Harry sentì
il ribrezzo con cui la donna stava sfiorando la sua mano ma la rabbia che gli
ribollì nel petto non raggiunse il suo viso. Il ballo precedente stava per
finire e aspettò pazientemente, consapevole del numero esagerato di sguardi che
si stava posando su di loro, era stato tenuto d’occhio per tutta la serata da
un buon gruppo di ospiti e ovviamente dalla Signora Malfoy stessa, ma non era
nulla rispetto all’attenzione che gli si stava catalizzando addosso.
Aveva ucciso
Voldemort, aveva sbattuto una buona parte dei conoscenti degli invitati in
prigione e alcuni erano perfino morti sotto alla sua bacchetta, perfino il
padrone di casa si trovava in carcere a
causa sua… e lui si presentava alla festa della moglie e si portava a letto
il figlio.
Harry non
voleva essere lì, mille miglia non sarebbero state abbastanza lontane da quel
posto… ma Draco gli aveva chiesto di venire. Semplice.
La musica
sbiadì e alcuni ballerini andarono alla ricerca dei loro bicchieri, presto
sostituiti da altre coppie. Harry guidò la Signora Malfoy sulla pista e Narcissa si posizionò davanti a lui, raccogliendo il corto
strascico del suo vestito con una mano e alzando l’altra a mezzaria. Era la
vecchia postura per il ballo da sala che pochi conoscevano ancora e che era
caduta in disuso da anni, ormai i giovani volevano aggrapparsi ai fianchi della
loro ballerina e tenerla il più vicino possibile, ma Harry accondiscese al suo
volere portandosi la mano sinistra dietro la schiena e tenendo il palmo della
destra alzato a poco più di un centimetro da quello della Signora Malfoy. Non
c’era tra loro nessun punto di contatto. Sarebbe stato più difficile
coordinarsi per il ballo e ogni disarmonia tra di loro sarebbe risultata ancora
più evidente, ma negli occhi di Harry non si accese nessuna indecisione. La
signora lo stava evidentemente mettendo alla prova, sottoponendolo ad un
possibile imbarazzo… e lui avrebbe superato l’esame.
La musica
ricominciò e Harry maledisse l’orchestra che aveva scelto un ritmo decisamente
allegro e quasi rapido, era il tipo di musica che preferiva, ma non certo il
migliore da ballare a quel modo. Tuttalpiù che Harry non era affatto un
ballerino istintivo, si era esercitato ma a volte sentiva ancora i passi
sfuggirgli… tuttavia la Signora Malfoy non aveva tenuto conto di un fattore
fondamentale: era stata lei che aveva insegnato a Draco a ballare, molto tempo
prima, quando ancora il figlio aveva dovuto stringersi alla sua vita, troppo
basso per farlo alle sue braccia… ed era Draco che aveva insegnato ad Harry.
Nel giro di
pochi passi Harry cancellò l’immagine della donna davanti a sé e la sostituì
con Malfoy, nudo, a pochi centimetri dal suo corpo altrettanto nudo e smaniante
per un contatto, il suo ghignetto Serpeverde mentre fingeva di stuzzicarlo
soltanto, tradito dalle pupille dilatate dal desiderio che lo guardavano quasi
volesse divorarlo. Aveva faticato ad imparare quel ballo, gli aveva già
insegnato a ballare nel modo convenzionale, allora perché insistere ad imparare
quella danza antiquata? Che gusto c’era a ballare con lui se non poteva
toccarlo, se non poteva sentire le sue cosce contro le proprie, le sue mani sui
fianchi, il suo respiro contro il collo? Ma ecco che Draco aveva spostato le
lezioni in camera da letto, le note mugugnate dalle sue labbra strette, lucide
di saliva anche se la punizione per essersi avvicinato, per averlo sfiorato,
per averlo baciato o per aver sbagliato un passo era sempre la stessa: un bacio
o un’occhiata abbastanza intensa da renderlo impreparato ad una poderosa sculacciata
a tradimento, per poi ricominciare dal passo di apertura.
Non c’era
nulla di eccitante questa volta, non c’era un sorriso fra le sue labbra e di
certo non c’era un’erezione tra le sue cosce, eppure non ebbe bisogno di
chiudere gli occhi per vederlo,
portava la sua immagine stampata nelle pupille. I suoi passi si accordarono da
soli a quelli della Signora Malfoy mentre si muovevano straordinariamente
aggraziati in mezzo agli altri ballerini, la schiena dritta senza essere rigida,
lo sguardo puntato in avanti ma non ottuso e l’espressione seria ma non
corrucciata, mentre i loro piedi sembravano cantare su quelle note, volando in
difficili circonvoluzioni e giocando tra di loro con eleganza.
Quando la
musica infine scemò, Neville, che aveva seguito la scena con apprensione, si
lasciò sfuggire un sorriso smagliante, ma Draco trattenne il fiato:
l’attenzione della sala era puntata su Potter e sua madre e il pericolo era
tutto fuorché lontano. Potter era stato incredibilmente bravo e Draco sapeva
che non ci sarebbe stato nulla di più volgare per sua madre di uno di quei
sorrisi sinceri che illuminavano gli occhi tremendamente verdi e che gli
facevano sempre tremare le ginocchia. Ma ancora una volta Harry si dimostrò
all’altezza della situazione, accompagnando la donna nel punto della pista più
lontano dal Signor Bulstrode e separandosi da lei con
un lieve inchino leggermente retrò, che risultò però troppo serio per essere
deriso, per poi ringraziarla del ballo con le parole di rito e cederla
nuovamente ai suoi invitati per poi ritirarsi silenziosamente.
Fu Draco a
lasciarsi sfuggire un sorriso sincero e decisamente inappropriato, perché sul
viso di sua madre c’era qualcosa di molto simile all’ammirazione mentre
accettava il ringraziamento e lo vedeva allontanarsi con un passo rapido ma
leggero. E finalmente, nell’accompagnare il Signor Bulstrode
fuori dalla Sala con una minaccia tagliente e uno sguardo gelido, Draco riuscì
a trovare l’occasione giusta per sgattaiolare via dagli invitati.
Erano tutti
concentrati su sua madre, sul ballo e soprattutto su Potter, presto dimentichi
dell’indignazione che avevano provato un attimo prima per sostituirla con una
nuova ammirazione: c’era un motivo se la Festa di Primavera era tanto famosa,
bastava un commento infelice per veder fallire un affare importante che già si
dava per scontato, bastava un ballo aggraziato per cambiare l’opinione che
l’intera Alta Società aveva di qualcuno… certo, nel caso di Potter non sarebbe
affatto bastato, ma avevano cominciato e questo era più di quanto chiunque
avrebbe mai creduto possibile.
Draco
scomparve dalla seconda uscita sulla destra, quella opposta a dove era uscito
Potter, ma lui conosceva la casa e conosceva Potter, scattò verso il passaggio
segreto, seguendo i corridoi infiniti che si snodavano in tutta la casa,
raggiunse le cucine e si gettò verso un altro passaggio segreto per raggiungere
infine l’uscita sul giardino, scese le scale e imboccò il sentierino dietro ai
cespugli di gelsomino notturno che emanavano il loro dolce profumo nella notte
gelida della novella primavera.
Quando Harry
infine arrivò, Draco lo stava già aspettando e non attese oltre, avvicinandosi
a lui e stringendolo a sé con tutto l’amore che provava per lui.
“Ti amo”
Harry
rilasciò il respiro contro il suo collo, inconsuetamente rigido contro il
compagno, senza ricambiare l’abbraccio ma restando comunque contro di lui, il
viso affondato nei suoi capelli.
“Draco…”
Malfoy lo
interruppe, baciandolo perché era da quando lo aveva visto entrare che aveva
voluto farlo, perché avrebbe voluto stargli vicino e invece gli era sempre
sfuggito, perché lo aveva visto sorridere ma aveva subito capito che non era
sincero, perché lo aveva visto stringere decine di mani e quello che avrebbe
voluto era avere quelle dita solo intrecciate alle proprie.
Ma Harry si
tirò indietro quasi subito, accarezzandogli una guancia per alleggerire il proprio
rifiuto e cercando finalmente il contatto diretto con i suoi occhi:
“Draco, io
non sono adatto a queste cose, so che ci tieni, ma non sono in grado di…”
“Sei stato
perfetto! Hai salvato mia madre da una figuraccia, non avresti potuto fare di
meglio!”
“… forse, ma
ho sfiorato la crisi isterica più di una volta e se non ho preso a schiaffi Narcissa poco ci è mancato… lo sai come sono, mi conosci…”
“Ti conosco,
e ti amo esattamente per quello che sei”
“… allora permettimi
di andarmene, per favore… mi dispiace…”
Draco prese
un respiro profondo, baciandolo sul viso con leggerezza, lasciando che
chiudesse gli occhi sotto le sue labbra, lasciando che i suoi muscoli infine si
rilassassero sotto a quel completo magnifico che gli stava a meraviglia e che
Draco non vedeva l’ora di togliergli. Fu Harry questa volta a cercare le sue
labbra e Draco gliele concesse senza esitazione. E quando infine si separarono,
stretti l’uno all’altro con le labbra umide e la pelle d’oca per quello che non
era il freddo. Harry ritrovò il suo sorriso, non il suo solito, non quello
mozzafiato, ma quello che Draco non riuscì ad accogliere se non con un sospiro.
Amava quell’uomo, lo amava in ogni suo piccolo gesto.
“Non te lo chiederò
più… ma ho bisogno che arrivi alla fine di questa serata, nel giro di un’ora
gli invitati lasceranno la Sala e…”
“Non so se
riuscirò a sopportare ancora tutto questo…”
Non stava
esagerando, Draco lo sapeva, glielo vedeva negli occhi esausti, Potter non
sapeva mentire, non sapeva fingere e quella sera non aveva dovuto fare altro,
lo aveva fatto per Draco e sapeva che a discapito delle sue parole se glielo
avesse chiesto lo avrebbe fatto ancora… e proprio per questo Potter voleva che
capisse, Draco doveva rendersi conto di ciò che implicava per lui, di quanto si
sentisse sporco, di quanto si sentisse umiliato nel ballare con una donna che
si sentiva disgustata al solo sfiorargli la mano, di quanto aveva dovuto
inghiottire per sopportare l’ipocrisia dei sorrisi che gli erano stati rivolti
quando ben sapeva che la maggior parte dei presenti lo odiava. Draco ci era abituato, ma lui no,
Potter non sarebbe mai riuscito a farne un’abitudine, si sentiva nauseato.
Aveva voglia di uscire, andarsene, respirare aria fresca e pulita.
“Ho bisogno
di te ancora per un’ora… devo ballare con te l’ultimo ballo”
Harry alzò di
scatto la testa, socchiudendo gli occhi, incapace di comprendere, Draco gli
aveva insegnato a ballare nell’eventualità che si ritrovasse alle strette e non
potesse evitarlo, così gli aveva detto… non credeva che avrebbe dovuto ballare
con lui.
Draco prese
un respiro profondo ad occhi chiusi e Harry aspettò che gli spiegasse.
“L’ultimo ballo
spetta all’erede Malfoy… l’erede e la Signora Malfoy, sua madre.”
Harry lo
stava scrutando con attenzione, aveva
colto il simbolismo e poteva intuire ciò che Draco gli stava chiedendo, ma
avrebbe aspettato fino a quando non glielo avesse sentito dire esplicitamente,
ne aveva bisogno perché aveva già intuito che non poteva dirgli di no e aveva
bisogno di sapere il valore che Draco dava a quel maledettissimo ballo.
“Naturalmente
questo vale solo fino a quando l’erede Malfoy non ha una sua Signora Malfoy con cui ballare”
“Io non sarò
mai la Signora Malfoy…”
“No, non
sarai mai un Malfoy, ma sei comunque la persona che ho scelto perché mi
accompagni per il resto della vita e ballare con te l’ultimo ballo della festa
sarebbe l’unico modo perché questo venga riconosciuto”
“Non ho
bisogno che venga riconosciuto da nessuno se non da te…”
Draco prese
un respiro profondo, sapeva che glielo stava imponendo, sapeva che non era
corretto, non dopo tutto ciò che aveva già fatto:
“…ma ne ho
bisogno io”
Harry
continuò a fissarlo. Un’ora, doveva resistere un’ora e poi avrebbe dovuto ballare
con Malfoy, aveva ballato con sua madre pensando che non ci potesse essere
nulla di peggiore e ora scopriva che qualcosa di peggiore c’era.
Lo avrebbe
messo in ridicolo e questo non poteva tollerarlo più di quanto avrebbe potuto Narcissa Malfoy.
Per
tradizione avrebbe dovuto ballare con una ragazza mozzafiato dal sangue puro
che gli avrebbe volteggiato attorno come una libellula, con negli occhi la
fierezza di una Malfoy e nei gesti la nobiltà che l’aveva condotta a meritarsi
quel cognome… e invece fra le braccia di Draco ci sarebbe stato lui: un uomo, mezzo
plebeo, babbanofilo, ma soprattutto una persona che odiava ciò che
il cognome Malfoy implicava e che mai avrebbe accettato di portarne il marchio.
“…tua madre”
“Sa già che
te lo avrei chiesto, non approva ma non può impedirmelo”
Harry aspirò
lentamente l’aria gelida della sera e il profumo di gelsomino gli inondò le
narici. Era troppo presto per quei fiori, probabilmente erano sbocciati con
l’aiuto di un Incantesimo, non c’era nulla di autentico in quella casa, nulla
di spontaneo, nulla di vero.
Sentì
l’ansia crescergli nel petto mentre le sue guance, arrossatesi per l’aria
fredda, perdevano colore. Ma poi lasciò che i suoi occhi si adagiassero in
quelli di Draco e il suo petto vibrò dei battiti accelerati del cuore, perché
dopo gli anni passati assieme gli occhi nuvola ancora gli facevano
quell’effetto. Si era sbagliato: una cosa autentica c’era. Lo amava e nel loro
amore non c’era mai stato nulla di menzognero, lo amava e di vero c’erano loro
due.
“Dovresti
tornare dai tuoi ospiti, sei già stato via troppo tempo, tua madre di sicuro
non starà approvando”
Draco lo
guardò con tutta la frustrazione che provava, senza capire se poteva o meno
chiederglielo, ma alla fine non poté trattenersi:
“Ballerai
con me?”