Capitolo
nono - Inizio
delle ostilità
Astoria
Greengrass non perdonava.
Sebbene
fosse, in verità, di indole allegra e simpatico, era anche molto passionale, a
dispetto della scorza dura che mostrava. E i ragazzi che avevano visto anche per
una volta sola la bionda, ne erano terribilmente attratti. Non c’era nessuno che
sapeva cosa nascondesse dietro quello sguardo gelido e gli atteggiamenti snob.
Nessuno, escluso Draco Malfoy e Blaise Zabini.
Ammetteva,
però, di aver visitato molti letti di ragazzi di Serpeverde, ma nessuno pareva
ricordarsene. Nessuno, tranne i suoi amici.
Inoltre,
nessuno scampava alle sue vendette, neanche Malfoy e
Zabini.
Si
svegliò alla buon’ora, rendendosi conto che Blaise accanto a lei dormiva ancora
placidamente. Sorrise mentre gli spostava una ciocca di capelli lunghi, troppo
per i suoi gusti, dalle labbra. Avrebbe dovuto provvedere lei ad un bel taglio
radicale. Ghignò divertita.
Ricordava
perfettamente che Draco, quella notte, era diventato bruno. Perché? Come
mai?
Si
stropicciò gli occhi e scese dal letto. Rabbrividì al contatto con il pavimento.
Era talmente gelido di mattina che era un sollievo solo nei mesi di fine
primavera inizio estate.
Si
avvicinò nuda al letto di Draco. Tutto pareva tranquillo. Forse, aveva solo
sognato che il ragazzo avesse cambiato colore di capelli.
Qualcosa,
però, le diceva di essere vicina alla verità.
-
Astoria … -
Si
voltò, e vide Blaise seduto sul letto, coperto solo per metà, con i capelli che
gli ricadevano sulle spalle, e un’espressione quasi
angelica.
-
Buongiorno- rispose lei con un gran sorriso, avvicinandoglisi sensualmente. Salì
carponi a iedi a letto e lo raggiunse.
Aveva
il cuore che le batteva forte. Sentì le mani di Blaise afferrarla dolcemente per
i fianchi.
-
Sei appena arrivata e già mi tradisci?- chiese lui, mostrando i denti bianchi e
curati.
La
ragazza rise di gusto, ma sottovoce, per non svegliare l’altro occupante della
stanza.
Si
sporse verso il bruno e lo baciò con passione, ricadendo ancora una volta l’una
tra le braccia dell’altro. Si stesero sul letto, e si coprirono
accuratamente.
Draco
stava sognando. Era strano che quella volta sognava così tanto, eppure lo stava
facendo. Di nuovo. Vedeva la Granger, abbracciata con un ragazzo bruno. Erano
nudi, e le pose del tutto esplicite. La ragazza urlava a gran voce, eccitata, il
suo nome. Draco … Draco … Draco … Blaise ...
Blaise?!?
Si
svegliò di soprassalto, passandosi una mano sopra agli occhi. Che diavolo stava
succedendo? Ancora aveva nelle orecchie quei gemiti eccitati che parevano non
voler smettere. E lei urlava quasi il nome di Blaise.
Gli
ci volle qualche attimo per elaborare di essere stato
svegliato.
Alzò
la testa dal cuscino e vide strani movimenti nel letto di fronte al suo.
Atterrito, guardò sotto le coperte. Si coprì subito e
imprecò.
Velocemente
cercò una divisa pulita e se la infilò. Per poco non cadde per correre verso la
porta.
Guadagnata
l’uscita, sbatté dietro di sé la porta, infastidito.
Che
razza di risveglio era mai quello? Ma che avevano quei due? In fondo lei era
stata solo per un mese al San Mungo! Non potevano, oltretutto, farlo in un’altra
stanza, magari dove non c’era lui a sentirli?
Guardò
l’ora e si trattenne a stento dall’imprecare di nuovo. Erano le sette del
mattino. Dove cazzo sarebbe potuto andare?
Nella
stanza pareva che non la smettessero più, e così decise di lasciarli indietro e
di uscire dal dormitorio.
Era
molto nervoso. Per quante volte aveva sognato, Hermione Granger era sempre lì
tra i suoi pensieri. Ripensava al loro bacio, quello che era sicuro non avrebbe
dovuto darle e che a lei pareva fosse piaciuto tanto.
Eppure
con lei si stava solo divertendo, perché la sognava?
C’era
qualcosa che non quadrava. C’erano delle complicazioni. Voleva farla cadere ai
suoi piedi, e per fare ciò c’era un solo modo: deluderla e colpirla. Stava,
però, affezionandosi troppo alla ragazza, lo sentiva.
Ghignò
e pensò che era ora di farle mettere un po’ di paura.
Erano
quasi le sette, ed Hermione, preoccupata per il suo diario, non avendo chiuso
occhi per tutta la notte, era già in giro a controllare in tutte le stanze dove
poteva avere accesso, confidando nel fatto che, probabilmente, dopo la storia
del ragazzo bruno aveva deciso di portarlo con sé. Non lo ricordava, però, e ciò
le era parso strano. Più ci rimuginava su, e più era convinta che qualcuno
gliel’avesse sottratto.
A
quell’ora non c’era nessuno per la scuola, e dalle finestre vedeva che tirava
molto vento. Con tutta probabilità, presto sarebbe caduta anche la prima
neve.
Posò
la mano sul vetro e rabbrividì al contatto con esso.
-
Freddo?- chiese una voce familiare dietro di sé.
Non
aveva sentito arrivare nessuno, per cui saltò di spavento, voltando la testa
indietro, di scatto. Si stupì nel vedere quale ragazzo le avesse
parlato.
Si
incupì.
-
Pensavo non ti saresti fatto più vedere- rispose lei.
No,
non poteva sbagliarsi. Capelli neri, occhi verdi e lineamenti aristocratici. Era
il ragazzo di Halloween. Era stato la sua ossessione per tutto
Ottobre.
Il
bruno si strinse nelle spalle e le sorrise.
-
Ho sbagliato-, ammise.
Hermione
saltò su tutte le furie, avvicinandoglisi pericolosamente.
-
Se sei venuto qui per scusarti, hai fatto male i tuoi conti. Pensi che
un’espressione tenera basti a farmi addolcire?-
Non
credeva che quel ragazzo fosse tanto egoista, quindi sperava che
negasse.
-
Beh, in parte ci speravo, ma come vedo sei troppo orgogliosa per
scusarmi-.
Hermione
sbuffò e si tirò una ciocca di capelli via dal viso.
-
Hai fatto male i tuoi conti, caro il mio ammiratore-.
Si
voltò indignata. Niente l’avrebbe fatta tornare sui suoi
passi.
-
E se ti dicessi come mi chiamo?- chiese lui.
Ok,
forse per quello l’avrebbe potuto perdonare. Si fermò e si voltò a guardarlo
lentamente. Vestito com’era, pareva uno studente qualunque, eppure non poteva
dimenticare la figuraccia a cui l’aveva sottoposta.
-
No-, gli rispose, voltandosi di nuovo.
Sentì
le mani del ragazzo sulle sue spalle. Erano così sicure e calde, parevano fatte
apposta. Dita lunghe e affusolate come quelle di un pianista. Le salirono sul
collo, e poi scesero fino alle braccia.
-
Ti prego … - le sussurrò, col fiato che le accarezzava dietro
l’orecchio.
Sentì
il cuore batterle di nuovo. Involontariamente piegò leggermente la testa
all’indietro, con gli occhi chiusi. Si morse piano il
labbro.
Aprì
gli occhi adagio mentre sentiva il cuore batterle, e il respiro del ragazzo su
di lei.
Resisti,
Hermione!
Si disse.
Si
voltò lentamente verso il ragazzo, guardandolo nei suoi bellissimi occhi verdi.
Aprì piano le labbra, e cercò la voce per rispondergli.
Guardava
dritto nei suoi occhi verdi e sentì il cuore sciogliersi in mano. Com’era bello
…
Sapeva
perfettamente che le piaceva.
Gonna
verde, camicia bianca, maglioncino dello stesso colore della cravatta e della
gonna, calze color carne 30 den e scarpe nere col tacco, questo indossava
Astoria quel giorno, ravvivandosi i capelli e guardandosi allo
specchio.
Era
perfetta come sempre.
Sguardo
gelido e cuore passionale, questo la caratterizzava.
-
Hai capito che dobbiamo fare? Quella Mezzosangue rimpiangerà d’essere nata-,
disse, rivolgendosi a Blaise, che si era vestito con meno voglia della
ragazza.
-
Ovvio che ho capito, Tory, ma sei sicura che … - non finì la frase che se la
ritrovò sotto il naso.
-
Il mio nome è Astoria, non Tory, ficcatelo bene in testa!-
ruggì.
Si
voltò, sferzandogli i capelli sulla guancia e si allontanò a grandi
passi.
Lui
rimase a guardarla allontanarsi, chiedendosi cosa avesse detto di
male.
La
bionda Serpeverde guadagnava terreno, e con la sua solita espressione cercava
ovunque quella maledetta mezzosangue. Aveva giurato che gliel’avrebbe fatta
pagare cara. Era rimasta al San Mungo per ben trentasei giorni, quattro ore e
sette minuti.
Digrignò
i denti al ricordo.
-
Aspettami, Astoria!- la chiamava Blaise.
Fece
finta di non sentirlo, continuando a camminare. Il suo sguardo era anche più
gelido del solito. Strinse a sé la cartella e ghignò
maleficamente.
La
Mezzosangue non era l’unica che studiava le antiche rune, infatti lo seguiva
anche lei il corso, e di certo non era da meno della Grifondoro. Aveva la madre
che s’intendeva di queste cose, e anche sei non era tipo da vendicarsi, sua
figlia lo era pienamente e non si sarebbe fatta scrupoli a usare tutto ciò che
sapeva contro quella sporca maledetta.
Strinse
il pugno e guardò avanti a sé.
Trema,
Mezzosangue. La mia vendetta è vicina, e neanche ti avvicinerai al San Mungo.
Andrai dritta nella tomba.
Probabilmente
si disse che aveva un’espressione terrificante, quando vide due o tre ragazzini
allontanarsi da lei.
La
battaglia tra Serpeverde e Grifondoro, che era stata sospesa in vista del ballo
di Halloween, era ripresa, e nessuno dei Grifondoro l’avrebbe vinta, a parere
dei Serpeverde.
Astoria
intravide una testa rossa che sovrastava tutti gli alunni. Alzò il mento e gli
si avvicinò.
-
Weasley- sibilò, avvicinandoglisi.
Ron
la guardò, impaurito. Da quando era tornata? Perché non lo
sapeva?
-
Greengrass-, rispose lui, affabilmente, - vedo che sei in gran
forma-.
La
bionda incrociò le braccia.
-
Non c’erano dubbi, Weasley. Io non mi spezzo.-
Si
guardarono, scambiandosi sguardi colmi di disprezzo.
-
Che vuoi?- disse il rosso, non riuscendo a sopportare quello sguardo. Non
l’aveva mai retto molto.
-
Avvisarvi. Sono tornata e sono più vendicativa che mai-
Si
concesse un mezzo sorriso, assottigliando lo sguardo, come se fosse stato una
lancia che avrebbe colpito e ucciso a momenti.
Vide
il ragazzo cercare di celare il proprio disagio.
-
Non capisco perché vieni a dirmelo-, disse, insicuro.
Lei
gli rise in faccia, e gli puntò la bacchetta al petto.
-
Fosse in me, te lo farei vedere subito. La mia vendetta, però, quella che ho in
mente è molto più dolorosa.-
Ron
si morse l’interno della guancia. Quella ragazza lo aveva sempre
terrorizzato.
-
Non ci credo-, le rispose.
Astoria
sbuffò. Sentiva la presenza di Blaise accanto a lei. Anche se fosse stato da
sola, avrebbe avuto il coraggio di fare quello fece in
seguito.
Piegò
la testa di lato.
-
Vuoi un piccolo assaggio?- chiese.
Neanche
attese la risposta, che spostò una armatura e gliela scagliò
addosso.
Il
rosso sparì sotto il grigio acciaio. Si concesse un altro sorriso soddisfatto,
girò sui tacchi e andò via.
Blaise
la afferrò per il polso, ma lei lo tirò via.
-
Non mi toccare- soffiò irritata.
-
Ehi, ma sei sicura che…?-
-
Sì, Blaise-, ribatté puntando i piedi a terra e guardandolo negli occhi. – E poi
ti divertirai, tranquillo.-
Lo
precedette ed entrò in sala grande, mentre dietro di loro si affollavano persone
attorno a Ron, sommerso da quella vecchia ferraglia.