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Autore: SabrinaSala    23/07/2016    13 recensioni
André l’aveva penetrata con quel suo sguardo irriverente e sornione, annientandola, spazzando via in un battito di ciglia la sua ostentata sicurezza, fragile come il più sottile bicchiere di cristallo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12 – Pensieri e Parole
 
 
Un nuovo giorno. Una nuova alba.
Un’alba che Oscar aveva visto nascere, sprofondata nella poltrona ai piedi del proprio letto.
Si concesse un sorriso. Quasi una smorfia. Stanca. Mentre la gradevole brezza mattutina le carezzava le gote rese pallide dall’ennesima notte insonne.
Rise tra sé, un po’ cinica e un po’ sprezzante, chiedendosi se tutti gli uomini della sua vita si fossero messi improvvisamente d’accordo per toglierle il sonno.
Il conte di Fersen, del quale non aveva che poche notizie recuperate distrattamente tra i pettegolezzi di Parigi; il suo amico André… rivelatosi improvvisamente uomo e ribelle; Victor de Girodelle con la sua assurda proposta di matrimonio e infine suo padre… il Generale. L’uomo d’acciaio al quale avrebbe sempre voluto assomigliare… Ripercorrendo i fatti di quelle ultime settimane, Oscar notò che non ci sarebbe stato niente da ridere. La tensione con il reggimento non accennava a calare e il nuovo incarico non dava le soddisfazioni che avrebbe desiderato. Alain de Soissons, con quel suo atteggiamento arrogante e pungente, le aveva dato del filo da torcere, ma almeno André aveva mantenuto fede al suo proposito di non immischiarsi. A fatica, se ne era accorta, eppure non aveva mosso un dito per venirle in soccorso. Anche nei momenti più disperati.
Obbedienza, dispetto o cieca fiducia nelle sue capacità?
Oscar si piegò lentamente sul collo di Caesar. Ne carezzò il crine bianco e morbido. Ne avvertì il rassicurante calore. Si avvicinò alle sue orecchie.
«Solo tu mi stai accanto senza darmi problemi…» mormorò.
Quel lento ritorno verso Parigi, dopo la notte trascorsa a casa, al capezzale del Generale ferito in un agguato, si stava rivelando un metodico e lento ripercorrere fatti e parole. Una razionale valutazione di quanto era successo e di quelle sarebbero state le prossime mosse. Un’estenuante partita a scacchi tra razionalità e impulsività.
Il confronto diretto con Victor, la sera prima, le aveva lasciato l’amaro in bocca. Non avrebbe voluto ferire un uomo così fedele e devoto. Un uomo che le era stato accanto per anni, rispondendo con rapidità e fermezza ad ogni suo ordine. Un uomo che, tuttavia, non avrebbe mai potuto vedere se non come un eccellente sottoposto… Avrebbe potuto sposarlo, a seguito di queste considerazioni? No. E la risposta non sarebbe cambiata. Chiedergli di dimenticarla e volgere lo sguardo altrove, era stata l’unica soluzione possibile. Delusione, imbarazzo, muta rassegnazione… Girodelle non si era opposto a quella richiesta pur non apprezzandola o condividendola. Aveva accettato passivamente il suo ennesimo ordine. E questo, a Oscar, era stato sufficiente per avere una conferma che comunque non cercava. Certa di quanto avesse già deciso. 
Era consapevole che ragazze molto più giovani di lei non avrebbero mai avuto la possibilità di scegliere. Non avrebbero potuto negarsi a un matrimonio imposto dal padre, dal rango, dalla convenzione sociale… dall’interesse.
Ma lei era diversa. E per volere del suo stesso genitore…
Oscar serrò le labbra e provò un profondo senso di disagio al ricordo di quell’infallibile Generale e del suo sconforto. Quando aveva chiesto di parlarle, lo aveva fatto a cuore aperto. Aveva espresso il proprio rammarico per una decisione, quella di crescerla come un uomo e trattarla come tale, che ora riconosceva sbagliata. Tragica. Egoista…
No, non era stato egoista! Nella sua testardaggine, nella sua assurda convinzione di poter dare un erede maschio al nome dei Jarjayes, anche in presenza di sole figlie femmine, imponendo all’ultimogenita un percorso maschile, il Generale aveva aperto ad Oscar orizzonti nuovi e inesplorati per qualunque donna. Le aveva permesso di avere un’educazione non esclusivamente votata al matrimonio. Le aveva permesso di coltivare idee e pensieri personali e a volte scomodi. Le aveva permesso di prendere decisioni importanti, di sbagliare, di rischiare la propria vita… di perdere tutto e rimetterlo in gioco. Le aveva insegnato a vivere come un individuo senziente e rispettabile. Le aveva dato una voce.
A quei pensieri, l’emozione fu talmente forte da costringere Oscar a schiarirsi la gola.
Inspirò.
No, padre… Non mi avete affatto rovinato la vita… mormorò a fior di labbra. Me ne avete data più d’una.
Glielo aveva detto! Dominando ogni emozione, gli aveva detto che si sbagliava se credeva di averle precluso una qualsiasi esperienza femminile.
Mi sono anche innamorata… ripeté, ricordando le proprie parole. Un sussurro, ma fermo e privo di alcun dubbio o vergogna. Si domandò se il padre si fosse chiesto di chi… Se avesse anche solo sospettato la sua identità…
Sospirò. Maledicendo in cuor suo la nuova ossessione del Generale. Trovarle comunque un marito. Strapparla alla vita militare, troppo dura e faticosa per una ragazza.
Una ragazza… Strano sentire quella parola pronunciata quasi con dolcezza dalle sue labbra. Caldeggiava Victor… suo padre. Ma non aveva importanza, aveva detto. Uno qualunque. Quello che sceglierai tu, andrà comunque bene...
Oscar chinò la testa sul petto, le palpebre sugli occhi stanchi e le sue labbra si piegarono in un sorriso divertito.
E va bene! Lo avrebbe accontentato! Sarebbe andata allo stupido ballo organizzato in suo onore. Un tardivo debutto per la splendida figlia del Generale François-Augustin de Jarjayes… Una ridicola farsa, un’ asta camuffata da serata di gala…  
Ci sarebbe andata!  Ma lo avrebbe fatto a modo suo.
Con un improvvisa e ritrovata energia, Oscar spronò Caesar al galoppo. Si era fatto tardi e i suoi uomini, i suoi cocciutissimi uomini, non potevano rimanere a lungo senza il loro Comandante…
 
***
 
Oscar si fece largo tra i soldati impegnati a ricevere amici e parenti. Era giorno di visita. Lo aveva dimenticato. Caesar penetrò tra le fila di uomini in blu, anziane signore e monelli scalpitanti che sfuggivano ridendo al controllo di ragazze troppo giovani per essere madri.
Le facce allegre dei suoi uomini, colte qua e là tra la piccola folla assiepata davanti all’entrata della caserma, le trasmisero un senso di ritrovata armonia. Le loro risate, le esclamazioni a volte troppo colorite, gli sguardi accesi… tutto assumeva un tono piacevole capace di infonderle nuovo entusiasmo.
Aveva quasi varcato la soglia del cortile quando una risata a lei ben nota richiamò la sua attenzione.
Non tardò a trovare e riconoscere le spalle larghe di André, i ciuffi bruni sul colletto blu dell’uniforme, e insieme a lui, civettuola, una bella ragazza dai lunghi capelli rossi.
Caesar si fermò, come rispondendo alla sua immediata reazione.
Subito dopo, André si volse incrociando il suo sguardo.
Gli occhi verdi si incupirono, mentre il riso gli moriva sulle labbra.
«Comandante…» salutò ricomponendosi.
Gli occhi di Oscar passarono dai suoi a quelli della giovane che gli si accompagnava.
Le sue spalle si raddrizzarono, come a mettere in mostra il petto e gli arabeschi dorati dello sparato, le medaglie e i gradi ufficiali.
«Comandante! » gli fece eco la ragazza, piacevolmente sorpresa, sciogliendo l’abbraccio al collo di André per portare le mani ai fianchi. «Finalmente vi conosco! »
Oscar aggrottò la fronte, sollevando le sopracciglia.
L’altra se ne uscì in una risata carica di entusiasmo.
«Non siate così sorpresa, comandante!» le schernì, rivolgendole un’occhiata complice. «A Parigi non si parla d’altro che di voi…» rivelò.
Oscar tornò con lo sguardo sul soldato semplice Grandier. Silenzioso e immobile.
«Non mi presenti la tua amica, André? » domandò e la sua voce vibrò di un suono acuto, infastidendola.
Che sciocca! Pensò… Perché sorprendersi che André conoscesse altre donne?
Perché rivolgergli quella domanda in un tono quasi tagliente… Un tono fattosi aspro per qualcosa che non le apparteneva. Un sentimento ambiguo e strisciante.
«Posso presentarmi da sola, Comandante! » sorrise la ragazza, intenzionata a non sfigurare, in quanto indipendenza. «Camille! » disse. «Il mio nome è Camille»
Oscar provò un’istintiva antipatia per quella figurina sfrontata e decisamente graziosa.
«Sono onorata di conoscere la donna che fa marciare dritto un intero plotone di uomini…» terminò Camille, sinceramente ammirata.
Oscar si limitò a ringraziare con un cenno del capo.
Camille piegò la testa di lato e la fissò intensamente.
«Strana professione, la vostra... » ridacchiò. «Si aprono nuove prospettive nel campo del lavoro femminile, dunque! ». Poi si fece maliziosa. «Spero solo che il mio non ne abbia a risentire…»
André dilatò le pupille. Portò un mano alle labbra e tossicchiò incerto su come sarebbe proseguita quella conversazione.
Oscar, sempre pronta alle argomentazioni o forse per pura educazione, pose la domanda fatidica.
«E quale sarebbe il vostro lavoro, mademoiselle? »
Camille non si lasciò sfuggire l’occasione. Non ne aveva mai persa una.
«Il più antico del mondo, Comandante» confidò con il più candido dei sorrisi e la voce melliflua e allusiva.
Oscar trasalì quasi impercettibilmente, ma la scaltra Camille notò la sua reazione.
«Fortunatamente, ci sono persone come il nostro André,  Comandante. Persone che non sono facili ad emettere sentenze, né ipocrite.  Che non ti giudicano come state facendo voi in questo momento»
Oscar accusò il colpo. Anzi due.
Camille le aveva appena rinfacciato i suoi pregiudizi e André sembrava conoscere quella ragazza molto bene.
 Ma quanto bene?
«Come decidete di impiegare il vostro tempo, madamigella, non è affar mio…» replicò. «Tantomeno dovrebbe esserlo. Avete ragione» sorrise tesa. «Ora mi perdonerete se sono costretta a lasciarvi a più gradevole compagnia… » continuò. «Devo prendere servizio».
Poi, rivolgendole un’ultima occhiata priva di alcuna recriminazione, aggiunse lentamente: «Ad ogni modo,  mademoiselle, spero di non aver pregiudicato l’opinione che avevate di me» concluse.
Il tono fermo e rauco di Oscar conquistò completamente Camille. La sua figura elegante,  le sue spalle dritte, il taglio deciso dei suoi occhi turchesi e quello duro della mascella, la affascinarono più di quanto avrebbe mai potuto confessare. Le sorrise, accennando un inchino.
Oscar si congedò con un cenno della mano e uno sguardo indecifrabile ad André.
«Eccola la donna che non ti fa dormire! » esclamò Camille appena furono soli,  lanciando un’occhiata maliziosa ad André. «Lei sì! Lei è quel tipo di donna!» affermò entusiasta sbirciando oltre il cancello e carpendo l’immagine di Oscar impegnata a scendere da cavallo. Le lunghe gambe fasciate di blu, i capelli biondi rilucenti al sole.
André la recuperò, afferrandola per un braccio.
«Non esagerare! » la rimproverò pensando che in realtà l’aveva già fatto.
Camille sostenne il suo sguardo. Gongolandosi in uno strano silenzio. Poi strinse gli occhi sogguardandolo seria. Infine, gettò indietro la bella testa fulva e rise. Rise di gusto.  
Girò su se stessa e si lasciò cadere di spalle addosso al petto profondo di André.
«Chissà cosa ha pensato, il tuo bel Comandante…» sogghignò in un mormorio che costrinse il giovane a piegarsi leggermente in avanti per sentirlo. Azione che lo portò pericolosamente a contatto con la pelle vellutata del suo piccolo orecchio. «Mi è sembrata piuttosto perplessa… per non dire altro», continuò lei godendosi quel contratto  rubato con un’indubbia maestria.
André, il morbido peso di Camille spalmato addosso, si umettò le labbra. Poi, con delicatezza, prese la ragazza per le spalle e la scostò quel tanto che bastò a far sì che l’aria circolasse di nuovo tra loro.
Camille si voltò di scatto. Prese il volto di André tra le mani e calamitò il suo sguardo.
«Fatti desiderare, mio bel soldato! A una donna come quella non devi togliere il piacere della conquista…» gli sorrise sulle labbra dischiuse dalla sorpresa. «Negati… ma tienila sulle spine».
André arretrò istintivamente.
Camille rise di nuovo. Delusa per non essere riuscita a rubargli un bacio, ma divertita dal suo atteggiamento casto e innamorato.
«Vedi? Sei bravo, quando vuoi» disse. «Ma forse un giorno ti conquisterò» sussurrò lasciandogli aperta una porticina che gli avrebbe visto varcare più che volentieri.
 
***
 
«Avanti!»
Oscar François de Jarjayes sedeva alla scrivania.
Le pareti di fondo del suo ufficio erano lambite dal dolce colore del tramonto.
«Non dovresti essere qui, Oscar…» obiettò André carezzandola con lo sguardo, dissimulando a malapena gola secca e una stretta allo stomaco.
Sapeva, per bocca della stessa Oscar, che quella sera avrebbe preso parte al ballo organizzato in suo onore. Lo stesso Generale, che aveva voluto vedere dopo il ferimento, non ne aveva fatto segreto. Continuando a reputare André ancora come l’attendente di Oscar, nonostante non fosse più al suo servizio da tempo.
Chiedergli di accompagnarla al ballo era stato il passo successivo e la pugnalata più dura.
Aveva accettato, André, senza chiedere l’opinione di Oscar. Senza nemmeno cercare il suo sguardo. E lei, non appena erano rimasti soli, con il solito modo affettato lo aveva pregato  di non intervenire. Ancora.
«Come vuoi, Oscar…» era stata la sua laconica risposta. Breve ma non abbastanza da non tradire la rabbia e il dissenso per quell’ennesima richiesta e l’intera situazione.
Passandole bruscamente accanto per raggiungere la porta, l’aveva accidentalmente sfiorata strappandole un brivido. Di questo ne era certo.
Non si era voltato, né lei non lo aveva richiamato.
Ora, attardandosi nel suo ufficio tra carte che sicuramente non avevano bisogno di essere sfogliate con tanta perizia e urgenza, Oscar lo aveva mandato a chiamare.
«Vorrei che mi accompagnassi in un posto, stasera» lo informò senza sollevare lo sguardo dal piano ingombro della scrivania.
André inarcò un sopracciglio e subito dopo serrò la mascella.
«Devo cambiarmi? » domandò, alludendo tacitamente all’ipotesi che si trattasse della serata danzante.
«Non è necessario» tagliò corto lei, firmando l’ennesimo documento. «Prepara i cavalli, André, e aspettami in cortile. Ti raggiungerò tra un momento».
André annuì. Uscì dal suo ufficio e percorse il lungo corridoio immerso nell’ombra con il cuore in tumulto. Il battito che si confondeva nelle sue orecchie, martellandogli in testa come il rumore pesante dei suoi passi. Lunghe falcate dettate dall’ansia. I pugni stretti lungo i fianchi.
Senza sapere come, raggiunse le scuderie. Sellò i cavalli e si portò in cortile.
L’aria fresca della sera imminente gli recò un blando ma piacevole sollievo. Irritato dal non sapere cosa aspettarsi, in un moto di stizza strinse convulsamente le redini di Caesar, lo sguardo fisso al portone di ingresso.
Dal proprio ufficio, Oscar si attardò alla finestra. Il blu del suoi occhi scivolò su quel giovane uomo bruno in attesa. Sui suoi gesti secchi e rabbiosi. Sulle sue mani strette ai finimenti. Si domandò a cosa stesse pensando.
Serrò le labbra. Sistemò la giacca dell’uniforme e si diresse alla porta…



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DUE CHIACCHIERE...

Non ho molto da dire su questo capitolo se non che ad un certo punto mi ha fatta sorridere... DOVE, QUANDO E SOPRATTUTTO PERCHE'??? Vi chiederete voi, oppure starete annuendo, condividendo i miei "pensieri e le mie parole"
Vi aiuto! Prima di strapparmi un sorriso, mi ha emozionata un po'... Un po' mi ha commossa...
Non vi ho aiutato, dite? Ho solo peggiorato le cose? Può darsi... Vabbeh, parliamone! Lo sapete che sono sempre contenta di fare due chiacchiere con voi!
In attesa delle vostre interessantissime elucubrazioni, allora, intanto vi saluto e vi mando il solito GRAZIE per direttissima! 
A presto,
Sabrina
   
 
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