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Autore: Malinne    22/04/2009    3 recensioni
Due deviati mentali hanno deciso di scrivere una storia incentrata sul mondo di Final Fantasy. Cosa potrà mai saltarci fuori? Vi promettiamo tanto divertimento e un sorriso da paralisi facciale! "Eve e Mad: due anime legate da un incredibile destino? No, due completi imbecilli incontrati per caso. FF VII: una trama epica e coinvolgente? No, una serie di idiozie una peggiore dell’altra. Quindi leggendola potrei perdere la mia sanità mentale? Sì, nel modo più assoluto". Curiosi? No, eh?
Genere: Demenziale, Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
Candidato n° 37

 

Mad PoV by Rob

Ore 10.00, quartier generale della Shin-Ra

Ero teso, anzi tesissimo perché ero entrato in una delle potenze più grandi del mondo con documenti falsi.
Madison Square, era il nome che recitava il tesserino.
Erano gli unici dati autentici.
Per il resto, peso, altezza, gruppo sanguigno, provenienza erano tutti fasulli. Insomma, se qualcuno mi avesse misurato o avesse deciso di farmi un prelievo, sarei stato inchiodato in due secondi netti.
Mi promisi di affidarmi a qualcun altro se mai fossi uscito vivo da quella missione e avessi avuto bisogno di documenti fasulli.
Maledii mentalmente quell'omuncolo che mi aveva assicurato "massima serietà, io no errore, signore", sospirai e feci scorrere la tessera magnetica.
Uno, due, tre, quattro, cinque secondi.
Luce verde.
Ero dentro.

Ore 10.30, quartier generale della Shin-Ra

La Shin-Ra era puro lusso.
Provenivo da un piccolo paese di campagna, nel buco del culo del mondo e ogni volta che mi rendevo conto di potermi specchiare nei pavimenti della società mi saliva il sangue al cervello.
Non ero un tipo particolarmente emotivo. Forse, però, un po’ sì.
Insomma, ero uno zoticone campagnolo di terza categoria che era stato catapultato in un mondo lussuoso e futuristico che non avevo mai visto prima. Avevo avuto incontri ravvicinati con mucche incazzate e rastrelli volanti, ma trovarsi davanti un palazzo che aveva l’aria ancora più incazzata e che, soprattutto, volava era tutta un’altra cosa. Molto più suggestivo.
Però, pensavo, se ero riuscito ad entrare in SOLDIERs un valido motivo ci sarebbe pur stato. Mi auguravo che l’ipotesi del mio amico Kunsel si rivelasse falsa, prima o poi. «È la crisi. Dobbiamo accontentarci di quel che passa il convento. Ecco perché ti hanno preso. Bel lavoro, Mad» mi aveva detto.
Ogni tanto, effettivamente, mi chiedevo se davvero avessi amici. Qualche frase dei miei compagni, mi faceva sorgere qualche dubbio. «Sei il mio imbecille preferito, Maddy!»
Intrufolarsi alla Shin-Ra con documenti falsi, un bagaglio culturale piuttosto scarso nonché un’esperienza in combattimento decisamente limitata rispetto alle statistiche e un aspetto notevolmente appariscente era in effetti cosa da perfetti imbecilli.
A quanto pareva, lo ero perché mi ero buttato a capofitto in quell’impresa. Senza nemmeno un ripensamento.
Smisi di ragionarci su quando il trillo dell’ascensore mi annunciò che ero arrivato al ventiquattresimo piano. Le porte si aprirono.
La mia missione, quel giorno, era quella di scoprire il livello delle aspiranti reclute per poi riferire le informazioni ai miei superiori. Per un qualche motivo, il lavoro della spia non mi si addiceva, però con la gente ci sapevo fare. Avrei puntato tutto sulla cordialità e il mio sorriso: essendo già in SOLDIER le matricole mi avrebbero guardato con un occhio di rispetto e sarebbero state intimidite dal mio grado. Nonostante avessi queste certezze, ero ancora in ansia. Avevo un brutto presentimento.
Decisi di assumere un atteggiamento disinvolto e spigliato, sperando che il sudore sul viso non mi tradisse. Fortunatamente, indossavo i miei occhiali da sole quindi sarebbe stato difficile intuire la mia tensione dagli occhi.
«Guarda quel cretino con quegli occhiali osceni! Li ha comprati perché fanno pandane con i suoi capelli, secondo te?» sbraitò una recluta decisamente effeminata al compagno a fianco. Se fosse stata una donna, le avrei dedicato qualche fantasia delle mie, ma siccome non lo era proseguii senza esitazione.
Comunque, qualcosa mi disse di togliermi gli occhiali e rischiare. Dopotutto, il rischio era la mia vita.
Chi ero io per rifiutare una bella scarica di adrenalina in corpo?
Non che rischiassi molto tra quelle pulci che si definivano aspiranti reclute, ma non si poteva mai dire. Certe esperienze ti segnano per sempre. Non solo mentalmente. Anche fisicamente. Modestamente, vantavo certe cicatrici sul torace che avrebbero potuto far impazzire le ragazze. “Prove di coraggio”, “nervi d’acciaio”, “cuor di leone” le chiamavano, loro. Essere sfregiato non era per nulla demodé, avevo intuito. Quindi, finché ero in SOLDIER accettavo ogni genere di missione per farmi sfregiare e quindi adorare dalle ragazze, nella speranza che qualcuna si aggiungesse alla lista delle mie ammiratrici. Per ora ne contavo mezza perché non sapevo se la segretaria all’ingresso fosse uomo, donna o qualcosadisimile. Già, certe esperienze ti segnano per sempre.
«Che esperienze?» chiese una voce, da molto vicino.
Kunsel mi guardava fisso, sorseggiando un caffè.
«Kunsel?! Ma cosa…?»
Lui si passò una mano sulla faccia e mi guardò. Credo che quella nei suoi occhi fosse pietà, ma mi piace pensare fosse qualcosa vicino alla comprensione. «Mad, ti prego dimmi che non mi stai per chiedere se leggo nella mente perché se è così ti risparmio il disturbo: non leggo nella mente, sei tu che stai pensando ad alta voce.»
Sentì che il sangue fluiva rapidamente verso il mio cervello, anche se non mi ero assolutamente specchiato nei pavimenti.
«Dimmi che stai scherzando.»
«Ti sembra che stia scherzando?»
«No.»
«Ecco, appunto» fece Kunsel, inarcando le sopracciglia. Prese un altro sorso di caffè e fece un cenno verso una delle reclute. «Invece quello sì che ti sta prendendo per il culo, amico.»
La recluta effeminata teneva banco, non c’era ombra di dubbio. Per essere così piccolo e fragile aveva una gran faccia tosta. Mi auguravo che non superasse il colloquio.
«Credo che i tuoi occhiali lo schifino. O che lo abbiano traumatizzato. È da quando sei arrivato che ne parla. Forse è meglio se li nascondi.»
«Ma perché?»
«Senti, non dirmi che ti devo offendere per farti capire che i tuoi occhiali sono davvero inopportuni.»
Ci rimasi male. Forse ero veramente un tipo emotivo.
Mi riscossi. Che stavo facendo? Non potevo permettermi di farmi mangiare in testa da qualche sciocca matricola, perdipiù forse gay! Rimasi impettito davanti a tutti, con una mano sul cuore e un’espressione determinata. Ero un SOLDIER. Credevo di aver impressionato persino Kunsel; il suo cipiglio non era ben definibile, ma mi sembrava stupito.
Ricordai le mie cicatrici guadagnate con fatica e sudore. “Prove di coraggio”, “nervi d’acciaio”, “cuor di leone” le chiamavano, loro. Loro, le ragazze.
Dovevo darmi da fare se non volevo mantenere sulla lista delle mie spasimanti il solo appunto “mezza segretaria”! Dovevo scoprire di più sulle reclute! Dovevo dimostrare di essere un SOLDIER!
SOLDIER Third class Mad Square on the job!
Quindi, inciampai nel mio stesso piede e caddi.

 

Mad PoV by Rob

Ore 10.50, Quartier generale della Shin-Ra – Bagni

 

Nel mio piccolo sapevo fare un sacco di cose, come mungere le mucche, cantare l’Aida o aggiustare i grammofoni. Ma quello che mi veniva meglio era approcciarmi con le persone.
«Eh, cioè, scusa… com’è che ti chiami tu?»
«Evelina Enix.»
«Cioè, oltre che a sembrare una donna hai anche un nome da donna?»
«Io sono una donna.»
«Sì, certo. E io sono superdotato.»
Lui inarcò un sopracciglio. «Grazie per avermi confermato di doverti evitare. Mi hai tolto il disturbo.»
«Beh, sono messo bene.»
«Non ci tengo a controllare!»
«Nemmeno io tengo a farmi esaminare da un uomo.»
«Ma non sono un uomo!»
«No, ma dico… secondo te riesci a farmi bere questa? Le donne hanno le tette, amico!»
Per qualche motivo che ancora mi è oscuro, mi trovai spalmato sul pavimento lucido-lucido della Shin-Ra e sentì il sangue salirmi al cervello.
Mi alzai rapidamente in piedi, cercando di non abbassare lo sguardo a contemplare quel bellissimo lastricato splendente. «Certo, per essere così piccolo ne hai di forza…»
«Altrimenti perché credi che abbia provato ad arruolarmi? Certo, qui in mezzo sembrano tutte mezze seghe. Sono soltanto bravi a ridere delle mie battute, per il resto non ho mai visto un branco così numeroso di coglioni!»
Gli puntai un dito contro. «Questo non fa che confermare la mia teoria: solo un maschio potrebbe essere così volgare!»
«Mi stai dando della sboccata?!»
«Ehi, ehi… Hakuna matata!»
«Cosa vai farneticando?!»
«Sei piccolo, bugiardo e pure senza senso dell’umorismo. Se ti prendono in SOLDIERs ti assicuro che non riusciremo mai a diventare amici…»
«Ma che cosa me ne frega della tua amicizia? Levati dalle palle, fammi uscire! Tra poco è il mio turno!»
«Ah, sì? E quanti sono stati presi finora?»
«Su trentacinque candidati solamente uno. E adesso lasciami passare.»
«Devo riconoscere che hai spirito d’osservazione: sono veramente tutti mezze seghe, se davvero è così! Di solito il numero di arruolati è più alto…»
La voce dell’esaminatore giunse a noi forte e chiara: «Candidato n° 36!»
La piccola recluta affondò le mani nel mio stomaco, cercando di scansarmi e facendomi così mancare il respiro: «Scansati, depravato! Sono stanca di sentire odore di turche! E tra un numero è il mio turno!»
Rimasi al mio posto. Ero un duro, io. Lo stavo trattenendo in bagno con il solo scopo di estorcergli informazioni sulle altre reclute. Me ne stavo sulla porta, in posizione “X” per sbarrargli il passaggio. Per il momento, il piano stava andando a meraviglia.
«Sono tentato di restarmene qui e non farti passare!»
«Sono tentata di evirarti! Tanto, da quel che dici ti farei un favore privandoti della tua vergogna!»
«Sei tu quello che deve vergognarsi, visto che vai in giro a dire che sei una donna… sei così gay da essere disperato?»
La sua espressione si fece scura, mi fece quasi paura: «Disperato sarai tu tra qualche secondo…»
La voce dell’esaminatore si fece sentire ancora una volta. Però, stavolta gridò: «Candidato n° 37!»
Non so bene quel che accadde, ma credo che essere investito da un autotreno potesse fare meno male. Mi ritrovai stirato a terra, per fortuna a pancia in su.
Avevo capito perfettamente: il brutto presentimento aveva preso forma come fa la propria peggior paura negli incubi. Mi aveva appena travolto e aveva scoperto che la sua forma era quello di un soldato piccolo e molto femminile.
La giornata era iniziata da poche ore e io ero già caduto tre volte. Quante cadute mi mancavano ancora per avere una commozione cerebrale?

 

  
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