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Autore: Gattopersiano    24/07/2016    3 recensioni
Arianna è una ragazza di diciassette anni. Difende a spada tratta le persone che ama, non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, e dalla vita ha imparato ad essere gentile e ad avere coraggio. La sua vita scivola nella monotonia, e in un giorno d'estate decide di darle una svolta radicale, facendo qualcosa che nessuno si aspetterebbe da lei: così si iscrive ad un corso di pre-pugilistica. Sarà lì, in una palestra sgangherata, che lo sguardo di Riccardo la fulminerà per la prima volta. Riccardo è forte e freddo, un leone solitario e ferito che non ha intenzione di avvicinare nessuno, tantomeno una come Arianna. Tuttavia i due inizieranno ad essere legati, lentamente ed inesorabilmente, da un filo sottile e deciso, e le loro vite si scontreranno.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Mi svegliai nel bel mezzo della notte, la sveglia sul comodino segnava le quattro e mezzo. Mi ero ritrovai tra le braccia di un 
Riccardo addormentato. Dormiva composto, a bocca chiusa, i capelli spettinati sul cuscino e un leggero russare.
Se non fosse stato per il fisico e per quel pomo d'adamo che andava su e giù sarebbe apparso come un bambino innocente, invece trasudava virilità da ogni poro. Mi cingeva la vita con un braccio, delicatamente. Lo accarezzai fino a che non scivolai di nuovo nel sonno.

Quando riaprii gli occhi di nuovo, nel letto accanto a me non c'era nessuno; Riccardo doveva essersi alzato. Le otto e un quarto del mattino.
Mi stiracchiai e andai ad affacciarmi in soggiorno; con mia grande sorpresa trovai Alessandro sveglio, la faccia stravolta e gonfia. Riccardo si era legato i capelli ed era appoggiato al tavolo, bevendo un bicchiere d'acqua. Nessuno parlò.
Sentii nell'aria un odore leggero ma fastidioso che mi sembrò vomito; sicuramente Alessandro aveva vomitato durante la notte. Se ne stava sul divano e guardava fisso nel vuoto.
Riccardo mi fece cenno di raggiungerlo in camera sua.
"Buongiorno." mi disse, chiudendosi la porta alle spalle. Si avvicinò e mi stampò un bacio in fronte, causandomi non poco imbarazzo. Gli sorrisi, assonnata.
"Come sta?"
"Non bene. Non so se te ne sei accorta, ma stanotte mi sono alzato perchè l'ho sentito lamentarsi..ho il sonno leggero, tu invece dormivi" , fece un mezzo sorriso, "Dormivi così bene che ho preferito non disturbarti. Aveva vomitato di nuovo, ma di meno della prima volta. Ho pulito, gli ho dato una medicina per lo stomaco e sono tornato a letto. Poco fa mi sono alzato e l'ho trovato come lo hai visto tu poco fa. Mi sono seduto davanti a lui e l'ho guardato dritto negli occhi, ma lui mi ha totalmente ignorato."
Sospirai, frustrata. 
In quel momento, qualcuno bussò a mano aperta sulla porta.
Riccardo mi guardò, la faccia a punto interrogativo mentre si avviava ad aprire.
"Ah, molto probabilment.."
Non riuscii a finire la frase che Fra piombò nell'ingresso come una forsennata. Non riuscivo mai a restare seria guardandola - con quei vestiti strani e quei capelli - ma stavolta nessuno di noi si concentrò sul suo abbigliamento.
Si piazzò davanti ad Alessandro e gli diede un sonoro schiaffo sulla guancia.
Lo schiocco risuonò nel salone, il silenzio era da tagliare con il coltello.
"Come cazzo ti è venuto in mente di spaccarti a merda a quel modo, hai quasi ventidue anni non sedici cazzo, non sei più un bambino o un ragazzino con gli ormoni in tempesta. Potevi rimanerci secco!"
Poi lo abbracciò con un tale slancio che il cappello che indossava le cadde dalla testa.
"Non farlo mai più, mi hai fatto morire di paura."
Lui rimase così colpito che non disse nulla. Poi parlò.
"Mi dispiace. Credo proprio di dovervi delle spiegazioni."
Fra riprese il suo cappello e si sedette di fronte a lui, io mi appoggiai contro il bracciolo del divano a braccia incrociate e Riccardo rimase in piedi.
"Tu che dici?" ringhiò Riccardo, e io gli misi una mano sul braccio, al che fece silenzio. Mi ero resa conto che il mio tocco lo aveva calmato, aiutandolo a tenere i nervi saldi.
"Ieri sera è arrivata una lettera dalla banca, papà ha perso il lavoro e siamo pieni di debiti fino al collo. Io ho cercato di stare calmo durante tutto questo periodo - perchè è da un pò che dura - ma ieri sono scoppiato quando ho letto la lettera di congedo, e volevo solo dimenticare."
"Da quanto dura?" le voci di Fra e di Riccardo si sintonizzarono sulla stessa identica domanda.
"Beh più o meno dall'inizio del mese, insomma da quando io e te" disse rivolto a Fra, "da quando ci siamo conosciuti."
Vidi un dubbio strisciante farsi strada nel volto di Fra, che incurante della presenza mia e di Riccardo iniziò a pensare ad alta voce.
"È forse per questo che mi hai.."
"Che ti ho detto che stavo bene con te ma che non volevo altro? Beh, sì. Quando ti ho mandato quel messaggio l'ho fatto con piena cognizione di causa; non volevo rovinare un rapporto perchè sono pieno di problemi, e poi volevo trattarti come una regina, e senza un soldo non mi era possibile, la situazione mi ha creato talmente vergogna che ho preferito, ecco, lasciar perdere. Qualcuno meglio di me ti avrebbe sicuramente invitato ad uscire, o roba simile."
"È una cosa molto dolce..ma anche molto stupida." disse Fra scuotendo la testa.
Sentii chiaramente Riccardo digrignare i denti.
"Eravamo tutti qui per te, e tu ci hai tenuto all'oscuro." dissi, consapevole di star parlando sia a lui che a Riccardo; avevano agito allo stesso modo.
"Sei stato male tu e sono stati male anche gli altri." Era stata Fra a parlare questa volta.
Alessandro si alzò e abbracciò Fra di slancio, sollevandola da terra. Lei rise, e lui le scompigliò i capelli.
Riccardo si schiarì la voce molto rumorosamente e io ridacchiai. Alessandro si staccò da Fra e si piazzò davanti a lui; due giganti, uno alto e smilzo e uno più basso e muscoloso, si guardarono per un secondo e poi si strinsero in un abbraccio che avrebbe comodamente stritolato una quercia, con tanto di pacche sulle spalle.
"Stronzo." mormorò Riccardo.
"Devo dire che sono ancora sottosopra con lo stomaco, però ho una fame da lupi." disse per sdrammatizzare.
"Vuol dire che ti stai riprendendo!" risi.
Fra guardò l'ora e schizzò come una molla al grido di "È tardi!", salutò tutti e si precipitò all'uscita, ma Alessandro la raggiunse lontano dai nostri occhi. Non so cosa si dissero, ma lui rientrò poco dopo. "Vado anche io a casa, sarebbe ora. Grazie per tutto, davvero." 
"Di niente e stai tranquillo, troveremo sicuramente un modo per farti guadagnare qualche soldo. Comincerò subito chiedendo a Tiziano, il tizio dove lavoro."
Mi ringraziò con gli occhi che brillavano. 
Quando radunò le sue cose e si chiuse la porta alle spalle, restammo soli io e Riccardo.
Il brontolio del mio stomaco si fece sentire. Erano le nove e un quarto.
"Cos'era quello, il grido di battaglia?" ridacchiò Riccardo.
"Ho fame" ammisi facendo la bambina e tirando fuori la lingua. Lui rimase a guardarmi per un attimo, poi si riprese.
"Possiamo farla fuori se vuoi, credo che il latte sia finito.." si bloccò per un attimo, come se stesse per dire qualcosa di cui non era sicuro. 
Poi riprese, "altrimenti possiamo andare alla bottega qui di fronte e comprarlo. Anzi lascia, vado io."
"Tranquillo, ti accompagno. Vado a vestirmi."
Entrai in bagno e mi diedi una rinfrescata, quindi tornai in camera di Riccardo e trovai casualmente una sua maglietta pulita sul letto.
Sorrisi e mi sfilai i pantaloncini e la canotta che mi aveva prestato la sera prima, restando in intimo; un paio di mutandine nere e un reggiseno a balconcino ugualmente nero.
Mentre prendevo la salopette della sera prima da indossare assieme alla maglietta, sentii chiaramente la presenza di Riccardo sulla soglia della porta.
"Ehilà, mozzarella."
Mozzarella? Di nuovo?
Mi voltai e mi avvicinai lentamente a lui, raccimolando tutta l'autostima che avevo e a testa alta.
Lui deglutì e il suo respiro si fece irregolare.
"Riesci ad essere strafottente anche a questa distanza?" dissi a un palmo dal suo viso, guardandolo negli occhi.
"Sbrigati a vestirti, ho fame." disse passandomi accanto e sfilandosi teatralmente la maglietta.
"Vuoi restare a guardare?" disse senza guardarmi, pescando un paio di jeans dal cassetto.
Mi voltai e infilai la salopette arrossendo in volto.
Sentii chiaramente i pantaloni della tuta di lui sfilarsi, e il fatto che fossimo mezzi nudi e così vicini mi diede una scarica di eccitazione.
Mi vestii in silenzio e andai in bagno per mettere mascara e rossetto.
Rimasi a fissare il mio volto allo specchio: avevo passato un'acne allucinante l'anno passato e avevo utilizzato una quantità industriale di creme fai da te e successivamente di creme prescritte dal dermatologo, e grazie a Dio ero riuscita a guarirne. Era stato un mio grande punto di debolezza, e mi sarei vergognata molto se Riccardo mi avesse conosciuta quando ancora l'avevo.
Perchè sei diventata così frivola tutto d'un tratto? 
Varcammo la soglia della piccola, adorabile bottega, e la proprietaria - dall'aspetto altrettanto adorabile - subito mi scrutò curiosa.
"Buongiorno Yolanda" disse Riccardo.
"O-oh! Buongiorno cari! È una tua amica?"
"Salve" le sorrisi cordiale.
"Ah, come sei bella!"
"Grazie mille, la sua bottega è carinissima"
Si illuminò, tutta orgogliosa "Oh! Grazie, beh, l'ho tirata su da sola e.." Riccardo le fece cenno di darci un taglio, ma io gli pestai un piede e lui mi mandò al diavolo con un gesto, dirigendosi verso gli scaffali.
Era logorroica ma discreta e gentile, e io avevo la chiacchiera contagiosa, per cui restai a parlare con lei fino a che Riccardo non tornò con il latte e altre cose tra le braccia.
"Ehi, vai a scegliere la marmellata che ti piace, e prendi ciò che vuoi."
Annuii come una bambina in pasticceria e mi addentrai tra i piccoli scaffali.
"Te la sei scelta bene eh! Tutta curve e occhi grandi, buongustaio!"
"Yolanda! Per favore..."
Dovetti trattenermi per non ridere e fare finta di nulla. 
Pagò gli acquisti e tornammo in casa.
Io presi un té verde, uno yogurt e qualche fetta biscottata con la marmellata, lui invece da buon pozzo senza fondo che era bevve una tazza enorme di latte con innumerevoli biscotti al cioccolato. Mi aveva sempre messa in soggezione, ma vederlo mangiare biscotti così mi fece intenerire . In fondo era un bambinone, anche se voleva far intendere il contrario.
Parlammo del più e del meno e lui mi portò a vedere il piccolo giardino del padre, sul retro della casa. C'era una bellissima orchidea e poi gerani, begonie, girasoli; era l'unica parte della casa ancora fresca e vivace.
"Papà ha sempre amato le piante e le ha sempre curate da solo, mia madre non se ne è mai interessata.." si bloccò, fissando un punto a caso del giardino, d'un tratto si era intristito.
"A te non piacciono?"
"Diciamo che..ultimamente le ho annaffiate, qualche volta."
"Dopo il mio stupido discorso sulle piante?" Risi.
Lui sorrise divertito, e io rimasi a guardarlo. Era davvero un bellissimo ragazzo, e non aveva approfittato della situazione neanche per un minuto la notte scorsa, quando avrebbe potuto e io molto probabilmente ci sarei anche stata.
"Grazie per la colazione." Mi alzai leggermente sulle punte e lo baciai sulla guancia.
Lui per tutta risposta prese il mio mento tra il pollice e l'indice e mi baciò sulle labbra.

Mentre correvo più tardi in pista ripensavo ai baci, non sapendo chiaramente che significato dargli. L'unica cosa di cui ero certa è che c'erano stati e mi erano piaciuti.
Accidenti se mi erano piaciuti.
Lui continuava a chiamarmi mozzarella e a provocarmi, ma qualcosa era cambiato. Sentivo di avere un ascendente su di lui, di avere influenza sul suo umore.
Quando iniziai il turno al bar, tutto aveva un'atmosfera diversa. Più che un bar sembrava un piccolo locale per ragazzi,e infatti si popolò di gente curiosa di vedere la giungla dipinta sulla parete. Tiziano fu ricoperto di complimenti per il rinnovo, gli incassi superarono ogni aspettativa, tanto che lo sentii dire di voler ingrandire il locale acquistando una saletta che apparteneva alla gelateria lì accanto ma che era in disuso.
Visto che eravamo in tema di cambiamento gli parlai di Alessandro, e lui mi disse che l'altra cassiera che lavorava quando io non c'ero sarebbe entrata in maternità tra qualche settimana.
Alle otto, a fine turno, chiamai Alessandro per dirglielo, al che lui mi ringraziò mille volte.
"Sono con Fra, la sto aiutando con delle commissioni.." fece una pausa imbarazzata "piuttosto ho sentito Riccardo poco fa ed era di una cupezza assurda, mi ha detto che la madre...insomma, che la madre ha avuto un figlio dal suo compagno, e che lui lo è venuto a sapere dalla vicina. Non è che potresti.." 
"Passo da lui, subito."
Il padre sarebbe tornato l'indomani, perciò lui era completamente solo, e mano a mano che mi avvicinavo a casa sua ero più preoccupata.
Mi attaccai al campanello, ma nessuno rispose.
"So che sei dentro. Apri!" 
Iniziai a bussare a mano aperta come una pazza, al che lui aprì, gli occhi gonfi.
Non feci neanche in tempo ad abbracciarlo per prima che lui mi strinse e mi prese in braccio con tutto il borsone che avevo in spalla, come se non pesassi nulla. Mi baciò, le labbra calde, le guance ancora bagnate di lacrime. Si chiuse la porta alle spalle, io lasciai andare la borsa senza smettere di baciarlo e di accarezzargli la testa.
Mi portò in camera sua senza sforzo, e mi poggiò sul letto stendendosi su di me, baciandomi e cullandomi tra le sue braccia come una bambina. Mi voltai delicatamente mettendomi a cavalcioni su di lui e gli baciai gli occhi, la fronte, il naso, le labbra, il collo. Sentivo il suo corpo, forte e caldo ma incredibilmente sofferente. Lo abbracciai con tutta la forza che avevo e due lacrime spuntarono agli angoli dei suoi occhi.
Iniziò ad accarezzarmi i fianchi e il viso, sempre con più foga, e quando la sua mano scivolò sotto la mia maglietta e mi sfiorò un seno dovetti mordermi le labbra per non gemere.
Gli tolsi la maglietta lentamente e gli accarezzai il petto mentre lui si rilassava, abbandonandosi al mio tocco.
Mi alzò i capelli con le mani per baciarmi il collo, mordicchiandolo e facendomi rabbrividire.
Mi tolse la maglietta indugiando sul mio seno, e io mi alzai in piedi per togliere i pantaloncini. Rimasi in intimo davanti a lui, che mi strinse baciandomi il ventre e slacciandomi il reggiseno. Iniziò a percorrere con l'indice la linea dei miei fianchi, provocandomi un lungo, leggero brivido dove passava il suo tocco, mi stuzzicò i capezzoli con la lingua, e io partii definitivamente; ogni traccia di pudore o di vergogna mi aveva abbandonata.
Sorrisi baciandogli il collo e accoccolandomi su di lui.
La sua eccitazione era evidente, la sentivo sotto di me e mi mandava in delirio. "Arianna." la sua voce era spezzata, il respiro corto.
Non avremmo fatto l'amore, lo sapevamo entrambi, ma i nostri corpi volevano conoscersi ed esplorarsi a vicenda.
Ci baciammo su ogni centimetro del corpo, e mi soffermai su ogni suo singolo particolare; la piccola cicatrice sul fianco destro, il neo sull'avambraccio, il leggero velo di barba, la peluria bionda del suo inguine. Ogni cosa di lui mi faceva impazzire.
Quando scese delicatamente a baciarmi lì dove la mia carne si faceva più delicata credetti di morire di piacere. Gli afferrai i capelli con delicatezza e mi buttai indietro con la testa, inarcando la schiena e gemendo come una dannata. Quando raggiunsi l'orgasmo una scarica elettrica mi avvolse, e l'eccitazione salì invece di scemare.
Non avevo mai fatto nulla del genere ad un ragazzo, ma in quel momento eravamo una cosa sola, una grande macchina di fiato e carne che si muoveva con naturalezza. Nulla più mi creava timore o imbarazzo. Il momento in cui avevo provato vergogna in intimo davanti a lui ora mi sembrava lontanissimo, non avevo più remore, e lo sentii trattenere il respiro mentre scendevo lentamente e lentamente iniziavo a baciarlo, con intensità e poi sempre con più foga. Niente mi piaceva più di sentirlo inerme sotto di me, mentre gemeva, i forti muscoli delle gambe che si rilassavano e si contraevano di continuo.
Mentre stava per raggiungere l'orgasmo, mi chiamò con voce affannata. "Baciami..vieni qui.."
Accostai il mio viso al suo e lo baciai sul collo mentre lui raggiungeva l'apice del piacere per poi rilassarsi lentamente.
Non mi resi conto del tempo che passava, e restammo a letto, nudi e abbracciati. Avevo rispetto del suo dolore e non gli chiesi nulla, aspettai che lui fosse pronto per parlare, e quando lo fece, con poche parole, mi trasmise tutto il suo dolore e il suo abbandono.
Sentivo che per lui era difficile parlare, difficile affidarsi a qualcuno che non fosse stato se stesso, ma il calore del mio corpo e quella nuova intimità riuscirono a rassicurarlo. Non c'erano spiegazioni o grandi parole da dire, solo lo strazio dell'abbandono, così, da un giorno all'altro, e questo figlio che lo aveva rimpiazzato per sempre e definitivamente dalla memoria di sua madre. Si nascose nell'incavo dei miei seni, cospargendoli di baci, mentre io gli accarezzavo i capelli sciolti e sparsi sul suo collo.
Mi baciò ancora e ancora, sempre con più tenerezza.
"Resta con me stasera."








Scusate per l'assenza, ma ho avuto diversi impegni in questi giorni: avevo questo aggiornamento pronto da un bel po' e non vedevol'ora di pubblicarvelo anche se più corto del solito. Spero che non vi siate dimenticate di Boxe Love, perchè è tornato!
A presto, 
Lilith <3


   
 
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