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Autore: The_Grace_of_Undomiel    19/07/2016    3 recensioni
"Nei secoli passati, nella terra di Erendithum non prosperava la pace, ma era soggetta a guerre continue. I Regni più in contrasto in assoluto erano Il Regno dei Desideria e il Regno dei Mildriend, chioma rossa. Per molto tempo tra queste due popolazioni ci fu furono guerre e battaglie sanguinose, fino a quando non si giunse ad una faticosa pace, suggellata dal matrimonio del principe Desideria, Dawmanos e la principessa Mildriend, Fhanys. Purtroppo, questa pace non fu destinata a durare a lungo. Infatti una nuova minaccia sorse dal Regno degli Alkres, che tentò di usurpare il Regno dei Desideria e dei Mildriend, per ottenere la supremazia massima. Ma dopo una guerra lunga e violenta, il Regno degli Alkres fu sconfitto e confinato in una dimensione a noi sconosciuta per opera della Maga Ailenia. Sventata anche questa minaccia, si visse nuovamente in pace e armonia. Alla tragica e misteriosa morte dei due sovrani, salirono al trono il fratello del Re, Moron, e la sua consorte, Alidiana. In seguito a ciò, si scatenò nuovamente un conflitto con i Mildriend, popolo divenuto ribelle e pericoloso. La popolazione venne a lungo perseguitata fino a quando la razza dei Mildriend non scomparve"
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I ribelli di Neamh

Ti conviene stare fermo, piccolo lurido inetto, o ti staccherò entrambe le braccia dal corpo”
 
La voce alle sue spalle risuonò bassa e rabbiosa, parole sputate a stento da quell’ira impulsiva tipica di una persona che degli istinti aveva fatto una ragione di vita. Due enormi mani ruvide e ricoperte di calli si trovavano strette intorno alle spalle del Mildriend, bloccato in una presa ferrea e dolorosa. Tentò di protestare e di voltare il capo verso lo sconosciuto, ma un sospetto scricchiolio proveniente dalla sua scapola lo costrinse a tacere.
“Azzardati a prenderti gioco di me e ti ammazzo, moccioso”
“Non ucciderai proprio nessuno, invece”
A pochi metri dall’individuo Keira sguainò le sue fidate spade, lo sguardo gelido e il tono di voce severo. Lo sconosciuto che teneva immobilizzato Khaled era forse l’uomo più grosso e robusto che la guerriera avesse mai visto in tutta la sua vita; il volto non era visibile, nascosto dal cappuccio, e il corpo era avvolto in uno striminzito mantello verde bosco che a stento riusciva a coprire la sua stazza, così imponente rispetto a quella snella e slanciata del Mildriend tra le sue grinfie.
Un ampio e storto ghigno emerse sul viso seminascosto dell’individuo, in risposta all’ammonimento di Keira e alla posizione d’attacco e guardinga –nel caso di Astril, intimorita- dei restanti membri del gruppo.
“Chiudi la bocca, femmina. Non sei nelle condizioni per intervenire, nessuno di voi lo è, perciò fareste meglio a tacere e ad abbassare le armi, a meno che non vogliate perdere una parte del corpo o due”
La guerriera non accennò neppure un lieve sobbalzo quando la fredda punta di una spada si andò ad appoggiare lieve sul suo collo, limitandosi semplicemente a dardeggiare un’occhiata sui misteriosi individui, otto in totale, apparsi in un lieve fruscio di cespugli. Indossavano anche loro un mantello color verde bosco e il viso era celato dall’ombra del cappuccio. Calzavano stivali di cuoio usurati e in mano stringevano spade di fattura non particolarmente pregiata ma comunque affilate, tutte puntate verso i loro volti.
“Forza, lasciate cadere le armi a terra” grugnì l’individuo che teneva prigioniero Khaled.
Idril, Astril e Nicklesh scambiarono fra loro una rapida occhiata per poi spostare lo sguardo su Keira, la quale, dopo qualche istante, ubbidì suo malgrado agli ordini dell’uomo. Le armi caddero al suolo una dopo l’altra e le figure avvolte nei mantelli se ne impossessarono immediatamente.
Khaled fremette di rabbia quando uno di questi gli sfilò la spada corta dalla cintola, ma la presa dell’uomo lo costrinse ancora una volta a contenere la sua ira. Dietro di lui l’individuo sogghignò malevolo, poi ordinò ai suoi sottoposti di bendare i prigionieri e di legare loro i polsi.
Sicuro che non potesse in alcun modo scappare l’uomo abbandonò la presa su Khaled, afferrò la corda che lo teneva legato e poi cominciò ad avanzare, strattonandolo. Tra una maledizione e  l’altra il giovane incespicò diverse volte tanta era la forza con cui l’uomo lo tirava, e solo dopo diverso tempo riuscì ad abituarsi all’andatura sostenuta.
Marciarono a lungo, avvolti nell’assoluto silenzio, talvolta interrotto dal fruscio dei cespugli e dallo scricchiolio di rami che venivano scostati. Non vi furono tentativi di ribellione durante il cammino, a eccezione di qualche movimento eccessivamente irrequieto di Khaled, quasi subito represso da uno strattone che per poco non lo aveva fatto cadere a terra. La rabbia e la frustrazione bruciavano nel petto come tizzoni ardenti insieme alla stessa odiosa sensazione di impotenza che aveva provato quando era stato tramutato in bambino. Non poteva fare nulla eccetto continuare ad avanzare, il suo destino e quello dei suoi compagni in mano a quei maledetti individui incappucciati. Strinse i denti con ira, immaginando di poterli infilzare uno dopo l’altro con la punta della sua spada.
Mentre la mente di Khaled ponderava massacri e vendette di ogni genere, quella di Nicklesh, così come quella di Keira, rifletteva e macchinava nel tentativo di elaborare un piano. Nulla tuttavia sembrava abbastanza efficace ed entrambi avevano raggiunto la conclusione che solamente Astril forse sarebbe stata in grado con le sue fiamme di infliggere dei danni o perlomeno di liberarsi, ma erano anche consapevoli che la principessa non avrebbe mai potuto agire in maniera così violenta.
Perciò, non avevano altra scelta che continuare ad avanzare.
Compresero di esser entrati in una zona differente quando brusii e mormorii concitati giunsero alle loro orecchie, segno che dovevano trovarsi circondati da persone, più precisamente in un accampamento, come suggerivano lo sfrigolare lontano di un focolare e il tenue odore di cibo.
Erano forse stati catturati da dei banditi? Ma allora perché non derubarli e ucciderli subito?
Khaled rincominciò a muoversi, voltando il capo da una parte all’altra irrequieto, quando un violento strattone quasi non gli staccò i polsi di netto, seguito a sua volta dal grugnito minaccioso dell’uomo, fermatosi all’improvviso.
“Mi hai proprio stancato, pidocchio. Dato che non vuoi star fermo ti darò io un motivo per dimenarti, così vedrai cosa si ottiene a disobbedire ai miei ordini” mollò bruscamente la corda a uno dei sottoposti, poi si schioccò le dita, il ghigno nella voce.
“Adesso ti spacco un braccio”
Khaled sobbalzò mentre l’energumeno si avvicinava, Astril e Idril proruppero in un gemito sconcertato e Nicklesh provò a intervenire, ma venne tirato indietro all’istante.
Nonostante i tentativi di sfuggirgli l’uomo era riuscito ad afferrare il braccio del Mildriend, pronto a torcerglielo, quando la voce scontrosa e palesemente infastidita di un ragazzo interruppe l’intero trambusto.
“Che accidenti sta succedendo qui, Uglòr?”
L’uomo chiamato Uglòr sibilò appena tra i denti, prima di voltarsi verso colui che aveva parlato, senza però abbandonare la stretta sul braccio di Khaled.
“Questi stranieri si stavano addentrando indisturbati nel nostro territorio, perciò ho pensato che fosse opportuno catturarli e...”
“…rompere un braccio a uno di loro, quando sai meglio di me che Jeal è totalmente contrario a questo genere di approcci, visti i suoi continui discorsi” proseguì, irritato “Comunque sia, ora che li hai portati sin qui dobbiamo risolvere la questione”
Si avvicinò al gruppo e, non tanto più gentilmente rispetto a Uglòr, afferrò la corda che teneva legato Khaled, il quale si concesse un breve sospiro di sollievo nel sentire che l’energumeno aveva lasciato la presa sul suo braccio, per poi ostentare immediatamente ostilità, questa volta nei confronti del nuovo individuo.
Egli ordinò agli altri di seguirlo, compreso Uglòr- ringhiante e borbottante- dopodiché si incamminò, mentre mormorii e sussurri vibravano incessanti nell’aria.
 
Dopo aver proseguito per qualche tempo, superando bisbigli, rumori cozzanti di spade e stuzzicanti aromi di cibo, si fermarono nuovamente e l’individuo che aveva in apparenza preso il comando affidò la sorveglianza di Khaled a uno dei sottoposti, dopodiché sparì dietro al rumore battente di una porta di legno, segno che doveva esser entrato in un edificio.
Il gruppo prigioniero attese fuori diversi istanti, con un Khaled ai limiti dell’impazienza e una Idril sempre più insofferente di quelle corde che le impedivano di muoversi liberamente e di quella benda che le celava il mondo.
Trascorsero ancora pochi minuti, poi udirono il cigolio della porta che veniva riaperta e con essa la voce del misterioso individuo.
“Lasciateli entrare uno per volta, poi potrete andarvene. Eccetto te, Uglòr” disse, ottenendo in risposta un grugnito quasi animalesco.
Come la compagnia venne condotta dentro un persistente aroma di legno unito al tipico odore di chiuso li avvolse con una calda vampata, dopodiché,  in seguito allo scalpiccio di passi e al rumore della porta che veniva ancora una volta chiusa, scese sull’ambiente un singolare silenzio carico di tensione e aspettativa.
“Scioglili le bende, ma se puoi evita di staccargli la testa”
“Non prometto nulla” ringhiò in risposta l’uomo, avvicinando le mani grosse e callose al volto di Khaled, che per un attimo si ritrasse irritato, una smorfia a piegargli le labbra, prima di lasciarsi liberare.
La cortina d’ombra che lo aveva avvolto per tutto quel tempo sparì d’un tratto e la luce proveniente da un punto indefinito quasi lo accecò, costringendolo a serrare le palpebre, così come tutti gli altri.
Non appena si furono riabituati compresero di trovarsi all’interno di una rudimentale baracca di legno rettangolare, le pareti e il soffitto mangiati in più punti dal tempo e dall’umidità. La mobilia era pressoché inesistente, alla loro sinistra vi era una piccola libreria di legno rovinata, con sopra meno di una dozzina di libri, dall’altro lato si trovava una struttura di media grandezza su cui erano appesa tre spade, due pugnali, un arco, una faretra con all’interno delle frecce e un’ascia.
Infine, dinanzi a loro, si ergeva un rudimentale tavolo di legno e intorno ad esso tre figure, due in piedi e una seduta.
La stazza mastodontica del primo e lo sguardo rabbioso fece loro intuire che dovesse trattarsi di Uglòr.
I capelli biondo sporco gli ricadevano stopposi sugli occhi neri e sul volto arcigno, sfigurato da una spessa cicatrice che partiva diagonalmente da uno zigomo sino a ricongiungersi con l’altro. Indossava una camicia bianco sporco aperta sul petto e un paio di brache color terra infilate negli stivali logori. Al cintola portava una spessa spada a doppio taglio.
L’espressione del secondo individuo, probabilmente il ragazzo che era intervenuto tempo prima, era decisamente meno torva di quella dell’uomo ma comunque severa e con un’impronta irritata. Le ciocche dei capelli corti e biondi erano sistemate verso l’alto e gli occhi castano scuro studiavano con attenzione i prigionieri. Indossava una maglia bluastra, sopra ad essa una cotta di cuoio e un paio di pantaloni color terra. Calzava degli stivali sporchi di terriccio e usurati sulla punta e dietro alle spalle spuntava il manico appena lavorato di una spada a due mani.
L’individuo seduto sarà stato all’incirca coetaneo del secondo ed era l’unico in tutta la stanza ad aver le labbra sollevate in un sorriso rilassato. Un ciuffo appena mosso di capelli biondi gli ricadeva sul viso, ove brillavano un paio di occhi grigi animati da una luce quasi infantile ma allo stesso tempo penetrante.
Indossava una maglia accollata, il colletto orlato da un sottilissimo bordo dorato, e una cotta di cuoio. Teneva le mani appoggiate sul tavolo, su cui si trovava aperta una mappa e vicino ad essa un pugnale in ferro. Sopra fluttuavano cinque sfere di luce calda e dorata.
Tutti e tre gli individui erano Syrma, e questo poteva significare solo una cosa…
“Ammetto che il luogo non sia dei più accoglienti, ma visti i tempi e la situazione in cui ci troviamo questo è il meglio che siamo riusciti a ricavare”
La voce del ragazzo al tavolo risuonò allegra e squillante e come una freccia si infranse in quello scudo di silenzio che si era venuto a creare.
“Anche le modalità di benvenuto non sono state molto calorose a onor del vero. Ripeto, visti i tempi e gli individui che circolano non si sa mai, ma tentare di staccare un braccio non è uno degli approcci migliori” si voltò verso Uglòr, che aggrottò istintivamente le sopracciglia.
“Ricordi il discorso di qualche tempo fa, la violenza gratuita non è mai la soluzione”
L’uomo piegò il volto in una smorfia.
“L’insetto si muoveva troppo per i miei gusti, era giusto secondo me dargli una lezione” replicò, indicando con un cenno del capo Khaled, il cui sguardo sprizzava scintille di fuoco.
“Dopo avresti comunque avuto le sue urla di dolore da gestire. Non sarebbe stato più fastidioso?” proseguì il ragazzo, il solito sorriso sulle labbra.
“Grida e strilli non sono mai un problema per me, lo sai”
“Certo che lo so, e tu allo stesso modo conosci le regole su cui fonda il nostro gruppo”
L’uomo si bloccò un istante, poi si aprì in un ampio ghigno prima di scoppiare in una risata bassa e sguaiata.
“Ovviamente, Jeal; mai disobbedire agli antichi ordini” disse questo mentre continuava a ridere, e lo strano bagliore che attraversò il suo sguardo fu troppo rapido per venire notato.
“In ogni modo, visto che siamo partiti decisamente con il piede sbagliato, lasciate che mi presenti” riprese il ragazzo “Il mio nome è Jeal, lui è Uglòr, e quel ragazzo amante dell’ombra e dall’aria intrattabile è Iwarioth”
“Amante dell’ombra? Non iniziare a dire cavolate come al solito” rimbrottò l’altro in risposta.
“Che crudeltà. Comunque sia, sebbene immagino lo abbiate capito da soli, vi trovate all’interno dell’accampamento dei ribelli di Neamh, più precisamente nel capannone principale, se così possiamo chiamarlo. Qui però i più sorpresi dovremmo esser noi. Mildriend, proprio davanti ai miei occhi! Allora le voci erano vere, quelle riguardanti la vostra ricomparsa. Chi siete voi?”
Lo sguardo grigio di Jeal si andò a posare su Keira, rimasta in un silenzio riflessivo per tutto quel tempo. La guerriera ricambiò l’occhiata con la sua tipica espressione severa, che spesso riservava verso individui sconosciuti e di cui non si fidava, poi fece per rispondere, ma venne interrotta da Jeal.
“Tuttavia non siete solo Mildriend, vi è anche uno Sneachta fra di voi, abitante dell’estremo Regno Nevicristallo. La questione si fa sempre più curiosa”
Keira a quel punto si accinse nuovamente a prender parola, ma Jeal la interruppe ancora una volta.
“Il vostro aspetto poi mi fa comprendere che avete attraversato diverse disavventure prima di giunger nel nostro territorio, che vi è accaduto?”
“Invece di continuare a porre domande a raffica come un moccioso forse dovresti tacere e ascoltare le risposte” lo riprese Iwarioth, il sopracciglio destro che aveva preso a tremare impercettibilmente per il nervosismo.
“Giusto, le mie scuse. Iniziate pure” sorrise.
“Il mio nome è Keira e, come è ben visibile a tutti, la mia stirpe è Mildriend. Ci siamo ritrovati nel vostro territorio per pura casualità, non era nostra intenzione raggiungere il vostro accampamento o infiltrarci nelle vostre questioni. Siamo stati sorpresi e catturati mentre eravamo intenti a dirigerci verso il confine”
“Certo, come se potessimo credere a questo genere di fandonie” sputò fuor dai denti l’uomo.
“Buono, Uglòr” lo ammonì Jeal, il tono di voce sereno e senza allontanare lo sguardo da Keira, che continuò.
“Questo ragazzo alla mia destra si chiama Khaled,” il diretto interessato voltò il capo dall’altra parte con aria ostile “poi alla mia sinistra vi sono Nicklesh, Idril e Orlin” disse il primo nome che le venne in mente, per celare la vera identità della principessa “Siamo una compagnia di viaggiatori, poco prima di entrare nel vostro territorio siamo stati attaccati da un gruppo di banditi e anche se siamo riusciti a fronteggiarli abbiamo riportato delle ferite”
“Vuoi davvero berti delle baggianate simili?” abbaiò nuovamente Uglòr.
“A buona parte delle informazioni che ci stanno rivelando credo, anche se ci sono diversi aspetti che ritengo impossibili” rifletté, senza perdere quel solito sorriso fanciullesco “Ad esempio, perché mai un gruppo di Mildriend, popolo da anni perseguitato, dovrebbe mettersi in viaggio senza motivazioni sufficientemente importanti? Inoltre trovo singolare la presenza di uno Sneachta in tutto questo, senza contare che mi sembrate un po’ troppo mal ridotti per esservi semplicemente scontrati con un gruppo di banditi. Mi hanno anche detto che eravate ben armati prima che vi confiscassero tutto, perciò dovete esser piuttosto bravi a combattere”
Seppur impercettibilmente, Keira si irrigidì sul posto. Doveva subito trovare una risposta adeguata e che non gli permettesse di indagare oltre. Fu allora che udirono in lontananza lo scalpiccio di passi in corsa, prima che la porta venisse spalancata di colpo e sbattesse con un rumore sordo contro la parete, sull’uscio una ragazza con il fiato corto.
Sul viso contratto in un’espressione determinata e arrossato per la corsa spiccavano un paio di grandi occhi castani su cui ricadevano ciocche di capelli biondi, legati in due corposi codini alti che le giungevano appena sopra le spalle. Di corporatura non eccessivamente alta ma snella, indossava una maglia maniche lunghe rosso sbiadito, un corpetto di cuoio lungo sino alle cosce, una cintura marroncina dalla fibbia in ferro appena lavorata e un paio pantaloni infilati negli stivali.
“Perché…non mi avete...chiamata?” domandò tra un ansimo e l’altro, il tono di voce in una nota di rimprovero a tratti accusatoria.
“Sapevo che ti stavi occupando delle reclute, quindi non mi sembrava il caso di interrompere. E poi queste questioni teoricamente non sarebbero di tua competenza” rispose Jeal, tranquillo “Come procede con le matricole, Mighdar?”
“Faticano a rispettare gli ordini e tendono a rompere continuamente la formazione” scosse la testa, seccata “Comunque, questi sono i prigionieri Mildriend? Che cosa sta accadendo?”
“Ci stavamo giusto occupando delle presentazioni, prima che tu entrassi con tutto quel trambusto” rispose Jeal.
La giovane parve imbarazzata e si affrettò a mettersi in una posizione composta, di rispetto, ma non accennò a scusarsi.
“Non sono riuscita a trattenermi quando l’ho saputo e sono subito corsa qui” disse, avviandosi verso il tavolo.
“Dunque, dove eravamo rimasti?” riprese serafico Jeal e, notando la linea sottile che avevano assunto le labbra di Keira e la sua espressione guardinga, si aprì in un sorriso più ampio.
“In queste situazioni mentire non è mai la scelta giusta. Alcuni dettagli sono troppo evidenti per esser celati da delle menzogne”
“Come il nome della vostra compagna in parte Mildriend e in parte Desideria. È sufficiente avere qualche informazione sulla situazione corrente per capire che quella non è una semplice ragazza, ma la principessa Astril, la scomparsa nipote di Moron” intervenne Iwarioth.
Il silenziò calò sulla stanza come una lama gelata. Espressioni di ostilità e di stupore mal celato non si trovavano solo sul volto della compagnia, ma anche sullo stesso Jeal, che guardava l’altro Syrma a dir poco sbigottito. Al che, Iwarioth inarcò un sopracciglio, dapprima confuso e poi visibilmente infastidito.
“Non dirmi che non c’eri arrivato”
“Assolutamente no!”
“Lo avresti capito anche tu se avessi taciuto un attimo e avessi osservato con più attenzione”
“Quella di prima è stata un’intuizione a dir poco brillante, non me lo sarei mai aspettato da te! Oppure è stato solo il caso?”
“ ’Sta zitto”
Jeal riportò l’attenzione sulla compagnia, interdetta -nel caso di Astril spaventata, come suggeriva la sua espressione braccata e il fatto che si fosse avvicinata d’istinto a Idril-. Keira aveva fatto per afferrare le sue fidate spade, prima di rendersi conto di aver ancora i polsi legati e che le sue armi erano state confiscate. Mentire ora sarebbe stato ancora più arduo, se non impossibile.
Jeal sospirò, mentre le sue dita tracciavano arabeschi immaginari sulla mappa.
“Posso capire la vostra posizione. Vi abbiamo catturati, legati e trascinati qui con la forza. Il vostro amico per poco non ha perso il braccio” indirizzò un’occhiata a Uglòr, che non ebbe reazione “Vi sentite in territorio nemico ed è comprensibile, ma anche noi non sappiamo nulla sul vostro conto. Potreste esser degli assassini, dei ladri, o chissà cosa. Un po’ sono curioso, lo ammetto, ma adesso non vi chiedo dettagli sui vostri obbiettivi, o da dove proveniate, né perché la principessa Desideria sia con voi. Perché mai dovreste rispondermi? Quello che mi serve è qualcosa che mi convinca che non siete dei farabutti, in poche parole” concluse sorridente.
L’ennesimo silenzio seguì il suo discorso, la tensione così viva da esser quasi tangibile.
Preoccupato, Nicklesh dardeggiò un’occhiata sui volti dei compagni: Astril era intimorita, Idril impegnata a rassicurarla in silenzio, Khaled pareva volesse incendiare con un solo sguardo la baracca intera con i suoi occupanti e Keira aveva assunto una posizione estremamente difensiva.
Alla fine, a prender parola fu lui.
“Per quanto riguarda me, mi sono unito a questo gruppo da pochissimo tempo. Per motivi che non ho il diritto e non intendo rivelare ho tentato di far loro da guida all’interno della foresta di Glas Faraoise, fallendo però nella mia promessa. Abbiamo trascorso giorni terribili, affrontando ogni genere di nemico e creatura, mettendo più volte a rischio la vita. Ne siamo usciti incolumi, ma abbiamo… smarrito una compagna e forze esterne ci hanno impedito di poterla recuperare. Siamo feriti per le battaglie che abbiamo intrapreso qualche giorno fa e il nostro obbiettivo è raggiungere il Regno dei Veìdlin senza che Tsolais o i suoi alleati possano accorgersi della nostra presenza. Mi sono unito a loro proprio per i loro ideali e il loro valore. Forse potrete considerare me un farabutto, ma questo è ciò che penso”
Non si curò delle occhiate degli altri, l’attenzione fissa sui Syrma dinanzi a lui. Parevano colpiti, anche Iwarioth aveva allargato gli occhi alla menzione di Glas Faroise, prima di incupirsi notevolmente al nome di Tsolais.
Jeal tamburellò più velocemente le dita sulla mappa, poi si alzò in piedi, un sorriso di maliziosa e allegra soddisfazione  a illuminare i suoi occhi grigi.
“Risposta esauriente, Sneachta Nicklesh. Le battaglie che avete intrapreso sono segnate sulla vostra pelle e quello che vi occorre sono cibo, cure mediche e riposo. Fermatevi qualche giorno al nostro accampamento, ne avete bisogno”
La sorpresa non tardò a manifestarsi.
“Cosa?” fece Iwarioth, seguito dall’esclamazione di Mighdar.
“Che significa tutto questo?” sbraitò invece l’uomo.
“Inutile che ti scaldi tanto, Uglòr. Ormai ho deciso” disse candidamente Jeal “Allora, cosa mi rispondete? Vi mostreremo la base e se ci darete il tempo di sistemare qualche questione vi daremo noi varie informazioni, come è giusto che avvenga”
“Vista la situazione non sembra abbiamo molta altra scelta” rispose imperscrutabile Keira, superato il primo attimo di sorpresa.
“Saggia decisione” esclamò briosamente  Jeal. Fece per rivolgersi a Uglòr, ma il ringhio dell’uomo troncò sul nascere ogni parola.
“Ridicolo. Cosa siamo diventati, una specie di taverna? Dar ospitalità a questi forestieri. Me ne vado”
“Fermo! Jeal non ti ha dato l’autorizzazione per uscire!” protestò Mighdar, ma l’uomo non la ascoltò e a grandi passi uscì dalla baracca.
Con un sorrisetto il ragazzo sospirò scuotendo il capo, accondiscendente.
“Lascia perdere, Mighdar, piuttosto slega loro i polsi e poi mostragli l’accampamento. Devono esser curiosi”
“Vuoi liberarli?” inarcò un sopracciglio Iwarioth.
“Non c’è motivo di tenerli ancora legati. Sono disarmati, in cinque contro un accampamento di ribelli. E poi hanno in parte conquistato la mia fiducia”
“Perché?” parlò d’un tratto Keira “Perché ci stai aiutando?”
“Siete stravolti, sia esternamente che interiormente, e siete Mildriend; un popolo perseguitato, una piccola stirpe che cerca di sopravvivere contro poteri più forti e schiaccianti di loro. Direi che
abbiamo molto in comune e chi si trova in situazioni simili tende a darsi una mano, no?” un guizzo d’intesa illuminò i suoi occhi e Keira non aggiunse altro.
Mighdar slegò i prigionieri, poi li condusse fuori, chiudendosi la porta alle spalle. Jeal si risedette al tavolo, iniziando a giocherellare con il pugnale di ferro.
“Non sappiamo niente di loro” disse Iwarioth.
“Lo so!”
Il sopracciglio dell’altro tremò di nervosismo per la seconda volta “Se lo sai allora perché agisci in maniera così stupida?”
“Mi hanno ispirato sin dal primo momento in cui ho visto il loro sguardo. Inoltre” sollevò gli occhi verso l’alto, come perso in un ricordo” “Mi sto semplicemente attenendo ai principi di Breof”
 
 
La prima cosa che scorsero appena usciti furono chiome bionde spostarsi qua e là trafelate sotto i raggi dorati del sole. Si trattava principalmente di uomini o ragazzi, ma tra di loro era possibile riconoscere anche diverse donne e giovani, la maggior parte in tenuta da battaglia e con una spada o un pugnale appeso alla cintola.
L’accampamento, disseminato di tende, giacigli e focolari, non era tanto vasto e principalmente soleggiato, eccetto alcune zone ombreggiate dalle chiome degli alberi, che lo circondavano.
“Vi mostrerò l’intero accampamento, dopodiché vi condurrò dal nostro medico e poi vedrò di trovarvi un luogo in cui potrete sistemarvi. Non allontanatevi e cercate di non perdervi” istruì Mighdar, prima di incamminarsi con la compagnia al seguito.
Gli eventi si erano susseguiti così rapidamente che Astril ancora faticava a rendersi conto della situazione. Erano stati catturati, scortati in un posto sconosciuto, la sua identità era stata scoperta ma questo pareva non aver portato particolari conseguenze e ora stavano attraversando l’accampamento dei ribelli di Neahm, gruppo che credeva sciolto ma in realtà, nonostante il numero piuttosto ridotto, ancora in funzione e con una organizzazione e una gerarchia ben precisa.
Quel ragazzo chiamato Jeal doveva esser il capo della rivolta o qualcosa del genere, Iwarioth forse era il secondo in quanto autorità mentre Mighdar e l’uomo mastodontico sembravano occuparsi di piccole squadre e sicuramente sottostavano ai comandi di Jeal.
Ancora non si sentiva al sicuro e non aveva idea che di genere di piega avrebbe preso la situazione da quel momento in poi, tuttavia poteva dire di esser stati fortunati. Khaled avrebbe potuto perdere un braccio, o i Syrma rivoltosi avrebbero potuto decidere di trucidarli senza neppur ascoltare le loro parole. Non solo avevano deciso di risparmiarli, anche se invero non avevano commesso alcun crimine, ma Jeal si era offerto di aiutarli.
“Da quanto tempo siete stanziati in questo territorio?” domandò Nicklesh, guardandosi attorno incuriosito.
“Diversi mesi, ovvero da quando il nostro gruppo ha ripreso forma” rispose Mighdar.
“E siete sempre restati qui, all’aperto e con il rischio di farvi scoprire?” sbottò Khaled.
La ragazza lo guardò da sopra una spalla, le sopracciglia corrugate in un’espressione piuttosto infuriata “Non siamo degli sprovveduti, perciò non parlare di cose che non sai!”
Khaled continuò a borbottare tra sé e sé commenti e imprecazioni, mentre Idril ridacchiò sommessamente, già a proprio agio, come suggerivano i suoi occhi verdi colmi di meraviglia e il sorriso allegro a incresparle le labbra.
Passarono davanti a un focolare su cui rosolava carne di selvaggina dall’odore e dall’aspetto invitanti. A quella vista lo stomaco di Khaled si strinse in una morsa, memore delle secche e stoppose radici di cui si era cibato in quei giorni, migliorate dalla spezia di Felixia ma non per questo molto nutrienti. Voltò il capo con una smorfia stizzita e si impose per orgoglio di non avere alcuna fame.
“Siete in possesso di numerose provviste! Immagino che diversi di voi si occupino della caccia e dall’avanscoperta!” esclamò Idril con esaltazione.
Mighdar le lanciò un’occhiata, forse non comprendendo quell’entusiasmo così vivace.
“Esattamente, vi è una squadra specifica per la caccia e un’altra dedita all’esplorazione. In questa zona si può facilmente procacciare il cibo, anche se recentemente la selvaggina ha cominciato a scarseggiare”
“Quelli sono archi e frecce!” la voce dall’arciera risuonò limpida come indicò in lontananza un gruppetto di ragazzi intenti a centrare con scarsi successi dei sacchi di tela.
“Quella è la zona riservata agli allenamenti, una parte è dedicata alle lame, quindi spade, pugnali e asce, mentre l’altra...ehi, dove stai andando!?” esclamò spalancando gli occhi. Idril si era avviata rapida e vitale verso il gruppo di ragazzi con l’arco, la curiosità alle stelle.
Mighdar la raggiunse a grandi passi visibilmente infastidita, alle sue spalle il resto della compagnia.
Non appena giunsero la Syrma fece presente alla giovane Mildriend di non potersi allontanare, mentre quest’ultima si scusava sfiorandosi la nuca con un sorriso imbarazzato, lo sguardo dopo pochi istanti già rivolto verso gli archi.
Astril aveva sempre ammirato la capacità di Idril di adeguarsi con la sua spontaneità, anche se talvolta in maniera esagerata, a ogni situazione. Questo aspetto dell’arciera, insieme alla sua disponibilità e alla sua allegria contagiosa, spesso la rassicurava, dal momento che a lei occorreva molto più tempo per trovarsi a proprio agio in un luogo o in una situazione nuova e non di rado si sentiva fuori posto. Anche Nicklesh, sebbene lo conoscesse da pochissimo tempo e avesse appena interagito con lui, le trasmetteva questa sensazione. Da quando erano giunti all’accampamento si era mantenuto per lo più in silenzio, eccetto qualche domanda interessata, ma poteva intuire dal suo sguardo sereno che si sentisse sufficientemente sicuro, come dimostrato nel momento in cui aveva risposto alla domanda di Jeal. Al contrario, Khaled si era come sempre chiuso in uno scudo di ostilità e sembrava per nulla intenzionato a uscirne. Keira non aveva più proferito parola, ma i suoi occhi analizzavano con attenzione ogni particolare e di sicuro la sua mente stava macchinando riflessioni e conclusioni.
La principessa avrebbe voluto chiederle cosa pensasse dell’intera situazione, ma ancora non vi era stato il tempo per parlarle con tranquillità. A dire il vero, da quando era scomparsa Felixia le loro interazioni si erano piuttosto ridotte, e già normalmente non comunicavano molto.
“Quei ragazzi però non sembrano tanto abili nell’uso dell’arco” constatò genuinamente Idril.
“Si tratta per la maggior parte di reclute, per questo motivo non sanno destreggiarsi ancora bene” ci tenne a precisare Mighdar, in qualche modo colpita nell’orgoglio.
“Ti occupi tu del loro addestramento, giusto?” domandò Nicklesh.
“Sì, anche se io principalmente mi dedico alle spade, soprattutto alle asce. Il tiro con l’arco diciamo che non è la mia specialità e così altri pensano a insegnargli. A volte persino Jeal, quando non è impegnato in questioni più importanti”
“Posso tirare qualche freccia?” chiese l’arciera, puntando l’attenzione su un arco abbastanza malridotto, abbandonato in un angolo.
“Assolutamente no! Solo perché avete il permesso di stare nella nostra base questo non vi autorizza a maneggiare delle armi!” affermò con vigore la ragazza “Inoltre vi devo ancora portare da Luibhor, perciò seguitemi” si voltò e sul suo viso precedentemente infervorato passò un lampo di stupore “Dov’è finito l’altro ragazzo?”
All’appello mancava infatti Khaled, scomparso senza che nessuno se ne fosse accorto.
“Deve averci perso di vista mentre raggiungevamo Idril. Credevo fosse dietro di noi” disse Nicklesh.
Mighdar scosse la testa infastidita, mormorando qualcosa che aveva tutta l’aria di essere un epiteto poco gentile nei confronti del Mildriend.
“Dobbiamo cercalo. L’accampamento non è tanto grande perciò dovremmo ritrovarlo abbastanza velocemente”
Si misero in cammino mentre Idril si avvicinava ad Astril, un sorriso divertito sulle labbra.
“Probabilmente in questo momento starà imprecando verso tutte le divinità esistenti!”
“Mi auguro che almeno non compia azioni avventate” parlò Keira.
Astril si ritrovò mentalmente a concordare con lei. Tra tutti il ragazzo sembrava il più infastidito dalla situazione e pronto a scattare in qualsiasi momento. Potevano solo sperare che non si ritrovasse nuovamente faccia a faccia con Uglòr.
 
 
 
Era bastata una semplice e stupida distrazione e ovviamente la colpa era tutta di quel Syrma dallo sguardo poco sveglio, che aveva preso a fissarlo con un’insistenza a dir poco fastidiosa.
Khaled aveva fatto del suo meglio per ignorarlo e ostentare indifferenza, resistendo per ben una manciata di secondi. Alla fine il fastidio e l’irritazione avevano preso il sopravvento. Sopportare le rapide occhiate curiose degli altri ribelli era già stata un’impresa e anche se a fatica era riuscito a superarla, ma tollerare quello sguardo incalzante si era rivelato impossibile.
Al colmo del nervosismo si era voltato verso il Syrma e gli aveva scoccato un’occhiata carica di scintille e di astio, così ostile che aveva avuto il potere di far abbassare istantaneamente lo sguardo all’individuo e di farlo sparire fra la folla.
Khaled aveva annuito fra sé e sé, soddisfatto per l’operato, poi si era voltato e con orrore si era reso conto che degli altri non vi era l’ombra e che lui non stava nemmeno più camminando. Probabilmente per squadrare il Syrma si era fermato senza rendersene conto. Si era guardato un po’ intorno, poi, mentre alla sorpresa iniziale si era sostituita la famigliare sensazione di fastidio, aveva ripreso il cammino verso una direzione casuale, sperando fosse quella intrapresa dai suoi compagni.
Nuovamente le sue predizioni si erano rivelate inesatte, dal momento che stava ancora girovagando per quel maledetto accampamento di Syrma senza riconoscere alcun volto fra la folla. Eppure la base era così piccola!
Si guardò attorno sospettosamente. Quei Syrma ribelli parevano molto differenti rispetto a quelli di cui aveva sentito parlare, superbi e arroganti, tuttavia questo non li faceva apparire affatto più simpatici ai suoi occhi e non credeva per nulla che fossero persone di cui ci si potesse fidare.
Jeal aveva offerto con apparente allegria il suo aiuto, ma il Mildriend era sicuro che in realtà stesse macchinando qualcosa. Chi mai avrebbe dato una mano a degli stranieri senza aver secondi fini in mente? Era impossibile.
Immerso in questi pensieri aveva smesso di curarsi di ciò che gli accedeva attorno, quando un doloroso colpo alla spalla lo riportò bruscamente alla realtà. Khaled incespicò appena, per poi voltarsi di scatto verso la causa, l’espressione irosa.
“Ehi, vuoi stare attento!? Mi hai quasi fatto cadere!”
L’individuo che lo aveva urtato si fermò, girandosi appena verso il Mildriend. Si trattava di un ragazzo, probabilmente suo coetaneo. I capelli biondi erano corti e un poco disordinati e gli occhi castano-dorati lo osservavano in un misto di noia e fastidio. Indossava una maglia blu scuro dalle maniche lunghe e sopra a essa una cotta di cuoio leggera, una paio di pantaloni marroni e gli stivali. Alla cintola teneva appese due fodere, contenenti due spade corte, e in mano stringeva un libro dalla copertina rovinata. Alto e slanciato, superava di qualche centimetro il Mildriend.
“Potrei dirti la stessa identica cosa” replicò duramente.
“Come sarebbe? Mi hai colpito alla spalla!”
“Sei tu quello che stava camminando senza guardarsi intorno, perciò sei stato tu a scontrarti con me”
“Non è vero, mi sei venuto addosso!” controbatté con forza Khaled.
A quel punto l’altro ragazzo si voltò completamente verso di lui, la traccia di noia del tutto scomparsa e al suo posto solo irritazione.
“Quante volte te lo devo ripetere? Ti sei scontrato con me perché non prestavi attenzione alla strada. Impara a guardare dove metti i piedi prima di andare in giro!”
“Sei tu quello che deve imparare! Alto come sei non ti sarai accorto di me, maledetto albero che non sei altro!”
“Come hai detto, dannato?”
I due si squadrarono, Khaled visibilmente arrabbiato, i denti stretti e i pugni serrati in posizione da combattimento; l’altro si era mosso appena di qualche passo, forse tentando di mantenere un contegno, ma dalla sua espressione era visibile che fosse al limite della pazienza. Poi improvvisamente il suo viso ritornò serio, sebbene con ancora una punta di irritazione nello sguardo.
“Tch, lasciamo perdere. Non vale la pena perdere tempo con un nuovo arrivato, tra l’altro idiota come te. Inoltre,” Khaled fremette d’ira, giurando di aver visto apparire sul volto del ragazzo un sorrisetto “sei già notevolmente messo male, basta guardare i tuoi vestiti, perciò non avrebbe senso tirarti un pugno, anche se te lo meriteresti”
“Tu...” ringhiò Khaled pronto a scattare, ma la voce del ragazzo lo fermò.
“Un’altra cosa. Nel caso non te ne fossi accorto ci stanno osservando molte persone e se tu provassi a colpirmi -ovviamente non esiterei a restituirti il favore- gli altri interverrebbero subito contro di te, dato che ti trovi nel nostro accampamento e sei uno straniero. A quel punto saresti in notevole svantaggio”
E con queste ultime parole si allontanò, lasciando solo un Khaled furioso e frustrato.
Maledetto Syrma.
Represse un sibilo seccato fra i denti, poi ricominciò a camminare, mentre gli altri Syrma distoglievano lo sguardo ritornando a occuparsi delle loro faccende.
Da quando erano entrati in contatto con quei ribelli tutti gli individui più odiosi e sgradevoli erano capitati a lui, prima quel colosso di Uglòr e ora quell’insopportabile ragazzo. Sperò vivamente che potessero ripartire per la loro strada al più presto.
Proseguì la sua esplorazione nell’accampamento, senza notar nulla di particolarmente interessante, finché una voce proveniente dal basso non lo costrinse a fermarsi.
“Che sguardo ostile e insofferente, ragazzo. Cosa ti turba tanto?”
A parlare era stato un uomo sulla quarantina, seduto a terra vicino a una tenda. I capelli erano tirati in una corta coda bassa e gli occhi di un verde scuro sostavano su Khaled con fare distratto. Sul volto vi era un accenno di barba bionda e tra le mani stringeva un pezzo di corteccia e un coltellino.
“Nulla che ti riguardi” replicò  subito sulla difensiva. La risposta aspra non scompose minimamente l’uomo, che si limitò a riportare lo sguardo sugli oggetti e ad armeggiare con il coltellino.
Khaled rimase qualche istante in attesa, anche se per l’uomo sembrava esser diventato invisibile. Provò a scoccare un’occhiata all’interno della tenda, ma dal morbido spiraglio al centro non scorse nulla se non il buio.
“Non vi è nulla di esaltante lì dentro se te lo stai chiedendo. Solo poche boccette, barattoli, erbe e qualche libro” disse nuovamente l’uomo con tono disinteressato, senza alzare lo sguardo.
 “Chi sei tu?” cambiò discorso Khaled, stizzito per essersi fatto beccare.
“L’erborista di questo accampamento, o se preferisci Luibhor”
“Quindi sei una sorta di medico?”
Il Syrma si strinse nelle spalle “Una specie. Non hai affatto un bell’aspetto, lo sai? Aspetta qui”
Khaled non ebbe neppure il tempo di replicare che l’uomo era già sparito dentro la tenda. Ritornò poco dopo, in mano quello che sembrava esser un unguento e delle fasciature, e indicò a Khaled di sedersi.
“Non è necessario, sto bene così!”
“Piantala di fare il testardo. Sotto quel ridicolo pezzo di mantello usato come fasciatura hai una ferita da non sottovalutare, perciò siediti” rispose laconico. Khaled sospirò seccato scoccandogli un’occhiata di fuoco, ma alla fine ubbidì.
Luibhor tolse la fasciatura che aveva sulla spalla ed esaminò la ferita.
“A quanto pare non sei nelle mani di un completo sprovveduto, se ha impedito al taglio di infettarsi. È abbastanza profondo, che ti è capitato?” domandò, ma dalla sua voce svogliata sarebbe stato impossibile capire se fosse davvero interessato o meno.
“Una foglia, tagliente come una lama. È caduta da un albero e mi ha trafitto” rispose malvolentieri.
“Oh? Ma non mi dire”
“Non mi credi?” sbottò piccato.
“È una storia singolare da sentire. Un po’ ridicola, in effetti”
“Mi stai dando del bugiardo?”
“Ho solo fatto una constatazione, non ti ho mai definito così, mi pare”
“Però era implic...” Khaled non finì la frase, soffocando un gemito di dolore quando l’uomo passò sulla ferita l’unguento.
“Non c’è bisogno di scaldarsi tanto. Ti credo. In effetti questa non è la prima stranezza che sento. Di questi tempi anche le cose più assurde si rivelano esser vere, alle fine. Ad esempio qualcuno potrebbe definire una follia l’idea della ricomparsa dei Mildriend, ed invece eccone uno proprio davanti a me. Ah beh, potresti anche mentirmi, in effetti. Ma non mi interessa”
Avvolse la benda pulita intorno alla ferita. I suoi movimenti erano rapidi e un po’ ruvidi ma non per questo incauti. Eccetto all’inizio, il ragazzo non aveva sentito alcun dolore.
“Ecco fatto, come nuovo. Massimo due giorni e la tua spalla non ti procurerà più il minimo fastidio. Ora ho del lavoro da sbrigare, perciò levati di torno” disse, esortandolo ad andarsene con un gesto annoiato della mano.
Khaled si rialzò in piedi e si sfiorò appena la fasciatura, indeciso se bofonchiare o meno un ringraziamento. Quell’uomo aveva in sé qualcosa di indolente e irritante, ma era anche vero che lo aveva...
“Sei ancora qui?”
Al diavolo i ringraziamenti.
“Me ne stavo giusto andando” sbottò piccato, quando qualcuno gli passò accanto senza neppure accorgersi della sua presenza. Khaled si immobilizzò sul posto incredulo, mentre una fiamma di orgoglio e crescente fastidio cominciava ad ardergli nel petto.
“Ti ho portato i libri di cui avevi bisogno” disse il ragazzo con cui si era scontrato poco prima, porgendo tre manoscritti rovinati verso Luibhor.
“Ah sì, fammi dare un’occhiata” sfogliò rapidamente qualche pagina, poi annuì “Mh, sono proprio questi”
“Ottimo. Posso rimettermi al lavoro, adesso?”
“Come ti pare, prima però scorta questo individuo lontano dalla mia tenda. Gli ho già detto di andarsene ma è rimasto lì impalato”
Il Syrma si voltò con aria appena interrogativa, prima che i suoi occhi si allargassero per la sorpresa alla vista di Khaled.
“Tu?” mormorò tra l’incredulo e il seccato “Cosa ci fai tu qui?”
“Sono arrivato per caso e questo tipo mi ha obbligato a mostrargli una ferita. Tu piuttosto?”
“Mi occupo insieme a Luibhor dello studio delle erbe mediche”
“Tch, devo ringraziare allora che non sia stato tu a sistemare la mia ferita”
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia “Che vorresti insinuare?”
“Se proprio dovete discutere almeno allontanatevi da qui e lasciatemi leggere in pace” fu il laconico commento di Luibhor.
Come sempre tra i due l’ira  più evidente era quella di Khaled, che mai si preoccupava di dissimulare i suoi atteggiamenti bellicosi. L’altro aveva nuovamente mantenuto una postura composta e questo, insieme al suo sguardo ricolmo di avversione, infastidiva il Mildriend ancora di più.
La tensione venne spezzata dalla voce squillante di Idril, che chiamò il nome del compagno. Agitò il braccio in un saluto e in pochi saltelli lo raggiunse.
“Eccoti qui, finalmente!” esclamò allegra “Ti abbiamo cercato ovunque!”
“Siete voi a esser spariti all’improvviso, ho setacciato ogni angolo di questo stupido accampamento per ritrovarvi! Dove eravate finiti?”
“Avevo detto di prestare attenzione e di non allontanarvi per nessun motivo! A causa tua abbiamo perso tantissimo tempo prezioso!” fece presente Mighdar, spazientita “Perlomeno sei giunto qui e ti sei già fatto medicare le ferite”
“Questi dunque sono gli altri Mildriend?” disse il ragazzo, osservando la compagnia.
“Esattamente. A questo proposito, perché prima non ti sei presentato alla baracca? Jeal ha parlato lì con i prigionieri”
“Quel genere di questioni non sono di mia competenza, come del resto non lo sono per te. La mia presenza sarebbe stata di troppo, perciò mi sono dedicato ad altre occupazioni” replicò.
“È evidente che oggi non sia possibile leggersi un libro in tranquillità” sospirò rumorosamente Luibhor, appoggiando a terra il manuale “Hai portato tutta questa gente da me per un motivo, no?”
Mighdar annuì “Necessitano di cure”
“Ottimo, allora lascia fare a me. Dovrai rimandare i tuoi esperimenti a dopo, Dùtrashine”
“Possiamo dividerci il lavoro” si offrì il giovane.
“Non sarà necessario. Piuttosto se vuoi renderti utile recati da Renet, sembra abbia bisogno di una mano”
Il ragazzo assentì con un cenno del capo e si allontanò, non prima di aver osservato astiosamente con la coda dell’occhio Khaled, che rispose nello stesso modo.
Anche Mighdar se ne andò, informandoli che avrebbe cercato loro una sistemazione e che sarebbe tornata a prenderli in seguito.
Luibhor osservò uno ad uno i giovani che aveva di fronte. Una Mildriend dallo sguardo severo con una notevole cicatrice sull’occhio, un ragazzo dai capelli bianchi con parte del viso fasciata, una ragazza visibilmente esaltata per qualcosa a lui sconosciuto, un’altra dall’aria spaesata e infine l’irritante moccioso di prima.
Decisamente la gente più scomoda capitava sempre a lui.
 
                                                                                                                                                        °°°
Quando sopraggiunse la notte, i suoni che avevano avvolto per l’intera giornata l’accampamento si affievolirono pian piano, divenendo deboli rumori appena suggeritori della presenza di qualcuno. Passi, parole a mezza voce, lame che venivano affilate e impercettibili sfrigolii. Sfere dorate danzavano scintillanti nell’aria, sostitute di una luna assente.
I giacigli della compagnia erano stati sistemati in una zona piuttosto appartata, lontano dagli occhi curiosi dei Syrma ma non da quelli attenti di chi teneva la guardia.
La coperta su cui sedeva Astril era ruvida e strappata sul fondo, ma il sollievo di poter riposare su qualcosa che non fosse la nuda roccia o il terreno oscurava ogni dettaglio.
Nel corso della giornata il timore e la diffidenza erano lentamente scemati, lasciando al loro posto curiosità e interrogativi. Avevano passato diverso tempo presso la tenda di quell’individuo dall’aria perennemente annoiata e poco socievole, Luibhor, che si era occupato di tutte le loro ferite.
La maggior parte del gruppo si era mantenuta in silenzio, eccetto Idril che con la sua immancabile vivacità aveva tempestato di domande l’erborista, chiedendoli ogni tipo di informazione sulle erbe e sugli unguenti utilizzati.
Luibhor per un po’ si era limitato a ignorarla roteando gli occhi, poi aveva iniziato a risponderle monosillabico, visibilmente infastidito da quella presenza saltellante.
Idril era fatta così. Quando un argomento coglieva il suo interesse non vi era modo di placare i suoi entusiasmi. Alla fine Luibhor l’aveva praticamente cacciata dalla tenda e lei aveva ripromesso sorridente che sarebbe ritornata l’indomani.
Mighdar li aveva poi condotti ai loro giacigli e aveva detto che avrebbe fatto modo di racimolare qualche mantello e dei vestiti di ricambio. I corpetti e le cotte che indossavano erano ancora in buone condizioni, mentre le maglie erano ridotte in brandelli. Nel caso di Keira anche i pantaloni.
“Tutto sommato devo dire che siamo stati incredibilmente fortunati” parlò Nicklesh a bassa voce “Abbiamo ottenuto cure, cibo, vestiti e un posto in cui poter recuperare le forze. Non pensavo che i ribelli si sarebbero potuti rivelare un tale risorsa. Si stanno comportando davvero gentilmente con noi”
“Vero, e il merito è soprattutto di Jeal, il loro capo” sorrise l’arciera, le ginocchia strette al petto.
“Come al solito salti alle conclusioni troppo velocemente, Idril. Ti ricordo che non ci hanno ancora dato nessun tipo di informazione. Non sappiamo nulla di loro” replicò Khaled.
“Nemmeno loro sanno nulla di noi, eppure ci stanno aiutando”
“Questo è quello che credi tu, nessuno ci assicura che in realtà non abbiano un secondo fine. Magari hanno intenzione di tenerci prigionieri all’infinito”
“Più che prigionieri a me sembra che ci stiano trattando come ospiti” continuò tranquilla la ragazza.
“Per non parlare del fatto che hanno scoperto l’identità di Astril. Potrebbero benissimo esser in accordi con Moron e aver in qualche modo informato i suoi soldati della nostra posizione, mentre noi ce ne stiamo qui a osservare sfere fluttuanti e a mangiare”
“Ne dubito fortemente, Khaled. Non penso che questi ribelli siano in accordi con il sovrano. Da quello che so Moron è un uomo malvagio e senza scrupoli e credo non esiterebbe a tradirli per ottenere favori o ricattare Tsolais. Solo un pazzo potrebbe allearsi con un individuo  del genere” rispose Nicklesh. Si rese conto subito dopo delle parole non proprio piacevoli che aveva utilizzato e si voltò leggermente verso Astril, temendo di averla turbata in qualche modo. La principessa però sembrava non essersene neppure accorta.
“Nicklesh ha ragione, e poi non dovresti usare quel tono aspro verso il cibo che ci hanno offerto. Ti sei divorato in un sol boccone quella piccola porzione di selvaggina” ridacchiò Idril.
“E questo cosa c’entra?” sbottò Khaled.
“Anche tu risenti dei benefici dello stare qui” affermò con ovvietà.
“Certo, infatti perdere quasi un braccio e incontrare soggetti odiosi uno dopo l’altro è esattamente ciò di cui avevo bisogno”
“Che siano odiosi o meno, tu non sopporti nessuno a prescindere” proseguì allegra.
“Prova a scambiare qualche parola con quel Dùtrashine, poi vedremo”
“Resteremo qui massimo quattro giorni”
La voce seria di Keira interruppe di colpo il chiacchiericcio e tutti si voltarono verso la sua direzione.
“Si stanno mostrando ospitali nei nostri confronti, ma questo non basta per assicurarmi che possa fidarmi di loro. Ancora non comprendo appieno tutta la fiducia che Jeal sta riponendo in noi e dalla mia parte non sento l’obbligo di dovergliela restituire. Perlomeno non ancora, siamo qui da appena un giorno e vi sono troppi interrogativi da chiarire. Non sappiamo quale sia lo scopo o la vera organizzazione di questi ribelli, cosa abbiano in serbo per noi e, soprattutto, trovo la posizione dell’accampamento estremamente sospetta”
“Che vuoi dire?” domandò piano Astril.
“Me ne sono accorto anche io. Non abbiamo camminato troppo prima di giungere qui, perciò significa che la base non si trova eccessivamente lontano dalla via. Per quanto la vegetazione possa nascondere non è sufficiente a celare un accampamento simile. I rumori, le luci, gli odori…si comportano come se fosse impossibile venir trovati. Credo che il posto in cui ci troviamo non sia quello che sembra” rispose Nicklesh.
“Forse in questi giorni scopriremo qualcosa di più” rifletté Idril.
“In ogni modo, rimarremo non più di quattro giorni. Se per allora non ci avranno ancora restituito le armi...” la sua voce si ridusse a un sussurro “...faremo in modo di recuperarle e di andarcene comunque”
“Fosse per me, me ne andrei sin da domani” disse brusco Khaled e queste furono le sue ultime parole prima di stendersi. Nessuno sapeva se avesse intenzione di addormentarsi o meno. Probabilmente si sarebbe ostinato a rimanere sveglio tutta la notte.
Astril seguì il suo esempio poco dopo, accoccolandosi nella coperta. Si sentiva stanca e la giornata era stata caotica e ricca di novità. Si addormentò velocemente, mentre nel buio lo spumeggiante e famigliare rumore di una cascata si faceva sempre più vivo.


°Note dell'Autrice°
Salve a tutti quanti! Spero che la vostra estate stia procedendo al meglio e che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Come avrete notato sono apparsi diversi nuovi personaggi, molto molto importanti  e che nel corso della storia vedremo spesso <(^.^)> Quali sono le vostre primissime impressioni?
Come sempre grazie a chi recensisce, a chi ha inserito la storia nelle preferite/seguite/ricordate e chi semplicemente legge nell'ombra
<3
A presto!
The_Grace_of_Undomiel

 
  
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