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Autore: Ormhaxan    26/07/2016    7 recensioni
Scozia, XI secolo. Edith di Scozia è la prima figlia di Malcolm III e Margaret del Wessex; cresciuta secondo i precetti cattolici, a soli sei anni viene condotta, insieme a sua sorella minore Mary, presso il convento inglese di Romsay, dove sua zia materna, Christina, è badessa.
Henry di Normandia è il quartogenito di William il Conquistatore, un giovane uomo ambizioso che, pur di arrivare al trono lasciato vuoto dopo la prematura scomparsa di suo fratello William II, è disposto a tutto.
Quando la sua pretesa al trono d'Inghilterra vacillerà, sarà proprio Edith, discendente dei sovrani sassoni e del valoroso Alfredo il Grande, a salvaguardare la corona di Henry attraverso il sacro vincolo del matrimonio.
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Medioevo
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La lettiga che l’avrebbe condotta, insieme a sua sorella Mary, presso il convento di Romsay, si fermò davanti alla sua piccola e infreddolita figura.
Pioveva quel giorno, il cielo grigio coperto di nuvole minacciose rispecchiava il suo animo e il vento che soffiava forte da ovest muoveva le fronde degli alberi circostanti, dando loro un’aria tetra e tipicamente invernale.
Le festività erano arrivate e passate con estrema velocità, in un susseguirsi di ricchi banchetti e andirivieni di nobili scozzesi; quasi due mesi erano trascorsi dall’annuncio che sua madre, la Regina, aveva fatto alle sue due figlie, eppure Edith non era ancora riuscita ad accettare quello che sarebbe stato il suo futuro imminente: il suo cuore sarebbe sempre appartenuto alla Scozia, a quella terra apparentemente aspra e ostile che era la sua casa, e anche se sapeva che quella dolorosa separazione era stata presa per il suo bene, per darle un istruzione degna del suo rango, il pensiero di passare in un convento gli anni che la separavano dal diventare una fanciulla adulta e in età da marito la opprimeva.
Christina, quella che sarebbe divenuta molto presto l’unica figura familiare per le due bambine, era una donna taciturna, sempre accigliata, il cui suo unico interesse era la preghiera e la religione; nessun gesto di affetto o di compassione sarebbe scaturito da quella donna, nessuna parola di conforto sarebbe stata pronunciata e nessuna lacrima sarebbe stata asciugata.
Edith sarebbe stata sola, unico conforto per sua sorella Mary, e avrebbe dovuto combattere affinché la mente dei suoi reali genitori non venisse persuasa a condannarla al velo e a una vita trascorsa dietro le mura di un convento.
«E’ ora. – disse algida la Badessa loro zia, posando una mano ossuta sulla spalla della maggiore – Prendete congedo dai vostri genitori e salite sulla lettiga. Ci aspetta un viaggio lungo e tortuoso fino a Romsay.»
La donna, vestita in nero, scomparve nella penombra della lettiga ed Edith le fu riconoscente per aver concesso a lei e a sua sorella qualche minuto da sole per dire addio ai suoi fratelli e ai suoi genitori.
«Le mie splendide figlie. – fu la Regina a parlare per prima, chinandosi appena in avanti e circondando gli esili corpi delle bambine tra le sua braccia – So che renderete vostro padre e me orgogliosi, che tra le mura del convento di Romsay crescerete sane e forti, apprenderete tutto ciò che una principessa scozzese deve sapere. Presto saremo nuovamente insieme, mie adorate, e anche se le lettere non potranno colmare la distanza che ci separa, saranno un modo per essere vicine.»
Baciò entrambe sul capo e, sciolto l’abbraccio, tornò ad assumere una postura regale e un atteggiamento imperscrutabile.
«Addio, mie adorate. – fu Malcolm III a prendere la parola – Siate sempre misericordiose e caritatevoli; amatevi l’un l’altra, siate gentili e non dimenticate mai chi siete: voi siete le mie figlie, sangue scozzese, nate per indossare una corona. Possa Dio proteggervi sempre e far incrociare presto le nostre strade.»
«Addio, Padre. – sussurrò in una riverenza rispettosa Edith, imitata da Mary – Possa Dio concedervi una lunga vita, un regno prospero e in pace.»

In quel momento, Edmund ed Edward, fratelli maggiori delle principesse, si accostarono a quest’ultime.
«Vi scorteremo fino al confine che separa la Scozia con il regno del Conquistatore. – annunciò Edmund, cogliendo di sorpresa le sorelle – Là ci saluteremo, ma fino ad allora vi staremo sempre vicino.»
Quelle parole riuscirono a strappare un sorriso nelle bambine, il primo che Edith si concesse dopo giorni trascorsi nella malinconia per i posti che non avrebbe più rivisto e nello sconforto di dover abbandonare tutto ciò che le era più caro. Sapere che avrebbe goduto di altri giorni con i suoi fratelli, di momenti preziosi che avrebbe conservato gelosamente nella sua memoria, rese il distacco da Edimburgo meno amaro.

I quattro cavalli dal bianco manto iniziarono il loro lento percorso poco dopo, uscendo dalle mura del castello scortati dai principi della corona e da moltissimi soldati scozzesi.
All’esterno delle mura, curiosi e impazienti, si erano riversati fiumi di gente giunta per dare il loro commiato alle principesse, per vederle un ultima volta e far sentire loro il calore del popolo scozzese: nessuno di loro le avrebbe mai dimenticate, sebbene sarebbero passati molti anni prima del loro ritorno in Scozia, un ritorno che si sarebbe dimostrato nient’affatto lieto, poiché sarebbero stati i lutti e le guerre a riportare le due principesse nel loro paese natio.
Prima che l’imponente castello scomparisse alle loro spalle, Edith si girò più volte ad ammirare per l’ultima volta quel luogo che un tempo era stato freddo e inospitale, ma che sua madre Margaret aveva reso accogliente adornandolo con preziosi arazzi, piatti d’oro e d’argento, tessuti provenienti da terre lontane aldilà del mare e portati in Scozia da mercanti dalla pelle olivastra che parlavano molteplici lingue; persino i suoi barbosi precettori le sarebbero mancati e anche le punizioni severe che sua madre le infliggeva di tanto in tanto per insegnarle le buone maniere e cosa fosse giusto o sbagliato per una principessa cristiana.
Più di ogni altra cosa, però, le sarebbero mancati i momenti intimi passati insieme ai suoi genitori e ai suoi fratelli; più di qualsiasi cosa, ancor più delle canzoni dei menestrelli e delle acrobazie dei saltimbanco, le sarebbe mancata la dolce voce di sua madre che leggeva per lei e per gli altri suoi adorati figli.
Nessuno leggerà mai più qualcosa per me, si ritrovò a pensare tristemente, ma forse potrei iniziare io a leggere per Mary, così da farla sentire meno sola.
Sì, sarebbe stata lei a prendere il posto di sua madre, continuando così quella intima tradizione.
E un giorno, anche io leggerò ai miei figli e i miei figli leggeranno ai loro figli.
Con quei pensieri in testa, dondolata dal movimento oscillatorio della lettiga, Edith continuò a guardare il paesaggio scorrere, ad osservare assorta i secolari pini dalle punte frastagliate che sembravano toccare il cielo, i rossastri picchi intenti ad intagliarsi una piccola cavita negli imponenti tronchi di quegli stessi alberi; cercò di non soccombere al turbinio di emozioni che stavano turbando il suo animo, di celare gli occhi velati di lacrime, sforzandosi di essere forte, di mostrare un atteggiamento degno di una principessa: quando Mary si assopì sulla sua spalla, lei le accarezzò i capelli nello stesso modo in cui soleva fare di tanto in tanto loro madre, iniziando a fantasticare sui gli anni a venire, sull’uomo che un giorno avrebbe chiesto la sua mano e a cui le avrebbe dato figli sani e forti. Christina osservò quelle scene con occhio attento, rimuginando sui piani del tutto diversi che aveva in serbo per il futuro della giovane nipote, un futuro che lei immaginava privo di unioni felici e figli.


 
**



Si separarono da Edward ed Edmund tre giorni dopo, prendendo congedo sul confine che separava il regno della Scozia dalla regione della Northumbria, territorio governato dagli uomini al servizio del sovrano normanno.
«Ricorda la promessa!» sussurrò Edith all’orecchio di suo fratello Edmund, mentre quest’ultimo la sollevava leggermente da terra e l’abbracciava stretta.
«Non potrei mai dimenticare. – rispose e le scompigliò affettuosamente i capelli – Mi mancherai tantissimo, sorellina. Entrambe mi mancherete.»
«E’ tempo di andare! – esclamò algida Christina, rimasta per tutto il tempo nella lettiga – Asciugate le lacrime e dite arrivederci ai vostri fratelli prima che sia tardi.»
«Arrivederci, Edith. – salutò Edward, baciando prima la maggiore e poi la minore – Arrivederci, dolce Mary.»

Il viaggio proseguì per un'altra settimana: arrivarono nello Hampshire nella mattina dell’ottavo giorno, dopo aver costeggiato la sponda orientale del fiume Test; la struttura in robusta pietra del convento benedettino era immerso nel verde, e le grandi vetrate ad arco acuto finemente colorate e adornate con scene di vita dei santi risplendevano alla luce dei raggi del sole. Accanto, poco più nascosto, c’era un secondo edificio, molto più modesto del primo, costruito in pietra e legno, che Edith identificò immediatamente essere il convento: là, tra quelle mura ricostruite solo pochi decenni prima dai monaci e dagli abitanti del villaggio poco distante, anche questo ricostruito dopo gli attacchi e i saccheggi dei vichinghi, Edith avrebbe studiato, affinando la sua cultura, la sua conoscenza delle lingue, tutto ciò che le sarebbe servito per diventare una vera principessa; là, insieme a sua sorella Mary, avrebbe trascorso i successivi cinque anni, cinque lunghissimi anni che sarebbero terminati con il loro trasferimento presso il convento di Wilton, edificio che la stessa donna di cui portava il nome, Edith del Wessex, regina consorte di Edward il Confessore, aveva ricostruito e in cui le giovani fanciulle avrebbero trascorso altri due anni.

 


*


Angolo Autrice: Salve, gente! Capitolo questo di passaggio, forse leggermente noioso e in cui non accade molto, ma comunque importante ai fini della storia. Nel prossimo ci sarà un salto temporale di qualche anno, dove vedremo come Edith affronterà la vita nel convento e più avanti ancora non è esclusa l'introduzione del protagonista maschile, tale Henry di Normandia.
Grazie, al solito, a tutti coloro che leggono, seguono e lasciano una recensione.

Alla prossima,
V.
  
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