in fretta possibile. Dopo
un soffocante
abbraccio lungo come la quaresima, sotto gli sguardi divertiti dei
passanti,
riuscii a liberarmi dalle grinfie di mammina e finalmente potei salire
sull’aereo.
Il
viaggio durò più o meno cinque ore e dovetti pure
cambiare aereo, una bella
scocciatura perché rischiai seriamente di perdere la
coincidenza (che mi sa che
si dice solo per i treni ma insomma, abbiate pietà, sono le
undici di sera…) e
di mandare a monte tutta la mia fantastica storia d’amore con
un vampiro
convinto di essere brutto.
E
invece alla fine arrivai a Forks sana e salva, dove trovai Charlie ad
attendermi. Mio padre era sembrato contento del fatto che volessi
andare a
vivere da lui (non gli era mai andato giù il fatto che
preferissi la mamma) ma
io non potevo dirmi altrettanto contenta. Soprattutto perché
il caro papino
continuava ad andare in giro con l’auto della
polizia… urgh… per fortuna papà
aveva promesso di aiutarmi a trovare una macchina tutta per me (che poi
non so
bene con quali soldi avrei pagato, ma vabbè).
Papà
cercò di abbracciarmi, dicendo:
- è
un piacere rivederti, Bells.
Mi
buttai a terra: ero particolarmente depressa, avevo bisogno di
ammaccarmi un
po’ sull’asfalto per tirarmi su di morale, ma
Charlie mi afferrò al volo.
Accidenti, aveva sempre avuto dei riflessi schifosi, perché
doveva migliorarli
proprio adesso? Comunque lasciai che mi abbracciasse. Ah,
un’altra cosa: ma
perché Bells, diamine??? Ho capito Bella, vada per Isabella,
anche Bell se
proprio dovete, ma perché proprio Bells???
- Ho
trovato una buona macchina per te, un affarone.
Disse
Charlie mentre metteva nel baule dell’auto l’unica
valigia che non avevo
dimenticato a casa.
- Che
genere di macchina?
Chiesi,
sospettosa. No, perché se non era almeno una
Ferrari… mi serviva qualcosa di
veloce ed aerodinamico, per potermi schiantare meglio in caso di
bisogno.
- Bhe,
in realtà è un pick-up, un Chevy.
Ahhhh,
beeeeneeeee!!!
- Dove
l’hai trovato?
- Ti
ricordi Billy Black, quello che sta a LaPush?
“Uno:
cosa ti fa pensare che io sappia cos’è LaPush.
Due: no, non mi ricordo di
nessun Billy Black.”
- No.
Risposi,
secca, e al diavolo il tatto, la sensibilità e tutto quel
genere di cose.
- Veniva
da noi quando andavamo a pescare d’estate.
“Ok,
basta, non voglio ricordare!”
- è
finito sulla sedia a rotelle. – continuò Charlie.
“Oh,
poverino, sapessi quanto mi dispiace” pensai, sarcastica.
- E
non può più guidare, perciò mi ha
offerto il pick-up a un prezzo davvero basso.
“Non
sarà che il prezzo è basso perché il
pick-up fa schifo, magari?” non è che
volessi fare la guastafeste, però avevo un’idea
del genere di macchina che
Charlie mi avrebbe comprato.
- Di
che anno è?
Chiesi.
Silenzio imbarazzato di Charlie. “aha, ti ho
beccato!” pensai, trionfante.
- Bhe…
Billy gli ha sistemato il motore per bene… ha giusto qualche
annetto, ecco.
Ceeerto.
E si aspettava anche che gli credessi? Ecco un altro personaggio scemo
di
questa storia, ragazzi.
- Quando
l’ha comprato?
- Nel
1984.
- Nuovo?
- Bhe…
no, penso che fosse nuovo nei primi anni sessanta o nei tardi anni
cinquanta.
“Haha,
ma che bella battuta. Sto morendo dal ridere
papy…” primi anni sessanta? Tardi
anni cinquanta? Ma che, gli aveva dato di volta il cervello?
- Char…
papà, io di auto non so niente… se si rompesse
qualcosa non saprei dove mettere
le mani e non potrei permettermi un meccanico…
Tutte
scuse perché riprendesse quel pezzo di antiquariato e lo
riportasse da dove
veniva.
- Sul
serio, Bella, quell’aggeggio va alla grande. Mezzi
così robusti non li
fabbricano più.
Cercò
di giustificarsi Charlie. Si, si, che dicesse pure quello che voleva,
l’allocco. Gliel’avrei mostrato io quanto era
robusta una spranga di metallo in
testa se non avesse provveduto immediatamente a far sparire il pick-up.
- Per
prezzo basso cosa intendi?
Gli
chiesi poi, domandandomi se avrei dovuto rapinare una banca o se
sarebbe
bastato svaligiare un negozio di giocattoli per pagare il pick-up.
- Bhe
cara, più o meno te l’ho già comprato,
come regalo di benvenuto.
Mi
disse Charlie. E si aspettava anche che fossi contenta? Mi aveva
comprato una
macchina schifosa e mi aveva pure privato del divertimento di una bella
rapina
a mano armata. Ah, questi genitori… non capiscono una banana
della vita.
- Non
ce n’era bisogno papà, mi sarei comprata una
macchina con i miei soldi.
Chissà,
magari ero ancora in tempo per fargli riportare il pick-up a quel Billy
Black.
E invece no, avevo sopravvalutato la monocellula di mio padre.
- Non
m’importa. Voglio che tu qui sia felice.
“Oh,
ma che romantico, trovatemi un fazzoletto per piangerci
dentro”. Lo ringraziai
e poi misi il muso. Durante il viaggio in macchina papà fece
qualche
osservazione sul tempo ed io gli risposi, ma l’unico
argomento di conversazione
riguardo le condizioni atmosferiche, a Forks, era la pioggia, per cui
non c’era
un gran che da dire. A parte”che schifezza”
s’intende. Ma neanche io arrivai a
tanta perfidia.
Quando
arrivammo a casa potei finalmente vedere il mio fantastico regalo.
Bhe,
una cosa in comune con le Ferrari ce l’aveva: era rosso.
- Ehi,
papà, è fantastico, grazie!!!
Esclamai,
fingendomi contenta: ormai avevo capito che non c’era modo di
disfarmi di quel
carro armato fabbricato nella prima metà del novecento o
giù di lì.
- Sono
contento che ti piaccia…
Balbettò
Charlie. Poi portammo la mia unica valigia di sopra, nella mia vecchia
cameretta (Charlie si perse dei ricordi della mia prima infanzia, si
vedeva
dalla sua faccia, ma almeno ebbe il giudizio di non fare commenti ad
alta
voce). Prima di defilarsi (aveva una paura matta che gli chiedessi di
aiutarmi
a disfare le valige, lo scansafatiche) Charlie ci tenne a ricordarmi
che
avevamo un solo bagno. Evviva. Che gioia. Bhe, voleva dire che mio
padre
avrebbe dovuto costruirsi un wc in giardino. Cominciai a mettere via i
tre
vestiti che c’erano nella valigia, pensando a cose orribili.
Un esempio? La
scuola. Bhe, mi sembra che la scuola sia abbastanza orribile come
argomento,
no?
Infatti
quel tesoro di Charlie aveva pensato bene d’iscrivermi alla
scuola locale, così
il giorno seguente avrei dovuto rinchiudermi in una classe. Ma dio, non
poteva
aspettare un po’? Dov’era andato a finire il caro,
vecchio periodo di
ambientazione??? Bho…
E
tra
parentesi, la scuola superiore di Forks aveva circa otto
studenti, più
cinque vampiri, più io, che non rientro in nessuna categoria.
Insomma, le
possibilità di trovare un ragazzo figo erano un
po’ scarsette, non vi pare?
Adesso non mi metterò a calcolarvi la percentuale esatta,
abbiate pietà di me,
che in matematica ho sei solo perché sono brava a copiare!
Dopo
aver fatto quelle inquietanti riflessioni sul livello medio di bellezza
dei
ragazzi di Forks, decisi di andare in bagno a commiserarmi un
po’ davanti allo
specchio. Allora: ero pallida come una mozzarella (tutta colpa di mamma
che non
mi voleva far fare le lampade) poi avevo gli occhi marroni (diciamo
color del
cioccolato, va’, che sennò mi veniva in mente un
altro paragone non altrettanto
educato) e i capelli castani, cioè sempre marroni. E che
maroni!!! Io volevo i
capelli rossi (come Edward) e gli occhi blu (come una ragazza con gli
occhi
blu, scusate la mancanza di fantasia). Uffa che depressione!!!
Scendendo le
scale per tornare in camera ne approfittai per inciampare, procurandomi
una
botta sufficientemente dolorosa. Bene, ora potevo anche andare a
dormire.