Farfalle d’ombra
Il
buio l’avvolgeva come una coltre pesante, soffocandola, stringendola. Aprì la
bocca per urlare, ma non riuscì a emetterne nessun suono mentre, vischioso e
soffocante, il buio le rotolò sulla lingua scivolandole lungo la gola.
Aprì
gli occhi terrorizzata, il cuore che batteva veloce, e si ritrovò nel buio. Il
suo incubo non era finito. Annaspò nel letto allungando il braccio verso il
comodino nella frenetica ricerca della luce. Il panico si fece ancora più acuto
quando la sua mano trovò solo il vuoto. Il respiro accelerò ancora, diventando
ansimante e riempiendo il silenzio della notte.
“S?”
Chiese una voce assonnata. Lei si bloccò, la paura le attanagliava la mente, ma
quel suono le permise di raggiungere una consapevolezza: non era nel suo letto,
non era nella sua camera. Con un sussulto ricordò di essere in campeggio e, più
importante, rammentò di avere una torcia. Rapida tastò attorno a sé e quasi
gemette di sollievo quando trovò quello che cercava. Un singolo fascio di luce
esplose nella tenda e lei vi si aggrappò con tutta se stessa, immergendovi il
volto e cercando di non pensare a come il buio lambisse ancora il suo corpo.
“S,
va tutto bene?” La voce ora era più presente, come se il sonno l’avesse
abbandonata. Lei respirò profondamente cercando di controllare la paura e di
rispondere.
“Sì…”
La voce sembrò incerta alle sue orecchie e dovette apparire tale anche alla sua
compagna di tenda perché lei sentì dei fruscii e dei tonfi poi nel fascio di
luce apparve un altro volto.
“Ciao.”
Disse la bambina, strofinandosi gli occhi ancora pieni di sonno.
“Ciao
Sarah, non volevo disturbarti.” Era la prima notte di campeggio al campo estivo
e se i suoi compagni avessero scoperto che aveva paura del buio l’avrebbero
presa in giro per l’intero mese di vacanza. Per un istante pensò di spegnere la
luce e tornare a dormire, ma la paura le accelerò il battito cardiaco e lei non
premette sull’interruttore.
“Hai
fatto un brutto sogno?” Chiese ancora la sua compagna di tenda, sistemandosi a
pancia in su accanto a lei, il corpo semi estratto dal sacco a pelo.
“Io…
sì…” Ammise lei, aveva conosciuto Sarah solo quella mattina, ma i suoi occhi
gentili la spinsero a confidarsi.
“Io
ho portato Incubo, lui mi protegge, se vuoi lo metto tra noi due, così difende
entrambe.”
“Incubo?”
Chiese allora lei, reprimendo un brivido nell’udire un rumore sordo provenire
dall’esterno. La bambina si tuffò verso il suo zaino facendo ondeggiare le
treccine e ritornò con un peluche, un drago verde dalla lingua rossa che
sputava fuoco. Sarah lo sistemò in piedi tra loro due.
“Ecco
fatto, se arriva un brutto sogno Incubo se lo mangia.”
Come
dirle che non erano i sogni a paralizzarla, ma il buio?
“Grazie.”
Disse soltanto e la bambina sorrise. Sembrava aver dimenticato il sonno e le si
sistemò accanto osservando il soffitto della tenda. Rimasero in silenzio e lei
percepì di nuovo il buio opprimerla, lo sentiva assaltare il suo piccolo fascio
di luce, con un sussulto di panico si chiese cosa sarebbe successo se la
batteria della torcia fosse finita.
“Sai,
so fare la farfalla.” Se ne uscì Sarah attirando di nuovo la sua attenzione,
guardò la bambina che tendeva le mani davanti a lei nel fascio di luce, senza
capire. La bambina la guardò e rise. “Non devi guardare me, ma l’ombra.” Tese
la mano e indicò in alto. L’ombra? Lei aveva il terrore delle ombre,
avanguardia del buio. Eppure non riuscì a trattenersi e alzò lo sguardo
lentamente, finendo per guardare il soffitto verde della tenda. Rimase qualche
secondo senza capire poi improvvisamente afferrò il senso dell’immagine e
davanti ai suoi occhi apparvero due ali e un piccolo corpo da bruco: una
farfalla. Senza che potesse controllarlo un sorriso apparve sul suo volto e la
mano con cui stringeva la torcia si rilassò, non aveva più bisogno di un’ancora
di salvezza.
“Mamma
ne sa fare moltissime: il cane, il coniglio, la colomba… io però ho imparato
solo questa.” Mentre parlava le sue dita si muovevano e le ali della farfalla
sembravano fremere. “Se vuoi ti insegno.” Propose poi la bambina entusiasta. Le
sarebbe piaciuto molto, ma avrebbe significato lasciare la torcia.
“Magari
domani mattina…” Sarah ridacchiò.
“Ma
domani ci sarà la luce e con la luce non si possono fare le magie! Dai, prova,
devi solo intrecciare i pollici e lasciare le dita aperte.” Senza esitare le
sfilò la torcia e la puntò di nuovo in alto, aspettando che lei eseguisse.
Sophie sentì un brivido di paura, ma al contempo avere accanto a sé Sarah la
rassicurò. Si girò sulla pancia imitando la compagna e alzò le mani frapponendole
al fascio di luce, sul soffitto si disegnò qualcosa di informe. La bambina si
concentrò cercando di proiettare la giusta forma incitata dai suggerimenti
entusiasti di Sarah fino a quando non apparve quello che desideravano: una
tremolante farfalla nera. Un’ombra buona.
“Brava
S!” La festeggiò Sarah poi si girò su un fianco a guardarla. “Mi piace la
notte,” Affermò con un sorriso sulle labbra. “E sono contenta che ci abbiano
messe in tenda assieme, ci divertiremo un mondo.” Sbadigliò fragorosamente e
Sophie vide le sue palpebre incominciare a chiudersi. La torcia si abbassò, ma
lei non vi badò.
“Sarah?”
Chiamò e la bambina aprì gli occhi pieni di sonno. “Grazie.” Le mormorò e un
sorriso apparve sulle labbra della sua nuova amica. Sophie prese la torcia ormai
dimenticata e con un sospiro la spense. Il buio la avvolse, ma non la aggredì,
forse vi era del bello nelle ombre. Accanto a lei il respiro di Sarah si fece
profondo. La notte premeva tutta attorno a lei e per un istante Sophie sentì la
paura crescere di nuovo poi una mano calda la sfiorò, le dita di Sarah si
intrecciarono alle sue e lei sentì la tensione allontanarsi. Non vi erano più
temibili minacce in agguato, solo un quieto silenzio. La bambina chiuse gli
occhi e si addormentò, sognando splendide farfalle fatte d’ombra.