Shikamaru
è cresciuto e a tediare la sua vita svogliata non ci sono
più verifiche o interrogazioni, ma bensì, dopo aver
affrontato la maturità (di cui non aveva per niente voglia di
parlare, ma si augura di farlo in seguito), lo attendono lunghissime
preparazioni per altrettanto lunghissimi esami universitari.
“Non conta il percorso di studio che sceglierai, sarà comunque dura” gli avevano detto all'inizio. E la voglia di scappare via prima ancora di aver messo piede in una struttura qualsiasi per una qualsiasi pre immatricolazione era fortissima. Ma suo padre lo aveva sollevato per un orecchio e lo aveva riportato indietro. Aveva scelto di voler morire giovane, scegliendo la facoltà di fisica, per la solita faccenda che il suo alto QI meritava di essere sviluppato e “bla bla bla”.
Era arrivato il giorno di mettere a nudo se stesso portando tutte le scartoffie necessarie in quell'edificio ubicato in cima ad un'infinita salita composta da un altrettanto infinito numero di gradini, che solo all'idea di doverli scalare ogni giorno, si sentiva stanco. Shikamaru, raggiunto l'ufficio a lui utile, si mise in fila, una lunga, lunghissima fila. Nell'attesa, si mise a guardare i suoi, pensava, futuri compagni. Uno peggio dell'altro. Un'espressione al limite tra il volersi impiccare con una corda e il gettarsi giù da una finestra stava facendo capolino sul suo viso.
Era arrivato anche il suo turno di entrare e si trovò di fronte ad un'impiegata che tutto trasmetteva che voglia di starlo a sentire. Si sedette, poggiò i fogli sulla scrivania e salutò. Non ottenne risposta, la donna prese le scartoffie e iniziò a torturare la tastiera del computer inserendo i dati.
“Sta impiegando un'eternità. Che seccatura.” pensava Shikamaru, con il gomito appoggiato alla scrivania, che fungeva da supporto per la sua testa pesante. “Ho finito, vada pure” disse ad un certo punto la tizia, che gli consegnò anche quello che sarebbe stato il suo libretto dei voi riposto in una custodia blu.
Lui si alzò, senza salutare questa volta, e uscì. Il padre lo aspettava fuori dall'edificio: “Allora figliolo, come è andata?”
“Sei felice? - disse il figlio, consegnandogli il libretto – mi toccherà riempirlo tutto, e so già che non ne ho voglia”.
“Non conta il percorso di studio che sceglierai, sarà comunque dura” gli avevano detto all'inizio. E la voglia di scappare via prima ancora di aver messo piede in una struttura qualsiasi per una qualsiasi pre immatricolazione era fortissima. Ma suo padre lo aveva sollevato per un orecchio e lo aveva riportato indietro. Aveva scelto di voler morire giovane, scegliendo la facoltà di fisica, per la solita faccenda che il suo alto QI meritava di essere sviluppato e “bla bla bla”.
Era arrivato il giorno di mettere a nudo se stesso portando tutte le scartoffie necessarie in quell'edificio ubicato in cima ad un'infinita salita composta da un altrettanto infinito numero di gradini, che solo all'idea di doverli scalare ogni giorno, si sentiva stanco. Shikamaru, raggiunto l'ufficio a lui utile, si mise in fila, una lunga, lunghissima fila. Nell'attesa, si mise a guardare i suoi, pensava, futuri compagni. Uno peggio dell'altro. Un'espressione al limite tra il volersi impiccare con una corda e il gettarsi giù da una finestra stava facendo capolino sul suo viso.
Era arrivato anche il suo turno di entrare e si trovò di fronte ad un'impiegata che tutto trasmetteva che voglia di starlo a sentire. Si sedette, poggiò i fogli sulla scrivania e salutò. Non ottenne risposta, la donna prese le scartoffie e iniziò a torturare la tastiera del computer inserendo i dati.
“Sta impiegando un'eternità. Che seccatura.” pensava Shikamaru, con il gomito appoggiato alla scrivania, che fungeva da supporto per la sua testa pesante. “Ho finito, vada pure” disse ad un certo punto la tizia, che gli consegnò anche quello che sarebbe stato il suo libretto dei voi riposto in una custodia blu.
Lui si alzò, senza salutare questa volta, e uscì. Il padre lo aspettava fuori dall'edificio: “Allora figliolo, come è andata?”
“Sei felice? - disse il figlio, consegnandogli il libretto – mi toccherà riempirlo tutto, e so già che non ne ho voglia”.