Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Chemical Lady    21/07/2016    2 recensioni
"La tradizione vuole che i soldati che muoiono oltre le Mura diventino stelle" aveva iniziato lui con quel suo tono che aveva un che autoritario anche mentre suonava rassicurante, facendole alzare gli occhi sulla volta celeste con un cenno. "Il loro ardore non smetterà mai di risplendere e illuminare il cammino di coloro che verranno dopo. Per ogni vita che si spezza, si accende una luce."
Lei sapeva che quello era un contentino, una storia per bambini, ma per il cielo, la forza che le aveva dato quel discorso l'aveva rinvigorita. Suo fratello sembrava crederci sinceramente. Una tradizione della Legione, della loro gente, di quelle persone che conoscevano il dilaniante dolore della perdita come lo conosceva lei. Nina non aveva mai capito cosa significasse davvero appartenere a qualcosa, prima di tornare dalla sua prima missione e scorgere sul volto dei compagni lo stessa amarezza che provava lei. Ma anche la stessa forte determinazione nel voler davvero credere che, quelle luci, non si sarebbero mai spente o avrebbero smesso di vegliare.
[[ Levi x OC || Un sacco di OC, like un sacco davvero]]
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hanji, Zoe, Irvin, Smith, Levi, Ackerman, Nuovo, personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Wenn die Sterne leuchten.

 

 

 

 

Capitolo Primo.

 

Life is too short to even care at all.

 

 

 

Anno 846

Un anno dopo il crollo del Wall Maria.

 

 

Aveva aspettato fino a che il sole non era definitivamente calato, lasciando spazio a una notte luminosa e piena di stelle. La luna brillava argentea, quasi piena, abbastanza da permetterle di spostarsi senza bisogno di fuochi.

Nina non aveva atteso che le tenebre arrivassero a tanto per fare la prima mossa, però. Era arrivata al carretto e ci si era infilata con un saltello agile, che le era costato un mugolio basso e una fitta la costato. Lì  aveva trovato quello che cercava: le lame e le bombole. Aveva cambiato velocemente quelle che aveva nell’attrezzatura in favore di due piene e si era premurata di aggiungere un paio di lame extra, nonostante fosse certa che se sulla via per l’accampamento si fosse ritrovata di fronte dei giganti, difficilmente sarebbero stati attivi e svegli come di giorno. Questa informazione era frutto di un paio di ricerche effettuate dal Capo Squadra Hanji sul primissimo gigante catturato dalla Legione, qualche anno prima del suo ingresso nel corpo di Ricerca. Non avevano potuto lavorarci molto, purtroppo, ma quel poco che avevano visto su quell’esemplare di quattro metri, la notte le loro capacità di movimento si riducevano drasticamente. Era presto per poter decretare che la loro fonte di energia fosse la luce solare, ma era già stato avviato qualche passo in quella direzione.

Era una teoria debole, quella di Nina, ma era la migliore a cui poteva aggrapparsi.

Si era sistemata per bene, steccandosi il busto con dei rami affinché rimanesse rigido e tenendo tutto insieme con delle bende che teneva sempre con sé in una scatolina di latta, dentro alla tasca interna del giubbotto di rappresentanza. Aveva buttato via la mantella verde, intrisa del sangue di Sankov e aveva legato i capelli biondi in una treccia. In ultimo, si era preparata psicologicamente.

Niente più appunti sul quadernino, niente più malinconici pensieri alla ‘e se gli avessi parlato prima di partire’ o alla ‘e se mi fossi offesa così tanto’. Era una tipetta che sapeva focalizzarsi molto bene su un obiettivo, una dote di famiglia.

Nella piana non volava una zanzara, quando con un piccolo scatto, Nina si lanciò fuori dal carro e iniziò a correre. Il dolore alle costole era forte, ma non abbastanza da frenarla. La paura era un deterrente sufficiente che, sommato alla voglia di vivere e alla determinazione, le permisero di essere veloce quasi quanto lo era senza ossa rotte. Scattò in avanti il più possibile e per dieci minuti non fece altro se non pensare a quanto sarebbe stato bello tornare, rivedere quei visi, raccontare loro cosa era successo personalmente e poi piangere insieme gli amici che se n’erano andati.

Ed. Nick. Non doveva pensarci in quel momento. Non poteva permetterselo.

Corse e corse fino a che non ne poté più, ma per allora aveva già raggiungo il bosco di conifere che aveva puntato. Non era nemmeno a un quarto del tragitto, ma si era decisa a ritenersi soddisfatta se avesse bruciato una tappa alla volta. Lo attraversò tutto restando in guardia, attenta a dove metteva i piedi, poiché laddove c’erano molte meno preoccupazioni su come usare l’attrezzatura, c’erano molti punti ciechi e meno luminosità a causa delle fronde alte.

Dopo quella zona boschiva  si stendeva una piana a perdita d’occhio che la scoraggiò non poco, ma ricordava bene che vi erano passati e che, avanti, avrebbe incontrato il corso del torrente che andava a toccare il paesino ora abbandonato dove era stato sistemato l’accampamento.

Riportò alla mente le parole del ex comandante Shadis, se rimanete senza cavallo non correte a perdifiato come una massa di idioti ma fatelo con la testa, conservando le energie per fare uno scatto in caso di bisogno, e partì di nuovo. Corse, attenta a respirare bene e a concentrarsi su qualcosa che non fosse il dolore. Corse e corse.

Corse così tanto che quando iniziò a spuntare il sole, tingendo prima di azzurro e poi di rosa il cielo, si ritrovò a sentirsi delusa. Sperava che una notte sola le sarebbe bastata per compiere quella distanza, ma forse si era illusa o sopravvalutata. Cosa avrebbe fatto? Avrebbe atteso su un albero un giorno intero? Senza cibo ne acqua?

Non avrebbe mai avuto la forza di proseguire e se i dolori fossero peggiorati, allora sicuramente non sarebbe stata in grado nemmeno di camminare, figurarsi correre.

Un essere umano che non può correre o saltare è cibo.

 

Quella che aveva memorizzato come un’ora a cavallo al galoppo, si rivelò essere una notte e buona parte della mattinata, tra corsa e camminata. Seguì il corso del torrente non appena lo raggiunse ed esso le offriva non pochi ripari e nascondigli, che sfruttò ogni qualvolta sentiva anche il ben che più piccolo rumore.

 Fu fortunata, perché riuscì a raggirare un paio di giganti e fu costretta ad ingaggiare uno scontro solo con un dodici metri. Riuscì ad abbatterlo nonostante la fatica e il dolore. Ogni singola cinghia dell’imbragatura le causava una compressione sulla zona dolente quasi insopportabile, ma riuscì lo stesso a recidere la collottola del mostro che cadde con un tonfo sordo nel bosco.

La buona notizia era che quella zona era a prevalenza boschiva, quindi arrivare non fu impossibile anche se stancante.

La cattiva notizia era che, quando raggiunse la meta dove era stato insidiato il presidio, essa era tristemente deserta.  

 

 

 

Anno 844
Qualche giorno dopo l’arruolamento di Rivaille e la sua brigata di fuorilegge.

 

 

Nell’aria c’era odore di fiori di zucca fritti e la contagiosa risata di un sergente chiassoso.

Nina aveva speso tutta la mattina a strigliare i cavalli e a pulire la stalla insieme a Ed Reinolds e Nicholas Ravenstein, godendo della pace nella quale il quartier generale della Legione Esplorativa era caduto da quando, cinque giorni prima, il Comandante Shadis e il Capitano Erwin erano partiti alla volta della Capitale.

“Sai per quale motivo si sono recati lì?”

Alla domanda, Nina si era sollevata sulle punte, incrociando le braccia sul dorso del cavallo e spiando Ravenstein oltre il groppone della bestia “Non ne ho idea, mio fratello non me l’ha detto.” Ammise senza particolare inflessione della voce.

Era una recluta, perché avrebbe dovuto metterla al corrente?

Come ogni altra recluta, Nina aveva  terminato l’addestramento interno della Legione e poi aveva partecipato a tre missioni nell’ultimo anno, ma eccetto l’essere incaricata del recupero dei feriti e della loro cura – cosa nella quale era stata addestrata e istruita, d’altronde - non aveva mai avuto un ruolo fondamentale o comunque di rilievo. Si era distinta per il sangue freddo, quello andava detto, ma solo perché nei momenti di forte pressione o di crisi, tendeva a chiudersi in se stessa e tenere la mente impegnata facendo qualcosa. Qualsiasi cosa.

Le mani ben conficcate nello sterno di un compagno nel tentativo di fermare un’emorragia erano un ottimo deterrente alla paura.

Lavorare con il tenente Renson, il primo ufficiale medico della Legione, era il massimo a cui ambiva.

“Se ci fanno chiudere, a che corpo vi unirete?”

La ragazza bionda tornò a sollevarsi, stavolta con più prepotenza, facendo nitrire con disappunto la bestia “Non dirlo nemmeno per scherzo, Ed. Non ci faranno chiudere.”

Nick smise di spazzare, schiarendosi la voce “Si dice che non abbiamo i fondi per fare spedizioni oltre le mura.”

Ed indicò l’amico, come per sottolineare l’ovvio “Niente missioni vuol dire nessun senso di mantenerci qui a grattarci dal mattino alla sera. Ci faranno scegliere, vi dico io che finirà così. Nina, tu sei arrivata terza durante l’addestramento, io sesto. Il buon Nick decimo, quindi a filo. Ve lo dico io come dovrebbe finire: dovremmo unirci alla Gendarmeria tutti e tre.”

La bionda sbuffò incolore, raccattando la spazzola che le era sfuggita di mano e riprendendo a spazzolare il pelo raso del cavallo, accarezzandogli il collo “Stipendio migliore, massimo guadagno con il minimo impegno…. Ma voi l’avete capito cosa fanno dal mattino alla sera quelli della Gendarmeria?!”

“Quelli dalla Guarnigione guardano un muro, Müller. Direi che come divertimento, non c’è una grande differenza.”

Tutti e tre ridacchiarono alle parole di Nick, ma vennero interrotti dall’arrivo del Capo Squadra Ness, che intimò bonariamente a tutti e tre di sbrigarsi. Il pranzo sarebbe stato servito di li a qualche minuto e poi potevano prendersi il pomeriggio di licenza per riposare.

“Adoro essere un suo uomo.” disse Ed non appena Ness se ne fu andato dalla stalla “Voglio dire, potevamo avere Erwin come Capitano. O Hanji Zoe e il suo malato desiderio di avere sempre un gigante in custodia. Vogliamo parlare di Farlon? Se potesse picchiarci, ogni tanto, lo farebbe. Invece no, abbiamo Ness. Che il cielo lo protegga sempre. Il suo solo difetto è che è troppo fissato con la toletta dei cavalli e la pulizia della stalla.”

“Magari fosse fissato anche con la pulizia del resto del castello.” Nina riaccompagnò il cavallo nel box, prima di  voltarsi verso i due compagni che stavano sistemando le scope e la pala “Ci sono dei topi, nelle cucine, grandi come gatti.”

“Allora ci servono solo gatti grandi come cani!” sbottò Nick nel pieno della frenesia, prima di scoppiare a ridere con i due amici, così rumorosamente che dovette sistemarsi gli occhiali sulla punta del naso prima di vederli cadere a terra sul ciottolato.

Avevano fatto insieme l’accademia, erano nati come soldati insieme e ognuno aveva incoraggiato l’altro quando avevano donato la loro vita alla Legione.

Quando avevano deciso di essere le ali dell’umanità.

A quel tempo, Nina non credeva di poter chiedere di più di quello che aveva: una vita piena di avventure che seppur rischiava d’essere tragicamente breve, aveva allargato i suoi orizzonti nel mondo; amici sinceri, una famiglia ad aspettarla a Stohess.

Un obiettivo nobile.

Non avrebbe chiesto altro, ma ciò non significa che null’altro le sarebbe stato dato.

 

Erano quasi arrivati alle scale laterali che li avrebbero condotti direttamente alla mensa, quando lo scalpitare di zoccoli e il lento andare di una carrozza li fece voltare verso il cancello d’ingresso. Qualcuno giungeva.

“Se si tratta del Comandante, possiamo dire addio al pomeriggio di licenza.” Sussurrò a denti stretti Ed, mentre gli altri due, molto meno combattivi di lui, sospiravano piano.

Non sembrava la carrozza di Shadis, però.

Da essa, infatti, non scese né lui né tanto meno Erwin.

Scesero quattro figure, ma le reclute riuscirono ad identificare solamente il Caporale Thoma.

“Chi accidenti sono quelli?”

Ignorata la domanda di Reinolds, Nina scese un paio di gradini, così da non avere più il sole a bloccarle la visuale. Il primo era un ragazzo, biondo, alto e allampanato. Sembrava stranito dal luogo in cui era arrivato, ma si guardava attorno con un interesse posato. Fu il primo a ricambiare lo sguardo della Müller e ad azzardare lo spettro di un pallido saluto che lei rilanciò con un sorriso.

La seconda era una ragazza con i capelli che parevano un  fuoco tanto erano rossi. Lei nemmeno notò le tre reclute, troppo impegnata a lanciare frasi ricolme di stupore e di meraviglia verso qualsiasi cosa si trovasse lì intorno.

“Guarda fratellone, è pazzesco! Questo posto è enorme!”

Il terzo, all’inizio, dava loro le spalle. Al contrario degli altri due, pareva del tutto padrone della situazione, era calmo. La statura era bassa, tanto che Nina stimò che dovesse essere persino più basso di lei, ma aveva qualcosa….

Qualcosa che lo elevava.

Qualcosa che gridava ‘sto cercando guai’ da ogni poro e solo quando finalmente si voltò verso l’ingresso, Nina poté in qualche maniera avere una riprova di quella sensazione.

I suoi occhi erano affilati come lame e freddi come il ghiaccio, specchiati all’interno di quelli grandi della giovane. Aveva i capelli più neri che lei avesse mai visto e l’espressione apatica e svogliata di chi non ha voglia di sentir ragioni. Istintivamente, fece un passo indietro, lanciando uno sguardo a Nick.

Si misero sull’attenti, facendo il saluto militare al Caporale quando questi passò davanti a loro, facendo sfilare i tre verso gli alloggi delle reclute.

“Quelli chi diavolo sono?” rilanciò sottovoce Ed.

Nick non rispose, sporgendosi verso Nina, la quale non tolse gli occhi di dosso al moro fino a che non sparì dietro l’angolo, alla volta del portone interno “Dovresti domandarlo a tuo fratello.”

Lei annuì, velocemente “Sarà la prima cosa che domanderò ad Erwin appena metterà piede qui. Ora andiamo, prima che i fiori di zucca finiscano.”

 

 

 

 

 

Nda.

Si è iniziato a svelare qualcosa.

Tengo il bello per i prossimi capitoli, perché mi piace tenere un po’ sulle spine e perché sotto sotto, mi piace lasciare tante piccole molliche per creare la trama.

 

La canzone che ho scelto per questo capitolo è Cough Syrup degli Young the Giants. Mi sembra molto coerente con la situazione un po’ infelice.

 

Spero che questo capitolo piacerà quanto il primo, che ha ricevuto ben due recensioni, non credevo sarebbe successo! Ringrazio entrambe le ragazze che hanno recensito, anche se una delle due passa la maggior parte del tempo universitario con me, ma apprezzo lo sforzo della recensione.

 

Grazie davvero, è sempre bellissimo trovare un riscontro.

 

Per il prossimo capitolo, spero di far presto.

Se il caldo non mi ammazza.

 

Buonanotte, buonanotte!

 

C.L.

 

 

  
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