Questa fiction si è classificata prima (*______________* ancora non ci credo!) al contest sull'erotismo indetto da Rota23.
Per me è stata una grossa sorpresa, non me l'aspettavo assolutamente *_*
E' la mia prima SasuSaku lemon... spero l'apprezzerete! ^^
Grazie a princess21ssj per i bannerini (splendidi! **) a Rota23 per aver indetto un concorso così bello e per la velocità nel postare i risultati ^^
E complimenti a tutte le partecipanti ^_^ appena possibile leggerò le vostre ficchy, promesso! *W*
Vi lascio alla lettura ^^
-Autore:
Red
Diablo
-Titolo: I Can’t Touch You… Or I Can?
-Genere: Romantico, Erotico
-Rating: Arancione
-Personaggi e combinazione: Sasuke/Sakura, ciliegia/dita
-Avvertimenti: Lemon; One-shot
-Riassunto (facoltativo): Sasuke e Sakura sono troppo
diversi per toccarsi:
lui un traditore, lei un ninja medico. Ma forse basta una ciliegia a
risolvere
il problema…
-Commento (facoltativo): è la prima storia erotica
che scrivo e la prima
volta che utilizzo il SasuSaku… mi sono divertita a
scriverla e spero che il risultato
sia buono. ^_^
La
soda buccia scarlatta cedette con uno
schiocco sotto i suoi denti, inondandole il palato con la polpa morbida
e
saporita.
La
kunoichi dai capelli rosa masticò
lentamente la ciliegia, godendosi il suo sapore dolciastro.
Era
contenta di poter finalmente gustare
qualcosa che non fosse amaro: gli sembrava che ultimamente la sua vita
avesse
il sapore della stricnina.
Naruto
era partito, Tsunade-sama la
massacrava tutto il giorno con i suoi allenamenti, e l’aria
al villaggio si era
fatta gelida e immobile da quando…
Un’improvvisa
diga sbarrò il flusso dei
suoi pensieri.
Inutile.
Non
riusciva neppure a pensarlo.
Si
servì di un’altra ciliegia dal
paniere, accantonando quel pensiero fastidioso ai limiti della mente.
Da
quando Sasuke li aveva abbandonati.
Scosse
la testa, serrando bruscamente i
denti.
Le
mascelle si contrassero con troppa
forza: non si limitarono a spezzare il frutto, ma sbriciolarono persino
il
seme, spruzzandole in bocca il suo sapore acido.
La
kunoichi sputacchiò schifata il
nocciolo amaro, mandando al diavolo la cattiva sorte che sembrava non
avere
niente di meglio da fare che perseguitarla giorno e sera.
-Sakura
che mangia le ciliegie, che
originalità!- la canzonò una voce roca, con
un’ironia fredda e senza allegria.
La
ragazza lanciò un’occhiata all’altro
occupante della stanza. Sasuke, come evocato dai suoi pensieri, era
apparso nel
rettangolo della finestra aperta.
L’Uchiha
aveva abbandonato il villaggio… ma per un qualche motivo che
lei non riusciva a
capire, continuava a venirla a trovare, tutte le sere.
Per
questo quella finestra aveva sempre le imposte spalancate.
-Non
dovresti essere qui- borbottò, per
nulla sicura delle sue parole.
Sasuke
le indirizzò uno sguardo
furfantesco.
-Allora
perché non mi dici di andarmene,
Sakura?- la provocò.
L’Haruno
gli diede la schiena con un
gesto stizzito, tornando a concentrare la sua attenzione sul cesto
ricolmo di
frutti cremisi.
Era
furbo, maledettamente furbo.
Sapeva
che lei non gli avrebbe mai
chiesto di andarsene.
L’Uchiha
decise di prendere il silenzio
dell’ex compagna di squadra come un’autorizzazione
ad entrare, e scivolò fluido
dal davanzale al salotto, richiudendo dietro di sé la
finestra con un rumore
ovattato.
L’Haruno
si concesse qualche secondo per
contemplarlo: era cambiato notevolmente da quando era partito da Konoha.
La
mascella si era fatta più
pronunciata, quasi per accordarsi con la durezza degli occhi
d’ebano e
l’immobilità delle espressioni facciali. I capelli
corvini erano diventati più
ispidi e ribelli, proprio come l’animo del giovane, ormai
degenerato nell’acido
della vendetta. I muscoli ben definiti erano segnati in più
punti dalle
conseguenze dei duri allenamenti cui si sottoponeva: sottili cicatrici
martoriavano il petto marmoreo, e alcuni lividi scuri interrompevano
violentemente il candore dell’epidermide.
Una
bellezza scultorea, inselvatichita
da ferite ed ecchimosi: era il prototipo perfetto del bello e
dannato… anche se
Sakura non riusciva a decidere se fosse più bello o
più dannato.
Trattenne
un sospiro tra i denti.
Lei
invece non era maturata per nulla:
di fianco a lui continuava sempre a sentirsi inadeguata, come un aborto
di
fango in confronto ad una statua d’oro.
I
suoi lineamenti avevano ben poco della
perfezione che vantavano quelli dell’Uchiha, e il suo fisico
non era certamente
sviluppato come avrebbe gradito: i
suoi
occhi iper-critici vedevano il seno troppo piccolo, i fianchi troppo
larghi e
la pancia troppo gonfia.
Neppure
i capelli passavano il suo
spietato esame: troppo piatti, troppo secchi, troppo rosa.
Lui
sembrava un disegno creato da un
angelo… lei invece assomigliava ad un quadro astratto
realizzato da un artista
daltonico e sbronzo.
Sakura
stese le braccia sul tavolo,
poggiandovi sopra la testa: si chiedeva davvero cosa spingesse
l’Uchiha a
tornare da una ragazza insignificante come lei.
Il
fruscio dei vestiti del ragazzo la
avvisò che Sasuke si stava avvicinando a lei. Il suo cuore
reagì
istantaneamente a quell’informazione, cominciando a batterle
in simultanea nel
petto, nelle orecchie e nella gola.
Le
dita dell’Uchiha le passarono a pochi
centimetri dal viso per poi affondare nella marea scarlatta contenuta
nel
cestino.
-Come
mai ti piacciono tanto le
ciliegie?- domandò monocorde lui, afferrandone una e
portandosela al viso come
se volesse analizzarla.
-Perché…
perché sono buone!- scattò la
kunoichi, colta alla sprovvista.
Provò
l’improvviso desiderio di sbattere
la testa contro il muro: perché ogni volta che il suo cuore
sprofondava nel
delirio decideva di trascinarsi dietro anche il cervello?
L’Uchiha
rigirò qualche volta la
ciliegia tra le dita prima di distogliere i suoi pozzi di petrolio dal
frutto
lucido e inchiodarli nei laghi smeraldo della giovane.
Il
respiro della kunoichi si arrestò
così violentemente da ghigliottinarle la gola,
paralizzandola.
-Sakura…-
mormorò vellutato l’Uchiha.
–Questa sarà l’ultima volta-
Il
cuore stoppò bruscamente il suo
furioso tamburellare per sprofondare fino ai piedi, lasciandole il
petto vuoto
e freddo.
-L’ultima?-
ripeté, sbarrando gli occhi
smeraldini.
-D’ora
in poi non potrò più tornare a
Konoha- spiegò lui, riportando le sue iridi nere sulla
ciliegia. –Ho già
rischiato abbastanza tutte queste volte-
Sakura
sentì un enorme masso piazzarsi
in gola, bloccandole il respiro. Cercò di deglutire
l’enorme ingombro, passando
contemporaneamente le mani sui bicipiti: sembrava che una tormenta di
neve
avesse sostituito il calore che le aveva pulsato nel petto fino a pochi
attimi
prima.
-Capito-
comunicò, atona. –Quindi tanti
saluti e tanti baci-
Di
nuovo il desiderio di rompersi la
testa contro le pareti: possibile che i suoi neuroni non sapessero fare
altro
che produrre cavolate?
Un
lampo di malizia guizzò negli occhi
dell’Uchiha.
-Baci?-
chiese, poggiando un gomito sul
tavolo in modo da trovarsi con il viso alla stessa altezza di quello
della
kunoichi. –Baci dove?- insistette, facendo rotolare la
ciliegia tra le dita.
La
ragazza si trattenne a stento dal
sussultare: il suo cuore reagì immediatamente alla vicinanza
del giovane,
risalendo in un lampo dai piedi allo sterno, e riprendendo a battere
come un pazzo.
-In
faccia- rispose lei; se quello
stupido muscolo avesse continuato a picchiare con quel ritmo, le
avrebbe
sicuramente spezzato una costola.
-In
faccia dove?- si ostinò lui,
avvicinandosi impercettibilmente.
-Sulle…
guance?- tentennò la ragazza.
Un
sopracciglio del moro scattò verso
l’alto.
-Sei
rimasta ai tempi dell’accademia,
Sakura…- la prese in giro con la sua consueta freddezza.
-Allora…
in fronte?- tentò di nuovo la
kunoichi.
-Come
ai malati per misurare la febbre-
le fece notare lui.
Sakura
lo fissò confusa: dato che
l’Uchiha aveva mantenuto inalterata la sua espressione
impassibile, non
riusciva a capire se le sue risposte lo divertissero o lo irritassero.
-Sul
naso?- provò di nuovo.
-Sul
naso?- le fece eco lui, alzando le
sopracciglia con fare arrogante.
-Dove
ti pare!- sbottò lei, ormai
prossima all’esaurimento: l’eccessiva vicinanza
dell’Uchiha, contornata da
quella fastidiosa sequela di domande, aveva un brutto effetto sfibrante
sui
suoi nervi.
-Dove
mi pare…- meditò lui, gustandosi le
parole come un gatto che si lecca i baffi prima di avventarsi sul
topolino. –Mi
piace questa cosa dei baci dove voglio io…-
Fulmineo,
l’Uchiha accostò il viso a
quello della kunoichi.
Sakura
avvertì il rossore impadronirsi
violento delle sue guance: poteva sfiorare con il suo il naso del
ragazzo,
poteva avvertire il suo respiro sulla pelle, poteva specchiarsi nelle
iridi di
pece…
Qualcosa
toccò la sua bocca, ma non
erano le labbra del giovane: era la ciliegia, che l’Uchiha le
teneva premuta
sulle curve scarlatte con due dita.
-Spiacente,
Sakura- si rammaricò lui,
allontanando il viso. –Noi non possiamo avere
legami… lo sai questo, no?-
La
ragazza scartò di lato con il viso,
maledicendo la sua idiozia: figurarsi se il grande Sasuke Uchiha si
sarebbe
abbassato a baciare una misera ragazzina come lei!
La
rabbia si condensò in lacrime
brucianti agli angoli degli occhi, che la kunoichi rispedì
indietro a far
compagnia al groppo che le annodava la gola.
-Certo-
ringhiò lei, nascondendosi
dietro la tendina rosa dei capelli. –Perché noi
siamo nemici-
-Esatto…-
asserì lui. –Per questo non
possiamo legarci tra noi…-
Le
azioni del giovane discordavano però
dalle sue parole: allungò una mano verso il viso contratto
di rabbia della
ragazza e, con una leggera pressione sulla guancia levigata, la
costrinse a
voltarsi.
Sakura
lo fissò con occhi lucidi di
lacrime trattenute, mentre avvertiva i polpastrelli
dell’Uchiha carezzarle con
rude gentilezza gli zigomi.
Quelle
non erano dita adatte a portare
gli anelli dell’amore eterno, né ad essere
annodate dal filo rosso del destino:
erano le dita di un vendicatore, idonee a stringere armi e macchiarsi
di
sangue.
L’Haruno
spostò lo sguardo sulle sue
mani: le sue dita invece erano lunghe, affusolate, nate per ricucire
ferite e
somministrare medicinali.
Sakura
strinse amareggiata i pugni:
erano diversi in tutto, persino in quell’ammasso di falangi,
carne ed unghie.
L’Uchiha
osservò in silenzio la rosa:
aveva dei lineamenti troppo dolci per essere tormentati dalle angosce
che lui
le infliggeva con la sua presenza o la sua assenza, degli occhi troppo
puri per
posarsi su feccia traditrice, un animo troppo nobile per scendere nella
fossa
lurida in cui era sprofondato il suo.
Eppure
non riusciva ad allontanare i
polpastrelli dal volto di lei.
E
pensare che poco tempo prima aveva
avuto tra quelle stesse dita il destino
dell’Haruno… sarebbe bastato un suo
gesto, e lei sarebbe diventata una criminale ricercata pur di seguirlo.
Distolse
le dita dagli zigomi della
kunoichi e sentenziò:
-Non
possiamo toccarci… lo sai, no?-
Sakura
annuì, nascondendo il disappunto
dietro la lunga frangia rosata.
Sasuke
tornò a giocherellare con la
ciliegia… e proprio osservando quel frutto un’idea
gli balenò nella mente.
Afferrò
la ciliegia tra due dita e fece
passare la buccia liscia sulla guancia della giovane.
-Sasuke…
cosa?- chiese lei, spiazzata.
-Non
ti sto toccando- le fece notare
lui. –E’ la ciliegia-
Sakura
sorrise: il ragazzo non la stava
sfiorando direttamente, ma poteva avvertire il calore delle dita di lui
a
pochissima distanza dalla sua pelle.
-Così
va bene- accordò la kunoichi.
Un
sorriso scaltro incurvò le labbra
dell’Uchiha.
Sakura
non riuscì a capire esattamente
cosa stesse succedendo: sentì una mano afferrarla da dietro
le ginocchia e
un’altra poggiarsi in mezzo alle scapole; l’istante
successivo la stanza roteò
attorno a lei, e si arrestò solo quando la ragazza si
ritrovò sbattuta sul
divano, bloccata sull’imbottitura morbida dal peso del ninja
a cavalcioni sopra
di lei.
-Sa-Sasuke…-
tartagliò, mentre un enorme
allarme rosso e lampeggiante cominciava a strillare nel suo cervello:
“Pericolo! Attacco sexy! Dieci secondi alla perdita di ogni
facoltà razionale!”
-Tanto
vale stare comodi, no?- propose
lui, incatenandola con le sue iridi onice.
Sakura
boccheggiò a vuoto: era troppo
impegnata a seguire lo scontro tra la mente e gli occhi per articolare
qualcosa
di intellegibile.
“Non
dovete fissarvi lì, ma più su!”
sberciavano i neuroni rimasti.
“Facile
a dirsi!” protestavano le iridi
cristalline, ipnotizzate dai muscoli che si intravedevano dai lembi
aperti del
kimono.
-Ci
sei ancora, Sakura?- la richiamò
lui, spostando lo sguardo per vedere dove miravano gli smeraldi della
ragazza.
-Sì!-
lei quasi strillò, riportando
bruscamente gli occhi sul viso del giovane.
Sasuke
trattenne a stento un ghigno
divertito: era incredibile quanto la sua presenza fosse deterrente per
l’apparato nervoso della giovane.
Sakura,
intanto, si malediceva
mentalmente per le sue reazioni esagerate: che bisogno c’era
di agitarsi come
un’isterica? In fondo, aveva solo un metro e mezzo di
bellezza virile allo
stato puro messo bocconi su di lei, con i pettorali scoperti dal kimono
allentato, il viso che la scrutava dall’alto con
quell’aria indifferente e
maliziosa al tempo stesso…
“D’accordo,
forse sono giustificata”
pensò, cercando di ignorare le ginocchia di lui che le
premevano ai lati delle
anche.
L’Uchiha
fece passare il gambo della
ciliegia attraverso il foro della zip e, tirando il picciolo, fece
scorrere la
linguetta di metallo lungo la cerniera: la maglia rossa della ragazza
si
schiuse come una ninfea.
Sakura
avvampò, ritrovandosi con gli
orli dell’abito spalancati e il reggiseno in bella vista.
Non
riuscì a sostenere lo sguardo
dell’Uchiha che vagava lento sul suo corpo, esaminando con
minuzia il suo
fisico.
Chissà
come apparivano le sue forme al
ragazzo… lei le trovava imbarazzanti, sproporzionate, troppo
piccole in certi
punti e troppo accentuate in altri; per di più il reggiseno
che indossava non
era il migliore del suo repertorio…
Trasalì
quando la fredda buccia del
frutto scese a calcarle la linea della mascella sottile.
Da
lì le dita esperte dell’Uchiha fecero
rotolare la ciliegia lungo il collo, sulla linea della clavicola, nella
conca dello
sterno, sul profilo della pancia piatta.
Sakura
si aggrappò con le mani al copri
divano: sentiva la temperatura corporea salire ad ogni battito del
cuore, ad
ogni passaggio di quella ciliegia sulla sua pelle, ad ogni tocco appena
accentuato delle dita del ragazzo.
Sasuke
le indirizzò un’occhiata allusiva
prima di portarsi il frutto alle labbra e sfiorarlo con la lingua.
Sakura
avvertì un nuovo fremito quando
la scorza umida le ridisegnò il bordo tondeggiante dei seni
e si insinuò
lasciva sotto la coppa del reggipetto.
Era
quasi una tortura: sentiva le dita
dell’Uchiha incredibilmente vicine alla sua pelle, tuttavia
non la carezzavano
mai direttamente, separate da quell’ostacolo vermiglio.
E
il seducente supplizio non era ancora
finito.
Sasuke
staccò con un colpo secco il
gambo della ciliegia e strinse con delicatezza il frutto tra i denti.
Sakura
tremò quando si sentì lambire il
lobo dell’orecchio dalla buccia lucida e dalla punta del naso
dell’Uchiha in
contemporanea; il respiro del ragazzo seguì la carotide e
scese a solleticarle
lo sterno, facendo fluire lentamente i contorni sferici della ciliegia
nell’avvallamento tra i due seni e proseguendo la discesa
fino all’ombelico.
Ripassò
il disegno degli addominali per
poi risalire e ridefinire il profilo sensuale del petto.
-S-Sasuke-
ansò, rovesciando la testa
all’indietro quando l’Uchiha passò ad
accarezzare con la scorza fresca il
profilo del collo, per poi posarle con delicatezza la ciliegia sulla
bocca.
Sakura
schiuse le labbra a contatto con
il frutto dolce: la bocca dell’Uchiha era alla distanza di
una ciliegia dalla
sua.
Era
talmente vicino che riusciva a
sentire il suo odore stuzzicate stimolarle le papille gustative, come
il
profumo di una pietanza incredibilmente appetibile.
Desiderosa
di accorciare lo spazio che
li divideva, Sakura affondò i denti nella ciliegia fino al
nocciolo, dimezzando
così l’infima distanza.
Le
loro labbra entrarono in un contatto
superficiale, ancora ostacolato dalla presenza della frutto.
Sasuke
imitò la ragazza, morsicando la
polpa ancora attaccata al seme.
La
successiva mossa dell’Haruno lo colse
totalmente impreparato: le dita della giovane si strinsero agli orli
dischiusi
del kimono, attirandolo con più forza su di sé.
Il
giovane fece appena in tempo ad
avvertire il pizzo del reggiseno solleticargli la pelle e il morbido
contenuto
dell’intimo premere contro i suoi pettorali di ferro prima
che la lingua della
giovane azzerasse ogni altra percezione, introducendosi tra le sue
labbra e
spingendogli in bocca il nocciolo.
La
ragazza scostò il viso quel tanto che
bastava per vedere il giovane portarsi meravigliato una mano sulla
bocca ancora
calda del sapore della kunoichi.
-Non
ti ho toccato- evidenziò lei,
spostando lo sguardo sulle dita intrecciate al tessuto del vestito
dell’Uchiha.
–E non ti ho baciato: è stato il nocciolo-
argomentò, lanciandogli un sorriso
malizioso.
Le
iridi del ragazzo scintillarono
compiaciute mentre l’Uchiha si rigirava il seme in bocca.
Complice
del gioco intavolato dalla
giovane, Sasuke rapì nuovamente le labbra della ragazza con
le sue, passandole
il nocciolo.
Sakura
si staccò per riprendere fiato
prima di rigettarsi in quell’inseguimento tra seme, labbra e
lingue.
Presi
com’erano dal ritmo frenetico di
quel gioco anticonformista, quasi non si accorsero che le loro mani
avevano
cominciato a svagarsi in un altro modo, come se reclamassero lo stesso
divertimento di cui stavano godendo le bocche: Sakura
arpionò con le dita i
bordi del kimono di lui, facendoli scendere lungo le braccia dai
muscoli ben definiti
del ragazzo fino a lasciarlo a torso nudo; le sue mani si deliziarono
per
qualche istante percorrendo bramose il fisico statuario del giovane,
per poi
calare verso il basso e cominciare ad armeggiare con la cintura
violacea del
ninja. Seguendo l’esempio di quelle di Sakura, anche le dita
di Sasuke
cominciarono a ricercare il loro piacere: corsero dapprima ad
abbracciare la
schiena della giovane insinuandosi all’interno della maglia
aperta, provocando
dei fremiti nella kunoichi tramite una sapiente stimolazione della
spina
dorsale; insoddisfatte, risalirono la pancia piatta della giovane fino
a
giocare lussuriose con i suoi seni, scostando velocemente
l’intralcio del
reggipetto; ancora non contente dei brividi che attanagliavano la
ragazza ad
ogni loro provocazione, scesero lungo i fianchi della giovane per poi
scorrere
voluttuose all’interno delle gambe sottili di lei,
avvicinandosi sempre più a
quel luogo inviolato…
Sasuke
fu il primo a liberarsi da quella
caccia provocante, distanziandosi dalla ragazza in modo da fissare i
suoi occhi
di carbone in quelli dello stesso colore delle foglie in estate.
-Sakura…-
ansimò, risistemando rapido il
kimono e la cintura quasi slacciata. –Non
possiamo…-
La
kunoichi si portò un pugno chiuso
alle labbra e vi sputò dentro con discrezione il nocciolo.
Socchiuse
con rassegnazione le palpebre,
bloccando in gola un sospiro amaro e rimettendo al suo posto il
reggiseno, che
era salito a farle da sciarpa.
Non
era cambiato nulla: lei era sempre
quella che correva dietro all’Uchiha come un cagnolino
abbandonato, e lui era
sempre quello che la rifiutava all’ultimo momento.
-Perché?-
domandò lei, colpendolo con le
sue iridi ormai prossime alle lacrime. –Perché sei
tornato, Sasuke?-
Sarebbe
riuscita a rassegnarsi molto
prima se lui non si fosse ripresentato ogni sera a farle visita. Il suo
cuore
sarebbe riuscito a trovare la pace se lui non lo avesse agitato con le
sue
capatine notturne.
Si
era illusa di contare qualcosa per lui,
dato che era l’unica nell’intero il villaggio con
cui avesse mantenuto un
legame… e invece era tutto come quella sera: lei gli aveva
gridato tutti i suoi
sentimenti e lui aveva liquidato la questione con un semplice
“grazie”.
Tutto
invariato: lei il corridore
stremato, lui la meta irraggiungibile.
L’Uchiha
le posò le labbra sulla fronte,
scatenando una nuova reazione scalmanata nel sangue di lei, che
ribollì feroce
nelle vene.
-Non
ci arrivi da sola?- mormorò,
muovendo le labbra sulla sua pelle candida. –Dannazione,
Sakura… eppure lo sai
che non sono un tipo loquace…-
La
kunoichi non ebbe tempo di replicare:
le sue parole s’infransero sulle labbra
dell’Uchiha, che cominciarono a
stuzzicare le sue senza l’intermediario del nocciolo.
Sakura
rimase così spiazzata da quel
bacio improvviso che non riuscì a replicare neppure alla
successiva
affermazione dell’Uchiha:
-Dovrai
farti bastare questo-
Il
ragazzo notò la mano della giovane,
abbandonata vicino ai capelli rosa.
Accostò
le sue dita a quelle della
kunoichi, fino a che esse furono così vicine da poter
sentire il calore
reciproco.
Ma
nessuno dei due osò annullare quella
minuscola distanza, perché in quei pochi millimetri erano
racchiuse troppe
differenze: le sue dita da assassino contro quelle guaritrici di lei,
la
bramosia di vendetta del ragazzo contro il desiderio d’amore
della giovane, i
sogni spezzati del moro contro le speranze infondate della
rosa…
L’Uchiha
fu lesto a scostarsi: Sakura si
sentì alleggerita dal suo peso senza quasi rendersene conto.
Il
ragazzo si diresse alla finestra e la
scavalcò senza dire neppure una parola.
Come
sempre, quando Sasuke Uchiha
decideva che una conversazione aveva termine non dava modo a nessuno di
replicare.
Sakura
si accostò alla finestra con la
maglia ancora aperta sul reggiseno.
Appoggiò
le mani al balcone gelido,
mentre la fine brezza serale le faceva venire la pelle d’oca
sul ventre nudo.
Ricercò
irrequieta un segno della sua
presenza nelle vie in ombra, nella vegetazione che le circondava, sui
tetti
disegnati dai raggi lunari… le sarebbe bastato scorgere un
ramoscello spezzato,
oppure intravedere il contorno bianco del kimono, o almeno avvertire
una nota
del suo profumo silvestre…
Nulla.
Se
ne era andato. E, questa volta, in
modo definitivo.
Sakura
abbassò mestamente la testa,
avvolgendo le dita alla maniglia della finestra, il varco di vetro
attraverso
cui lui era passato per farle visita tutte quelle sere…
Le
imposte si chiusero con un rumore
secco.
Un
sottile raggio di luce trapelò dalle
finestre sporche e si insinuò furtivo tra le palpebre
serrate della kunoichi,
obbligandola a schiuderle.
Sakura
strizzò gli occhi, mugugnando
infastidita per quell’intrusione luminosa nel suo sonno.
Si
passò una mano tra gli spettinati
capelli rosa, coprendosi con le lenzuola che erano scivolate sui
fianchi.
Aveva
fatto un sogno bizzarro...
bizzarro come solo i ricordi possono essere.
Sakura
aprì le gambe a compasso,
crogiolandosi nel tepore delle coperte.
Una
mano si congiunse alla sua,
intrecciando le dita.
-Ben
svegliata- la salutò freddamente
una voce roca.
Sakura
sorrise, osservando
quell’intreccio perfetto di falangi: le loro dita sembravano
nate per restare
unite.
La
kunoichi si accoccolò al petto del
giovane che occupava con lei quel letto sgangherato, avvolgendo con le
gambe il
bacino di lui.
Era
bastato cancellare le differenze che
li separavano per far sì che le loro dita si congiungessero,
così come i loro
destini: Sakura aveva rinunciato al copri fronte di Konoha in favore
della
stoffa grezza di quel kimono che gridava
“tradimento” da ogni piega, e che ora
giaceva abbandonato in un angolo assieme a quello del ragazzo.
Aveva
seguito Sasuke nel covo di
Orochimaru, affermando che il nukenin avrebbe potuto aver bisogno
dell’aiuto di
un altro ninja medico, oltre a Kabuto, per prendere possesso del corpo
dell’Uchiha.
Ovviamente
non aveva detto al pallido
individuo che avrebbe preferito strangolarsi con le sue stesse mani
piuttosto
che aiutarlo a portare a termine il suo malsano progetto.
Così
come non aveva rivelato a Sasuke
che mirava a distoglierlo pian piano dalla sua meta di vendetta.
Ma
non c’era fretta.
Lei
era Haruno Sakura, e sicuramente,
prima o poi, sarebbe riuscita a riportare l’Uchiha sulla
retta via.
Perché
le loro dita non avevano più
motivo di restare separate: ora poteva stringergli la mano, e, tramite
quella
stretta, poteva ricondurlo sulla strada giusta.
Ma
al momento c’era qualcosa di molto
più urgente da fare…
-Sasuke?-
mormorò, lanciandogli uno
sguardo felino.
-Mh?-
mugugnò lui.
-Pensavo…-
sussurrò lei, maliziosa. -Mi
è venuta una gran voglia di ciliegia…-